Le bugie sull'IDROSSICLOROCHINA e L’Oms riprende i test sul farmaco

l'OMS oggi ne dice un'altra
niente ondata Uno
ondata due....

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la Kodak produrrà l'idrossiclochina
Kodak cambia pelle, da foto a farmaci -28 luglio 2020 - 18:00


(SDA-ATS)

Kodak, pioniere della fotografia, ottiene un prestito da 750 milioni di dollari dal governo americano per aiutare a velocizzare la produzione di farmaci in grado di curare varie malattie.

Il credito, riporta il Wall Street Journal, è stato ottenuto in base al Defense Production Act, invocato nel corso della pandemia di coronavirus dall'amministrazione Trump per accelerare la produzione di forniture per il Covid-19, quali i respiratori.

Con il finanziamento l'ex leader della fotografia in termini di vendite produrrà ingredienti per farmaci generici, inclusa l'idrossiclorochina promossa dal presidente Donald Trump come rimedio per il coronavirus .

"Abbiamo una lunga esperienza nella chimica, ben oltre 100 anni" e l'infrastruttura della società "ci consente di procede rapidamente", afferma Kodak, azienda che ha inventato la macchina fotografica digitale nel 1975 ma che non è riuscita a capitalizzare sulla sua invenzione e ha chiesto la bancarotta nel 2012.
 
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Corsa oltrefrontiera per comprare il farmaco anti-Covid "vietato"
Stefano Rizzi 07:15 Martedì 25 Agosto 2020
Tolto dalla prescrizione in Italia, il Plaquenil è venduto liberamente in Svizzera e su Internet. Efficace contro il virus nelle fasi iniziali, da fine maggio l'Aifa ne consente l'uso solo per studi clinici. Incentivando così un pericoloso fai da te e l'ospedalizzazione
Il Plaquenil come le sigarette e il pieno di benzina di un tempo ormai lontano. La frontiera con la Svizzera al tempo del Covid segna il confine tra paura e cura fai da te, ma anche tra assai poco comprensibili decisioni prese sul farmaco in Italia e l’eventualità che queste possano produrre i loro effetti negativi se i numeri attuali dei positivi al virus si riveleranno soltanto i prodromi della temuta seconda ondata, o comunque di un aumento dei casi.

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Quel che i medici non possono più prescrivere a chi presenti sintomi del Coronavirus, si cerca e si trova al di là di una sbarra. Non serve neppure oltrepassarla, anche se sono sempre di più coloro che soprattutto dal Piemonte così come dalla Lombardia macinando non troppi chilometri lo fanno come si faceva anni fa per ben altri prodotti. Ma basta pure un clic, la confezione di idrossiclorochina arriva a casa con il corriere. Il viaggio oltre confine, così come l’acquisto su siti internet, rende disponibile il farmaco che in piena emergenza, con i morti a migliaia e le terapie intensive allo stremo, ha rappresentato una riconosciuta aggressione del virus nelle fasi iniziali dei sintomi, ma che verso la fine di maggio l’Agenzia Italiana del Farmaco ne ha vietato l’uso al di fuori degli studi clinici.
Nel frattempo in Piemonte erano già arrivati i risultati più che confortanti dei protocolli “Covid a casa”, avviati in provincia di Alessandria dall’oncologa Paola Varese (curatasi lei stessi con l’idrossiclorochina dopo essere stata colpita dal Covid durante il lavoro in ospedale) e dell’utilizzo del medicinale usato per l’artrite reumatoide da parte del primario di infettivologia dell’ospedale di Novara, Pietro Garavelli. La Regione aveva ben presto fatto proprio e sostenuto quel protocollo che prevedeva l’uso, su prescrizione del medico di famiglia, del Plaquenil in presenza dei primi chiari sintomi della malattia.

Il divieto dell’Aifa, diretta conseguenza della decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, da tre mesi ha bloccato tutto.
“Se l’idrossiclorochina non va bene, occorre concordare altre soluzioni, altrimenti viene meno il perno su cui ruota gran parte della strategia di cura domiciliare dei pazienti Covid e si rischia di tornare ad affollare gli ospedali mettendone in crisi l’operatività”, avvertiva a giugno l’assessore regionale Luigi Icardi, nella sua veste di coordinatore per la Sanità in Conferenza delle Regioni, i cui ripetuti tentativi di aprire un dialogo costruttivo con Aifa e valutare se davvero la scelta fatta sia quella giusta, si sono fino ad oggi arenati.

Ci ha riprovato ancora a fine luglio: “Nella riorganizzazione della sanità territoriale – aveva spiegato Icardi ai vertici dell’agenzia – è fondamentale sapere su quali farmaci si può contare, per non trovarci impreparati nel caso dell’eventuale recrudescenza del contagio. L’esperienza maturata in Piemonte ha dimostrato una certa efficacia dell’idrossiclorochina, soprattutto nella cura dei pazienti a domicilio, durante i primi giorni del manifestarsi della malattia”.

Dal presidente di Aifa Domenico Mantoan, già direttore della sanità del Veneto, erano arrivate rassicurazioni sulla disponibilità, “ma ad oggi l’unico risultato è che la gente va a cercare altrove il Plaquenil”, dice sconsolato e ancor più preoccupato Garavelli. “Il rischio, evidente, è quello dell’automedicazione. Quanti tra i crescenti positivi asintomatici potranno decidere di assumere il farmaco acquistato, senza l’indispensabile valutazione del medico e i controlli necessari?” L’infettivologo ricorda come “vista l’efficacia nella fase iniziale della malattia, l’idrossiclorochina veniva prescritto ai primi sintomi anche quando non si aveva ancora l’esito del tampone”, mentre la decisione dell’Aifa “ha privato della possibilità di un intervento tempestivo, che in molti casi ha evitato l’ospedalizzazione, in più aprendo a una corsa ad accaparrarsi per canali alternativo scatole di farmaci che potrebbero essere usati in maniera impropria”.

Una corsa che va aumentando in maniera direttamente proporzionale con l’aumento dei casi di positivi al virus e con l’approssimarsi dell’autunno, stagione in cui si teme possa esserci una recrudescenza della diffusione del Coronavirus.

“In tanti dicono: vado a comprarlo, poi si vedrà – spiega Garavelli –. Ma qui siamo di fronte al rischio più pericoloso, quello della cura fai da te”. Guardando alla “massa critica di contagiati asintomatici che rappresentano rappresentano una forza d’urto in grado di esporre, fra non molto, le persone anziane al virus”, Garavelli di dice “molto preoccupato. Anche perché se marzo avevamo la prospettiva di un clima meno favorevole al virus, adesso abbiamo cinque o sei mesi di clima favorevole al Covid e una base infettante assai più rilevante di quella che ha dato vita alla pandemia”.

Per questa ragione, secondo l’infettivologo “è importante avere un farmaco di facile somministrazione da usare ai primi sintomi e che possa evitare l’aggravarsi delle condizioni riducendo i ricoveri.
Ma di fronte al divieto dell’Aifa il medico di medicina generale cosa può fare se non mandare in ospedale il paziente?
In più c’è il grave rischio che chi lo ha comprato, andando oltre confine o su internet, lo usi come fosse tachipirina”.
 
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