IO MI ACCONTENTO DI ESSERE SERENA NEL TEMPO. LA FELICITA' SONO ATTIMI E, QUANDO ARRIVANO,

Non dirmi che l'hai fatta andata e ritorno, con discesa a San Fruttuoso.
Per fortuna ci aspettava a Camogli la ragazza di quel disgraziato di amico che mi aveva convinto a fare la "gita" diceva lui.

andgui.

Proprio così... pacchetto "all inclusive" :d:

Bell'amico :d:... per fortuna poi ha rimediato :confused:
Comunque, eventualmente, il ritorno si può fare con il traghetto ;)
 
Buongiorno.

Direi che un'uscita del genere è "infelice e fuori posto" con la festa della Repubblica......e con gli Italiani (quelli alla quale è dedicata).
forse il signore non sa ( ma lo sa e fa finta di non sapere) che le persone che lui indica, hanno le "loro feste" e - per il fatto stesso che si dichiarano popolo nomade -
se ne impippano delle "nostre" feste. Alle quali prendono parte per un solo scopo .Forse due. Se li immagini leggendo la cronaca.

“Oggi è la festa di tutti quelli che si trovano sul nostro territorio, è dedicata ai migranti, ai rom, ai sinti, che sono qui ed hanno gli stessi diritti“,
ha detto il presidente della Camera parlando con i cronisti prima della parata, dedicata quest’anno al tema dell’inclusione.

“La forza della Repubblica – ha aggiunto Fico – è quella di non fare differenze di sesso, razza o opinioni politiche. Sotto la bandiera italiana si ritrovano tutti”.
“Non ci devono essere polemiche sterili e strumentali, oggi è la festa di tutti. Nel cielo sventola la bandiera della Repubblica,
che significa libertà, democrazia e rispetto di tutte le persone che si trovano sul nostro territorio”
 
Denunciati in 51 per il fallimento delle società facenti capo a Marco Marenco, ex patron dello storico marchio di cappelli Borsalino e imprenditore del gas.

Gli avvisi sono stati notificati dopo la chiusura delle indagini, condotte dalla Guardia di Finanza di Torino e di Asti.
Il crac societario ammonterebbe a oltre 4 miliardi, con condotte distrattive per 1 miliardo e 130 milioni di euro.
Il principale capo di accusa è bancarotta fraudolenta ai danni di 12 società del gruppo.

Nel corso dell’inchiesta sono stati sequestrati preventivamente beni per un valore complessivo di 107 milioni.

I finanzierei, guidati dal procuratore Alberto Perduca e dal pm Alberto Tarditi, hanno chiuso il caso di bancarotta, secondo solo al crac di Parmalat.
Le indagini avrebbero inoltre messo in luce reati tributari, truffa aggravata, appropriazione indebita e false comunicazioni sociali.
Tra gli indagati anche pubblici ufficiali, che fornivano a Marco Marenco notizie sull’andamento delle indagini.

Erano almeno 190 le società collegate tra loro mediante compravendite fittizie, intestate ad amministratori e manager vicini all’imprenditore.
Molte di esse avevano la sede in paradisi fiscali, ed erano controllate da numerose società estere, attraverso il meccanismo delle scatole cinesi.
Gli inquirenti sono riusciti a indviduarle grazie alla cooperazione con numerosi paesi, come le Isole Vergini Britanniche, l’Isola di Man, Panama, Malta, Cipro, Liechtenstein e Lussemburgo.
 
Apperò, ce ne hanno messo di tempo. Più di 2 anni

Asti - Pubblicato il 06/04/2017

E’ una mattina di pochi giorni fa. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Asti fanno irruzione in un’abitazione della periferia di Milano.
Appartiene ad un mediatore d’affari lombardo, domiciliato in Svizzera stando agli accertamenti all’anagrafe dei residenti all’estero.


Decreto di perquisizione

I militari delle Fiamme gialle stanno eseguendo un decreto di perquisizione firmato dal pm Luciano Tarditi nell’ambito dell’inchiesta-bis
per trovare il denaro sottratto alla maxi bancarotta fraudolenta delle società del gas per la quale l’ex trader astigiano Marco Marenco, 62 anni, ha già patteggiato una condanna a 5 anni.

Marenco, dopo 18 mesi di custodia cautelare, è libero in attesa che la Cassazione si esprima definitivamente sulla ratifica del patteggiamento.
Il pm Tarditi nei mesi scorsi aveva aperto un fascicolo parallelo per cercare di recuperare almeno una parte del tesoro provento del fallimento.
Sono già stati sequestrati oltre 70 milioni di euro.

