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Forumer storico
Il risultato del vertice UE si riassume in una frase, “su base volontaria”. Cosa dirà Salvini a Pontida?
Di Mauro Bottarelli , il 29 giugno 2018 327 Comment
Il risultato del vertice UE si riassume in una frase, "su base volontaria". Cosa dirà Salvini a Pontida? - Rischio Calcolato
“Su base volontaria”. Questa formula compare due volte in sette righe nel comunicato ufficiale diffuso dopo l’accordo sui migranti raggiunto al Consiglio Europeo in corso a Bruxelles: non ci sono molti precedenti nella storia diplomatica dell’Unione della necessità di rimarcare con questa determinazione un concetto. Quindi, prendiamone atto: quella frase è il fulcro dell’intesa raggiunta dopo un’estenuante non stop negoziale notturna, una sorta di parto plurigemellare, viste le facce dei protagonisti questa mattina. Ora, sono certo che, forti del vostro incrollabile ottimismo, saprete convincermi del fatto che l’accordo raggiunto stanotte al Consiglio UE sia una clamorosa vittoria per l’Italia, un punto di svolta, una pietra miliare, un misto fra Yalta e la riappacificazione Boldi-De Sica. Ne sono certo. O, in subordine, lo spero vivamente. Perché la mia pochezza intellettuale e di analisi politica mi porta a tre considerazioni, in base al documento finale su cui si è raggiunta l’unanimità (e già questo la dice lunga sulla sua effettiva efficacia, viste le dichiarazioni di ieri di Viktor Orban a nome del Gruppo di Visegrad).
L’unica vittoria italiana è quella che vede istituzionalizzata la fine della canonizzazione in vita delle ONG, le quali – formalmente, visto che si tratta di un documento che per entrare in vigore necessita la ratifica di tutti i Paesi membri e ad oggi è nulla più che un pezzo di carta – non potranno più scorrazzare liberamente per il Mediterraneo e, soprattutto, accampare ragioni umanitarie per operare in aperta violazione delle direttive internazionali e delle indicazioni di governi e guardie costiere.
Bene.
Anzi, benone.
Per il resto, ha vinto da un lato Angela Merkel, visto che con questo ennesimo rinvio a data da destinarsi per quanto riguarda l’attuazione concreta delle promesse fatte, ha messo a tacere per un po’ le critiche interne di Horst Seehofer e ottenuto – soprattutto – l’esborso dei 3 miliardi aggiuntivi per la Turchia, garantendosi il sigillo di Ankara sulla rotta balcanica.
E dall’altro la linea definibile Macron-Orban, ovvero quella della chiusura. Il documento, infatti, parla di ripartizione solo su base volontaria e solo presso gli Stati che si dotino sul loro territorio di hotspot chiusi: insomma, se non apri centri ad hoc per accoglienza, identificazione e smistamento, nessuno può obbligarti a prendere la tua quota di risorse in arrivo. Di fatto, ciò che chiede da sempre il Gruppo d Visegrad, contrario alla politica stessa di ricollocamento.
E, stante la realtà a Ventimiglia e Bardonecchia, ciò che segretamente puntava ad ottenere anche Emmanuel Macron, il quale da doppiogiochista qual è, prima ha alzato la voce contro il veto italiano e poi si è trasformato in mediatore notturno: il perché dell’ennesima performance da Zelig è presto spiegato, ottenere un documento che dice tutto e niente e, soprattutto, garantirsi l’assicurazione sulla vita della “base volontaria”.
Ora, al netto del freno alle ONG, che cazzo ha ottenuto Giuseppe Conte da festeggiare tanto e da richiedere una decina di ore di negoziato, se non una colossale cortina fumogena?
Non a caso, stamattina Matteo Salvini si è limitato a queste parole, commentando il risultato giunto da Bruxelles: “Non mi fido delle parole, voglio vedere i fatti”. Conoscendo i partner europei, difficile dargli torto. Tanto più che il premier polacco ha confermato trionfante ai giornalisti che “ha prevalso la linea di Visegrad”, mentre il governo tunisino ha mandato un immediato segnale al vertice, ribadendo che “il mio governo è contrario alla presenza di centri di accoglienza per migranti sul nostro territorio, di cui abbiamo pieno controllo, così come delle coste”.
Ora, al netto di questo, io da festeggiare come la svolta del secolo vedo poco.
