le manipolazioni del Fib

da Borsari

13 giugno, Borsa ore 11.05: sono borse o bordelli?

La notizia è stata pubblicata a pagina 29 del Sole 24 ore di oggi: "A marzo il Nikkei fu manipolato".

Così scrive il giornale: "L'indice Nikkei è stato manipolato da una serie di iniziative promosse dagli ambienti governativi e politici giapponesi, nel marzo scorso, per cercare di spingerlo sopra quota 11.000. La tesi è riportata dal Financial times in edicola oggi."

Quei simpatici e forbiti "giovinotti" del governo del Sol levante, chiamano questo procedimento "Gyosei shido" (direttive amministrative per sostenere il mercato); noi siamo più "rozzi" e lo chiamiamo "PACCO".

E se lo fa il governo giapponese, perché non dovrebbero farlo anche altri (governi o privati)?

Grandioso: evviva il libero mercato.

Alla stessa pagina 20 del Sole 24 ore si legge: "Il fondo monetario internazionale esprime forte preoccupazione sulla tenuta delle borse, soprattutto nei mercati più maturi. A pesare sui listini sono infatti non solo le incertezze sulla ripresa economica americana, ma anche le distorsioni provocate dalle manipolazioni dei bilanci aziendali e dagli artifici contabili utilizzati per gonfiare la redditività delle imprese."

Fantastico: i governi manipolano i listini e le aziende manipolano i bilanci.

Mi viene in mente il Cardinale Mazarino che così si esprimeva sull'Italia di quegli anni: "mi chiedo se sia un giardino o un pubblico pisciatoio?"

Per estensione, potremmo dire dei mercati finanziari moderni: "ma sono borse o bordelli?"

Aggiunceteci pure la condanna inflitta a Merryl Linch per avere pubblicato reports e ratings fasulli su alcune aziende Hi-tech e il quadro è davvero da romanzo Kafkiano; una specie di incubo lucido, dove ci si muove inseguiti da un nugolo di cetrioli di grande taglia che volano ad altezza di fondo schiena.

Cosa bisognerebbe fare?

Mandare in galera l'intero governo giapponese (o almeno i responsabili del fattaccio);
Mandare in galera i dirigenti delle aziende che manipolano i bilanci;
Mandare in galera i responsabili delle istituzioni finanziarie che truccano reports e ratings.
Se ciò non succede, smettere di bazzicare questi tetri bordelli frequentati da questi loschi figuri!
 
terza lettera della fortunata serie:


Roma, 27/6/2003
Egr.Ing.Migliorino

Dopo aver affrontato “I manipolatori di borsa” e i “manipolatori del Fib” è venuto il momento di chiederci quando entreranno le mani forti sul mercato:

DOVE ANDRANNO I MERCATI
Come sempre i mercati andranno dove le mani forti lo spingeranno; facciamo alcune considerazioni:

- Il fattore esogeno che ha scatenato l’ultimo movimento di ribasso, e’ stato rimosso, ma i corsi continuano a non riprendere i valori ante attacco.

- Le banche centrali hanno agito pesantemente sulla leva monetaria per favorire il movimento di espansione economica, ma questa tarda ad arrivare.

- Le aspettative di tutti gli operatori sono comunque positive, ed i commenti che si fanno sono del tipo “ siamo scesi abbastanza, non possiamo che riprenderci”; questo discorso l’abbiamo sentito per tanti titoli, tipo “ha già perso il 50%, salirà”, mentre molti titoli perdono attualmente il 70-80% dal massimo.

- Nelle sale operative delle principali banche e società di gestione, lavorano persone che hanno vissuto il più lungo periodo di rialzo e di espansione economica dal dopoguerra. Questo fa si che la forma mentis, e la view di queste persone sia “ tendenzialmente rialzista”. Un’inversione definitiva e duratura potrebbe cogliere molti operatori impreparati, e con la forte tentazione di mediare, che in un mercato ribassista porta alla rovina di molti investitori.

- Assistiamo in queste ultime settimane ad un movimento di indebolimento del dollaro. Questo potrebbe essere letto come ulteriore tentativo da parte delle autorità monetarie USA di ridare slancio alla propria economia, attraverso una svalutazione competitiva della propria valuta.

