Le armi in mano al pazzoide

Un'anticipazione di quel che i senatori potranno sentire dai capi del Pentagono e dell'intelligence, è contenuta in un servizio del New York Times che riassume così la preoccupazione attuale di Washington: la Corea del Nord avrebbe raggiunto una capacità di produzione di ordigni nucleari tali da consentirle di fabbricare una nuova bomba atomica ogni sei o sette settimane. Di che mettere assieme in poco tempo un arsenale sempre più dissuasivo. Questo tipo di scenario spingerebbe verso un attacco preventivo il più presto possibile, prima che la capacità di risposta di Pyongyang raggiunga una potenza eccessiva.

Insomma vogliono distruggere un altro Stato come hanno fatto con l'afganistan-l'Iraq-la Libia e la SIRIA

questi sono peggio di Hitler e Stalin messi assieme
 
Noam Chomsky: «Con Trump rischiamo la guerra atomica»
Davide 20 aprile 2017 , 21:33 Attualità, Notizie dal Mondo, Opinione 18 Commenti 4,840


DI PATRICIA LOMBROSO ilmanifesto.it «Per la prima volta nella storia dell’umanità viviamo una situazione pericolosissima, che rischia la stessa sopravvivenza della specie umana. Parlo della capacità mostruosa odierna di uccidere da parte degli Stati Uniti. Grazie al progetto iniziato anche con l’amministrazione Obama ed ora finito nelle mani di Trump, per l’ammodernamento tecnologico nucleare che ha raggiunto livelli radicalmente superiori all’arsenale nucleare russo quale deterrente. I margini si sono assottigliati al punto che non si può escludere una catastrofe nucleare». …
 
tu cosa faresti di pratico? lo lasciamo armarsi?

direi che ormai è armato.....non credo sia una mia impressione ...
non solo gli Usa ha diviso la Corea in Nord e Sud e continua con le sue esecitazioni militari alle porte di Cina e Russia in continua provocazione... giocano col fuoco perchè vogliono la guerra

Ma a me infastidisce lo strapotere USA+UK+Israele+EU+Nato
che portano distruzione ovunque

e penso
che nessuno può garantirmi una nuova stagione della strategia della tensione confezionata da Cia e Mossad
come l'Italia ha già subito con Portella della ginestra- Moro- Borsellino-....ecc
 
non solo gli Usa ha diviso la Corea in Nord e Sud
Finita la seconda guerra mondiale le truppe statunitensi e sovietiche avevano occupato rispettivamente il meridione e il settentrione della Corea, dividendo la penisola in due parti all'altezza del 38º parallelo. L'Unione Sovietica sostenne come premier nordcoreano Kim Il-sung. La maggioranza della popolazione coreana voleva andare alle urne per eleggere un unico leader per l'intera nazione, ma i sovietici rifiutarono e bloccarono le entrate in Corea del Nord. Le elezioni democratiche vennero tenute solo in Corea del Sud e Syngman Rhee fu eletto presidente.

Il 25 giugno 1950 la Corea del Nord invase la Corea del Sud con il consenso di Mao Tse-tung. Fu questo l'inizio di una guerra che causò circa 4 milioni di morti fra civili e soldati
 
Senza le due bombe atomiche in Giappone i russi sarebbero arrivati non fino alla Corea del sud ma fino al Giappone
E magari oggi il Giappone era senza basi Usa come molti dei paesi ex urss
 
corrispondente Stefano Carrer 25 aprile 2017

TOKYO - L'anniversario della fondazione delle Forze armate è passato senza che il regime nordcoreano lo celebrasse con un nuovo test missilistico o nucleare, ma solo con manovre militari intorno all'area di Wonsan. Se non accadrà nulla di eclatante anche oggi (Pyongyang aveva questo mese effettuato un test missilistico - fallito - proprio all'indomani delle parate per il “Giorno del Sole”), potrebbe profilarsi un periodo di relativo allentamento delle tensioni, vista l'ormai prossima fine delle annuali manovre militari congiunte tra le forze americane e sudcoreane, alle quali hanno cominciato a unirsi unità navali giapponesi (ieri con il destroyer Chokai ad affiancare l'americano “Fitzgerald” nel Mar del Giappone).

