LA CURVA PiU' BELLA CHE UNA DONNA PUO' AVERE...

Il grande fratello vede ..e provvede.....

«A partire da domattina, una persona dell’ufficio stampa del Pd dovrà guardare i talk show a cui partecipano esponenti del partito e poi stendere un report. Dobbiamo capire meglio chi va bene e chi male, chi funziona e chi no. Perché così non si può andare avanti». L’ordine di scuderia è partito lunedì da quelle stanze dell’asse Palazzo Chigi-Nazareno dove, sulle cose di casa, si puote ciò che si vuole. E infatti ieri, a cominciare dai talk show della prima mattina, un dipendente del Nazareno è stato incaricato di «schedare» i piddini presenti in tv segnalando i punti di forza della performance e quelli di debolezza, quello che va e quello che no.
 
:lol::lol::lol:

Uno dei tanti uomini comunicazione dei Democratici, che dietro la garanzia dell’anonimato racconta dettagli ancora inediti dell’adunata di lunedì, allarga le braccia: «Stiamo messi male. Uno convoca una discussione riservata sui problemi di comunicazione e si trova davanti a gente che manda i tweet da dentro la sala. Manco l’abc...». E non era che il primo, dei tanti segnali d’allarme.
Tanto per dirne un’altra, quando dal tavolo della presidenza il premier s’era messo a chiedere - a mo’ di professore di fronte a una scolaresca a metà tra il timido e il l’impreparato- «che riforme abbiamo fatto?», dalla platea, in mezzo a parole tipo «scuola» e «giustizia» pronunciate a mezza bocca, qualcuno ha azzardato come risposta anche «la riforma della pubblica amministrazione». Costringendo Renzi ad allargare le braccia: «Ma come? Quella dobbiamo ancora approvarla in via definitiva...». Vista la preoccupazione dei vertici, tra i peones del partito affetti dalla sindrome da video l’ansia si è moltiplicata. Anche perché è evidente che pure il Pd, come ogni squadra che si rispetti, divide i suoi eletti tra titolari e riserve, tra persone da spingere verso le seggiole dei talk show e altre da tenere lontane (per quanto possibile) dalle telecamere.
 
Della prima categoria fa parte un pacchetto di mischia che viene considerato «efficace». Ne fanno parte, in ordine sparso, Ernesto Carbone, Filippo Taddei, le giovani deputate Anna Ascani e Simona Malpezzi, la vicesegretaria del partito Debora Serracchiani, il milanese Emanuele Fiano più la campana Pina Picierno, che ha risalito molte posizioni nel ranking dopo aver risposto a brutto muso a un «permette, signorina?» rifilatole durante la trasmissione L’Arena di Giletti da Matteo Salvini («Signorina lo dici a tua sorella», era stata la replica).
Curiosità: tolto Carbone, che comunque era cresciuto alla scuola prodian-lettiana dell’ex ministro Paolo De Castro, degli altri nessuno ha il dna del renziano della primissima ora. Non Taddei (ex civatiano), non il tandem Serracchiani-Picierno (vengono dall’area di Franceschini) e nemmeno la Ascani, ancora censita tra le lettiane (nel senso di Enrico).
Di questa «first class» facevano parte anche l’ex responsabile Giustizia Alessia Morani, che ha pagato una vecchia performance a Ballarò . E anche il sottosegretario Davide Faraone, che ha avuto la sfortuna di difendere in tv quella riforma della scuola che per i sondaggi del Pd è stata un dramma.
 
Il monopolio è soprattutto una questione di prezzi. E i listini raccontano con largo anticipo ciò che è scritto sugli atti notarili. Quel che doveva rimanere riservato, cioè l’acquisto della Tirrenia da parte dell’armatore di Moby, salta fuori prenotando un viaggio in traghetto per la Sardegna. I prezzi sono gli stessi per tutte le rotte. Di cartello non si può parlare, ma una cosa sembra evidente: sul business dei mari non c’è più concorrenza. L’ex compagnia di Stato ora è nelle mani del suo (ugualmente ex) principale concorrente.

Vincenzo Onorato piglia tutto: mette a segno un blitz da cento milioni di euro e così la gestione del traffico marittimo dipende quasi esclusivamente da lui. L’operazione non è ancora ufficiale, ma come sarà regolato il mercato appare già piuttosto chiaro: tariffe più alte, nessuna possibilità di andare a caccia di un’offerta. Per fare una prova basta prenotare il viaggio per una famiglia di 4 persone: direzione Olbia o Torres, tra il 3 e il 16 agosto. Qualunque sia il porto di partenza, scegliere l’una o l’altra compagnia fa davvero poca differenza. Con un record: 1360 euro per la traversata Genova-Porto Torres a bordo di un traghetto Tirrenia. «Si sta già verificando una situazione che ci preoccupa molto - denuncia l’assessore regionale ai Trasporti, Massimo Deiana - Il 90% del traffico passeggeri e merci sarà nelle mani di una sola persona. Un soggetto economico in posizione dominante in un mercato ristretto».
 
