LA PROPRIA FOLLIA VA REGALATA A CHI LO MERITA.

La teoria dell'1% è la piu' grottesca manifestazione dell'attuale alleanza fra totalitarismo globalista e odio antiborghese ex-marxista:
a beneficiare della globalizzazione NON è l'1% piu' ricco ma l'1 per 10.000 o l'1 per 100.000,
come peraltro si vede benissimo dal grafico riportato, in cui l'impennata a destra fa vedere una crescita piu' che esponenziale dei redditti nel segmento degli ultra ricchi.

E' d'altra parte noto che in Germania (per esempio) le 1000 famiglie più ricche detengono ora il 40% dell'intera ricchezza nazionale (e che tutta la crescita della ricchezza si è concentrata lì).

Riferendosi all'Italia, l'1% dei "grandi patrimoni" vuol dire grosso modo un paio di milioni di ricchezza netta: i perfetti polli da spennare, senza nessun potere reale per difendersi.

E infatti il grande capitale odia la borghesia e il mondo delle medie imprese e delle professioni indipendenti,
e sogna tasse di successione ed espropri sui redditi "alti" (tanto gli "elevati" cari al sig Grillo le tasse le eludono tutte ed integralmente...)
 
Il Financial Times presenta un trio di libri molto interessanti che mostrano la base della disuguaglianza attuale
che ci permette di capire il perchè negli ultimi anni si assista ad un accentuarsi nella discrepanza reddituale fra le classi più ricche e quelle più povere.

Nonostante il PIL sia cresciuto, i redditi non sono cresciuti, anzi spesso sono molto più bassi perfino di quanto fossero, in termini reali, negli anni ’70 del secolo scorso.




Come mostra questo grafico le paghe dei lavoratori non dirigenti del settore manifatturiero negli USA sono del 9% inferiori a quanto fossero nel 1972.

Allo stesso modo le paghe nel Regno unito la paga oraria attuale è del 5,7% inferiore a quanto fosse prima della crisi finanziaria.

Eppure, quando negli USA la disoccupazione ha raggiunto il 3,5% gli economisti e la banca centrale si sono affrettati a dire
che presto si sarebbe vista una crescita delle paghe.
Allo stesso modo nel Regno Unito gli stipendi hanno tradito le aspettative delle banche centrali. Perchè?


Il problema giace nell’utilizzo di modelli economici sbagliati, basati su una eccessiva matematicizzazione dello studio del’economia,
così come interpretata dalla banche centrali e dalle organizzazione internazionali, a scapito del brutale e secco contatto con la realtà.

Si è preferito, a partire dalla Scuola di Chicago, buttarsi nell’illusione di poter governare gli spostamenti dello 0,1% dell’economia,
piuttosto che camminare per le strade e per i mercati e rendersi conto, toccando con mano, di quale fosse il vero andamento economico
.

Ci si è buttati in quella che Paul Romer chiamava “Mathiness” unendo “Mathematics” e “Madness”, follia,
piuttosto che interessarsi veramente delle condizioni economiche delle persone.

Questo ha portato delle forti distorsioni.

Ad esempio il concetto di NAIRU, Tasso di disoccupazione che non accelera l’inflazione, così caro ai banchieri centrali ed alle istituzioni europee,
non ha senso quando una parte della popolazione non è più attiva e neanche si avvicina al mercato tradizionale del lavoro.

Negli USA un maschio adulto su 12 è un ex carcerato e quindi automaticamente un intoccabile, come applicare a lui il NAIRU?

Questo tema era stato invece ben colto da Vickery, ai suoi tempi, che parlava di piena occupazione includendo gli inattivi,
che avrebbero dovuto essere il serbatoio a cui attingere in caso di disoccupazione bassa.

Nello stesso tempo la globalizzazione ha ammazzato redditualmente quelle che erano le classi medie occidentali,
facendo però crescere i redditi di quelle , più povere orientali, e senza toccare la ricchezza delle classi privilegiate ed estremamente ricche, come mostra il “Grafico dell’elefante”



Qui vi è la distribuzione del reddito a livello mondiale, per percentile di reddito.

