Incisioni antiche e moderne: Galleria di immagini

Seconda incisione di GOYA dalla Tauromaquia, la numero 20 della serie:
La velocità e il coraggio di Juanito Apiñani nell'arena di Madrid, 1815-16, acquaforte e acquatinta, 24,5x35,5 cm.
A proposito: io aborro le corride e provo pietà per i poveri tori, ma devo constatare che le stesse hanno ispirato fior di artisti: oltre a Goya c'è pure Picasso, e poi un capolavoro come Morte nel pomeriggio di Hemingway.

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E questa è la terza e ultima incisione della Tauromaquia di GOYA che pubblico:
Tragici eventi nella prima fila dell'arena di Madrid (Tauromaquia 21), 1815-16, acquaforte e acquatinta, cm.24,5x35,5
Qui una volta tanto è il toro ad aver fatto... un macello!

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Nel 1807 gli eserciti napoleonici francesi invasero la Spagna e nel 1808 entrarono a Madrid. Come molti suoi compatrioti liberali filofrancesi, Goya era posto di fronte a un dilemma. Da una parte, i liberali spagnoli speravano che la Francia avrebbe portato quelle riforme che essi desideravano, dall'altra sentivano che il loro orgoglio di spagnoli era stato ferito. Il 2 maggio 1808 a Madrid ci fu una sommossa, in seguito alla quale circa 400 persone - mendicanti, artigiani, monaci, contadini al mercato - furono tratte in arresto e, la mattina del 3 maggio, passate per le armi. Il massacro scatenò una rivolta in tutto il paese, che si trasformò in una feroce guerra d'indipendenza combattuta dagli spagnoli contro l'esercito d'occupazione francese. A 62 anni Goya, un uomo ormai anziano per quell'epoca, si tenne in disparte. Non è certo quanto egli abbia visto di persona. Si sa che nel1808 era in viaggio per Saragozza, dove era cresciuto; in un dipinto avrebbe dovuto celebrare la strenua resistenza della città. Anche se il dipinto non fu mai realizzato, egli eseguì un'incisione con l'eroico gesto di una donna, Agostina de Aragon. Dopo che tutti gli uomini erano caduti, ella aveva armato un cannone la cui esplosione costrinse i francesi a ritirarsi dalle mura di Saragozza. Goya non disegna né i nemici nè la città, per dare spazio soltanto al cannone e alla fragile donna che sovrasta un mucchio di cadaveri.
(R.Marie e Rainer Hagen: GOYA, ed. Taschen)

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(continua... )
 
Ti sei dimenticato di dire che fa parte dei "Disastri della guerra".
No problem :pollicione:
Esatto, per la precisione "Che coraggio!" il numero 7 della serie, acquaforte e acquatinta, 15,5x20,8 cm.
Spero che ora che vai in vacanza qualcun altro si faccia vivo di tanto in tanto a interloquire con me in questo 3d e riprendo la narrazione.

Entro dicembre 1808 Goya era di ritorno a Madrid. Napoleone aveva insediato il fratello Giuseppe Bonaparte sul trono di Spagna e come tutti i capifamiglia il pittore aveva dovuto giurargli fedeltà. Nel 1810 ritrasse Giuseppe all'interno di una rappresentazione allegorica della città di Madrid. Continuava a guadagnarsi da vivere con i ritratti dei membri della società spagnola e di personalità francesi, oltre a dipingere majas e scene di genere. Il tema principale, comunque, era la guerra; gli spagnoli avevano scatenato la guerriglia contro le truppe napoleoniche, dando vita a un crescendo di odio e crudeltà senza precedenti nella storia dei conflitti europei. Goya riempiva pagine e pagine dei suoi album di schizzi con scene di uccisioni, torture e stupri, per poi ricavarne delle incisioni. Egli ne scelse 82 per dar vita al ciclo Los Desastros de la Guerra.
(fonte: vedi mio post #203).

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Francisco GOYA: "Nemmeno qui" (I disastri della guerra, 36), acquaforte e acquatinta, 15,8x20,8 cm.
 
"Spesso si considerano I disastri della guerra un'autentica testimonianza della guerriglia e delle sue tremende atrocità, ma tranne i cadaveri, i feriti e la gente affamata, è poco probabile che Goya abbia visto molto di persona. Non era un corrispondente di guerra, piuttosto dava forma al frutto della sua immaginazione. E come nei Caprichos la sua fantasia è dominata da preoccupazioni e da un senso di minaccia che proiettano un'ombra su di lui."

