IL MIO CORPO DICE "DIETA", MA IL MIO CUORE CANTA "A NATALE PUOI"

Alla manifestazione di Roma, organizzata dalle cosiddette Sardine e ben accolta dal mainstream e dai politici di “sinistra”
(ma anche da alcuni personaggi dello spettacolo), si è assistito alla concretizzazione della società che George Orwell aveva immaginato nel suo romanzo “1984“.

Andiamo per gradi.

In un’Europa devastata dalle politiche neoliberiste
che hanno di fatto sottomesso gli Stati nazionali agli interessi privati delle multinazionali,
e che già da almeno un decennio hanno smantellato i diritti sociali, il leader delle Sardine, Mattia Santori, ha dato lettura delle 5 proposte di questo fantomatico movimento di protesta:

1)Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare politica, invece che fare campagna elettorale permanentemente“;

2)Pretendiamo che chi ricopre la carica di ministro, comunichi solamente sui canali istituzionali“;

3)Pretendiamo trasparenza nell’uso che la politica fa dei social-network“;

4)Pretendiamo che il mondo dell’informazione protegga, difenda e si avvicini alla verità, e traduca tutto questo sforzo in messaggi fedeli ai fatti“;

5)Pretendiamo che la violenza venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica, in ogni sua forma. Che la violenza verbale venga equiparata alla violenza fisica“.

Qui il video: Le proposte delle sardine

Insomma, a parte l’uso continuo del verbo “pretendere”, siamo di fronte a 5 proposte totalmente estranee al disagio reale in cui versa un intero popolo.

Non una parola
sulla precarietà dei rapporti lavorativi, sulle difficoltà per giovani e meno giovani di trovare lavoro e mettere su famiglia,
sulla devastazione dei diritti sociali, sulle folli regole di bilancio che ci vengono imposte dall’Unione europea,
su quelli che sono gli effetti devastanti causati dal regime dei cambi sui diritti sociali e sui redditi, nulla sul Fiscal Compact, nulla sul Mes, nulla sul pareggio di bilancio in Costituzione.

Nulla di tutto questo
.

Nemmeno una parola.

E non una parola sull’Europa delle banche che ha sottomesso la politica e il diritto all’economia e alla finanza.

Per le Sardine il problema è “la trasparenza della politica nell’uso dei social-network” o l’uso poco accorto dei social da parte di qualche ministro.

Davvero imbarazzante
.

Siamo di fronte al vuoto cosmico di una generazione di schiavi, privi di una visione corretta dei problemi generali e reali.

Una generazione del tutto perduta
.

Ma non è una novità.
Nel suo romanzo “1984“, lo scrittore britannico George Orwell aveva previsto tutto. Ecco cosa scriveva:

Perfino quando in mezzo a loro serpeggiava il malcontento (il che, talvolta, pure accadeva), questo scontento non aveva sbocchi perché,
privi com’erano di una visione generale dei fatti, finivano per convogliarlo su rivendicazioni assolutamente secondarie.
Non riuscivano mai ad avere consapevolezza dei problemi più grandi
“.

In queste parole sembra di rivedere proprio le Sardine.

George Orwell, all’anagrafe Eric Arthur Blair, aveva dunque previsto tutto – Sardine comprese – già nel 1948, anno in cui scrisse il romanzo.



Ma v’è di più.

Non ci sono solo le 5 proposte, il vuoto cosmico delle Sardine riguarda anche il loro manifesto politico.

Al vuoto si aggiungono ignoranza e pericolo.

Lavandosi la bocca con le parole “Costituzione” e “antifascismo” (peraltro in assenza di fascismo), scrivono (rivolgendosi a “populisti” non meglio specificati) :

Perché grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare“.

Insomma, una forma di fascismo (vero!) a tutti gli effetti.

Dispiace dirlo, ma le Sardine sono l’unico esperimento politico del mondo occidentale in cui una generazione di ragazzi
– oltre a non focalizzare le cause reali del proprio disagio sociale – protestano contro l’opposizione parlamentare.

Una contraddizione in termini che spiega l’essenza stessa di questo movimento.

In conclusione le Sardine sono – a mio modesto parere – uno dei tanti strumenti nelle mani delle élite, politiche e finanziarie,
utili allo scopo di canalizzare il dissenso verso una cornice di problemi secondari o marginali, e dissolverlo con soluzioni del tutto ininfluenti.
 
Le sardine non manifestano una identità, e rifiutano qualsiasi identità, perché non hanno nessuna identità.

Non sono nate, infatti, in contrapposizione al potere costituito – per contestarlo con l’ambizione di cambiarlo –,
ma in sovrapposizione allo stesso, per imbellettarlo con una maschera cosmetica di lotta all’odio e cazzate di contorno
; tipo, testuale,

“leggi che non mettano al centro la paura”.

Per farla breve, le sardine sono (molte di esse a propria insaputa) la voce del padrone; e uno strumento di conservazione.