Se le classi super ricche, il famoso 1%, ha visto i propri redditi aumentare, e le classi medie cinesi ed asiatiche sono in crescita nel proprio benessere,
il prezzo di questa globalizzazione reddituale è stato pagato in toto dalle classi medie del mondo occidentale.

Il risultato è evidente: lo 0,1% degli statunitensi, i più ricchi, ha la stessa ricchezza del 90% più povero, (rispettivamente il 22% ed il 22,8%),
e non sembra esserci una cura a questo problema, dal momento in cui la ricchezza finanziaria viene a generare un ritorno molto superiore a quella reale e manifatturiera.

Una cattiva gestione dell’economia sta facendo esplodere un sistema sociale, ed ora iniziamo a vederne le conseguenze in piazza.

Dovranno bruciare molte città prima che ci si renda conto degli errori fatti?
 
Non un'invasione bensì una collezione: quando Giancarlo Colombo apre un armadio a due ante nella cameretta della sua abitazione mandellese
- ordinatamente catalogati e suddivisi secondo un criterio logico in svariate scatole - si trova ad aver a che fare con qualcosa come 4mila coleotteri.

"O forse sono 5mila. Non so, non mi sono mai messo a contarli" racconta l'ormai ex "scienziato pazzo" del Parini,
noto per gli studi condotti sul Lariosauro tanto da aver firmato due libri sul tema, l'ultimo, più recente,
per narrare la storia dell'esemplare trovato a Perledo nel 1861, citato dal Cermenati ma poi sparito per anni
prima di essere ricondotto dallo stesso appassionato al calco esposto al Carnegie natural history museum di Pittsburgh.

"Fin da bambino mi sono sempre piaciuti i fossili: avevo uno zio che viveva a Lenna, in Val Brembana,
e con lui d'estate ci divertivamo ad andare a cercarli" spiega, quasi a giustificare questo suo interesse,
colui che, figlio del preside Luigi Colombo, per anni si è occupato quale tecnico delle attività laboratoriali presso l'Istituto superiore lecchese,
rimanendo poi sempre a contatto con gli studenti, prestandosi, dopo la pensione, a lezioni sul mare tropicale
da cui hanno tratto origine le Grigne e sulla sua "popolazione" quasi mitologica risalente al triassico medio e dunque a 230 milioni di anni fa.

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Si deve invece ad un libro - "Caccia grossa tra le erbe" - ricevuto in dono da piccino l'amore viscerale
e l'incredibile conoscenza poi maturata nel campo degli insetti.

"A 15 anni a Pescara ho visto un coleottero "strano" e da lì è nata la collezione anche se non ho mai avuto il pallino del collezionista"
puntualizza, specificando di aver sì comprato o scambiato alcuni specifici esemplari, magari provenieni dai più sperduti angoli del mondo,
preferendo però la raccolta personale, "perchè mi è sempre interessato vedere questi animali con i miei occhi, in natura".

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Il "numero uno" - che ancora oggi individua a distanza di decenni - è un prionus coriarius, della stessa famiglia a cui appartire il coleottero più grosso mai classificato sulla terra.

Di cassettina in cassettina, grazie all'armadio di Giancarlo Colombo, si compie un vero e proprio giro del globo,
passando dai "maggiolini" ormai spariti dai nostri prati alle acetonie dai colori bellissimi provenienti dall'Africa (Zambia, Malawi, Congo, Tanzania, Zaire...)
ma anche dall'Asia e dell'Austrialia con il giro ripetuto poi - sempre per fare un esempio - con lo scarabeo rinoceronte
(piccolo in Europa, decisamente più grande in America) o con le cerambici che annoverano - tra le altre - la Rosalia Alpina (oggi protetta)
e l'Aromia (che tradisce, dal nome, il suo essere molto profumata tanto venire messa, una volta, nelle tabacchiere).
Anche del Titanus Giganteus è effettivamente "gigante": quello del mandellese è lungo 14 centimetri e 2millimetri. Se lo ricorda senza doverlo misurare.

