Idee e grafici. - Cap. 2

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11/03/2014 13:55
Piazza Affari sale perché l'Italia è meno rischiosa
Gaetano Evangelista
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Sulla borsa americana ci sono ancora margini - di prezzo e di tempo - di miglioramento; questa convinzione è meno solida con riferimento al listino italiano, top performer da inizio anno fra le borse del G20, ma ora con il fiato corto. La previsione di un massimo a metà febbraio risulta correntemente sfidata dal break della passata settimana, che però non ha ancora conosciuto un convincente seguito. Merito diremmo soprattutto della percezione di una minore rischiosità della repubblica italiana: il Credit Default Swap (CDS) a 5 anni, vale a dire il costo del "premio" pagato per assicurarsi dal rischio di insolvenza, è sceso ieri a 136.5 punti base (pb). Trattasi del livello più basso degli ultimi tre anni, come ben evidenzia il grafico che confronta il CDS all'indice MIB. Solo che ad aprile 2011, la borsa italiana si collocava sopra i 22000 punti, e ciò fra le altre cose spiega gli acquisti piovuti su un mercato che fino a poco tempo fa risultava ingiustificabilmente attardato. Il punto è ora stabilire se, dopo l'effervescenza tollerabile sul piano teorico della scorsa settimana, ci sono le condizioni per continuare nel re-rating; o se i tempi per una correzione diventano insostenibilmente stringenti. Propenderemmo per la seconda ipotesi, ma prima bisogna violare il supporto che ha contenuto efficacemente il calo di inizio mese. Nota. Il presente commento è un estratto sintetico del Rapporto Giornaliero, pubblicato tutti i giorni entro le 8.20 da AGE Italia; pertanto eventuali riferimenti a studi tecnici vanno intesi riferiti ai grafici ivi riportati. Autore: Gaetano Evangelista Fonte: News Trend Online

Gaetano Evangelista...ancora scrive!
Solo qualche mese fa vedeva gli 11.000 punti sicuri (parlo del nostro indice, non del dax:D)
 
Salve boyz........porc...miseriaccia ladrona
oggi ho combinato una valanga di caxxate :wall::wall::wall::wall:
ho dovuto sudare un bel pò
solo per rimediare :wall::wall::wall::wall::wall:
 
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11/03/2014 18:45
Il fallimento 'tecnico' chiamato Tobin Tax
Gloria Grigolon
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"O la fa l'Europa o la cancelliamo". Una sentenza perentoria, decisa, ufficiale, pronunciata da un convintissimo Francesco Boccia, presidente della Commissione e Bilancio, il quale ha espresso il proprio aut aut in merito alla questione Tobin Tax. "Attenzione Europa!", insomma, perché anche l'Italia (forse) ha capito quanto dannoso possa essere andare a tassare il libero mercato. Sì, forse l'Italia ha capito che l'esperimento Tobin non valeva la candela. Una convinzione che non le era chiara nemmeno alla luce del fatto che né le maggiori potenze europee, né l'Europa fossero mai state totalmente convinte ad attuare un'imposta non solo gravosa, ma anche estremamente pericolosa. La ricerca ultima era il denaro; il fine ultimo era l'ottenimento di un'entrata tributaria aggiuntiva, tale da poter assottigliare un livello di debito statale giunto ormai all'esasperazione (non solo delle cifre ma anche della psiche di chi su di esso agisce). Dal disegno iniziale studiato dall'ex Governatore Mario Monti, l'applicazione della Tobin Tax sul mercato italiano avrebbe dovuto apportare un totale di entrate erariali pari a 1 miliardo di euro (inizialmente previsto a 1,2 mld, ma poi ridimensionato in una visione del 'non esageriamo') una somma che fin dalle prime battute aveva convinto poco anche i meno avversi e che oggi manifesta nella sua totalità la palese inconcludenza. 75% in meno e il sapore di fallimento 260 milioni di euro totali incassati sul 2013 (circa il 25% della stima prevista), a fronte di una diminuzione quasi pari al 20% del volume degli scambi totali sulla piazza: una sconfitta? Beh, se vista al contrario l'esperienza Tobin può anche esser letta come un'antiscommessa davvero ben riuscita, un disinvestimento prontamente sconclusionato, di fronte al quale mettersi concretamente le mani nei capelli (e sul portafoglio). Quel che più sconvolge, nella questione Tobin, non è tanto il fatto che, comunque, 260 milioni di euro siano andati aggiuntivamente a gravare sulle tasche di investitori che, spesso dopo ore di fronte ad un monitor, conquistano con pazienza ed autocontrollo un margine di profitto, quanto piuttosto per quel 20% di liquidità in meno sul mercato, che in tempi di forte stretta del credito come quella recente, può rappresentare un'ancora di salvezza per l'investimento d'impresa. Nella ricerca di monetizzare, andando a colpire chi, con l'investimento, ci convive ci parla e ci fa l'amore, la tassa sulle transazioni finanziarie del 24.12.2012, ha condotto il mercato verso una crescente illiquidità, comportando una minore possibilità di contrattare a livelli di prezzo ritenuti 'equi' ed una crescente difficoltà per le società quotate nel raccogliere liquidità per far fronte alla propria politica strategica d'investimento. Archiviata l'esperienza Monti, ora dunque le carte del gioco sono passate in mano al neo ministro Padoan, il cui Consulente, Vieri Ceriani, ha previsto un gettito in entrata per l'anno in corso pari a 400 milioni di euro. Ciò significa che l'esperienza Tobin non è ancora finita? Ciò significa che ci si vuole riprovare per un altro anno? Ciò significa che il palese fallimento registrato nel corso di un lunghissimo esercizio 2013 non è stato sufficiente a capire che, per questa strada, non si arriva da nessuna parte? Qual qualcosa che non torna... Un primo sentore che qualcosa nella Tobin non andasse si era già avuto sul finire dello scorso anno, quando nel dicembre erano state raccolte proposte volte a modificare l'attuale tassazione, portando l'aliquota dallo 0,1% allo 0,01, ma ampliando la gamma di transazioni e contrattazioni sulle quali farla gravare. Della serie 'aggiungendo uno zero il risultato non cambia...'. "E' surreale introdurre una tassa in modo isolato come ha fatto l'Italia. L'introduzione della Tobin Tax ha disincentivato il risparmiatore italiano a investire in aziende del proprio Paese" ha affermato l'ad di Borsa italiana, Raffaele Jerusalemi, precisando come il volume totale di perdite in termini di capitale sulla piazza borsistica si sia attestato a 17,5 miliardi di euro al mese. Che qualcosa si stia muovendo? Che, oltre alle ripetute argomentazioni di investitori e tecnici del settore, anche qualcuno all'interno si stia accorgendo che qualcosa sta andando nella maniera sbagliata? La speranza è l'ultima a morire. La Tobin e il suo esercito di politici e tecnici, però, pare avere vita ancora più lunga... Fonte: News Trend Online
 