Anche se la portaerei Carl Vinson dovesse allontanarsi, la situazione promette comunque di restare allarmante, secondo molti analisti, in quanto sarà messa alla prova la strategia conclamata di Donald Trump, che appare di ardua realizzazione nel suo versante pacifico e pericolosa su quello minaccioso: in sostanza, il Trump-pensiero prevede che Pyongyang sia piegata da efficaci sanzioni cinesi e quindi indotta da una crisi economica a rinunciare ai programmi balistici e nucleari, come alternativa a un assalto militare Usa anche unilaterale.

«La Cina è davvero il salvagente economico della Corea del Nord: così, anche se niente è facile, se loro vogliono risolvere il problema nordocoreano, lo possono fare», ha twittato nei giorni scorsi Trump.

Senonché l'opinione generalizzata degli esperti è che Pechino potrà sì - come ha cominciato a fare da febbraio sospendendo l'import di carbone - limitare i suoi rapporti economici con il riottoso vicino (dipendente dalla Cina per almeno due terzi del suo commercio estero), ma nel limite dei suoi interessi strategici permanenti. A nessun Paese piacerebbe che il vicino si doti di un arsenale nucleare o lo rafforzi, mentre sarebbe poco saggio snobbare un Trump che ha promesso accordi economici migliori con la Cina se sul fronte della sicurezza internazionale si muoverà di più.

Ma portare al collasso il regime di Pyongyang rischia di favorire una unificazione coreana sotto l'egida di un Sud che probabilmente resterebbe alleato degli Usa. Mao, per non avere un confine di terra con truppe americane, mandò a morire molte centinaia di migliaia di cinesi intervenendo in una guerra il cui armistizio riguarda anche Pechino. Basti pensare che agli stessi turisti che da Seul vanno a visitare la zona demilitarizzata viene consegnato un foglietto che cita il Corpo dei Volontari cinesi (anche se non sono più nell'area): un attacco unilaterale Usa sarebbe dunque la violazione di un armistizio che coinvolge la Cina.

Se Trump sembra sottovalutare le concrete possibilità di un vasto conflitto nel caso ordinasse di attaccare la Corea del Nord, il suo approccio appare peraltro ottimistico sul fatto che l'economia possa cambiare la linea di un regime totalmente indifferente alle sofferenze della sua popolazione. Un paragone è quello con la casta militare giapponese nel 1945: senza l'intervento dell'imperatore, avrebbe continuato la lotta anche dopo Nagasaki e la dichiarazione di guerra russa, pur dando per scontata la morte di almeno altri 20 milioni di giapponesi.

Le dirette minacce di attacco e di “regime change” dell'Amministrazione Trump, insomma, potrebbero già aver persino rafforzato la volontà del leader Kim Jong Un di utilizzare la carta atomica o balistica come polizza di assicurazione per evitare di fare la fine di Saddam Hussein o Gheddafi (anche al prezzo di carestie, minore motorizzazione o rallentamento della macchina industriale).

Di sicuro le sanzioni internazionali non funzionano: la stessa Onu nei suoi rapporti l'ha in sostanza riconosciuto, sottolineando che sono applicate male e in modo “incoerente”. Lo stesso Kim, per inviare questo messaggio, ha inaugurato un nuovo distretto commerciale e residenziale a Pyongyang alla presenza di giornalisti stranieri.

La situazione nelle campagne non è chiara, ma non sembra paragonabile alle situazioni di carestia che hanno puntellato il regno del padre dell'attuale leader. Vari analisti ritengono che se la Cina tagliasse i rifornimenti di petrolio l'economia nordcoreana andrebbe in tilt. Sono emerse negli ultimi giorni indicazioni secondo cui i prezzi dei carburanti a Pyongyang sono quasi raddoppiati, forse per le voci di un possibile giro di vite cinese.

I media nordcoreani hanno cominciato a mostrare irritazione verso Pechino. Il rischio è sempre quello: far infuriare il regime senza fargli cambiare linea, in quanto pensa più alla sua sopravvivenza che alla sua popolazione.

Le minacce della Corea del Nord e la pericolosa strategia di Trump



"L'apocalisse è ora", parola di Steve Bannon, il guru di Trump. E la guerra è vicina...
 
Sottomarino nucleare Usa arriva in Corea del Sud - Asia

Un sottomarino statunitense è arrivato in Corea del Sud


Corea Del Nord, sottomarino nucleare USA arriva in Corea Del Sud



  • APRIL 25, 2017

The White House will host the entire Senate on Wednesday for an extraordinary briefing on North Korea amid rising tensions with Pyongyang and growing questions about how the Trump administration intends to halt the regime’s pursuit of nuclear weapons.