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"Questi invece arrivano dalla Thailandia: sono quasi finito sotto una macchina per prenderli" sottolinea,
senza dover consultare i dati di cattura riportati a penna sul cartellino di ogni "pezzo", dimostrando come ciascun esemplare
si leghi a un'esperienza, sia un volo intercontineantale o un pomeriggio trascorso in spensieratezza in Piemonte.
E se l'esperto snocciola nozioni, curiosità, caratteristiche, il "visitatore" profano si perde nell'osservare le differenze tra maschie e femmine,
a guardare i corni, a far passare avidamente tutte le corazze con i loro colori così mutevoli da sembrare in alcuni casi perfino metallizzate, altre quasi pietre gioiello.

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"Con le buprestidi gli indios fanno i monili: sono durissimi ma se scossi emettono un suono delicato" dice Colombo, preparato anche su questo.
Lo si ascolterebbe per ore. E non farebbe fatica a parlare per giorni dalla sua collezione... da stanza, piccolo-grande spaccato di biodiversità.
 
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Questo articolo, di cui vedete sopra, è apparso il 21/10 sul FAZ e mostra la serenità con cui la stampa tedesca sta prendendo la crisi economica attuale.

Il discorso è semplice : non c’è nessuna crisi economica, è solo un rallentamento temporaneo,
tutto va abbastanza bene, ed a fronte di questa fluttuazione di breve periodo
non è necessario effettuare qualsiasi politica di carattere espansivo, sia monetario sia fiscale.

A conferma di questo punto di vista vengono dati gli esempi della BCE che, nonostante l’iniezione enorme di capitali,
non sia riuscita ad innalzare l’inflazione, e che Trump non sia riuscito a rilanciare l’economia USA anche aumentando il debito per i tagli fiscali.

La Germania mi ricorda, sempre di più, gli Stati Uniti del presidente Hoover che, di fronte alla crisi borsistica del 1929 ,
ritennero che si trattasse solo di un evento temporaneo che sarebbe stato superato in pochi mesi, come la crisi del 1920-21,
per cui si preoccupò solo di tranquillizzare il mercato lasciando che il mercato si ripulisse dalla speculazione.

Il risultato di questa passività fu che la crisi borsistica si trasformò nella grande depressione.

Allo stesso modo la Germania non vuole fare nulla come dimostra l’ultima legge finanziaria, molto “Verde” e molto povera di stimoli,anzi piena di tasse.

La situazione è in realtà molto diversa da quanto descritto dal FAZ: secondo il FMI il 90% delle nazioni al mondo
sta sentendo un forte rallentamento economico e se tutti si comportassero come la Germania,
proseguendo con una politica restrittiva, il “Rallentamento” diventerebbe una depressione mondiale.

I tedeschi vogliono non pagare dazio ed attendere che qualche altra parte del mondo diventi la nuova locomotiva mondiale,
come lo è stata la Cina negli ultimi 10 anni, per poi agganciare la propria crescita, in modo parassitario, e continuare con uno sviluppo squilibrato ed eterodiretto.

Peccato che questa volta possa non andargli bene: la Cina sta rallentando e così l’India,e gli Stati Uniti sono molto più attenti
e non riversare esternamente gli effetti delle proprie politiche economiche.

Nello stesso tempo i paesi in via di sviluppo hanno sentito questa crisi in modo anche più sensibile rispetto ai propri equivalente più avanzati.

Le politiche della BCE non hanno effetto non perchè sbagliate. ma perchè una politica monetaria, senza braccio fiscale,
ha l’effetto di una corda utilizzata per spingere, non per tirare, un carro.

Proseguendo con questa mentalità la Germania aiuterà nella diffusione della crisi e fra un anno potremo parlare di depressione
e pagare un prezzo economico e sociale enormemente più alto di quello che avremmo agendo ora.
 
La Germania con un calo del PIL nel terzo trimestre secondo le previsioni dello 0,1% entrerà in recessione tecnica,
se come si prevede Johnson riuscirà nella Brexit, i dazi appena promulgati da Trump arriverranno a segno
e la Cina nei suoi stimoli interni priviligerà la produzione interna, incentivando le auto elettriche a danno delle diesel tedesche,
il collasso economico tedesco sarà ritardato solo in base a quanti soldi per scongiurarlo riusciranno,
in linea con la tradizione dell'imperialismo economico di Schacht, a spremere dai loro moribondi sudditi europei.
 