Vogliono mantenere lo status quo.

Gli va bene tutto (anche perché, stando agli interventi e ai programmi, ignorano un po’ tutto): l’Unione europea, il MES, il fiscal compact,
il ricatto dei mercati, i compiti per casa, la retorica del debito pubblico, il moralismo dello spread, il pareggio di bilancio, il vincolo esterno, l’immigrazione incontrollata.

Lo diciamo, forse, perché loro lo hanno detto? Giammai.

Le sardine non dicono mai niente, sono mute per definizione.

Ma lo ricaviamo da ciò che non hanno detto – e non diranno mai – contro le vere storture dell’attuale stato di cose.

Le sardine sono genericamente antifasciste, democratiche, civili, per bene.
Immerse in una beata, e beota, accettazione del meraviglioso mondo che c’è.
E la loro pseudo-ingenuità pelosa, tardo-adolescenziale, è silente quanto il simbolo:
c’è qualcosa di più superfluo, innocuo, pasturabile di un banco di pesci con l’acqua in bocca?

Non a caso, a favore delle sardine si sono già pronunciati alcuni grossi nomi di recenti governi dell’austerity e del giornalismo politicamente corretto.
Non ci stupiremmo nel trovare costoro, a breve, tra i guru del movimento. Del resto, ogni “rivoluzione” ha i Che Guevara che si merita.

Detto del perché le sardine non si identificano in niente, vediamo perché le sardine “non vogliono” identificarsi con niente.

È semplice: sono in gran parte elettori di sinistra sotto mentite spoglie (non vogliono si sappia in giro, insomma).

Di quella sinistra tipicamente italiana ma antinazionale, “liberal”, “progressista”, europeista, globalista e assai snob tutta diritti “civili” e niente diritti “sociali”.

I suoi esponenti, spogliandosi dei simboli di partito, confidano di moltiplicare i loro numeri, e magari i loro voti, proprio come Cristo moltiplicò i pani e, non a caso, i pesci.

Insomma, un gigantesco esperimento di illusionismo collettivo.

Vogliono convincerci che – oltre al venti per cento di elettori dem – c’è un altro venti per cento di italiani
(ma che dico venti, quaranta, forse di più) sdraiato sulle stesse posizioni filo establishment dei vertici PD.
Vanno fatti moltiplicare in santa pace. A contarli, poi, ci penseranno le urne.
 
Le recentissime elezioni inglesi suggeriscono diversi spunti di riflessione.

Prima considerazione:
le consultazioni elettorali libere e democratiche sono per le élites globaliste un grande rischio
e pertanto si comprende perché cerchino di evitarle a qualsiasi costo ed a prescindere dall’emisfero in cui si trovi il paese in cui si vota .

Ma vi è più.

Tra tutte le consultazioni possibili i referendum, che impongono scelte dicotomiche del tipo “si o no”, che sono tra loro alternative, sono i più pericolosi per il perpetuarsi del pensiero mainstream.

Il referendum inglese del 23 giugno 2016 sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea ne è l’esempio più fulgido.

Infatti, nonostante la larghezza dei mezzi di dissuasione di massa che hanno messo in campo gli ordoliberisti, a
lla fin fine le narrazioni della realtà restano tali, poichè i “miserables”, per dirla alla Macron, vivendo quotidianamente sulla propria pelle gli effetti reali delle politiche globaliste,
scelgono il loro schieramento a tutela dei propri sacrosanti interessi.

Certamente, secondo i giornalisti del circo globalista, i sostenitori del remain sono più giovani, più colti, più ricchi, più belli e cosmopoliti
ed i sostenitori della Brexit vecchi, brutti, sporchi e cattivi, ma le votazioni capitarie funzionano in questo modo: una testa equivale ad un voto e vince chi raccoglie più suffragi.

Seconda considerazione:
ormai in Europa, e questo lo affermo con mestizia e scoramento, fatte salve alcune frange politiche assolutamente irrilevanti,
le istanze sociali vengono portate avanti solamente dalle destre, quelle sociali ovviamente, che hanno preso le distanze dalle destre dei mercati, delle banche e della finanza.

Terza considerazione:
la Brexit infine ci sarà, nonostante la politica di ostracismo e di punizione messa in atto dalla Commissione europea e gli oscuri e nefasti presagi delle prefiche e cassandre filoeuropeiste.

Come andrà a finire per il Regno Unito? Non lo possiamo sapere e, per dirla alla Lucio Battisti, “lo scopriremo solo vivendo”.

Quello che sappiamo è che il popolo inglese si è espresso con fermezza e con determinazione il 12 dicembre scorso
e che lascerà il 31 gennaio 2020 l’Unione europea quella che è diventata, sotto il controllo tedesco, la gabbia dei popoli.

I tedeschi sono stati capaci di tramutare un sogno in un incubo, condannando gli altri popoli europei ad una decrescita infelice e ad un futuro distopico.