Classified briefings for lawmakers from top officials are not unusual and are held on a regular basis on Capitol Hill. But in this case, President Donald Trump belatedly proposed that a planned briefing on North Korea be hosted at the White House, with the secretaries of State, Defense, the U.S. military’s top officer and the head of national intelligence due to speak to senators.

The last-minute decision, coinciding with tough rhetoric from the White House and bellicose threats from North Korea, took lawmakers by surprise and fueled doubts about the Trump administration’s often disjointed efforts at crafting a policy to neutralize the North Korean nuclear threat. Administration officials have publicly jettisoned long-standing U.S. policy on North Korea but have yet to articulate what will replace it.

In a meeting with U.N. Security Council representatives on Monday at the White House, Trump cited the urgency of the threat posed by North Korea’s nuclear and missile programs, and suggested his administration was determined to address the danger once and for all.

“People have put blindfolds on for decades, and now it’s time to solve the problem,” Trump told the diplomats.

The White House has repeatedly said that it has abandoned the Obama administration’s approach of so-called “strategic patience,” saying it will not tolerate North Korea’s march toward a nuclear-armed intercontinental ballistic missile. But it’s not clear how Trump and his deputies intend to crack a problem that has vexed the United States and its allies for more than a quarter of a century.

Senior officials say the primary focus of U.S. policy at the moment centers on a diplomatic push to persuade China to use its influence with North Korea to force Pyongyang back from the brink.

But it’s doubtful Washington has sufficient leverage to convince Beijing to impose an economic squeeze on the North. Moreover, China has always feared any action that could trigger the collapse of the Pyongyang regime on its border. Previous U.S. administrations have tried the same approach and come away disappointed with China’s cautious steps.

“All sides understand the stakes and understand what needs to happen,” a White House official told Foreign Policy, referring to discussions with China. But the official, who spoke on condition of anonymity, said it remained to be seen if China would take the necessary steps against North Korea. He added that “there is not infinite patience on our side” but did not elaborate.

Some experts have urged the White House to impose sanctions directly on Chinese companies if Beijing refuses to press Pyongyang, but administration officials declined to say if that option is under serious consideration.

Experts told the Senate Armed Services Committee at a hearing on Tuesday that even if China agreed to ramp up pressure on the regime, North Korea probably would not give up its efforts to build nuclear warheads for long-range ballistic missiles.

“We essentially have to prepare for a North Korean capability that will ultimately reach the United States,” said Victor Cha of the Center for Strategic and International Studies, who served in the former Bush administration.

Cha said efforts at deterring the North through sanctions or military deployments are worth pursuing but also posed dangers “because of the unpredictability of this regime.”

The Trump administration has warned that all options are on the table, including potential military action. But a former senior official in the Bush White House said that destroying North Korea’s nuclear arsenal through military strikes could prove impossible, given the technical advances made by the regime.

There are an increasing number of nuclear targets and those targets are increasingly hard to reach, said Aaron Friedberg, a professor at Princeton University who served under former Vice President Dick Cheney.

“North Koreans are starting to develop mobile ballistic missiles. The problem with preempting or attacking in a preventative way and destroying the North Korean nuclear capabilities is only getting worse,” Friedberg told the committee.

The sense of urgency over North Korea’s nuclear program has steadily mounted in the U.S. intelligence community and the Pentagon over the past decade, as the regime has demonstrated increasing technical prowess.

Although the North makes plenty of false claims about its nuclear capabilities, “the nuclear tests are not solely provocations or opportunities for saber rattling,” said Kelsey Davenport of the Arms Control Association. Over the past five tests, the country has increased the explosive yield of its nuclear warheads, and the regime’s scientists are also likely using the tests to experiment with different warhead designs.

“After five tests we should also assume that North Korea can build a warhead small enough to fit on short or medium range ballistic missiles,” Davenport said.

It’s unlikely that Wednesday’s briefing at the White House will clear up concerns among many lawmakers about the administration’s handling of tensions on the Korean peninsula, particularly after its bungled messaging about the location of an aircraft carrier.

The administration suffered an embarrassing episode last week when it acknowledged that a naval strike group, spearheaded by the USS Carl Vinson aircraft carrier, was not off the coast of the Korean peninsula as officials had announced earlier. In fact, the warships were thousands of miles away, training with the Australian navy.