Ma certamente è un mio limite, pensate che ho ancora la pretesa che dai vertici debbano uscire dei fatti concreti e non parole al vento, poiché – ripeto e ribadisco – il già poco o nulla emerso, ora deve essere sottoposto a ratifica da parte di tutti i contraenti. Un qualcosa che significa mesi e mesi di vuoto legislativo, se non l’insieme di normative contenute in quel Trattato di Dublino che, a parole, si dice di aver superato e migliorato. Per ora, intesa come estate e stagione degli sbarchi, resta quello il riferimento legale: quindi, prepariamoci a battaglie interpretative, in caso dalla Libia partano barconi a raffica, stimolati magari dal clima di risorgente guerra per il controllo del petrolio in atto fra le due fazioni al potere e con attori esterni – Francia e USA in testa – molto interessati a possibili escalation della tensione nell’area. E dal mio punto di vista, non c’è da stupirsi.
Perché se ancora ritengo che dieci e fischia ore di discussione dovrebbero portare a qualcosa di concreto, in cuor mio sapevo benissimo che questo ennesimo vertice salva-Europa si sarebbe concluso con il più classico e proverbiale esempio di montagna che partorisce il topolino. Ma, al netto di questo, c’è sempre qualcosa di interessante che emerge anche degli epiloghi più scontati, come un libro che non entusiasma nel finale ma ci offre spunti di riflessione.
E quanto accaduto ma, soprattutto, la reazione e la faccia di Matteo Salvini questa mattina, mi hanno fatto riflettere. Su almeno tre punti. Primo, il rinnovo delle sanzioni per altri sei mesi nei confronti della Russia deciso contestualmente al Consiglio di ieri notte è stato un brutto colpo, soprattutto dopo che lo stesso Conte aveva parlato chiaramente di “necessità di superare la logica del rinnovo automatico” nel corso delle sue comunicazioni alla Camera proprio in vista dell’assise europea. Tanto più che, come è noto, per bloccare quel rinnovo basta un voto contrario: ovvero, l’Italia poteva bloccarlo, dicendo semplicemente no.
Esattamente come fatto intendere nelle promesse in campagna elettorale e in fase di nascita dell’esecutivo giallo-verde (o blu, che dir si voglia). Certo, due veti nello stesso vertice sono troppi, soprattutto per un Paese che, oggettivamente, fino all’altro giorno aveva interpretato unicamente il ruolo dello zerbino e della “yes country” grazie e governi tecnici e a guida PD ma resta il fatto che su quella battaglia, sacrosanta, Matteo Salvini si era speso molto: non tanto con il suo elettorato, già entusiasta per i risultati ottenuti nello scontro con le ONG ma verso i suoi interlocutori internazionali, vedasi l’immediata ed entusiasta apertura di credito del Cremlino verso il nuovo esecutivo italiano. Per sei mesi, quindi, non se ne parlerà più: e da qui a sei mesi, con quello che sta accadendo nel sud della Siria, la situazione potrebbe essere precipitata. O volta al bello, dopo il vertice Trump-Putin annunciato per metà mese ad Helsinki. Ha prevalso la ragion di Stato e l’emergenza, essendo il tema migranti oggettivamente più stringente (non fosse altro perché siamo in piena stagione di traversate e sbarchi) ma a complicare il tutto c’è il fatto che se si fosse portato a casa qualcosa di concreto, allora ne sarebbe valsa la pena ma quel “su base volontaria” ribadito con l’evidenziatore, di fatto vanifica ogni sforzo e ogni sacrificio politico. E le parole di Salvini a commento dell’accordo, lo confermano indirettamente.
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Il risultato del vertice UE si riassume in una frase, "su base volontaria". Cosa dirà Salvini a Pontida? - Rischio Calcolato
P.S. Come mai Deutsche Bank, la cui succursale statunitense (quella che fa trading, ovvero i soldi veri) ieri sera è stata l’unica banca bocciata nello stress test quantitativo della FED, stamattina guadagnava il 3,5% in Borsa e Commerzbank, già salvata dallo Stato tedesco e in predicato di fondersi con la prima per stare a galla, il 2,8%? Perché al netto delle minchiate raccontate da Conte e soci (e il premier già ridimensiona, visto che poco fa ha detto che “si poteva ottenere di più”), il vertice Ue ha portato solo due risultati: primo, via la discussione sul Budget dal tavolo, quella verrà affrontata ai tavoli che contano davvero. Secondo, utilizzo dell’ESM per finanziare il fondo di risoluzione bancaria. Per il resto, è tutto su “base volontaria”.
Che grande vittoria per l’Italia che dovrà sborsare soldi per salvare ancora una volta le banche tedesche! Ma voi continuate pure a sognare, tanto non costa niente. Come certe promesse elettorali.