- Oggi, come 12 anni fa non, abbiamo l’esatta percezione delle conseguenze che la perdita di diverse centinaia di migliaia di miliardi di capitalizzazione di borsa, ha avuto sui bilanci dalle principali banche (quanti casi Enron ci saranno? )



La situazione emotiva che stiamo vivendo oggi, somiglia in modo preoccupante a quella vista nel passato. Lo stesso ottimismo, la stessa positività, la stessa fiducia, “ ad ogni costo”, aleggiano su mercati che non possono, e non vogliono, pensare ad una continuazione del trend ribassista.
Il trend invece è ribassista. Il violento e repentino rimbalzo che abbiamo visto dai minimi di settembre, non e’ stato sufficiente per invertire la situazione. Quel rimbalzo è scaturito soprattutto da ragioni tecniche (si veniva da –30% in tre settimane, peggior risultato di sempre per il nostro indice) e da un attestato di fiducia che ora vuole una controprova tangibile, che non arriva.
I player finali, cioè i partecipanti al mercato che hanno comperato nell’ultima fase di rialzo, sono ancora esposti con posizioni in pesante minusvalenza, di cui non si sono ancora liberati.
La domanda fondamentale è: come sono posizionati i players primari? Come si stanno comportando le mani forti che hanno ceduto i titoli sul movimento di risalita?

E’ mia opinione che, al momento, queste mani primarie siano ancora alla finestra.
Statisticamente l’entrata di questi investitori avviene in concomitanza con l’uscita dal mercato dei finali che, come detto, sono ancora presenti. Spaventati, in pesante perdita, ma ancora con la speranza di rivedere i massimi di due anni fa.
Una bolla speculativa come quella appena vista, richiede molto tempo per essere riassorbita e metabolizzata. Ricordiamo a tal proposito che, l’ultima bolla che ha caratterizzato il nostro mercato, risale al 1986, e solo per segnare i minimi ci vollero 6 anni (settembre 1.992), durante i quali assistemmo anche ad un buon rimbalzo, che rimase però una correzione intermedia di un trend ribassista di medio.
Ho pertanto buoni motivi quindi per ritenere che nel medio/lungo periodo, il mercato possa continuare a seguire la falsa riga del Nikkei anni ’90, proseguendo la correzione in essere, e andando a ricercare nuovi livelli di minimo.
Tecnicamente ciò sarà confermato dalla perdita dei minimi di settembre, che saranno un validissimo livello di supporto sul quale il mercato potrà impostare interessanti rimbalzi.

Cosa Successe Nel Passato
L’applicazione di tutte le varie teorie dell’analisi tecnica sui mercati finanziari, poggia sull’assunto che, la natura dei soggetti partecipanti al mercato, (istituzionali, speculatori professionisti, parco buoi ) rimane costante nel tempo, e che pertanto questi operatori tenderanno, in linea di massima, ad assumere le medesime decisioni a fronte di situazioni contingenti simili.
Questo fatto esula dal tempo e dalle diverse situazioni sociali ed economiche che caratterizzano l’evento. La conferma di ciò l’abbiamo avuta in occasione della bolla speculativa del 2.000. In quei giorni, mentre i mercati crescevano a dismisura sulla scia del fenomeno Internet, abbiamo risentito e letto le identiche affermazioni che si sentivano e si leggevano in relazione al mercato giapponese nel 1.988.
Un movimento esponenziale dei corsi porta con sè un effetto valanga spaventoso. Cercare di mettersi contro, prima che il fenomeno si sia esaurito, (e ciò avviene improvvisamente) comporta il rischio di rimediare, a breve, clamorose smentite, in quanto, proprio nell’ultima fase del movimento, i corsi percorrono un segmento esponenziale, che li porta a crescite o decrescite percentuali folli nel giro di poche sedute: a gennaio-febbraio 2.000 una ventina di hedge-founds fallirono perché si misero short sul Nasdaq (avevano ragione, ma si misero short per importi troppo elevati e troppo presto), mentre nei mesi successivi un’altra ventina fallì perché si mise long dopo il primo storno del 20%, al quale seguirono le discese che tutti conosciamo.