The incident reinforced fears in Japan and South Korea about U.S. credibility and that the Trump administration was failing to consult with allies about its responses to North Korea. One South Korean presidential candidate, Hong Joon-pyo, from the conservative party of ex-president Park Geun-hye, said the confusion caused by the American administration’s statements on the whereabouts of the carrier could mean that Seoul would “not trust” Trump’s words in the future.

Still, administration officials believe an assertive U.S. military presence in the region in recent weeks has sent an unmistakably stern warning to North Korea as the regime appears poised to conduct its sixth nuclear test.

The United States is set to test one of its own missile systems on Wednesday, when an unarmed Minuteman III ballistic missile will be launched from Vandenberg Air Force Base in California.

“These Minuteman launches are essential to verify the status of our national nuclear force and to demonstrate our national nuclear capabilities,” Col. John Moss, commander of the U.S. Air Force’s 30th Space Wing commander, said in a statement.

Off the coast of Korea and Japan this week, U.S. Navy ships are also conducting drills in the Sea of Japan with the South Korean and Japanese navies. The destroyers USS Wayne E. Meyer and Wang Geon are engaged in one exercise, while two other destroyers — the USS Fitzgerald and Japan’s Chokai — are also operating together nearby.

Pyongyang greeted the deployments with typical bombast, after the USS Carl Vinson eventually made its way toward the Korean peninsula, and the USS Michigan, a guided-missile submarine, made a port visit to South Korea this week.

“If the enemies dare opt for the military adventure despite our repeated warnings, our armed forces will wipe the strongholds of aggression off the surface of the earth through powerful preemptive nuclear attacks,” Defense Minister Pak Yong Sik said in a televised speech Tuesday.

The regime kicked off Tuesday with a vast live-fire artillery exercise that included as many as 400 long-range guns — the same weapons that would be trained on Seoul’s civilian population in the event of a war.

Senate Heads to White House for Briefing on North Korea, But U.S. Strategy Still At Sea


Pyongyang arresta un altro cittadino Usa: prima crisi di ostaggi per Trump

Trump’s prisoner dilemma
 
e' singolare che si parli di aggressione della corea del nord quando ci sono sottomarini Usa nei pressi della corea del nord e non il contrario

non siamo nel 1800 ritengo che la costituzione USA e' stata fatta anche per evitare questi atteggiamenti aggressivi
perche' la repubblica islamica del Pakistan (quindi Arabia Saudita che finanzia) puo' avere la bomba atomica?
 
Guerra nel Pacifico: l’export dell’Asia non vuole più i dollari


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I maggiori paesi asiatici si sono stancati di accettare “carta straccia” in cambio di merci, e stanno abbandonando il dollaro: per questo, stavolta, il rischio di guerra – nel Pacifico – è vicinissimo.
Lo sostiene un analista economico come Alberto Micalizzi, allarmato dalla «necessità impellente» dell’America di sostenere la propria economia basata sul debito estero. «Qui non stiamo parlando di interessi strategici di natura politica, di giochi sul prezzo delle materie prime, di pipeline di gas o petrolio o di tatticismi di altro tipo. Stiamo parlando del fatto che gli Usa iniziano a incontrare difficoltà nel finanziare i circa 500 miliardi di dollari di deficit annuo generati dalla bilancia commerciale, cronicamente in passivo perché consumano più di quanto producono e qualcuno deve accettare di rifornirli in cambio di dollari».
Tutto questo, sottolinea Micalizzi, sorregge da decenni il tenore di vita degli statunitensi. E la metà del debito estero Usa – precisamente 2.632 miliardi di dollari – è contratto verso quattro paesi dell’estremo oriente». Cina, Giappone, Taiwan e Hong Kong: sono i principali esportatori di merci verso gli Usa, «cioè quelli che finora hanno retto il gioco del disavanzo commerciale» che tiene in piedi l’asimmetrica economia statunitense.
Il problema? I fornitori asiatici ci stanno “ripensando”.