Sono Mauro Bottarelli, Seguimi su Twitter! Follow @maurobottarelli
Di Mauro Bottarelli , il 29 giugno 2018 327 Comment
Il risultato del vertice UE si riassume in una frase, "su base volontaria". Cosa dirà Salvini a Pontida? - Rischio Calcolato
“Su base volontaria”. Questa formula compare due volte in sette righe nel comunicato ufficiale diffuso dopo l’accordo sui migranti raggiunto al Consiglio Europeo in corso a Bruxelles: non ci sono molti precedenti nella storia diplomatica dell’Unione della necessità di rimarcare con questa determinazione un concetto. Quindi, prendiamone atto: quella frase è il fulcro dell’intesa raggiunta dopo un’estenuante non stop negoziale notturna, una sorta di parto plurigemellare, viste le facce dei protagonisti questa mattina. Ora, sono certo che, forti del vostro incrollabile ottimismo, saprete convincermi del fatto che l’accordo raggiunto stanotte al Consiglio UE sia una clamorosa vittoria per l’Italia, un punto di svolta, una pietra miliare, un misto fra Yalta e la riappacificazione Boldi-De Sica. Ne sono certo. O, in subordine, lo spero vivamente. Perché la mia pochezza intellettuale e di analisi politica mi porta a tre considerazioni, in base al documento finale su cui si è raggiunta l’unanimità (e già questo la dice lunga sulla sua effettiva efficacia, viste le dichiarazioni di ieri di Viktor Orban a nome del Gruppo di Visegrad).
L’unica vittoria italiana è quella che vede istituzionalizzata la fine della canonizzazione in vita delle ONG, le quali – formalmente, visto che si tratta di un documento che per entrare in vigore necessita la ratifica di tutti i Paesi membri e ad oggi è nulla più che un pezzo di carta – non potranno più scorrazzare liberamente per il Mediterraneo e, soprattutto, accampare ragioni umanitarie per operare in aperta violazione delle direttive internazionali e delle indicazioni di governi e guardie costiere.
Bene.
Anzi, benone.
Per il resto, ha vinto da un lato Angela Merkel, visto che con questo ennesimo rinvio a data da destinarsi per quanto riguarda l’attuazione concreta delle promesse fatte, ha messo a tacere per un po’ le critiche interne di Horst Seehofer e ottenuto – soprattutto – l’esborso dei 3 miliardi aggiuntivi per la Turchia, garantendosi il sigillo di Ankara sulla rotta balcanica.
E dall’altro la linea definibile Macron-Orban, ovvero quella della chiusura. Il documento, infatti, parla di ripartizione solo su base volontaria e solo presso gli Stati che si dotino sul loro territorio di hotspot chiusi: insomma, se non apri centri ad hoc per accoglienza, identificazione e smistamento, nessuno può obbligarti a prendere la tua quota di risorse in arrivo. Di fatto, ciò che chiede da sempre il Gruppo d Visegrad, contrario alla politica stessa di ricollocamento.
E, stante la realtà a Ventimiglia e Bardonecchia, ciò che segretamente puntava ad ottenere anche Emmanuel Macron, il quale da doppiogiochista qual è, prima ha alzato la voce contro il veto italiano e poi si è trasformato in mediatore notturno: il perché dell’ennesima performance da Zelig è presto spiegato, ottenere un documento che dice tutto e niente e, soprattutto, garantirsi l’assicurazione sulla vita della “base volontaria”.
Ora, al netto del freno alle ONG, che cazzo ha ottenuto Giuseppe Conte da festeggiare tanto e da richiedere una decina di ore di negoziato, se non una colossale cortina fumogena?
Non a caso, stamattina Matteo Salvini si è limitato a queste parole, commentando il risultato giunto da Bruxelles: “Non mi fido delle parole, voglio vedere i fatti”. Conoscendo i partner europei, difficile dargli torto. Tanto più che il premier polacco ha confermato trionfante ai giornalisti che “ha prevalso la linea di Visegrad”, mentre il governo tunisino ha mandato un immediato segnale al vertice, ribadendo che “il mio governo è contrario alla presenza di centri di accoglienza per migranti sul nostro territorio, di cui abbiamo pieno controllo, così come delle coste”.
Ora, al netto di questo, io da festeggiare come la svolta del secolo vedo poco.
