Comunque io un pippone lo farei adesso
La frase di Valditara sulla “politicizzazione” degli studenti a scuola mi ha riportato alla mente una mia prof al liceo che disse una cosa molto simile, a noi studenti del V anno che stavamo per occupare la scuola, ai tempi del Governo Berlusconi (ministro dell’Istruzione era Francesco D‘Onofrio). Per la precisione disse: non vi lasciate strumentalizzare, ma io la intesi proprio come “non vi lasciate politicizzare”. Me lo ricordo perché, nella mia più totale ingenuità e mancanza di esperienza, non pensai a nient’altro che al suo rapporto con noi: non sei tu stessa, che hai persino il potere di metterci dei voti, la prima a strumentalizzarci con questa raccomandazione?
A partecipare all’occupazione quell’anno fummo relativamente pochi, e in particolare pochissimi fra le persone che prendevano i voti più alti e che si preparavano alla maturità, perché molti si spaventarono degli effetti che quell’iniziativa poteva avere sulle loro pagelle. Subimmo infatti una repressione assurda, non violenta ma burocratica, con sospensioni arbitrarie.
Chi aveva strumentalizzato chi? E cosa significa “politicizzare”? Penso ai tanti racconti letti in questi mesi sulla società russa e sulla “depoliticizzazione” dei russi. Nel linguaggio del potere, politicizzarsi significa sviluppare una coscienza critica verso il potere stesso. È questo ciò che temono. È questo ciò che reprimono con lo squadrismo, la repressione e la burocrazia.
Noi stessi siamo già da molto tempo una società depoliticizzata, e lo si vede dalle cose apparentemente secondarie, per es. l’acriticità diffusa verso l’emersione di nuove figure di potere come quelle dello spettacolo o del marketing social-mediatico, per esempio. O l’indifferenza generale verso le sorti degli immigrati lasciati morire, o delle donne vittime di violenza.
Siamo una società depoliticizzata dalla tecnocrazia che ci ha spinto a pensarci utenti, consumatori, clienti e non cittadini partecipanti. E siamo depoliticizzati dai culti, che sviluppano nelle persone il senso della a-responsabilità personale, della cessione del potere in chiave settaria e piramidale.
Ma questa depoliticizzazione non si dà mai una volta per tutte, per questo i sistemi totalitari devono necessariamente adoperare la forza per garantirsi il potere: la minaccia, l’uso violento della giustizia, se necessario la repressione fisica, se necessario anche di peggio. Esiste sempre un Pietro Spina* che da qualche parte si risveglia per la sola coscienza, che è animale, di star subendo un sopruso e che al sopruso si risponde con la rivolta per la giustizia e per la libertà. Il problema è che i Pietro Spina solitari non sono la politica. Ne sono la spinta umana indispensabile, ma non sono ancora la politica.
*Pietro Spina è il personaggio del rivoluzionario errante nei romanzi di Ignazio Silone.