Preoccupazioni a parte, la Regione Sardegna ha già inviato un esposto all’Antitrust e sta cercando di fermare il passaggio di proprietà della Tirrenia. Ma forse è già troppo tardi, perché proprio ieri l’operazione è stata conclusa di fronte a un notaio di Milano. E per essere certi che l’affare sia fatto per davvero bastano le dimissioni dell’ad di Tirrenia, Ettore Morace, al timone della neonata Cin da quando la compagnia pubblica è stata privatizzata. Ha mantenuto una promessa che aveva fatto pubblicamente: «Appena cambieranno gli assetti societari lascerò questo incarico». Col sostegno economico del fondo americano Och Ziff, Vincenzo Onorato ha completato un piano che studiava da mesi: ha versato 80 milioni al fondo Clessidra e 20 agli altri ex soci che insieme a lui avevano rilevato la Tirrenia nel 2011.
 
La battaglia navale, comunque, non è ancora finita. Il caso è sul tavolo del Garante per la concorrenza e del ministro delle Infrastrutture, ma anche quest’anno la vacanza nell’isola è un sogno che una famiglia con reddito medio (e auto al seguito) non può coltivare. Per raggiungere la Gallura, la zona preferita dai turisti, i prezzi dei traghetti sono già saliti alle stelle. Da Genova a Olbia sulla Tirrenia non ci sono cabine disponibili per il periodo prescelto. Unica soluzione il passaggio ponte a 951 euro. Sulla Moby si risparmia un po’: due euro in meno ma con una cuccetta quadrupla. Per i collegamenti da Civitavecchia, destinazione Olbia, le tariffe si discostano di 100 euro: 853 per viaggiare con Moby, 943 con Tirrenia. Con Moby si può partire anche da Livorno e Piombino, ma la spesa non è molto più bassa: 954 euro o 811. Le compagnie più piccole non hanno margini per fare concorrenza.

E allora si adeguano: 1392 euro da Genova a Porto Torres con Grandi Navi Veloci, 940 da Livorno a Golfo Aranci con Sardinia Ferries e 900 da Civitavecchia a Porto Torres con Grimaldi Lines.
 
TRASBURGO – Accolto con accenti messianici dai suoi ammiratori, coperto di buu dagli altri, Alexis Tsipras è intervenuto alla seduta plenaria del Parlamento Europeo. L’attesa è quella delle giornate storiche. A tal punto che sulla diretta dall’Europarlamento a Strasburgo è saltata la connessione streaming. I server sovraccarichi sono inaccessibili.
Tsipras ha di nuovo annunciato una proposta per oggi, peraltro senza esplicitarla. La dead line per scongiurare default e Grexit è fissata fra 5 giorni. Oggi però Tsipras è il braccio dell’Europa che si oppone all’austerity rappresentata da Angela Merkel, l’unico in grado di sfidarne autorità ed egemonia. Questi alcuni passi del discorso: un dibattito sul debito non deve essere più tabù, gli aiuti alla Grecia il popolo non li ha mai visti, il disastroso bilancio delle politiche del rigore è lì a dimostrare il fallimento dell’austerity.
 
“Oggi invieremo la nostra richiesta all’Esm e spero che nei prossimi giorni risponderemo a questa crisi per tutta l’eurozona”.
“La scelta coraggiosa del popolo greco, in condizioni senza precedenti, non è una scelta di rottura con l’Europa ma è la scelta di tornare ai valori che stanno alla base dell’Ue. E’ un messaggio chiarissimo”.
“Occorre rispetto per la scelta del nostro popolo”. “La mia patria si è trasformata in un laboratorio sperimentale di austerità, ma l’esperimento non ha avuto successo”.
“Rivendichiamo un accordo con i nostri alleati – dice – che ci porti direttamente fuori dalla crisi, che faccia vedere la luce a fine del tunnel”. “Vogliamo lanciare un dibattito di merito sulla sostenibilità del debito pubblico, non ci possono essere tabù tra di noi per trovare le soluzioni necessari”.
I soldi dati alla Grecia non hanno mai raggiunto il popolo, i soldi sono stati dati per salvare le banche europee e greche”.
 
La Banca d’Italia ha comunicato che a a maggio l’ammontare dei titoli di stato detenuti dagli istituti bancari italiani era sceso a 415,4 miliardi di euro.
 

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