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11/03/2014 19:17
A Piazza Affari si affaccia l'ombra di un doppio massimo
Davide Pantaleo
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In linea con quanto accaduto ieri, anche la seduta odierna si è conclusa in maniera contrastata per le Borse europee che si sono presentate al close precedute da segni diversi. Dopo aver imboccato la via dei guadagni nel pomeriggio, sulla scia dei segnali positivi arrivati inizialmente da Wall Street, gli indici del Vecchio Continente sono stati frenati proprio dalla piazza azionaria americana, terminando le contrattazioni con segni differenti. Il Ftse100 e il Cac40 sono scesi rispettivamente dello 0,06% e dello 0,48%, mentre il Dax30 si è spintro in avanti con un progresso dello 0,46%. La view su Piazza Affari In positivo anche Piazza Affari che ha visto il Ftse Mib chiudere la giornata a 20.833 punti, con un rialzo dello 39%, dopo aver toccato un massimo a 20.984 e un minimo a 20.694 punti. L'indice quest'oggi si è spinto poco sopra i massimi di giovedì scorso a 20.970 punti, ma l'avvicinamento di area 21.000 ha favorito alcune prese di profitto. C 'è il rischio che sul top odierno, coincidente sostanzialmente con quello di giovedì, possa disegnarsi un potenziale doppio massimo, figura tecnica con implicazioni ribassiste. Conferme in questa direzione si avranno con il mancato superamento dei 21.000 punti e con discese verso i 20.600/20.500 punti. Con la perdita di questo supporto saranno da mettere in conto ripiegamenti più ampi in direzione dei 20.300/20.200 prima e in seguito dei 20.000 punti, dove in prima battuta si potrebbe assistere ad una ripresa degli acquisti. Fino a quando le quotazioni si manterranno al di sopra dei 20.600/20.500, non saranno da escludere nuovi tentativi rialzisti che troveranno un primo ostacolo in area 21.000. Con il superamento di questo livello ci sarà spazio per apprezzamenti verso i 21.200, con probabili estensioni fin verso i 21.500 punti nella migliore delle ipotesi. La tendenza del mercato si conferma indubbiamente rialzista, ma crediamo ci sia il rischio di assistere ad una fase di consolidamento/assestamento prima che l'indice riesca a mettere a segno nuovi progressi. I market movers da seguire in America e in Europa Per domani sul fronte macro Usa è in agenda l'indice settimanale relativo alle richieste di mutui ipotecari e nel pomeriggio sarà diffuso il consueto report sulle scorte strategiche di petrolio da parte del Dipartimento dell'energia statunitense. In Europa si conoscerà il dato sulla produzione industriale di gennaio che dovrebbe mostrare un progresso dello 0,5%, in netto recupero rispetto al calo dello 0,7% precedente. In Germania saranno emessi i titoli di Stato con scadenza a 2 anni per un ammontare massimo di 4 miliardi di euro. I titoli da monitorare a Piazza Affari A Piazza Affari saranno diffusi i risultati dell'esercizio 2013 di Campari, Enel, Ubi Banca, Banca Popolare di Milano e Monte Paschi, oltre a quelli di alcune società a piccola e media capitalizzazione e si tratta di: BE Think, Biesse, Carraro, Cembre, Exprivia, Falck Renewables, Gefran e Vianini Industria. Sempre in tema di risultati societari segnaliamo Salvatore Ferragamo che ha chiuso il 2013 con un utile netto in rialzo del 43% a 150 milioni di euro, mentre i ricavi sono aumentati del 9% a 1,258 miliardi di euro. Tod's invece si è lasciato alle spalle lo scorso anno con un utile netto in calo da 145,7 a 133,8 milioni di euro, mentre il fatturato è salito da 963,1 a 967,5 milioni di euro. Da seguire anche i titoli del settore petrolifero in vista del report sulle scorte Usa che sarà diffuso nel pomeriggio. Uno sguardo infine all'asta dei titoli di Stato visto che saranno offerti dal Tesoro i BOT con scadenza a 12 mesi per un ammontare massimo di 7 miliardi di euro. Fonte: News Trend Online
 