Una minima parte dei danni, quantificati in quasi 3 miliardi tra debiti non onorati con le banche e imposte e accise non versate all’Erario.
E così, ripercorrendo gli atti d’indagine gli investigatori decidono di controllare il mediatore italo-svizzero, il cui nome era comparso marginalmente nella prima inchiesta.

I finanzieri perquisiscono l’abitazione. Negli armadi trovano centinaia di documenti.
Sono la contabilità di alcune imprese fallite, le tracce cartacee dei movimenti bancari tra vari Paesi a fiscalità privilegiata, gli ordini di bonifico.
I militari della Guardia di finanza mettono tutto in quattro scatoloni, già consegnati alla procura di Asti.
Ci vorranno mesi di lavoro per esaminare tutta la documentazione. Tra gli investigatori coordinati dal pm Tarditi c’è però già una sostanziale certezza:
è stata trovata, finalmente, almeno una parte della mappa del tesoro di Marenco.

Recuperare il denaro sarà difficilissimo, con lunghe rogatorie internazionali dagli esiti incerti,
ma ora si sa dove è finita una parte cospicua del fiume di denaro fatto scomparire dall’ex «re del gas» con spericolate operazioni finanziarie a livello mondiale.

I legali di Marenco, gli avvocati Vittorio e Davide Nizza, hanno già presentato un ricorso per ottenere il dissequestro dei preziosi documenti:
l’istanza sarà discussa davanti al tribunale del Riesame di Asti, presieduto dal giudice Roberto Amerio, in un’udienza mercoledì 12 aprile.
 
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Ed ecco qui. Dalle parole ai fatti. Buongiorno un fico.

Forse l'hanno preso troppo alla lettera le cinque rom bosniache che hanno approfittato della festa della Repubblica per borseggiare una 54enne indiana in vacanza nella Capitale.


Il colpo è stato messo a segno al Circo Massimo, affollato da centinaia di romani e turisti, attirati dalla tradizionale parata del 2 giugno,
che andava in scena nella vicina via dei Fori Imperiali. Un’occasione ghiotta, a quanto pare, per destreggiarsi in furti e borseggi.

Sono sette, infatti, due cittadini stranieri e le cinque donne rom, le persone intercettate dai carabinieri mentre tentavano di mettere a segno
i loro colpi all’ombra del maxi tricolore esposto sul Colosseo. La prima vittima è stata una turista indiana alla quale le nomadi,
tutte di età compresa tra i 25 e i 33 anni, hanno tentato di rubare il portafogli.
Il furto è stato sventato dall’intervento dei militari che poco lontano, a piazza Venezia, hanno fermato anche un 46enne tunisino
che fuggiva a piedi per le vie del centro dopo aver rapinato un anziano che stava aspettando il tram della linea 8.

L’uomo gli ha strappato il marsupio dalle mani e poi è corso via. L’accusa, per lui, è di rapina impropria.
E dovrà rispondere di rapina aggravata anche un pregiudicato peruviano di 62 anni che ha tentato di sottrarre il portafoglio dalla borsetta di una ragazza
dopo averla spintonata ripetutamente all’interno di un bus, sempre nel centro della città. La scena è stata notata da un passeggero,
che dopo aver dato l'allarme è stato aggredito dall’uomo. Il ladro ha poi tentato la fuga scendendo dalla vettura,
ma ad attenderlo alla fermata c’erano i carabinieri, allertati dalle segnalazioni al 112 effettuate dagli altri passeggeri.
 
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I bambini hanno bisogno di eroi e di mostri. L’Italia è un paese bambino. L’Italia ha bisogno di eroi e di mostri.

È l’eterno sillogismo della repubblica delle banane, che affonda le radici profondissime nella sua storia, nella sua cultura, nella sua antropologia.
Album di famiglia. Autobiografia della nazione. Richiamo della foresta. Il bisogno urgente, impellente e immanente di ridurre tutto a uno,
di semplificare la complessità nel demiurgo, nell’eroe, nel trascinatore, nel Capitano e, per converso, nel demone, nel criminale, nell’orco, nel Dittatore.

Da una parte sempre loro, l’eroe o il mostro, che tutto pensano, tutto decidono e tutto compiono,
dall’altra la massa sterminata degli adepti, dei vassalli, dei fedeli che a quello si abbeverano
oppure degli umiliati, degli offesi, dei resistenti che quello maledicono.

È sempre andata così nel Belpaese, che per paradosso solo apparente e invece coerentissimo con la sua natura intima e infida,
è al contempo il più individualista del mondo - nell’accezione deteriore di menefreghista, cinico, indifferente e spregiudicato -
ma anche quello nel quale l’individuo - nell’accezione nobile della cultura liberale - non conta niente.

