L’effetto-domino sulle altre Borse asiatiche
Chi ancora non ha venduto, vuole farlo al più presto, terrorizzato all’idea che i soldi presi a prestito ieri siano ogni giorno più difficili da restituire. Pechino continua ad enunciare nuove regole per bloccare l’emorragia: ha abbassato i tassi di interesse, richiesto alle aziende statali di non vendere “nemmeno un’azione”, ha promesso maggiore liquidità, obbligando le banche ad estendere prestiti, e si è persino avuta la promessa di sostegno pubblica pronunciata dalla Banca Centrale cinese, la Bank of China. Per ora, tutto quello che è riuscita a fare è stato trascinare nella rovinosa caduta anche le altre Borse nelle vicinanze: quella di Hong Kong, prima di tutto, dal momento che chi non riesce più a vendere azioni cinesi a Shanghai cerca di sbarazzarsi almeno di quelle cinesi scambiate a Hong Kong o tramite Hong Kong. Anche Tokyo e Seul risentono gravemente dei postumi della sbronza cinese. La settimana finanziaria non si è ancora conclusa, ma è difficile pensare che Pechino possa trovare altri modi per mantenere a galla delle azioni sopravvalutate, ora che la bolla speculativa sembra essere scoppiata.