L’Europa ha così assunto sembianze germaniche, quando il progetto originario unitario era invece di far diventare i tedeschi più europei.

Forse anche per questo gli inglesi sono andati via, oltre al fatto che sono contribuenti netti della U.E., così come gli italiani,
e che si troveranno da subito con un risparmio di dieci miliardi di euro all’anno, che non sono certo pochi e che impiegheranno,
come ha dichiarato Boris Johonson, per potenziare il sistema sanitario nazionale, creare nuovi posti di lavoro e porre fine alla teutonica austerità.

Agli inglesi che vanno via, con malcelata invidia, da uomo libero e libero pensatore auguro ogni bene,
con un senso nei loro confronti di profonda gratitudine per aver impedito, nel 1940, che l’Europa intera cadesse sotto il dominio nazista.

Chissà che con la loro uscita e con la concreta dimostrazione che c’è vita oltre l’euro, non liberino l’Unione europea dall’asfissiante abbraccio teutonico?

Lo speriamo e lo auspichiamo. Ma veniamo all’Italia.

Il confronto con gli inglesi è purtroppo impietoso.

Le lobbies ed i potentati internazionali con l’Italia possono dormire sonni tranquilli.


Qui, per contro , vige il motto “nulla salus extra ecclesiam” !


L’Unione europea è una sorta di religione e la Commissione europea un consesso di intoccabili vestali.

Infatti, le classi dirigenti autoctone hanno creato negli anni una serie inestricabile di vincoli giuridici, per cui pensare che l’Italia possa fare la scelta del Regno Unito è cosa impraticabile.

Ad esempio, per noi italiani è impossibile sottoporre a referendum trattati e accordi internazionali. Li dobbiamo subire e basta.

Si pensi che il tutto è partito con un’interpretazione estensiva data da alcuni giuristi dell’art. 11 della Carta Costituzionale e fatta propria dai giudici della Suprema Corte.

Così in Italia le norme europee hanno rango superiore a quelle ordinarie e concretamente modificano la Costituzione
ed il patto sociale in essa contenuto, anche senza alcun mandato popolare a tal uopo.


Per questo motivo, nell’ultimo ventennio abbiamo avuto solamente un’alternanza di compagini di partito, centro sinistra e centro destra, che in realtà non erano tra loro alternative.

Entrambi gli schieramenti sono pro euro, pro Europa e pro Nato e di fatto assolutamente sovrapponibili sugli aspetti più importanti.

Centro-destra e centro-sinistra non sono mai stati in opposizione poichè gli elementi di centro garantiscono la necessaria e sufficiente contiguità tra i due schieramenti.

Questa situazione di mancanza di alternative è stata determinata nel tempo, a partire dalle fine degli anni settanta, dai potentati nostrani,
che hanno voluto i vincoli esterni per cambiare l’allocazione della ricchezza prodotta dal sistema paese a proprio vantaggio,
a prescindere dal colore del Governo di turno e senza destare soverchie resistenze al loro becero intendimento.

Si è quindi passati dallo stato sociale alla remunerazione della rendita, anche aumentando in maniera considerevole la diseguaglianza e la povertà e stravolgendo il dettato costituzionale.

Il problema italiano è questo: poter avere vere alternative e non false alternanze,
prima che sia troppo tardi e prima che novelli lanzichenecchi portino a compimento il sacco della nostra nazione.
 
Lanzichenecchi.jpg
 
Alla manifestazione di Roma, organizzata dalle cosiddette Sardine e ben accolta dal mainstream e dai politici di “sinistra”
(ma anche da alcuni personaggi dello spettacolo), si è assistito alla concretizzazione della società che George Orwell aveva immaginato nel suo romanzo “1984“.

Andiamo per gradi.

In un’Europa devastata dalle politiche neoliberiste
che hanno di fatto sottomesso gli Stati nazionali agli interessi privati delle multinazionali,
e che già da almeno un decennio hanno smantellato i diritti sociali, il leader delle Sardine, Mattia Santori, ha dato lettura delle 5 proposte di questo fantomatico movimento di protesta:

1)Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a fare politica, invece che fare campagna elettorale permanentemente“;

2)Pretendiamo che chi ricopre la carica di ministro, comunichi solamente sui canali istituzionali“;

3)Pretendiamo trasparenza nell’uso che la politica fa dei social-network“;

4)Pretendiamo che il mondo dell’informazione protegga, difenda e si avvicini alla verità, e traduca tutto questo sforzo in messaggi fedeli ai fatti“;

5)Pretendiamo che la violenza venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica, in ogni sua forma. Che la violenza verbale venga equiparata alla violenza fisica“.

Qui il video: Le proposte delle sardine

Insomma, a parte l’uso continuo del verbo “pretendere”, siamo di fronte a 5 proposte totalmente estranee al disagio reale in cui versa un intero popolo.