Ahahahahah ma se non pagano neppure l'imu .......se ne torni da dove è venuto.

Il Vaticano è a rischio default. Se entro il 2023 i conti non saranno risanati la Santa Sede potrebbe essere travolta da un crac finanziario.

“La situazione è sicuramente peggiorata rispetto a quando il predecessore di Francesco, Benedetto XVI, ha deciso di fare un passo indietro.

Tutti i parametri sono precipitati, per esempio all’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, ndr)
i parametri dei risultati operativi presentano crolli anche oltre il 60 per cento.

Però io credo che il Santo Padre sia determinato a invertire la china rispetto a quella che non è una ferita ma una emorragia.

Come? Gli strumenti che ha sono insufficienti. Secondo me siamo di fronte a un collasso del management della Curia,
gli strumenti sono vetusti, lo dicono i documenti, ancora si utilizzano trascrizioni manuali dei numeri in epoca di intelligenza artificiale,
c’è una parcellizzazione delle competenze e c’è inadeguatezza della classe dirigente, questo lo dicono loro stessi”.

Secondo il giornalista “c’è anche una situazione economica negativa perché le offerte sono precipitate
ed è evidente dalle carte l’inefficienza della gestione del patrimonio immobiliare.
All’Apsa, ad esempio, il 40 per cento non dà reddito, un dato che sarebbe insopportabile per qualunque tipo di finanza.
Quella annunciata rivoluzione della gestione delle case non si è realizzata”.

Per Nuzzi “la situazione è tale per cui di recente, nel 2018, si era deciso di vendere gioielli di famiglia,
vendere ad esempio alle porte di Roma, la proprietà di Santa Maria di Galeria, 424 ettari,
e il Papa ha detto che c’era un problema reputazionale, ha detto, sono contrario a un utilizzo speculativo
del territorio finalizzato alla mera massimizzazione dei profitti.
Qui rientra la dottrina della Chiesa, il rischio, la paura di un danno reputazionale ha portato a congelare quella operazione”.

Nel volume non c’è solo economia.
Nuzzi riesce a dare al lettore una fotografia del clima torbido che si respira in Vaticano.

L’insoddisfazione per le politiche di Bergoglio, non solo in campo finanziario, hanno creato negli ultimi anni del pontificato
numerosi malumori e tradimenti da parte dei più stretti collaboratori del Papa.

In questo senso è abbastanza significativa la ricostruzione che il giornalista fa, sempre documenti alla mano, della vicenda della lettera taroccata di Benedetto XVI.

“Caro Dario hai fatto purtroppo un pasticcio molto grande. Mi dispiace. GG”,
scrive a Viganò monsignor Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare di Benedetto XVI.

Puntuale la replica: “Ma come? Ho letto il pezzo su cui avevamo preso accordi agli esercizi.
Questo dimostra anzi come questa gente non voglia bene a Benedetto e lo usino come bandiera.
Mi dispiace che tu pensi così. Abbiamo fatto bene i passi insieme e condiviso cosa fare.
Perché mi dici questo? Comunque ora sono verso aeroporto ma domani torno e se credi ci sentiamo. D”.

Al che Gänswein risponde: “Ne parleremo. La ‘manipolazione’ della foto della lettera ha creato guai.
Questo non abbiamo concordato. Buon viaggio, a domani. GG”.

Al Papa e alla Segreteria di Stato monsignor Viganò scrive di aver letto la lettera di Benedetto XVI “nella modalità concordata”
con monsignor Gänswein e aggiunge: “È evidente che se Sua Eccellenza fosse intervenuto per spiegare che non era stata compiuta nessuna mistificazione avrebbe chiuso il caso”.

Nuzzi, attraverso il suo legale, ha voluto depositare al promotore di giustizia della Santa Sede
la prima copia di Giudizio universale affinché valuti se i fatti raccontati nel libro hanno rilievi penali.
Nel 2015 il giornalista fu processato in Vaticano, insieme al collega Emiliano Fittipaldi,
proprio perché entrambi avevano pubblicato due volumi con alcuni documenti riservati della Santa Sede.