Ma certamente è un mio limite, pensate che ho ancora la pretesa che dai vertici debbano uscire dei fatti concreti e non parole al vento, poiché – ripeto e ribadisco – il già poco o nulla emerso, ora deve essere sottoposto a ratifica da parte di tutti i contraenti. Un qualcosa che significa mesi e mesi di vuoto legislativo, se non l’insieme di normative contenute in quel Trattato di Dublino che, a parole, si dice di aver superato e migliorato. Per ora, intesa come estate e stagione degli sbarchi, resta quello il riferimento legale: quindi, prepariamoci a battaglie interpretative, in caso dalla Libia partano barconi a raffica, stimolati magari dal clima di risorgente guerra per il controllo del petrolio in atto fra le due fazioni al potere e con attori esterni – Francia e USA in testa – molto interessati a possibili escalation della tensione nell’area. E dal mio punto di vista, non c’è da stupirsi.
Perché se ancora ritengo che dieci e fischia ore di discussione dovrebbero portare a qualcosa di concreto, in cuor mio sapevo benissimo che questo ennesimo vertice salva-Europa si sarebbe concluso con il più classico e proverbiale esempio di montagna che partorisce il topolino. Ma, al netto di questo, c’è sempre qualcosa di interessante che emerge anche degli epiloghi più scontati, come un libro che non entusiasma nel finale ma ci offre spunti di riflessione.
E quanto accaduto ma, soprattutto, la reazione e la faccia di Matteo Salvini questa mattina, mi hanno fatto riflettere. Su almeno tre punti. Primo, il rinnovo delle sanzioni per altri sei mesi nei confronti della Russia deciso contestualmente al Consiglio di ieri notte è stato un brutto colpo, soprattutto dopo che lo stesso Conte aveva parlato chiaramente di “necessità di superare la logica del rinnovo automatico” nel corso delle sue comunicazioni alla Camera proprio in vista dell’assise europea. Tanto più che, come è noto, per bloccare quel rinnovo basta un voto contrario: ovvero, l’Italia poteva bloccarlo, dicendo semplicemente no.
Esattamente come fatto intendere nelle promesse in campagna elettorale e in fase di nascita dell’esecutivo giallo-verde (o blu, che dir si voglia). Certo, due veti nello stesso vertice sono troppi, soprattutto per un Paese che, oggettivamente, fino all’altro giorno aveva interpretato unicamente il ruolo dello zerbino e della “yes country” grazie e governi tecnici e a guida PD ma resta il fatto che su quella battaglia, sacrosanta, Matteo Salvini si era speso molto: non tanto con il suo elettorato, già entusiasta per i risultati ottenuti nello scontro con le ONG ma verso i suoi interlocutori internazionali, vedasi l’immediata ed entusiasta apertura di credito del Cremlino verso il nuovo esecutivo italiano. Per sei mesi, quindi, non se ne parlerà più: e da qui a sei mesi, con quello che sta accadendo nel sud della Siria, la situazione potrebbe essere precipitata. O volta al bello, dopo il vertice Trump-Putin annunciato per metà mese ad Helsinki. Ha prevalso la ragion di Stato e l’emergenza, essendo il tema migranti oggettivamente più stringente (non fosse altro perché siamo in piena stagione di traversate e sbarchi) ma a complicare il tutto c’è il fatto che se si fosse portato a casa qualcosa di concreto, allora ne sarebbe valsa la pena ma quel “su base volontaria” ribadito con l’evidenziatore, di fatto vanifica ogni sforzo e ogni sacrificio politico. E le parole di Salvini a commento dell’accordo, lo confermano indirettamente.
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Il risultato del vertice UE si riassume in una frase, "su base volontaria". Cosa dirà Salvini a Pontida? - Rischio Calcolato
P.S. Come mai Deutsche Bank, la cui succursale statunitense (quella che fa trading, ovvero i soldi veri) ieri sera è stata l’unica banca bocciata nello stress test quantitativo della FED, stamattina guadagnava il 3,5% in Borsa e Commerzbank, già salvata dallo Stato tedesco e in predicato di fondersi con la prima per stare a galla, il 2,8%? Perché al netto delle minchiate raccontate da Conte e soci (e il premier già ridimensiona, visto che poco fa ha detto che “si poteva ottenere di più”), il vertice Ue ha portato solo due risultati: primo, via la discussione sul Budget dal tavolo, quella verrà affrontata ai tavoli che contano davvero. Secondo, utilizzo dell’ESM per finanziare il fondo di risoluzione bancaria. Per il resto, è tutto su “base volontaria”.
Che grande vittoria per l’Italia che dovrà sborsare soldi per salvare ancora una volta le banche tedesche! Ma voi continuate pure a sognare, tanto non costa niente. Come certe promesse elettorali.
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