Non una parola
sulla precarietà dei rapporti lavorativi, sulle difficoltà per giovani e meno giovani di trovare lavoro e mettere su famiglia,
sulla devastazione dei diritti sociali, sulle folli regole di bilancio che ci vengono imposte dall’Unione europea,
su quelli che sono gli effetti devastanti causati dal regime dei cambi sui diritti sociali e sui redditi, nulla sul Fiscal Compact, nulla sul Mes, nulla sul pareggio di bilancio in Costituzione.

Nulla di tutto questo
.

Nemmeno una parola.

E non una parola sull’Europa delle banche che ha sottomesso la politica e il diritto all’economia e alla finanza.

Per le Sardine il problema è “la trasparenza della politica nell’uso dei social-network” o l’uso poco accorto dei social da parte di qualche ministro.

Davvero imbarazzante
.

Siamo di fronte al vuoto cosmico di una generazione di schiavi, privi di una visione corretta dei problemi generali e reali.

Una generazione del tutto perduta
.

Ma non è una novità.
Nel suo romanzo “1984“, lo scrittore britannico George Orwell aveva previsto tutto. Ecco cosa scriveva:

Perfino quando in mezzo a loro serpeggiava il malcontento (il che, talvolta, pure accadeva), questo scontento non aveva sbocchi perché,
privi com’erano di una visione generale dei fatti, finivano per convogliarlo su rivendicazioni assolutamente secondarie.
Non riuscivano mai ad avere consapevolezza dei problemi più grandi
“.

In queste parole sembra di rivedere proprio le Sardine.

George Orwell, all’anagrafe Eric Arthur Blair, aveva dunque previsto tutto – Sardine comprese – già nel 1948, anno in cui scrisse il romanzo.



Ma v’è di più.

Non ci sono solo le 5 proposte, il vuoto cosmico delle Sardine riguarda anche il loro manifesto politico.

Al vuoto si aggiungono ignoranza e pericolo.

Lavandosi la bocca con le parole “Costituzione” e “antifascismo” (peraltro in assenza di fascismo), scrivono (rivolgendosi a “populisti” non meglio specificati) :

Perché grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare“.

Insomma, una forma di fascismo (vero!) a tutti gli effetti.

Dispiace dirlo, ma le Sardine sono l’unico esperimento politico del mondo occidentale in cui una generazione di ragazzi
– oltre a non focalizzare le cause reali del proprio disagio sociale – protestano contro l’opposizione parlamentare.

Una contraddizione in termini che spiega l’essenza stessa di questo movimento.

In conclusione le Sardine sono – a mio modesto parere – uno dei tanti strumenti nelle mani delle élite, politiche e finanziarie,
utili allo scopo di canalizzare il dissenso verso una cornice di problemi secondari o marginali, e dissolverlo con soluzioni del tutto ininfluenti.


Analisi impeccabile, incontrovertibile, definitiva !

:bow: :clap:
 
Cosa non va nella finanziaria e, in generale, nelle leggi che regolano l’economia ed il credito italiani?

Quali sono i problemi, creati in gran parte da sbagliate normative europee, che mettono in pericolo l’economia e il risparmio italiano?

Risponde Claudio Borghi al No Tax Day, la manifestazione contro le tasse e per un’economia migliore voluta dalla Lega.

I problemi, per l’Onorevole, sono:

  • il Bail In , che ha reso i risparmiatori responsabili per la cattiva gestione delle banche;
  • il MES, il “Meccanismo europeo di stabilità”, che, deciso nella massima segretezza, che mette in pericolo il debito di stato italiano, e quindi anche la ricchezza degli italiani;
  • in generale tutto quello che è stato inviato dall’Europa e che è stato imposto senza discussione democratica.
Le forze contro la buona economia sono fortissime, a partire dal livello europeo, dalle grandi potenze alla stampa,
sempre contro, ma le battaglie sono comuni, a favore di tutti e devono essere combattute.
 
Il Governo ha partorito il decreto per la salvezza di Popolare di Bari,
sperando che Italia ed Europa siano popolate esclusivamente da fessi, o da gente disposta a passare per tale pur di aiutarlo.

Il governo si è svegliato una mattina, o una sera, ed ha trovato la soluzione per i problemi del Mezzogiorno:
creare un Mediocredito IMI style, di controllo pubblico, con 900 milioni (praticamente poco più di nulla, vista la dimensione del problema)
che poi, casualmente, “Secondo una logica di mercato” verrebbe a coincidere con Popolare di Bari.

Tutto, naturalmente, in modo casuale e senza nessuna premeditazione dato che la banca pugliese mai è citata.
Naturalmente la Vestager accetterebbe tutto perché avverrebbe a “Condizioni di mercato”.

