Il sovranismo alimentare

questo sovranismo alimentare è una vera misura radical chic, pagare i prodotti il doppio per avere una filiera italiana, brava meloni non mi aspettavo una partenza con il botto :clapclap:
io mi accontenterei che, per legge, impedissero gli imbrogli legali che la legge attuale consente sulla etichettatura.
E che tanto tranquillizza alcuni, che non sanno, evidentemente, che l'etichetta attuale è una presa per culo.

Fatto questo ognuno spenderebbe secondo le proprie tasche ma CONSAPEVOLMENTE.

Tanto gli accordi internazionali di importazione di prodotti alimentari non li smonta nè la Meloni (che non ci proverà nemmeno, visto che tutto si può dire tranne che sia scema), nè Gesù Cristo.
 
io mi accontenterei che, per legge, impedissero gli imbrogli legali che la legge attuale consente sulla etichettatura.
Dici?
Secondo me il problema non è la legge che manca, ovvero una legge che dice che non si può dichiarare il falso nelle etichette.
Per me il problema è che lo Stato non reprime le frodi.

Lo Stato gestisce (sic) banche, acciaierie, uffici di collocamento e mille altre cose che potrebbe lasciare fare ai privati, e si dimentica (sic) di reprimere il lavoro nero (anche in versione "schiavitù"), le frodi alimentari e simili.
Uno Stato imprenditore (irresponsabile, con i soldi dei contribuenti), ma che rinuncia a fare lo Stato quando dovrebbe esercitare l'autorità, non serve.
 
Dici?
Secondo me il problema non è la legge che manca, ovvero una legge che dice che non si può dichiarare il falso nelle etichette.
Per me il problema è che lo Stato non reprime le frodi.

Lo Stato gestisce (sic) banche, acciaierie, uffici di collocamento e mille altre cose che potrebbe lasciare fare ai privati, e si dimentica (sic) di reprimere il lavoro nero (anche in versione "schiavitù"), le frodi alimentari e simili.
Uno Stato imprenditore (irresponsabile, con i soldi dei contribuenti), ma che rinuncia a fare lo Stato quando dovrebbe esercitare l'autorità, non serve.
"l'arte" della etichettatura che le norme attuali consentono, è più sottile della semplice truffa o grode alimentare.

E' truffa quando mischi l'olio di semi all'olio extravergine di oliva.
E' truffa quando spacci l'olio di semi, con aggiunta di clorofilla, per EVO
E' truffa quando abbassi l'acidità dell'olio vergine e lo trasformi in EVO...

Non è truffa quando scrivi miscela di oli (o farine, o mieli...) comunitari ed extracomunitari.

E che cazzo significa? Come questa dicitura da a Samir l'informazione che cerca?

Io renderei obbligatoria l'informazione sul luogo di produzione della materia prima e sul luogo di confezionamento/imbottigliamento.
Pomodori cinesi, trasformati in salsa in Cina e rilavorati in Italia.
Miscela di farine canadesi, italiane e della Papuasia.
Olive algerine molite in Sicilia.

Chiaro, senza prese per culo legalmente ammesse.
 