Alla vigilia della prima presentazione di Giudizio universale c’è stato anche chi Oltretevere ha sollevato un vero e proprio “caso diplomatico”.

Tra i relatori, infatti, era previsto il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio.

Una presenza non gradita nei sacri palazzi che, secondo alcune persone vicine a Casa Santa Marta, la residenza di Bergoglio,
avrebbe addirittura potuto minare le relazioni tra l’Italia e la Santa Sede.

Lo staff di Di Maio ha fatto sapere che il capo della Farnesina sarà assente perché impegnato nel Consiglio dei ministri.

Con buona pace del Vaticano.
 
Sono trascorsi 41 anni dalla morte di Papa Luciani.

Eppure non è stata ancora messa la parola finale a quel lungo e oscuro mistero, alimentato da continue rivelazioni.

L’ultima, sicuramente da valutare con tutte le dovute precauzioni del caso,
arriva dal gangster della famiglia mafiosa americana dei Colombo, Anthony Luciano Raimondi.

Giovanni Paolo I
sarebbe stato avvelenato con il cianuro in una congiura di palazzo ordita da monsignor Paul Marcinkus,
l’allora presidente dello Ior, la banca vaticana.

La morte di Luciani sarebbe stata decisa, appena 33 giorni dopo la sua elezione al pontificato,
perché il Papa voleva denunciare frodi azionarie compiute nei sacri palazzi.

Raimondi, 69 anni, nipote del padrino Lucky Luciano legato alla cosiddetta “Cosa nostra statunitense”, è entrato nella mafia subito dopo il servizio miliare in Vietnam.


La ricostruzione sulla morte di Luciani è contenuta nel suo libro di memorie intitolato When the Bullet Hits the Bone,
appena pubblicato negli Stati Uniti dalla casa editrice Page Publishing

. Raimondi rivela che quando aveva 28 anni l’arcivescovo Marcinkus, suo cugino, lo aveva fatto andare a Roma per eliminare Giovanni Paolo I.

Il Papa aveva scoperto che un gruppo di truffatori falsificava in Vaticano le azioni di grandi compagnie americane come Ibm, Coca Cola e Sunoco e voleva denunciarli.
Marcinkus era parte della frode e aveva deciso di eliminarlo. Raimondi era stato chiamato a Roma per preparare il complotto
studiando le abitudini di Luciani e quando l’operazione era scattata si trovava davanti alla stanza del Pontefice.

Sempre secondo la ricostruzione del mafioso, Marcinkus fece mettere il valium nella tazza di tè
che Giovanni Paolo I beveva la sera in modo da farlo addormentare profondamente.

Quindi aveva usato un contagocce per mettergli il cianuro in bocca.

Quando la morte del Papa era stata scoperta, Marcinkus e i suoi complici erano corsi nella stanza fingendo stupore.
Raimondi sostiene, inoltre, che anche Giovanni Paolo II aveva rischiato di fare la stessa fine, ma poi aveva rinunciato a perseguire i truffatori e così si era salvato.

Una ricostruzione che ovviamente viene respinta totalmente dal Vaticano.

Attualmente la causa di beatificazione di Luciani procede speditamente.

Su tutto ciò che riguarda la sua morte, da sempre avvolta dal mistero, è stato fondamentale ciò che ha scritto l’editorialista di Avvenire, Stefania Falasca,
vicepostulatrice della causa di beatificazione e canonizzazione del Pontefice veneto.

Nel libro Papa Luciani. Cronaca di una morte, che raccoglie numerosi documenti del processo per la proclamazione della santità di Giovanni Paolo I,
viene chiarito che il decesso avvenne in modo naturale per “infarto miocardico acuto”, come del resto dichiarato fin dal primo momento dal Vaticano.

Ciò, però, non ha evitato che si alimentasse il mistero sulla morte del “Papa del sorriso”,
come fu subito soprannominato dai fedeli, anche per i tanti errori di comunicazione commessi all’epoca dalla Santa Sede.