Con questo decreto il governo Conte ritiene che in Italia ed in Europa siano tutti fessi, o tutti disposti a passare per tali. Infatti:

  • Tutti dovrebbero pensare che il piano di salvataggio del sud gli sia venuto in mente così, per epifania, in una notte, magari dopo una cena a base di Cozze pelose di Taranto;
  • Tutto dovrebbero pensare che per Invitalia, a condizioni di mercato, sia più conveniente prendere una banca decotta, in cui non si sa che cosa c’è dentro,
  • commissariata da Banca d’Italia, piuttosto che partire da zero o acquisire una banca in ordine;
  • Pensare che la Vestager ci creda….
Questo non significa che la cosa non possa accadere, che alla fine Bruxelles, come accaduto per la tedesca Nord LB,
accetti di passare per scema per non pagare dazio e prenda per buono il decreto del governo.

Alla fine i soldi sono dei contribuenti italiani, mica dei danesi o dei belgi.

La cosa triste è che questo governo prende come scusa un grave problema per fare un’operazione giusta,
ma che non ha NULLA A CHE FARE con la banca del Mezzogiorno, se mai con il salvataggio di qualche posizione particolare, perché gli azionisti sono già persi.

Gli italiani, ed i meridionali, accetteranno di passare per fessi ?



Qui di seguito il testo completo del decreto





Decreto-legge recante Misure urgenti per la realizzazione di una banca di investimento



IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



VISTI gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

CONSIDERATA la straordinaria necessità ed urgenza di prevedere interventi finanziari a sostegno del Mezzogiorno, secondo logiche, criteri e condizioni di mercato;

VISTA la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 dicembre 2019;



Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze;



EMANA

Il seguente decreto-legge:



Articolo 1

(Banca di investimento)



  1. Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze sono assegnati in favore dell’Agenzia Nazionale per l’attrazione investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia, contributi in conto capitale, fino all’importo complessivo massimo di 900 milioni di euro per l’anno 2020, interamente finalizzati al rafforzamento patrimoniale mediante versamenti in conto capitale in favore di Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. affinché questa promuova, secondo logiche, criteri e condizioni di mercato, lo sviluppo di attività finanziarie e di investimento, anche a sostegno delle imprese nel Mezzogiorno, da realizzarsi anche attraverso il ricorso all’acquisizione di partecipazioni al capitale di società bancarie e finanziarie, e nella prospettiva di ulteriori possibili operazioni di razionalizzazione di tali partecipazioni.
  2. A seguito delle iniziative poste in essere dalla banca in attuazione del comma 1, con decreto del Ministro dell’economia delle finanze di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, può essere disposta la sua scissione con costituzione di nuova società, alla quale sono assegnate le attività e partecipazioni acquisite ai sensi del comma 1. Le azioni rappresentative dell’intero capitale sociale della società sono attribuite, senza corrispettivo, al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
  3. Alla società di nuova costituzione di cui al comma precedente non si applicano le disposizioni del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. La nomina del Consiglio di amministrazione della società è effettuata dal Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.
  4. Tutti gli atti e le operazioni poste in essere per l’attuazione dei commi precedenti sono esenti da imposizione fiscale, diretta e indiretta, e da tassazione.
  5. Le eventuali risorse di cui al comma 1 non più necessarie alle finalità di cui al presente decreto sono quantificate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e trasferite, anche mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato e successiva riassegnazione alla spesa, al capitolo di provenienza.


Articolo 2

(Risorse finanziarie)

  1. Agli oneri di cui all’articolo 1, pari a 900 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse iscritte sul capitolo 7175 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze destinate alla partecipazione al capitale di banche e fondi internazionali come rifinanziata per il medesimo anno da ultimo con la Sezione II della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
  2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.


Articolo 3

(Entrata in vigore)

  1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.


Il presente decreto, munito di sigillo di Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.




RELAZIONE ILLUSTRATIVA

Il divario tra le regioni del Mezzogiorno e il resto d’Italia, storicamente elevato, si è ampliato nel corso della doppia recessione del 2008-2012. Nel 2018 il PIL nel Mezzogiorno risultava ancora di circa dieci punti percentuali inferiore a quello del 2007; nel Centro-Nord la differenza era pari a circa tre punti. Tale divario deriva in larga misura dalla minore produttività (prodotto per occupato) delle imprese meridionali, che può essere ricondotta anche alla loro minore dimensione. Imprese troppo piccole faticano a investire in ricerca e sviluppo e ad accedere ai mercati internazionali. Anche le banche meridionali, naturalmente deputate al finanziamento della piccola e media impresa locale, risentono di una dimensione eccessivamente contenuta; stentano a raggiungere livelli soddisfacenti di redditività, necessari ad alimentare il proprio capitale e dunque a espandere il credito all’economia reale.

Si rendono pertanto necessari interventi che possano contribuire al superamento di questi ostacoli strutturali e a ridurre il divario di sviluppo economico tra il Mezzogiorno e le regioni del Centro-Nord. L’esigenza di tale intervento presenta caratteri di urgenza alla luce delle recenti evoluzioni e situazioni di crisi, che rendono palese come esso non sia procrastinabile.