REGOLAMENTO CE N. 182/2009 Il 1 luglio 2009 è entrato in vigore il nuovo Regolamento CE 182/2009 il quale, modificando il precedente Regolamento CE 1019/2002, ha introdotto interessanti novità in materia di commercializzazione ed etichettatura dell’olio d’oliva vergine ed extravergine. La modifica più importante introdotta dal suddetto provvedimento riguarda l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del prodotto, sposando così appieno la politica italiana che già da tempo aveva reso obbligatoria tale informazione per l’olio commercializzato sul territorio nazionale. Il Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali, con il Decreto del 10 ottobre 2007, infatti, aveva introdotto l’obbligo di indicare l’origine dell’olio di oliva vergine ed extravergine commercializzato in Italia. Il Decreto del 2007 aveva reso obbligatoria l’indicazione in etichetta del Paese di coltivazione delle olive e di quello dove è sito il frantoio. Detto provvedimento aveva stabilito, inoltre, che nel caso di provenienza delle olive da più Paesi, l’etichetta avrebbe dovuto riportare l’elenco di tutti gli Stati membri e/o Paesi terzi di coltivazione, in ordine decrescente per quantità utilizzate. Il provvedimento nazionale fu, tuttavia, oggetto di una dura contrapposizione con la Commissione Europea che lo interpretò come atto protezionistico ed in contrasto con la normativa comunitaria (Reg. Ce1019/2002) la quale stabiliva come facoltativa l’indicazione dell’origine. Fu pertanto avviata una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese che limitò, fino a sospendere, l’applicazione del citato Decreto. Di fatto, sul territorio comunitario sono presenti tradizioni agricole e pratiche di estrazione e miscelazione molto diverse tra loro che danno origine ad un’ampia varietà di oli; alcuni di essi, inoltre, sono ottenuti mediante miscelazioni di oli comunitari con oli provenienti da Paesi extracomunitari ma queste informazioni non sempre arrivavano chiaramente al consumatore. Ciò a sfregio di una piena rintracciabilità del prodotto e, soprattutto, della completa protezione e tutela del consumatore. La realtà di fatto di cui sopra ha costituito il punto di partenza per la normativa Italiana del 2007 prima e per quella comunitaria poi. Grazie al pressing condotto dalle organizzazioni degli olivicoltori italiani che da sempre si sono battute per tutelare dalle contraffazioni le specificità dell’olio italiano e garantire allo stesso tempo sicurezza e trasparenza per i consumatori, la Commissione Europea ha successivamente ritenuto opportuno modificare la normativa comunitaria ed estendere l’obbligo dell’indicazione dell’origine agli oli commercializzati sul territorio comunitario sposando, così, la politica italiana. Tale obbligo è stato introdotto, come sopra anticipato, con il Regolamento CE 182/2009 e per questo motivo il nuovo provvedimento è stato da più parti ‘acclamato’ come una vittoria legislativa del Made in Italy. Le principali novità introdotte dal suddetto provvedimento riguardano l’indicazione dell’origine e delle caratteristiche organolettiche. In particolare, l’indicazione dell'origine diventa obbligatoria per l’olio extravergine di oliva e per l’olio di oliva vergine, e deve figurare sull’imballaggio e/o sull’etichetta del prodotto. Sono esclusi da quest’obbligo gli oli di oliva DOP o IGP poiché soggetti a specifica normativa (Reg. Ce 510/2006). Le fattispecie contemplate dal Regolamento CE 182/2009 per indicare l’origine sono tre:

1. olio ottenuto nello stesso Stato Membro di raccolta delle olive: in questo caso è possibile richiamare l’origine indicando il nome del Paese seguito da diciture quali “Prodotto in…”, “Ottenuto in ….”, ma anche indicazioni del tipo “100% prodotto in …”. Il nome dello Stato Membro può essere sostituito da un riferimento alla Comunità.

2. olio ottenuto in uno Stato Membro con olive provenienti da altri Stati Membri/Paesi terzi: in questo caso l’indicazione dell’origine deve essere apposta adottando la seguente dicitura “Olio (extra) vergine di oliva ottenuto in …. da olive raccolte in …”. Anche in questo caso il nome dello Stato Membro può essere sostituito da un riferimento alla Comunità. Qualora fosse necessario indicare più Stati Membri/Paesi terzi, questi devono essere menzionati in ordine ponderale decrescente in relazione alla quantità apportata.

3. miscele di oli comunitari e/o non comunitari: in questo caso le modalità di indicazione dell’origine sono una delle seguenti, da utilizzarsi in relazione alla tipologia di prodotto:
 
Per l'appunto: per alcune cose non occorre una legge.
E' truffa quando mischi l'olio di semi all'olio extravergine di oliva.
E' truffa quando spacci l'olio di semi, con aggiunta di clorofilla, per EVO
E' truffa quando abbassi l'acidità dell'olio vergine e lo trasformi in EVO...
Questi sono reati, che andrebbero intercettati e puniti.


Questa è una "leggerezza" che potrebbe essere sistemata.
Non è truffa quando scrivi miscela di oli (o farine, o mieli...) comunitari ed extracomunitari.
E che cazzo significa? Come questa dicitura da a Samir l'informazione che cerca?

Oppure no. :mumble:
Chi va dal parrucchiere a basso costo (es. cinese, dalle mie parti) sa che lo sciampo che verrà usato sarà il più economico presente sul mercato, ma gli va bene così, perché la priorità è il risparmio.
Allo stesso modo, chi compra l'olio d'oliva EVO a 4 euro al litro è focalizzato sul risparmio.
Se leggesse "miscela di oli greci" anziché "Olio dell'Unione Europea" non gli cambierebbe niente, visto che penserebbe che l'olio da 15 euro al litro non lo compra (o perché non può permetterselo, oppure perché preferisce spendere i suoi soldi nell'aifòn).