La sera prima di morire, durante la cena con i due segretari, Luciani era stato colpito da un lieve malore, alcune fitte al petto,
che però fu sottovalutato e non fu chiamato il medico di turno in Vaticano.

Ad alimentare ulteriori sospetti sulla morte di Luciani è stata anche la decisione, presa all’epoca dalla Santa Sede,
di non rivelare che il cadavere di Giovanni Paolo I era stato trovato da due donne.

“La sua repentina e inaspettata scomparsa, dopo un pontificato di poco più di un mese, – ha spiegato il cardinale Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin
ha dato il via, lungo i decenni che ci separano da quel settembre 1978, a una miriade di teorie, sospetti, supposizioni.
Era morto troppo presto e troppo in fretta, dopo l’attesa ventata di genuina novità evangelica portata con la sua umiltà”.

Ora la ricostruzione di Raimondi getta altre inquietanti ombre su quella morte.
 
Vi presentiamo un incredibile ed ottimo servizio della RSI, la TV della Svizzera Italiana,
nel quale si parla del grande, enorme scandalo Novartis, la società svizzera parte dei Big Pharma,
che avrebbe corrotto migliaia di medici greci affinchè prescrivessero i suoi farmaci.

Sono stati tre dirigenti della società, non collegati fra di loro, a far risultare questo scandalo, ma
NON sono andati davanti alla polizia greca,
NON sono andati davanti ad una polizia europea o perfino svizzera.

Per tutelarsi, loro ed i loro avvocati, si sono rivolti alla FBI americana che li ha immessi fra i testimoni protetti
.
Hanno potuto coinvolgere le autorità USA perchè Novartis è quotata a New York, quindi soggetta alle norme USA.

I medici non prescrivevano perchè pensassero che i farmaci di Novartis fossero buoni, ma perchpè erano pagati.
Lo dicono chiaramente i testimoni.

Posso dimostrare che il medico veniva pagato per prescrivere un certo farmaco e non si interessava per nulla di quello che succedeva dopo
I soldi venivano dati dopo che venivano controllate le prescrizioni fatte dal singolo medico.
Una vera e propria corruzione, in cui i soldi venivano dati SOLO se si raggiungevano i risultati.

Un documentario molto completo, molto lungo.
Prima è partito un manager, poi un secondo, poi un terzo.
I programmi aziendali parlavano solo di farmaci prescritti, senza interessarti dei suoi effetti.
Nel 2010 Novartis diventa nr uno con un programma di corruzione chiamato “Exaclty”, che prevedeva il pagamento di 2,5 milioni di euro a mille medici circa
per la prescrizione di tre farmaci per il controllo della pressione, ma c’erano 50 programmi di corruzione in Norvartis per cui un medico poteva prendere anche 15 mila euro all’anno dai vari programmi.
Tutto era diretto dalla sede Svizzera.

Naturalmente tutto l’investimento doveva avere un Return on Investiment, pari circa a quattro, (ogni milione in corruzione doveva renderne quattro).
Il tutto era pagato come “Compensi per la partecipazione a studi clinici” in realtà falsi, e con controlli periodici delle ricette mediche sottoscritte.
Poi due volte l’anno venivano cancellati tutti i dati.

Un sistema perfetto, alla fine chi se ne frega della salute dei pazienti?

Vorrei ricordare che Novartis è una dei 4 grandi produttori di vaccini che dominano il mercato mondiale, e che nel 2010 si rifiutò di fornire vaccini gratis ai paesi poveri.
 
Dopo il Trattato di Aquisgrana, firmato da Francia e Germania, per la creazione di un super stato bypassando gli altri paesi europei,
la Francia ci prova nuovamente con la creazione di una nuova struttura esterna all’Unione europea e alla Nato.

Questa volta siamo in ambito militare e i francesi hanno bisogno anche dell’Italia, da sfruttare per la sua competenza nell’ambito della sicurezza nella zona del Mediterraneo.