In tale quadro, al fine di consentire alla Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale (MCC) di svolgere – in piena autonomia e nel rispetto di logiche, criteri e condizioni di mercato – attività di investimento e finanziamento, anche a sostegno del Mezzogiorno e attraverso l’acquisizione di partecipazioni in banche insediate nel Sud Italia, la norma dispone che mediante uno o più decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze, possano essere disposti contributi in conto capitale, fino all’importo complessivo massimo di 900 milioni, a favore di Invitalia, a servizio di versamenti in conto capitale a favore della MCC. La disposizione prevede altresì che, successivamente alla realizzazione di tali interventi con decreto del Ministro dell’economia delle finanze possa essere disposta la scissione della banca con costituzione di nuova società, alla quale sono assegnate le attività e partecipazioni acquisite ai sensi dell’articolo 2, comma 1. Le azioni rappresentative dell’intero capitale sociale della società sono attribuite, senza corrispettivo, al Ministero dell’Economia e delle Finanze.


RELAZIONE TECNICA

Al fine di promuovere – secondo logiche, criteri e condizioni di mercato – lo sviluppo delle attività finanziarie a sostegno delle imprese nel Mezzogiorno, da realizzarsi mediante operazioni finanziarie, anche attraverso il ricorso all’acquisizione di partecipazioni al capitale di banche e società finanziarie ivi prevalentemente operanti, l’articolo 1, comma 1, dispone che con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze sono assegnati in favore dell’Agenzia Nazionale per l’attrazione investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia, uno o più contributi in conto capitale per un importo complessivo massimo di 900 milioni di euro per l’anno 2020, interamente finalizzati al rafforzamento patrimoniale mediante versamenti in conto capitale a favore della società Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. (MCC). Essendo finalizzato alla realizzazione di operazioni di natura finanziaria realizzate dallo Stato direttamente o per il tramite di Invitalia, società inserita nel settore delle amministrazioni pubbliche, la disposizione ha effetti in termini di saldo netto da finanziare e fabbisogno.

L’articolo 1, comma 2, prevede che, a seguito delle operazioni realizzate dalla MCC in attuazione del comma 1 con decreto del Ministro dell’economia delle finanze possa essere disposta la scissione di Banca del Mezzogiorno – Mediocredito Centrale S.p.A. con costituzione di nuova società, alla quale sono assegnate le attività e partecipazioni acquisite ai sensi dell’articolo 2, comma 1. Le azioni rappresentative dell’intero capitale sociale della società sono attribuite, senza corrispettivo, al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

L’articolo 2 prevede che all’onere di cui all’articolo 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 170, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

Non comportano effetti finanziari le restanti disposizioni dell’articolo.
 
Con un’interessante infografica vi presentiamo l’andamento del mercato azionario mondiale sia focalizzandosi prima sul mercato USA sia come comparazione fra gli USA ed i singoli stati.



Prima di tutto il mercato USA mostra un andamento omogeneo con le principali crisi economiche e finanziarie mondiali,
a partire dal l’attentato di Oklahoma City sino alla crisi delle dotcom e la grande crisi finanziaria.
Poi, come vediamo, vi è stata una crescita tumultuosa, a livelli mai visti precedentemente,
anche grazie alla potente iniezione di liquidità fatta dalla banca centrale USA e sostenuta dalla crescita economica.

Le uniche altre borse che hanno sostenuto una crescita simile sono state quella tedesca e quella di Hong Kong,

Né quella canadese né quella francese hanno retto il confronto, e quella giapponese ed inglese sono state pure peggio.
La borsa giapponese si è addormentata negli anni ottanta ed ancora non si è svegliata.

Insomma la regina mondiale delle borse rimane quella USA, con grande soddisfazione di Trump.

L’Europa e l’Oriente seguono, ma a grande distanza.
 
“È da ieri pomeriggio che io e mia moglie riceviamo provocazioni e insulti di tutti i colori, tante accuse, a cui sono anche abituato, ma questa volta hanno esagerato.
Sono stato accusato di appartenere a Hamas e di sostenere il terrorismo islamico”.

Così recita il post sulla bacheca di Sulaiman Hijazi, attivista palestinese e marito di Nibras Asfa,
la “sardina velata” che sabato scorso a piazza San Giovanni ha arringato i sostenitori
del neo costituito movimento recitando il solito copione anti-Salvini e insultando gli elettori della Lega.

Una prova di civile vivere democratico dei pesciolini che va di pari passo con i locali prescelti per la presentazione del movimento:
quelli ‘occupati’ dall’associazione Action, polo di attrazione per attivisti dei centri sociali e, soprattutto, dei movimenti “per la casa” dediti alle attività di occupazioni abusive.

Ma è stata la presenza di Suleiman alla manifestazione quella che ha dato il via alle polemiche sulle legittimità delle parole della consorte dal palco di piazza San Giovanni.

Sul profilo Facebook dell’attivista palestinese viene denunciata la lunga sequela di insulti e minacce che la coppia ha dovuto subire già dalla serata di sabato scorso,
quando in tanti hanno sentito il bisogno di sottolineare la continuità di pensiero tra il Suleiman e i terroristi di Hamas.