Tornando alla situazione giapponese del 1988/89, ci trovavamo all’ora in presenza di un mercato che in 20 anni era passato da una valutazione di 1.000 a 40.000. All’epoca si diceva che i giapponesi con il loro “indubbio vantaggio tecnologico”, avevano creato un’economia, non più ciclica, ma unidirezionale”, le maggiori case di brokeraggio, per giustificare il continuo rialzo dell’indice Nikkei, si erano spinte a dire che i titoli giapponesi non si dovevano valutare con i comuni parametri di buon senso (avevano P/E che erano arrivati a 300 !), ma con criteri che venivano inventati al momento, e che parevano riscrivere le varie teorie economiche.
Nella realtà gli analisti, contagiati dall’euforia rialzista, e nel timore di essere smentiti il giorno successivo, non riuscivano, o non volevano dire ciò che in effetti stava realmente accadendo.

Ritornando al 2.000, in piena crescita esponenziale dei mercati, incredibilmente, abbiamo avuto modo di risentire le medesime affermazioni, sull’economia USA, e sul fatto che P/E di 600 erano giustificabili, anzi convenienti, in relazione all’evoluzione tecnologica di quel paese.
Fino a qui le assonanze psicologiche dei due momenti euforici dei mercati a cui e’ poi succeduta la inevitabile fase discendente.

Ma in un’ottica piu’ di medio, un altro punto in comune hanno le due situazioni.
La forte esposizione che sistema bancario aveva assunto nei confronti di entità istituzionali e private che finalizzavano questi finanziamenti, ad attività speculative sui mercati finanziari.
Le conseguenze che questo ha avuto sul sistema bancario giapponese e’ oggi cosa nota, ma, giova ricordarlo, emerse in tutta la sua gravità solo alcuni anni dopo il raggiungimento dei massimi del mercato, a causa della profonda e duratura caduta dei corsi azionari. Le banche nipponiche che avevano ricevuto in pegno titoli a fronte di finanziamenti, dovettero iscrivere a bilancio perdite colossali, dovute al mancato rientro da parte dei prenditori e alla svalutazione-fallimento, di molte aziende di cui loro detenevano cospicue quote di capitale.
Il governo e le autorità monetarie negli anni successivi intervennero cercando in tutti i modi, prima di rilanciare l’economia, poi, accontentandosi di mantenere a galla una situazione, che ancora oggi non ha trovato soluzione.
Dopo la vicenda Enron, quello che ancora non percepiamo oggi e’, quanto il sistema bancario USA sia portatore dello stesso virus fallimentare, le cui conseguenze sarebbero altrettanto nefaste. In Italia stanno emergendo situazioni analoghe (quando proprio non si riesce più a tenerle nascoste).

Egregio Ingegnere dopo tante chiacchere e accademia, voglio affrontare le sensazioni operative…..

1) Siamo in una fase molto delicata del mercato, le notizie negative vengono ancora utilizzate per spingere al ribasso i corsi

2) La volatilità non ha ancora raggiunto livelli esasperati.

3) Il pessimismo e la grande paura non ha ancora contagiato le menti.

4) Le mani fragili sono sul punto di cedere la mano.

5) Gli scambi non sono elevatissimi e il fiume ancora non straripa

Per tutte queste ragioni condivido in pieno tutte le Sue analisi…abbiamo bisogno ancora di un po’ di tempo.

Domanda finale: quando entreranno le mani forti:

Ritengo che dovremo ancora vedere il comportamento della borsa Americana:

- Le vere mani forti sono a “stelle e strisce”.

- Il DJ abbiamo detto rappresenta la bandiera, l’ultimo baluardo oltre al quale non lo faranno andare…basti vedere la crisi dello scorso anno….basta reggere tre titoli primari ed il gioco è fatto! Abbiamo visto questi giorni, certi spilloni al ribasso e successivo rimbalzo in chiusura.

- SP 500 è in posizione assai delicata…e già sul minimo di settembre.