Quella montagna colossale di debito, scrive Micalizzi nel suo blog, in un post ripreso da “Megachip”, è raddoppiata dal 2007 ad oggi «per effetto dei contributi federali al salvataggio dei colossi bancari e assicurativi travolti dalla crisi dei subprime e per effetto del “quantitative easing” con il quale la Fed ha creato la più grande bolla speculativa della storia».
Secondo Micalizzi, si tratta di una bolla monetaria «che ha un potenziale distruttivo molto maggiore della bolla tecnologica del 2000 e di quella immobiliare del 2007».
Fino al 2013, continua l’analista, «gli Usa sono riusciti a ribaltare lo sforzo sui propri partner commerciali», in primis Cina e Giappone: basti pensare che, dei 741 miliardi di dollari di deficit commerciale dell’ultimo anno, ben 344 miliardi rappresentano il deficit sostenuto dalla Cina. «Ed ecco l’evento scatenante: dal 2016 la Cina ha iniziato a diminuire con maggiore convinzione le giacenze di obbligazioni Usa: a fine 2016 siamo a -270 miliardi dal picco del 2013». Un trend che si è accelerato a fine 2016, «tanto che il Giappone ha scavalcato la Cina come quantità assoluta di detenzione di obbligazioni americane».
Parlano i numeri: il Giappone detiene obbligazioni americane per un valore di 1.130 miliardi contro i 1.120 della Cina. E insieme, Cina e Giappone detengono oggi il 38,1% del debito estero Usa. In più, lo stesso Giappone sta cercando di diminuire l’esposizione in dollari. Ufficialmente, continua Micalizzi, la scusa addotta per “fuggire” dal dollaro sta nell’aumento dei tassi Usa, che fa diminuire il prezzo delle obbligazioni provocando perdite in conto capitale.
«Ma in realtà, sebbene sia innegabile l’effetto deprezzamento, la posta in gioco è più alta e consiste nella stessa crisi di credibilità del dollaro, la cui quantità in circolazione è da molti considerata pericolosamente alta e ormai fuori controllo, soprattutto perché detenuta in gran parte da Stati e soggetti extra-territoriali». Questa circostanza ha portato il noto guru americano Doug Casey, l’uomo che «ha predetto tutte le principali crisi degli ultimi 25 anni», a rivelare che la Fed «starebbe preparando addirittura la sostituzione del dollaro con una valuta “block-chain” sul modello del bit-coin», cioè una moneta «completamente elettronica».
Dunque, «la Cina sta cercando di uscire dalla sfera valutaria del dollaro». E lo sta facendo «dopo che per anni ha diversificato le proprie esportazioni, creando nel mondo mercati di sbocco alternativi che oggi possono sopportare l’assorbimento di quelle merci che evidentemente i cinesi non sono più disposti a cedere agli Usa semplicemente perché non vogliono più essere pagati in dollari».

Ecco perché il problema diventa immediatamente geopolitico nella sua versione peggiore, quella bellica. La Corea del Nord, scrive Micalizzi, «si trova nel crocevia tra Cina, Giappone e sud-est asiatico (e Russia), cioè precisamente il serbatoio di merci che rischiano di prendere altre direzioni». Va anche considerato che «la Cina potrebbe fare da apripista per altri paesi limitrofi, dischiudendo anche ad essi nuovi mercati di sbocco alternativi a quello americano». Ci siamo: «Ecco quindi la miscela esplosiva: la necessità per l’America di difendere i “cassonetti della spazzatura” dove collocare dollari in cambio di merci».
Micalizzi teme l’arrivo imminente di una “guerra pesante”, perché quella in gestazione nel Pacifico «non riguarda obiettivi tattici come avvenne in Iraq», ma obiettivi strategici e decisamente vitali per la superopotenza Usa.
Il piano di Washington? Creare le condizioni «per una sorta di “piano Marshall”, cioè una gigantesca operazione di indebitamento spacciata come aiuto alla ricostruzione post-bellica, ma che in realtà costituisca l’embrione di un nuovo mercato di sbocco per le proprie obbligazioni». Secondo l’analista, sarebbe «l’unico modo per continuare a finanziare il deficit commerciale collocando dollari ed obbligazioni che il “libero” mercato sta dimostrando di non gradire più».

Allarme rosso: «Mi spaventa il fatto che “la bocca” è grande, e la sola Corea del Nord non riuscirebbe a “sfamare” che una minima parte del fabbisogno di indebitamento. Ecco perché temo che si tratti dell’innesco, più che della vera deflagrazione». Una guerra-lampo contro la Corea del Nord per poi estendere il conflitto all’intera regione? «Questa volta vorrei tanto sbagliarmi», conclude l’analista.
 

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