Un legame a quanto pare indissolubile, considerato che il giovane ha più volte espresso il suo plauso
verso il gruppo terroristico islamista inserito, a pieno titolo, nelle liste delle organizzazioni terroristiche mondiali.


Suleiman ha espresso chiaramente il suo pensiero con una frase, ripresa dai maggiori quotidiani nazionali nel week-end,
che la dice lunga sulle operazioni di dissimulazione che gli aderenti alle frange islamiste pongono in atto nel nostro Paese
allo scopo di continuare le proprie attività di sostegno ai movimenti islamisti impegnati contro l’Occidente medesimo e, soprattutto, contro Israele:

“Il nostro movimento della resistenza che ha combattuto e continua a combattere in Palestina (Hamas)
viene considerato in Egitto come un movimento terroristico, così come lo è per Israele, questi atti contro la resistenza
continuano a dimostrare che Gaza è l’unica nostra strada per arrivare alla libertà e dimostra che purtroppo abbiamo un nemico
che è un mostro e prende ordini da Israele e America, il solito cane che segue gli ordini, al Sisi ha chiuso il valico di Rafah
e continua a farlo sperando che il popolo a Gaza faccia una rivolta contro la resistenza, ma non sanno che siamo un popolo
disposto a morire per tornare libero e siamo un popolo dignitoso, purtroppo la situazione è drammatica a Gaza
ma usciremo presto inchallah più forti nonostante tutti questi complotti e ingiustizie, sempre con la resistenza”.

E tanto per aggiungere benzina sul fuoco, l’attivista Hijazi posta immagini inquietanti a sostegno del proprio pensiero moderato.

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Suleiman è nativo di Hebron, città contesa dove le violenze dei sostenitori di Hamas e jihad islamica
si consumano quasi quotidianamente e, per lo più, con ragioni ingiustificate, contro la minoranza ebraica.

In Italia, Suleiman, è rappresentante di diverse associazioni palestinesi, da quella dei Palestinesi in Italia
all’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese, due realtà non proprio trasparenti,
che in numerose occasioni sono state al centro delle critiche per la presenza di islamisti conclamati
invitati nell’ambito di eventi organizzati in nome della “resistenza” contro Israele o a sostegno della “diffusione del vero Islam.”


Nel 2017, l’ABSPP organizzò il Festival della Solidarietà Palestinese a Milano, Brescia e Verona invitando a intervenire Mohammad Moussa al Sharif,
un teologo saudita difensore dei matrimoni con bambine sotto i 14 anni e sostenitore dell’accusa contro i cristiani di essere una minaccia ai diritti umani in quanto atei e fornicatori.

Sull’argomento è più volte intervenuto il senatore di Forza Italia, Lucio Malan, che ha presentato numerose interrogazioni
sulle attività di elementi contigui ai gruppi terroristici palestinesi
operanti in Italia e, in ultimo, la dichiarazione del 15 dicembre scorso nella quale ha, tra l’altro, evidenziato che

“la giovane donna che ha parlato stretta nell’hijab all’evento delle ‘sardine’ in piazza San Giovanni è Nibras (non Nibran come scritto da alcuni giornali) Asfa,
moglie di Sulaiman Hijazi, con il quale non manca occasione di manifestare piena solidarietà di intenti.
Hijazi si dichiara, nel suo stesso profilo Facebook, esponente di Hamas, l’organizzazione palestinese considerata terroristica, tra gli altri,
da Unione Europea, Stati Uniti, Australia, Giordania, Giappone e Regno Unito, che ha l’obiettivo di distruggere lo Stato d’Israele,
considerando ‘territorio occupato’ ogni centimetro dello stato ebraico. Esponenti di Hamas sostengono che la Shoah non è mai avvenuta
ed è una storia inventata senza alcun fondamento, pratica sistematicamente l’uccisione di civili israeliani e si è anche resa protagonista di stragi di palestinesi della fazione Fatah”.

È interessante notare che le attività delle associazioni palestinesi a Roma ruotano intorno ad una discussa moschea di un quartiere popolare, la seconda per importanza nella Capitale.

Dalla fine degli anni ’90, infatti, è stata al centro delle attenzioni di intelligence e forze di polizia per la costante presenza di elementi appartenenti o contigui ai network del terrore islamista.

Un esempio su tutti fu l’arresto da parte della Digos di uno degli attentatori della metropolitana di Londra nel 2005 Hamdi Adus Issac,
avvenuto durante la sua fuga in Italia dove trovò rifugio proprio nei locali della moschea prima di essere fermato nella non lontana abitazione condivisa con il fratello.

Sono proprio i fondi raccolti per l’elemosina rituale (zakat) dagli operatori della moschea, la cui sede è fortuitamente non lontana dai locali di “preghiera”,
quelli utilizzati per finanziare le attività delle associazioni pro-palestina e quelle dei gruppi islamisti internazionali il cui successivo utilizzo non è sempre di carattere umanitario.

