Caso Telecom, i pm: la società non impedì i reati
La «spy story» dei dossier illegali raccolti da dipendenti di Telecom Italia comincia a delinearsi. La società di telecomunicazioni «rendeva possibile che Giuliano Tavaroli, in qualità di responsabile della funzione Security del Gruppo Telecom Italia, commettesse, nell'interesse della società, i reati» a lui contestati. Lo scrivono i pm Fabio Napoleone, Stefano Civardi e Nicola Piacente, nell'avviso di chiusura delle indagini per la vicenda dello spionaggio che vede coinvolti alcuni ex dipendenti di Telecom. Tavaroli è stato accusato di aver illecitamente spiato e raccolto dossier su personalità politiche, economiche e dello spettacolo allo scopo di estorsione. Assieme a lui furono accusati degli stessi reati di associazione a delinquere, corruzione internazionale, detenzione e divulgazione di materiale riservato Marco Mancini (del Sismi), Emanuele Cipriani, Marco Bernardini e numerosi dipendenti Telecom
I pm spiegano perché a Telecom sia contestata la violazione della legge 231 del 2001, quella che impone alle società di prevenire la commissione dei reati dei propri dipendenti. Secondo la procura di Milano, Telecom Italia deve rispondere di aver violato la legge 231 del 2001 «perché, non avendo predisposto, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, essendo stato adottato modello organizzativo al fine di prevenire la commissione di reati solo nel maggio 2003 e comunque, dal momento dell'adozione, non avendolo efficacemente attuato e non avendo adeguatamente vigilato sull'osservanza dello stesso, rendeva possibile che Giuliano Tavaroli, in qualità di responsabile della funzione Security del gruppo Telecom Italia, commettesse, nell'interesse della società» i reati a lui attribuiti. Analoga contestazione viene rivolta dalla procura, con riferimento ai reati di cui è accusato Pierguido Iezzi, a Pirelli. Anch'essa avrebbe violato la legge che impone alle società di prevenire i reati dei propri dipendenti.
Intanto i carabinieri della sezione polizia giudiziaria della Procura di Milano hanno già notificato ad alcuni dei 34 indagati l'avviso di conclusione delle indagini. Venerdì scorso il 415 bis era stato notificato solo alle due società che sono state iscritte nel registro degli indagati per la legge 231 mentre i loro ex vertici Marco Tronchetti Provera e Carlo Buora sono risultati estranei alla vicenda.
«Sono molto contento e soddisfatto della conclusione cui sono arrivati i giudici - ha commentato Tronchetti Provera, che oltre a esser stato presidente era anche azionista di riferimento di Telecom - dopo tre anni e mezzo di indagine, dopo che sono stati sentiti centinaia di testimoni, viste migliaia di carte, è emersa con chiarezza la verità. Questo è un dato estremamente importante». «Sono peraltro sconcertato - aggiunge - che continui una campagna che, malgrado ogni evidenza, si cerchi di alterare la verità. Questo è davvero inaccettabile, è qualche cosa di incomprensibile».