L'errore da evitare è dare per scontato che all'italiano medio interessi il prodotto di qualità e che sia disposto a pagare di conseguenza. Spesso non è così.
 
1. olio ottenuto nello stesso Stato Membro di raccolta delle olive: in questo caso è possibile richiamare l’origine indicando il nome del Paese seguito da diciture quali “Prodotto in…”, “Ottenuto in ….”, ma anche indicazioni del tipo “100% prodotto in …”. Il nome dello Stato Membro può essere sostituito da un riferimento alla Comunità.

2. olio ottenuto in uno Stato Membro con olive provenienti da altri Stati Membri/Paesi terzi: in questo caso l’indicazione dell’origine deve essere apposta adottando la seguente dicitura “Olio (extra) vergine di oliva ottenuto in …. da olive raccolte in …”. Anche in questo caso il nome dello Stato Membro può essere sostituito da un riferimento alla Comunità. Qualora fosse necessario indicare più Stati Membri/Paesi terzi, questi devono essere menzionati in ordine ponderale decrescente in relazione alla quantità apportata.

3. miscele di oli comunitari e/o non comunitari: in questo caso le modalità di indicazione dell’origine sono una delle seguenti, da utilizzarsi in relazione alla tipologia di prodotto:
:d:
 
devo andare
la prossima arrampicata sugli specchi la leggo al ritorno :d:
così poi ci spieghi l'utilità del cambiamento del nome al ministero rispetto a questa normativa che è l'oggetto del thread. Per cambiare quella frase in rosso? Prima o poi lo devi fare

Senza contare poi che DOP e IGP seguono un disciplinare a parte. Ma sicuramente insufficiente anche quelli... immagino..
 
ma fino qui era una premessa...