Un sostegno costante ed inesauribile, dunque, quello fornito dai sostenitori dei gruppi estremisti palestinesi residenti in Italia
che dalla realtà delle oscure moschee di quartiere arriva al progetto più ambizioso, quello di avere propri rappresentanti
all’interno delle compagini politiche di sinistra, ormai pronte ad accettare qualsiasi adesione, anche quella più insidiosa.

E gli islamisti ci sguazzano.
 
Fayez al Sarraj è in mano ai Fratelli Musulmani.

Dopo l’accordo con la Turchia, il capo del governo di unità nazionale in Libia, nato sotto l’egida dell’Onu,
sarebbe ostaggio di milizie armate presenti a Tripoli che, in cambio dell’appoggio contro il generale Khalifa Haftar,
avrebbero chiesto e ottenuto l’ingresso ufficiale di Erdogan nelle questioni libiche, quindi della Fratellanza Musulmana.

Un piano perfetto dal loro punto di vista che l’Italia, in particolare, ha subito senza battere ciglio
.

Le armi turche sarebbero già entrate in Libia, anche se formalmente l’accordo militare con Tripoli sarebbe al vaglio del Parlamento di Ankara.

La Libia, dunque, rischia di diventare una nuova Siria.

Il tutto a poche centinaia di miglia nautiche dalle nostre coste.

Il generale Haftar, ormai a Tripoli, può contare sull’appoggio di Russia, Egitto, Israele.
Mentre Sarraj si affida alla Fratellanza musulmana.

A riprova di questo, anche il Qatar ha espresso il suo appoggio al governo di Tripoli e l’ambasciata della Libia a Il Cairo ha chiuso, ufficialmente per motivi di sicurezza.

Martedì, con ogni probabilità, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sarà a Tripoli per incontrare proprio Sarraj.

Una visita lampo e urgente, secondo indiscrezioni stampa, che arriva però a distanza di tre mesi dal suo insediamento.

Segno, forse, che il dossier Libia non è proprio al primo posto nell’agenda del Ministro.

In ogni caso, secondo numerose fonti, il viaggio di Di Maio in Libia è pressochè inutile.

In molti, infatti, si chiedono cosa potrà ottenere (o offrire) al capo del governo di Tripoli ormai compresso nella stretta mortale del Sultano. Poco o niente.

Il Paese continua a rimanere nel caos e altre realtà sono presenti proprio lì dove l’Italia ha grandi interessi economici e strategici,
forse non così importanti per il governo che, a tre mesi dal suo insediamento, non si è recato in visita nè con il suo ministro degli Esteri nè con quello dell’Interno.

Gli scenari possibili, dunque, lasciano presagire un conflitto libico nel quale la Russia vorrà mostrare tutta la sua potenza appoggiando il generale Haftar.

Dall’altra parte Erdogan, che oggi a Istanbul ha ricevuto per la seconda volta in un mese Sarraj e non nasconde le sue mire espansionistiche nel Nordafrica.

Da non sottovalutare un eventuale appoggio esterno dalla Tunisia,
reduce dalle elezioni che hanno fatto registrare un successo del movimento Ennahda, la componente tunisina dei Fratelli Musulmani.

Il presidente neo eletto, Kais Saied, ha inteso continuare nel percorso di rivalutazione degli islamisti “moderati” di Ennahda
con l’avallo della nomina a presidente del Parlamento di Rashed el Ghannouchi, leader storico del movimento.

Un gesto per lo più simbolico che nasconde l’insidia di una pericolosa avanzata della fratellanza non solo nel Paese dei Gelsomini.

In questo risaltano le contraddizioni legate all’appoggio dell’Onu e del nostro Paese ad un Governo supportato da personaggi
nell’orbita del movimento dei Fratelli Musulmani che da più parti è sempre stato tacciato di sostenere un’ideologia islamista solo in apparenza moderata.

L’ennesimo errore di valutazione di un establishment di dilettanti… in odor di “sardine”.

La marcia di Haftar su Tripoli, del resto, non è cosa nuova.
Un anno fa, a dicembre 2018, proprio Ofcs.report riferì dell’incontro a Roma tra l’uomo forte della Cirenaica e il presidente del Consiglio (che pur con altre alleanze) era sempre Giuseppe Conte.

In quella circostanza il generale
avrebbe dato la sua disponibilità a seguire la road map dell’Onu per arrivare a elezioni.
Ma tra le richieste messe sul tavolo (perché il generale chiede sempre qualcosa in cambio),
ci sarebbe stata anche quella di un appoggio da parte dell’Italia affinché il suo esercito diventasse quello nazionale.

Forse l’appoggio dell’Italia ad Haftar non è mai arrivato.

Ma il nostro Paese non aveva (e non ha) neanche ben chiaro che ruolo fondamentale deve avere in Libia.
 

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