- Le borse europee pur accentuando le tendenze, guarderanno il segnale proveniente dagli USA…quei famosi reversal dell’ultima ora!

- Il livello dell’ipervenduto comincia ad essere altino sul weekly…ma non esasperato.

- Ritengo che l’elemento decisivo sarà il minimo dello scorso anno:

- 1) Il doppio minimo mi sembra troppo scontato ……

- 2) Potrebbero spingere il mercato poco oltre….e LI’ INTERVENIRE..sul baratro dove veramente potremmo vedere il sangue.

- 3) Dovranno creare unicamente un grande biscotto allo scopertista….il mercato potrà risollevarsi solo sulle ricoperture.

Egregio Ingegnere, condivido moltissimo il Suo timing….oltre tutto ci troveremo in quel

Periodo a cavallo delle scadenze tecniche….che BISCOTTO potranno fare!!!

Anche questa volta dovremo vincere il panico del mercato….!!

Buon lavoro…e complimenti ancora

PS Se oggi legge i siti finanziari sono diventati tutti negativi….ci fosse una volta che anticipano il mercato….tutti dietro quando si verifica il fenomeno!

Cordiali saluti

Giovanni Gobello
 
Interventi e manipolazione dei mercati (usemlab.com)

(30/06/02) Le banche centrali sono intervenute venerdì sul mercato dei cambi per contenere il deprezzamento del dollaro verso l'euro, ma soprattutto contro lo yen. L'intervento è stato confermato ufficialmente dalle tre banche centrali più importanti, la FED, la Banca Centrale Europea, e la Banca del Giappone.

Rilasciando dei commenti su un possibile deprezzamento del dollaro nei prossimi anni di circa il 30%, George Soros, l'uomo che 10 anni fa sconfisse sul mercato dei cambi la Banca d'Italia e la Banca d'Inghilterra, aveva aperto in mattinata la strada verso un ulteriore cedimento della valuta statunitense che a metà seduta perdeva consistente terreno sia nei confronti dell'euro, arrivato a un millesimo dalla parità (max di Eur/$ di 0.9990), che dello yen.

La Banca del Giappone era intervenuta in diverse occasioni già nelle ultime due settimane per cercare di arrestare l'apprezzamento della propria valuta nei confronti del dollaro, apprezzamento che frenerebbe le esportazioni e quindi l'apparente ripresa economica interna. Gli sforzi erano stati inutili e, in suo supporto, venerdì sono intervenute le altre due banche centrali. La manovra sembra essere stata relativamente efficace ma, temiamo, più per l'effetto psicologico esercitato sugli operatori che per un reale potere correttivo.

Possiamo estendere il discorso dell'intervento delle banche centrali ai mercati azionari. Anche se non ufficialmente dichiarato sono girate voci di acquisti della FED sul mercato azionario americano e in particolare su quello dei futures. Mercoledì 26, il nuovo scandalo legato a Worldcom, la seconda società di telecomunicazioni americana oramai prossima al fallimento, aveva fatto precipitare Nasdaq ed S&P 500 intorno ai minimi di settembre. Osservando l'azione di mercato del giorno stesso un intervento in tal senso sembrerebbe molto verosimile se non quasi una certezza.

Gli operatori, notando la tenuta degli indici sui livelli di settembre, sono intervenuti con fiducia prevalentemente sul lato dell'acquisto, spingendo al rialzo gli indici anche nei due giorni successivi. Il Dax, l'indice azionario tedesco, in tre giorni è riuscito a rimbalzare di oltre il 10% dai minimi toccati mercoledì.

Un altro sostegno al mercato è arrivato anche dal classico effetto "mark up" di fine trimestre ad opera degli investitori istituzionali, il cui interesse a far figurare nei propri report periodici performance lievemente migliori di quelle realizzate ha generalmente l'effetto di sollevare i corsi dei titoli più significativi.