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Lo Stesso (I disastri della guerra, tavola 3), 1810-15, acquaforte e acquerello, 16x22,1 cm.
 
"Spesso si considerano I disastri della guerra un'autentica testimonianza della guerriglia e delle sue tremende atrocità, ma tranne i cadaveri, i feriti e la gente affamata, è poco probabile che Goya abbia visto molto di persona. Non era un corrispondente di guerra, piuttosto dava forma al frutto della sua immaginazione. E come nei Caprichos la sua fantasia è dominata da preoccupazioni e da un senso di minaccia che proiettano un'ombra su di lui."

Vedi l'allegato 403621

Lo Stesso (I disastri della guerra, tavola 3), 1810-15, acquaforte e acquerello, 16x22,1 cm.
In generale ho notato che l'Italia è il paese che più valorizza Goya. Altrove la spiacevolezza dei suoi soggetti ne diminuisce il prezzo sul mercato rispetto al nostro, dove evidentemente l'ombra del grande artista, la sua fama, il suo personaggio, insomma il peso della sua identità conta molto di più che altrove rispetto alla funzione decorativa dell'opera. Si può supporre che ciò derivi dal fatto che la tradizione italiana si basa su opere religiose, esposte in chiesa e concepite per la chiesa, i cui soggetti, dolci ovvero aspri, stanno là non per decorare ma per illustrare la religione. Su questo punto una certa evoluzione generale è assolutamente recente, ma ovviamente l'impronta resta e si intravvede in situazioni come questa del mercato di Goya.
 
Ultima modifica:
In generale ho notato che l'Italia è il paese che più valorizza Goya. Altrove la spiacevolezza dei suoi soggetti ne diminuisce il prezzo sul mercato rispetto al nostro, dove evidentemente l'ombra del grande artista, la sua fama, il suo personaggio, insomma il peso della sua identità conta molto di più che altrove rispetto alla funzione decorativa dell'opera. Si può supporre che ciò derivi dal fatto che la tradizione italiana si basa su opere religiose, esposte in chiesa e concepite per la chiesa, i cui soggetti, dolci ovvero aspri, stanno là non per decorare ma per illustrare la religione. Su questo punto una certa evoluzione generale è assolutamente recente, ma ovviamente l'impronta resta e si intravvede in situazioni come questa del mercato di Goya.
E' comunque sicuramente molto apprezzato anche in Francia e nei paesi anglosassoni. Tempo fa ho visto su Rai 5 un documentario molto istruttivo dove in una specie di seminario convocato apposta studiosi francesi, inglesi e americani analizzavano alcuni dipinti a lui da sempre attribuiti per stabilirne l'effettiva paternità o meno.
Tornando ai Disastri della guerra, riprendo la narrazione sempre citando il testo della Taschen:
"Si tratta di immagini che non si schierano né per gli ideali della rivoluzione francese né per il glorioso nome della patria di Goya. Mostrano piuttosto il massacro di francesi e spagnoli ed è spesso impossibile stabilire per quale parte le persone uccidano o si facciano ammazzare. Si trattava di qualcosa di inedito nella storia dell'arte occidentale. Sin dai tempi di egizi e greci la rappresentazione aveva avuto lo scopo di glorificare il vincitore. Soltanto i vincitori volevano che le proprie gesta fossero tramandate ai posteri in opere d'arte che essi stessi commissionavano. Le incisioni di Goya non erano immagini su commissione e l'immagine della donna con il cannone (vedi post # 203) è l'unica in cu si scorga un atto di eroismo. Goya si interessa soltanto a quello che gli uomini si fanno l'un l'altro e a come il caos e la guerra trasformino dei pacifici cittadini in belve sanguinarie."

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In alto: Carrettate per il cimitero (Disastri 64), 1812-15, acquaforte e acquatinta, 15,5x20,5 cm.
"La guerra sta devastando il paese, i campi rimangono incolti e la gente nelle città muore di fame, a cominciare dai poveri."

In basso: Possa la corda rompersi (Disastri 77), 1815-20, acquaforte e acquatinta, 17,5x22 cm.
"Il Papa sta in equilibrio sulle teste della folla. La speranza che la corda si spezzasse non si realizzò".
 
Un'ultima immagine, piuttosto lugubre, dai Disastri della Guerra di GOYA:
Nulla: lo diranno i fatti (n.69 della serie), acquaforte e acquatinta, 15,5x20cm.
"Questa incisione gioca sulla speranza che, dopo la morte, conosceremo finalmente la verità. Goya rappresenta un cadavere che esce dalla tomba e indica un pezzo di carta su cui c'è scritto Nada, niente".

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