L’Italia, infatti con una lettera firmata dal Ministro della Difesa Lorenzo Guerini,
ha comunicato ufficialmente alla Francia la volontà di aderire all’ “European Intervention Initiative EI2″


Secondo la versione propagandata dal mainstream: “Questa iniziativa si prefigge l’obiettivo della creazione di una cultura strategica comune
tra i paesi partecipanti e vuole contribuire a lanciare nuove dinamiche che puntino ad una Difesa europea”

Ma la realtà di questa iniziativa è ben diversa e mira a perseguire l’obiettivo di Parigi,
di sviluppare uno strumento militare multinazionale europeo, ma sotto comando francese.

Infatti questa iniziativa sarà coordinata da un solo Segretariato permanente nominato dalla Francia.

La cosa più assurda è che il precedente Governo, guidato dallo stesso Presidente del Consiglio Conte,
il 25 giugno 2018 decideva di non partecipare all’atto fondativo dell’iniziativa ed il Sottosegretario di Stato per la Difesa dell’allora Governo giallo/verde, Angelo Tofalo,
interpellato d’urgenza sulla mancata partecipazione italiana, rispondeva che:

“c’è il pericolo di una duplicazione e dispersione di risorse con la possibile sovrapposizione a strutture e meccanismi già esistenti
o di prevista prossima attuazione non solo in ambito UE ma anche in ambito Nato con potenziali sprechi di risorse


Ricordiamo a questo proposito che il Governo Conte 2 ha appena promesso 7 miliardi proprio a quella Nato che l’European Intervention Initiative mira a duplicare
(quegli stessi 7 miliardi che ora cercano di recuperare con la lotta all’evasione, dalle tasche di artigiani e commercianti che lottano per la sopravvivenza delle proprie attività commerciali.)

E siccome non c’è limite al peggio, sempre Tofalo nel suo discorso pronunciato solo 2 mesi prima dell’avvenuta adesione italiana alla EI2, faceva presente che:

“il momento politico che stava vivendo la difesa europea non era in sintonia con quel tipo di iniziativa.
Perché rischiava di oscurare l’iniziativa europea denominata Pesco alla quale l’Italia stava destinando risorse ed energie”.


A quanto pare quel momento politico è durato solo 70 giorni.
Ora invece abbiamo deciso di aderire a tutto: Pesco; spese della Nato; European Intervention Initiative.

Ma alcune domande nascono spontanee: Chi paga ?
Perché l’accettazione è avvenuta senza alcuna discussione parlamentare e ad opera dello stesso Presidente del Consiglio che l’aveva fermata due mesi prima ?

E perché l’adesione italiana voluta dal nuovo esecutivo è avvenuta proprio all’indomani dell’incontro a Roma tra Conte e Macron ?

Bisognava discuterne prima con il Presidente francese o sarebbe stato più giusto discuterne con i rappresentanti del popolo italiano?

Chi decide per il nostro paese?

Non è forse necessario l’assenso del Parlamento per l’adesione a trattati internazionali?

O ancora una volta basta semplicemente cambiare il nome per bypassare l’iter parlamentare?

Siamo rientrati a pieno titolo nella ormai ben nota politica della sudditanza filo-francese a cui il PD,
oggi tornato nella maggioranza di Governo, ci ha già abituato.

Ricordiamo che il membro del Bilderberg, Enrico Letta è stato insignito della Legion d’onore francese ed ora vive e insegna a Parigi
in attesa di un incarico europeo o di un ritorno in Italia per curare gli interessi della Francia.


Ricordiamo che il membro del Bilderberg, Sandro Gozi è stato insignito della Legion d’onore francese
e in qualità di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio avrebbe dovuto tutelare gli interessi italiani contro quelli francesi in diversi dossier,
e per il suo ruolo era a conoscenza di informazioni sensibili, eppure gli è stato poi permesso di candidarsi in Francia con Macron.


Ricordiamo che lo stesso Mario Monti, prima di essere scelto come Presidente del Consiglio in Italia, era stato membro della Commissione Attali per il rilancio della Francia,

A questo punto non dovremmo meravigliarci se poi i nostri governi arrivano al punto di cedere acque territoriali,
accettando addirittura variazioni dei confini marittimi tra Italia e Francia, come stava avvenendo con il Trattato di Caen.