Unicredit, una delle prime tre banche del Paese, è in rosso e vara un piano di copertura dei crediti a rischio che si traduce, anche, in un taglio del personale lacrime e sangue. L’istituto di credito ha chiuso il 2013 con una perdita record di 14 miliardi di euro a causa, si spiega in un comunicato, della copertura su “crediti a rischio” per 13,7 miliardi di euro. L’annuncio arriva il giorno dopo l’inizio dei controlli europei sulle banche italiane. Unicredit gioca d’anticipo e presenta la sua pulizia dei conti che costa appunto la maxi perdita di 14 miliardi, quando le stime parlavano di 400 milioni di utile.
La tanto discussa rivalutazione delle quote di Bankitalia, che si è tradotta in 1,4 miliardi in cassa per Unicredit, non ha scongiurato il piano di licenziamenti.
La banca, tra le maggiori a livello europeo e mondiale, con 162mila dipendenti (nel 2010), da qui al 2018 ha annunciato che con il nuovo piano industriale 8.500 persone “usciranno dal gruppo” - 5.700 delle quali lavorano in Italia.
Unicredit nel quarto trimestre dell’anno scorso ha perso 15 miliardi con accantonamenti su crediti per 9,3 miliardi. Ma il dividendo per gli azionisti non sarebbe mai stato in discussione. Secondo quando racconta il Fattoquotidiano.it il cda di Unicredit nell’assemblea annuale proporrà il pagamento di un dividendo da riserve di utili di 10 centesimi di euro per azione. Come? Con l’assegnazione di titoli azionari Unicredit di nuova emissione o mediante versamento in contanti, ma in questo caso solo su relativa richiesta degli azionisti.
Quest’ultimi potranno passare all’incasso il 6 giugno 2014.
La vita è fatta di alti e bassi. Noi ci siamo in entrambi i casi
è il motto di Unicredit. Ma forse vale solo per gli azionisti.
Comunque, secondo l’amministratore delegato della banca Federico Ghizzoni:
“Il 2013 è stato l’anno della svolta. Ora siamo pronti ad aumentare ulteriormente la nostra offerta di credito e a dare supporto all’economia reale in Italia e in Europa. Con le azioni annunciate oggi, abbiamo rafforzato ancora il nostro bilancio e completato il processo iniziato nel 2010. La decisione che abbiamo preso è stata assunta in autonomia e non è dettata da fattori esterni o regolamentari, quanto dalla convinzione che il recupero in atto nelle economie europee fosse l’occasione per voltare pagina”.
Con la pulizia, il livello di copertura dei crediti a rischio della banca salirà dal 45% al 52%, su valori precedenti alla crisi economica. Ghizzoni parla di un:
“livello che ci riporta al 2008, e che ci pone al top in Europa, e di gran lunga elevato a quello delle banche italiane”.
Tornando ai numeri di bilancio di Unicredit, nel 2013, i ricavi sono ammontati a 24 miliardi, il 4,1% in meno su base annua, i costi operativi sono in lieve calo, a 14,8 miliardi, e il margine operativo lordo si ferma a 9,2 miliardi, il 9,9% in meno sul 2012.
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12/03/2014 08:42
Enel: in 2013 utile netto ordinario EUR3,12mld (EUR2,83mld nel 2012, +10,3%), indebitamento finanziario netto EUR39,9mld (-7,2%)
Financial Trend Analysis
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Enel: il Consiglio di Amministrazione approva i risultati 2013. Roma, 12 marzo 2014 - Il Consiglio di Amministrazione di Enel S.p.A. ("Enel"), presieduto da Paolo Andrea Colombo, ha approvato nella tarda serata di ieri i risultati dell'esercizio 2013. ? Ricavi a 80.535 milioni di euro (84.949 milioni nel 2012, -5,2%); ? Ebitda a 17.011 milioni di euro (15.809 milioni nel 2012, +7,6%); ? Ebit a 9.944 milioni di euro (6.806 milioni nel 2012, +46,1%), inclusivo degli adeguamenti di valore dell'avviamento per 744 milioni di euro (2.584 milioni di euro nel 2012); ? Risultato netto