veniamo alla lagge SALVA OLIO del 2011

LA LEGGE 14 gennaio 2013 n. 9 c.d.“LEGGE SALVA OLIO“ Appena emanata è la c.d. “Legge salva olio”, conosciuta come “Legge Mongiello”, che rappresenta una vera e propria innovazione in ambito oleicolo ed introduce delle norme alquanto rigorose in materia di etichettatura, controlli e sanzioni allo scopo di rendere maggiormente tutelato il mercato degli oli di oliva. In particolare l’obiettivo risulta essere quello di evitare il rischio di frodi e contraffazioni. All’epoca della sua pubblicazione l’Unione europea decise la sospensione della norma di cui sopra per un anno (notifica 2012/650/I del 21 novembre 2012), visto che era in itinere un regolamento comunitario che doveva disciplinare proprio su etichettatura e confezione. In base a questa decisione di sospensione, il provvedimento sarebbe dovuto entrare in vigore il 22/11/2013, mentre per il Governo italiano la norma sarebbe divenuta operativa il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e cioè il 1° Febbraio 2013. Nonostante queste discrepanze, il Governo Monti scelse di scontrarsi con la UE promulgando ugualmente la legge, nonostante le minacce di una procedura di infrazione che non venne mai avviata. La legge Salva Olio è divenuta pienamente operativa a partire dal 22 novembre 2011 anche per la Unione Europea e, conseguentemente, va applicata dagli operatori commerciali e dalle Autorità competenti per i controlli. Si riportano di seguito le principali innovazioni introdotte dalla presente legge: 1. indicazione di origine degli oli di oliva: La c.d. Legge Mongiello prevede che l’indicazione di origine degli oli di oliva vergini deve figurare in modo facilmente visibile e chiaramente leggibile nel campo visivo anteriore del recipiente, in modo da essere distinguibile dalle altre indicazioni e dagli altri segni grafici. Le indicazioni debbono essere stampate con caratteri di determinate dimensioni e in contrasto con il colore di fondo dell’etichetta. Nel caso di miscele di oli di oliva estratti in un altro Stato membro dell’Unione europea o in un Paese terzo, l’indicazione dell’origine è immediatamente preceduta dall’indicazione del termine « miscela », stampato con diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni ed alla denominazione di vendita; 2. dimensione dei caratteri: la legge di cui sopra si uniforma alle dimensioni dei caratteri previste dal regolamento comunitario n. 29/2012. Le misure comunitarie previste sono: 2 mm se il volume nominale del contenitore è uguale oppure inferiore a 25 cl; 3 mm se il volume nominale del recipiente è superiore a 25 ma inferiore o uguale a 100 cl; 4 mm se il volume nominale del recipiente è superiore a 100 cl;
tappo antirabbocco: è disciplinato dall'art. 7, comma 2 della stessa legge, il quale dispone che “gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono possedere idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata, ovvero devono essere etichettati in modo da indicare almeno l'origine del prodotto ed il lotto di produzione a cui appartiene”. Da quanto sopra si evince chiaramente che soltanto nella prima parte della norma di cui sopra è prevista l'obbligatorietà del tappo antirabbocco, mentre nella seconda parte, introdotta dalla congiunzione “ovvero”, ossia “oppure”, prevede che gli olii “devono essere etichettati in modo da indicare almeno l'origine del prodotto ed il lotto di produzione a cui appartiene”; Da quanto sopra, pertanto, è chiaro che il tappo antirabbocco è consentito, ma anche le bottiglie normali purchè fornite di idonea etichettatura. 4. Uso dei marchi ingannevoli per l'origine: i marchi che possono indurre in errore il consumatore riguardo l'origine non possono essere utilizzati, pena pesanti sanzioni; 5. Annata di produzione: dal 1 Gennaio è inseribile in etichetta soltanto se il 100 % dell’olio proviene dalla campagna olearia indicata; 6. Alchil esteri: per gli oli etichettati come italiani, nel caso di superamento del valore di 30 mg/kg, l'azienda sarà soggetta ad un piano di sorveglianza straordinario, prorogabile, della durata di 12 mesi; 7. Termine minimo di conservazione: l'art. 7 della Legge Mongiello riporta chiaramente il termine minimo di conservazione dell'olio di oliva che non deve essere superiore ai 18 mesi dall'imbottigliamento. Le confezioni dovranno riportare la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro...” seguita dalla data; 8. Vendite sottocosto: la vendita sottocosto degli oli extravergine di oliva è soggetta a comunicazione al comune dove è ubicato l'esercizio commerciale almeno venti giorni prima dell'inizio e può essere effettuata solo una volta nel corso dell'anno; inoltre viene vietata la vendita sottocosto di oli extravergine di oliva da parte di esercizi commerciali che, da soli, o congiuntamente a quelli dello stesso gruppo di appartenenza, detengono una quota superiore al 10 per cento della superficie di vendita complessiva esistente nel territorio della provincia dove hanno la loro sede; Tra le altre innovazioni: riconoscimento di nuovi parametri e metodi di controllo qualitativo; obbligo di adottare per le indicazioni in etichetta caratteri più leggibili; sanzioni in caso di scorretta presentazione degli oli di oliva nei pubblici esercizi; estensione del reato di contraffazione di indicazioni geografiche a chi fornisce in etichetta informazioni non veritiere sull’origine degli oli di oliva; sanzioni aggiuntive come l’interdizione da attività pubblicitarie per spot ingannevoli; rafforzamento dei metodi investigativi; diritto di accesso ai dati sulle importazioni aziendali; modifiche alle norme concernenti l’organizzazione e il funzionamento del comitato di assaggiatori; poteri della AGCM in materia di intese restrittive nel mercato degli oli di oliva vergini; ammissione al regime di perfezionamento attivo per gli oli di oliva vergini; obbligo di costituzione e aggiornamento del fascicolo aziendale.


INSOMMA LA NORMATIVA NON MANCA
 
:d:
fermati Lincoln.
Più posti, più ti dai con la zappa sui piedi.
Il termine MISCELA possono scriverlo anche fosforescente.
Nel momento in cui tu consenti di non indicare il paese di origine ma scrivere miscela di oli comunitari e non comunitari, il Santo è gabbato.

Questo, unitamente alla normativa che consente di denominare made in Italy il prodotto che abbia ricevuto l'ultima lavorazione in Italia, indipendentemente da dove provenga, determina la libertà per i produttori di fare quello che vogliono, LEGALMENTE.

Continui a insistere sul fatto che cambiare nome al ministero non serve a nulla.
Vero.

E' un segnale della direzione, però.

Non concluderanno nulla?
Anche io lo penso.

Tuttavia oggi c'è una flebile fiammella di speranza che almeno ci pensino.
E non riusciranno.

Gli altri invece sono sempre andati avanti come una locomotiva (non scrivo treno, se no...) sulla strada della più totale mortificazione di ogni produzione agricola ed alimentare nostrana.
Confondendo le carte con le leggi che tu posti e che hanno l'effetto contrario di consentire praticamente qualunque cosa, ma nei termini di legge.

Fra le due vie, io so già che continuerò a non votare.

Poi chi vivrà vedrà.
 

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