Perché qui governano e comandano e tramano le famiglie, i familismi, le consorterie, i salotti, le terrazze, gli amici,
gli amici degli amici, le relazioni, le filiere, le burocrazie, le corporazioni, le cooptazioni, i clan e tutto il resto di quella massa stridula e melmosa
che rappresenta la vera sinestesia della nazione. Altro che destra, sinistra e ammennicoli vari.


E così, buon ultimo di una lunga schiera che somma, solo tra gli ultimi protagonisti, Renzi, Berlusconi e Craxi, ora è il turno di Salvini.
Al quale, e questo è il vero problema della nostra politica, della nostra informazione e della nostra opinione pubblica,
si applica qualsiasi metodo fuorché quello di un’analisi laica e oggettiva. Travolti da un impeto emotivo e ideologico,
lo abbiamo ormai trasformato in quel feticcio, in quel monolito, in quel drappo rosso da sventolare davanti al toro dell’immaginario collettivo
già interpretato dai suoi altrettanto feroci, ma ormai dimenticati predecessori.

Una dicotomia da forsennati. Il gigante. Il vate. Il cattolico legato al gesto e alla tradizione che ormai manco più il Papa.
L’italiano vero, capace e pugnace. L’uomo uguale agli altri. L’uomo come noi. L’uomo che parla come mangia.
L’uomo che dice quello che la gente pensa, che vive nei territori, che ascolta i bisogni primari del popolo vessato e prostrato dalle caste e dalle multinazionali.
Il condottiero. Il twittante e facebuccante senza intermediazioni e senza forfore ministeriali. L’idolo delle folle.
L’uomo del fare, delle sfide ai mercati, del faccio tutto io eccetera eccetera eccetera.

Oppure no.

Il demonio. Il razzista. Il fascista. Il nazista. Lo schiavista. L’affamatore dei poveri, lo stalker dei negri, dei rom, degli ultimi della terra.
Il corruttore in salsa digitale, degno erede del corruttore in salsa analogica che è ovviamente il Cavaliere.
L’alchimista che ha sdoganato la destra. La destra eversiva. La destra che distrugge l’Europa e la civiltà.
Lo stregone dell’Italia cattiva, dell’Italia truce, dell’Italia rancorosa che vessa e aggredisce e infierisce sui deboli e gli indifesi.
L’uomo della pancia. Il demagogo straccione. L’incolto. Il reo che insulta i giudici eccetera eccetera eccetera.

E avanti così. Tutto il giorno. Tutti i giorni. Da quanti giorni?

E tutto nasce lì e vive lì e muore lì e ogni giorno ha la sua pena, il suo titolone, la sua sparata, i suoi osanna dei fedeli e i suoi vade retro degli esorcisti.
Ed era esattamente così con Renzi ed era esattamente così con Berlusconi ed era esattamente così con Craxi.

E la cosa incredibile è che la storia non insegni nulla.
E' provato che la cultura della demonizzazione non porta mai niente di buono a chi la brandisce come un’arma,
anzi, come l’unica arma di opposizione al proprio nemico politico.
Più il lider maximo viene accerchiato dalle orde giudiziarie-mediatico-sindacali-intellettuali più il dipingersi come vittima sola contro tutti lo premia nelle urne e nel consenso degli italiani.
 
La Cassazione rammenta che anche il pedone è tenuto a comportarsi con diligenza e prudenza e a rispettare l'art. 190 del Codice della Strada per evitare intralcio e pericolo alla circolazione stradale

Nella sua motivazione, la Corte d'Appello ha ritenuto "pacifico" che la vittima aveva attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali
e che, come desunto dai fotogrammi dei filmati estratti dalle videocamere presenti in loco, prima di essere investita
non aveva prestato alcuna attenzione al sopraggiungere di eventuali veicoli sulla corsia che si trovava a impegnare.

I giudici di merito, con una motivazione ritenuta puntuale, coerente e priva di discrasie concettuali,
hanno rammentato che anche il comportamento dei pedoni deve considerarsi soggetto alle comuni regole di diligenza e prudenza,
nonché alla disposizione dell'art. 190 del Codice della Strada, dettata dal precipuo fine di evitare che i pedoni determino intralcio e,
più in generale, situazioni di pericolo per la circolazione stradale, tali da mettere a repentaglio l'incolumità propria o degli altri utenti della strada.

La condotta del pedone, sotto questo profilo, considerate l'ora serale e la densità del traffico, si è quindi appalesata come non del tutto prudente e conforme a diligenza.

La Corte d'Appello ha ritenuto la dinamica del sinistro "assolutamente chiara", così come la conseguente responsabilità della vittima nella causazione dello stesso incidente.
 

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