del Gruppo a 3.235 milioni di euro (238 milioni nel 2012), inclusivo dei citati adeguamenti di valore dell'avviamento; ? *Utile netto ordinario del Gruppo a 3.119 milioni di euro (2.828 milioni nel 2012, +10,3%); *? *Indebitamento finanziario netto a 39.862 milioni di euro (42.948 milioni al 31 dicembre 2012, -7,2%); *? Dividendo proposto per l'esercizio 2013 pari a 0,13 euro per azione. PREVEDIBILE EVOLUZIONE DELLA GESTIONE Le priorità strategiche fissate per il Gruppo nel piano 2014-2018 rispondono al cambiamento atteso degli scenari di riferimento, sia macro-economici che del settore energetico. In particolare, i primi continueranno ad essere caratterizzati da due velocità: da una parte i Paesi europei che escono dalla crisi lentamente e dall'altra i Paesi emergenti, in particolare quelli dell'America Latina, che confermano tassi di crescita della domanda di energia elettrica ancora elevati. In tale contesto, Enel prevede che le principali linee guida dell'evoluzione dei suddetti scenari saranno le seguenti: (i) i mercati emergenti continueranno a guidare i processi di crescita mondiali; (ii) l'innovazione tecnologica costituirà uno degli elementi rilevanti nell'evoluzione delle tendenze nel settore energetico; (iii) il cliente finale sarà sempre più "consapevole" sia dal punto di vista tecnologico che dal punto di vista ambientale; (iv) i sistemi regolatori si focalizzeranno sempre di più sui costi di sistema e sulle tematiche ambientali. Nel nuovo piano industriale, il Gruppo conferma il ruolo sempre più rilevante dei mercati emergenti, con una politica di investimenti mirata al consolidamento della posizione acquisita e alla semplificazione della struttura societaria; il settore delle rinnovabili vedrà un importante profilo di crescita, con un'attenta selezione delle opportunità di investimento ad elevata profittabilità. Un ulteriore fronte di azione è costituito dal mercato retail, dall'efficienza energetica ed in generale dai servizi a valore aggiunto, settore in cui si evidenziano robuste opportunità di crescita; in tale ambito, così come in quello delle smart grids, il Gruppo intende consolidare una posizione di leadership facendo leva sul fondamentale pilastro dell'innovazione tecnologica. Un portafoglio di generazione ben bilanciato, per diversificazione geografica e tecnologica, garantirà una solida piattaforma su cui basare la futura crescita. Il Gruppo continua, inoltre, a considerare una priorità assoluta l'obiettivo di riduzione del debito e la generazione dei flussi di cassa. OBIETTIVI QUANTITATIVI PIANO INDUSTRIALE 2014-2018 Per il 2014 si prevedono attualmente i seguenti target: ? Ebitda pari a circa 15,5 miliardi di euro (1 ) (2); ? Utile netto ordinario di Gruppo pari a circa 3 miliardi di euro (1 ); ? Indebitamento finanziario netto pari a circa 37 miliardi di euro (3 ). Per il 2016 si prevedono attualmente i seguenti target: ? Ebitda pari a circa 16,5 miliardi di euro (1 ) (2 ); ? Utile netto ordinario di Gruppo pari a circa 3,7 miliardi di euro (1 ); ? Indebitamento finanziario netto pari a circa 39 miliardi di euro (3 ). Per il 2018 si prevedono attualmente i seguenti target: ? Ebitda pari a circa 18 miliardi di euro(1 ) (2 ); ? Utile netto ordinario di Gruppo pari a circa 4,5 miliardi di euro(1 ); ? Indebitamento finanziario pari a circa 36 miliardi di euro (3 ). (1) Al netto di dismissioni e partite straordinarie. (2) Al netto dell'impatto negativo derivante dall'applicazione del nuovo principio contabile IFRS 11 - Accordi a controllo congiunto, pari a circa 0,2 miliardi di euro. (3) Al netto di dismissioni. (Simone Ferradini) Autore: Financial Trend Analysis Fonte: News Trend Online
 

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