Non chiediamoci come mai permettiamo ai francesi di scaricare migranti a Ventimiglia o come mai,
attraverso il meccanismo europeo di stabilità, abbiamo permesso ai francesi di rientrare dalle speculazioni effettuate sui titoli greci,

versando in quel fondo quasi la stessa cifra versata dalla Francia che aveva però un’esposizione 6 volte superiore alla nostra.

Cari amici mentre noi continuiamo a subire in silenzio. Les jeux soint faits
 
Nei mercati internazionali di scambio, gli investimenti sull’oro sono più alti di quello che si potrebbe pensare.

Sono sempre di più le persone che seguono piattaforme come Orolive
per cercare di capire quali sono le attuali quotazioni di oro ed argento per effettuare al meglio i propri investimenti in questo settore.

Ma perché sono sempre di più le persone che decidono di investire sull’oro?

L’oro è un metallo tipo prezioso molto importante e che ha un valore commerciale estremamente alto.
Il suo valore rispetto ad altri tipi di beni può essere considerato tra i più stabili esistenti nei mercati internazionali delle materie prime.

Perché vale sempre la pena investire sull’oro
Gli investimenti sull’oro sono sempre consigliati, in quanto si tratta non solo di un asset che è negoziabile,
ma anche un bene che viene considerato come un “bene rifugio”.

Infatti, l’oro a differenza di altri tipi di prodotti, ha sempre un valore particolarmente alto.

L’oro inoltre, è un bene che viene considerato prioritario e rappresenta un tipo di investimento valido, soprattutto quando si è in un momento di alta inflazione.

Generalmente si tratta di un investimento sicuro che in uno scenario di incertezza economico-finanziaria,
come quella che vi è ad oggi in tutto il contesto internazionale, è sempre privilegiato.

I motivi principali per cui è bene investire nell’oro o nell’argento
L’oro, proprio come altri beni appartenenti alla categoria delle materie prime, ha delle quotazioni che variano nel corso del tempo
e sono conseguenti ad una serie di fattori specifici. La quotazione dell’oro viene fissata dalla Bullion Market Association.

La Bullion Market Association è un ente di Londra che, due volte al giorno, fissa le quotazioni dell’oro in via ufficiale.

Chiunque voglia investire in ogni angolo del pianeta, deve rifarsi a tali quotazioni.
Le quotazioni si riferiscono all’oro puro A 24 carati, che è il punto di riferimento per ogni tipologia di transazione
che ha che fare nel mercato internazionale di questo metallo prezioso.
È chiaro che poi il prezzo sale e scende, in base a vari fattori che riguardano il mercato.

I fattori che influenzano le quotazioni dell’oro nei mercati internazionali
Le quotazioni ed il valore dell’oro sono connesse ad una serie di specifici elementi che riguardano il mercato.
Innanzitutto, è bene sottolineare che la valutazione dell’oro è legata alla quotazione del dollaro americano.
L’oro viene scambiato in dollari: quando sale di valore la moneta americana, il prezzo dell’oro scenderà e viceversa.

Un altro fattore che va a influenzare la quotazione dell’oro è quello legato al valore del petrolio.
Quando aumenta il prezzo del petrolio, di conseguenza c’è una diminuzione del dollaro americano in termini di valore.
Davanti a rialzi di questo genere, anche il prezzo dell’oro salirà.

Questo sempre perché è presente una relazione inversamente proporzionale tra il dollaro americano e l’oro.

Talvolta, è anche possibile che l’aumento della quotazione dell’oro dipendano dalle speculazioni fatte in borsa.

Capire quando è il momento migliore per vendere o per comprare l’oro, non è una cosa che può essere capita a priori con certezza.

L’analisi dello scenario internazionale e la buona lettura di questo tipo di avvenimenti, in termini di mercato, sono anche frutto di un’attenta conoscenza della politica internazionale.

Prima di investire sull’oro perciò è sempre opportuno andare a verificare di trovarsi in un momento giusto da un punto di vista economico-finanziario.

È chiaro che ad oggi, non è possibile capire quale sarà il valore dell’oro nel giro di un anno oppure di un mese, ma bisogna seguire le classiche regole del mercato.
 

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