Infine una considerazione sul mercato dell'oro. Quale spinta più forte per il prezzo del metallo giallo che un deprezzamento violento del dollaro, passato in pochi giorni da 0.94 a 0.99 contro l'euro, e il crollo contemporaneo delle borse? Eppure nell'ultima settimana, nei momenti di massima crisi, l'oro non è riuscito ad andare oltre i massimi dei primi di giugno, mostrando una chiara debolezza soprattutto proprio durante le ore della sessione americana, e stranamente proprio in chiusura del mercato dei futures. Questo mentre altre commodities, rame, cacao, soia, frumento, pork bellies mostravano invece notevole forza, raggiungendo nuovi massimi.

Quale quadro salta fuori da queste osservazioni? A nostro avviso, quello che sta succedendo sui mercati internazionali equivale a livello di geofisica a un movimento significativo di placche tettoniche. In altre parole siamo entrati chiaramente in una fase di enormi smottamenti finanziari che preoccupa seriamente le banche centrali, stimolandone l'azione diretta.

Per quanto le autorità possano intervenire, le forze in gioco sono difficilmente contrastabili e più forti di qualunque operatore istituzionale. Niente può frenare i movimenti di capitale odierni, gli interventi delle autorità monetarie risultano sempre più temporanei e, svanito l'effetto psicologico, accelerano il processo in corso, particolarmente in un periodo come quello attuale dove, terminati i circoli virtuosi resi possibili da un ciclo di espansione economica, i nuovi circoli viziosi in essere potrebbero aprire la spirale definitiva verso un collasso di sistema senza precedenti storici.

Le conseguenze possono quindi essere rimandate ma, a nostro avviso, tendono ad essere inevitabili. Generalmente sui mercati finanziari, proprio grazie a quegli interventi, il terremoto non è immediata conseguenza dello smottamento ma arriva piuttosto come l'esplosione di un vulcano relativamente tranquillo, che però non ha mancato di dare i primi segnali di avvertimento.

Gli interventi ufficiali o sospetti osservati in questi ultimi giorni sembrano avere sortito l'effetto desiderato. Questo è indubbiamente lo stato dei fatti alla chiusura dei mercati di venerdì 28 giugno. Ma quanto conseguito rimane secondo noi un risultato solo di breve termine. La "tempesta finanziaria" che sembra oramai sul punto di abbattersi sui mercati finanziari sta solo raccogliendo le forze necessarie per scatenare il peggiore incubo di qualunque autorità di governo e monetaria: la perdita totale di controllo degli aggregati macroeconomici e delle variabili di mercato.

Un disastro che trae origine proprio dagli stessi interventi (o manipolazioni, a seconda di come le si giudichino) attuati nel passato. Gli interventi a cui abbiamo assistito in questi giorni sono in fondo solo gli ultimi di una lunga serie che, nel corso di diversi anni, ha contribuito a creare enormi squilibri nei sistemi economici, da cui le condizioni attuali di estrema instabilità.

Le politiche monetarie e i troppi salvataggi finanziari realizzati negli ultimi anni hanno infatti stimolato nei sistemi economici più avanzati il cosiddetto fenomeno di MORAL HAZARD.
In altre parole i consumatori, gli investitori e gli operatori di mercato come conseguenza di quelle azioni di intervento hanno assunto rischi e comportamenti che vanno al di là di una sana ed equilibrata allocazione e gestione delle proprie risorse.

Nel lungo periodo i danni economici potrebbero essere enormi e sicuramente maggiori dei benefici di cui le economie hanno finora goduto. Non solo, la bolla speculativa, operando un iniquo trasferimento di ricchezza sia a livello interno che internazionale, potrebbe avere presto ripercussioni di natura sociale. Secondo certe fonti quasi la metà degli americani disporrebbero di un net asset (attività - passività) di appena 1000$, una cifra molto esigua che, in caso di recessione, rischia di mandare in fallimento milioni di famiglie e creare delle condizioni di elevata instabilità sociale.

Non tutti i mali economici si curano con massicce iniezioni di liquidità nel sistema o con interventi manipolatori delle variabili economiche. Di sicuro tali ricette non sembrano affatto indicate per favorire dei boom economici più virtuali che reali.

Forse, in un prossimo futuro, sarà proprio questo l'insegnamento più importante sia per le autorità monetarie che per la ridefinizione dei compiti di supervisione e controllo delle attività dell'intero sistema economico e finanziario.


30 Giugno 2002
 

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