LE MIE ASPETTATIVE PER IL FUTURO? UN BEL PASSATO

il bacio non gradito dalla prostituta

"va qualificato come atto sessuale anche il bacio sulla bocca che sia limitato al semplice contatto delle labbra,
potendosi detta connotazione escludere solo in presenza di determinati contesti sociali, culturali o familiari
nei quali l'atto risulti privo di valenza erotica, come, ad esempio, nel caso del bacio sulla bocca scambiato, nella tradizione russa, come segno di saluto."

A smentire la ricostruzione in termini di tentativo infine, sempre la giurisprudenza di legittimità afferma che :

"in tema di reati sessuali anche il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene,
configura violenza sessuale, nella forma consumata e non tentata, allorquando, nell'ambito di una valutazione complessiva della condotta
che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l'azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti
e di ogni altro dato fattuale qualificante, incida sulla libertà sessuale della vittima."

In conclusione, siccome in questo caso il bacio si è inserito in un contesto sessuale in una modalità di esecuzione
non gradita dalla persona offesa e al di fuori del perimetro consentito ai clienti, deve ritenersi atto capace di integrare il reato di violenza sessuale.
 
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"Mi chiedo se sia normale una Nazione in cui abbiamo un governo in cui la principale forza parlamentare non esiste di fatto nel Paese.
Non lo considero così normale ma penso che stia al presidente Mattarella valutare se questo Parlamento e il governo che rappresenta
sia capace di esprimere il sentimento nazionale o non sia il caso di sciogliere questo Parlamento e di andare a libere elezioni".

"Il risultato dei 5 stelle sul voto di ieri produrrà molto nervosismo nel Governo"

"Francamente non credo ci sia molto da festeggiare da parte della sinistra.
Il centrodestra ha vinto in otto regioni su nove, se poi la sinistra riesce a tenere una sua regione storica, non credo ci sia da esultare.
È come se in una partita di calcio, fai un goal dopo averne presi otto"
 
Cresce la paura in tutto il mondo per l’epidemia di polmonite provocata dal coronavirus.

Secondo l’ultimo bollettino emesso alla Commissione nazionale per la Sanità cinese le vittime sono salite a 80 e 2744 sono i casi di contagio.

Di certezze sull’epidemia ve ne sono pochissime.
Anche il luogo dove è iniziata la diffusione del coronavirus potrebbe essere diverso dal mercato del pesce di Wuhan, nella provincia di Hubei, finora indicato.
Il dubbio è stato espresso un gruppo di scienziati cinesi che hanno condotto una ricerca i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet e poi ripresi dal sito di Science.

L'articolo, infatti, fornisce dettagli sui primi 41 pazienti per i quali si è reso necessario il ricovero in ospedale e che avevano riportato sintomi confermati e riconducibili al coronavirus 2019-nCoV.

Il primo caso è stato registrato l’1 dicembre e non ha evidenziato alcun collegamento con il mercato del pesce.

"Nessun legame epidemiologico è stato trovato tra il primo paziente e casi successivi", hanno affermato gli scienziati.

Dai dati è anche emerso che, in totale, 13 dei 41 casi non avevano alcun collegamento con il mercato di Wuhan.

"Tredici casi senza un collegamento sono un gran numero", ha dichiarato Daniel Lucey, uno specialista in malattie infettive presso l'Università di Georgetown.

Intanto, il ministro della Sanità della Cina, Ma Xiaowei, in una conferenza stampa ha affermato
che la capacità di diffusione del coronavirus sembra diventare più forte e che non sono ancora chiari i rischi della sua mutazione.

Il membro del governo ha affermato che il periodo di incubazione è tra 1 e 14 giorni ed è probabile che il numero di casi continui ad aumentare.
 
Questo va bene per le persone che non si interessano alla politica
e prendono per oro colato le dichiarazioni fatue di un sinistroide perso.


"Con queste elezioni regionali si è chiusa la finestra del tripolarismo. Il Pd ha avuto due ottimi risultati in Emilia Romagna e in Calabria.
E’ un partito che sta tornando a essere competitivo. Se adesso si lancia nell’avventura di fare un legge elettorale proporzionale, è pazzo.
Vorrebbe dire che è un partito di suicidi e farebbe un errore storico che pagherebbe caramente”. Sono le parole del giornalista Paolo Mieli.
 
Come ampiamente previsto anche dal suo ex capo politico, quel Luigi Di Maio fuggito a gambe levate dalle sue evidenti responsabilità,
il Movimento 5 Stelle si trova ad un passo dalla dissoluzione elettorale.

Avendo raggranellato consensi da prefisso telefonico in Emilia-Romagna e Calabria,
non sembra che questa forza politica improvvisata, priva di alcun reale radicamento sul territorio,
possa in alcun modo risalire la china che la sta conducendo verso una rapidissima estinzione.

In questo senso proprio la débâcle rimediata in una delle più tormentate regioni meridionali,
passando da oltre il 43 per cento delle recenti Politiche all’attuale, striminzito 7 per cento, colpisce in modo particolare.

Infatti, malgrado siano 68.383 gli elettori calabresi che beneficiano del reddito di cittadinanza,
solo 39.614 hanno impresso la loro preferenza sul simbolo a 5 Stelle.


Ciò rappresenta, se ce ne fosse ancora bisogno, l’ennesima, plastica dimostrazione di una fallimento a 360 gradi.
Un fallimento politico e programmatico
, le cui radici affondano nella totale mancanza di visione
di una eterogenea compagine di ragazzotti formatisi politicamente alla scuola di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
Gente, tanto per fare un esempio, la quale ignora completamente il concetto elementare della cosiddetta traslazione d’imposta.
Tant’è che, una volta al Governo, hanno fatto fuoco e fiamme per inasprire il prelievo fiscale su banche e assicurazioni,
con il risultato di costringere queste ultime a spalmarne i costi sulla clientela, aumentando canoni e tariffe.

D’altro canto, quando si manda al potere una schiatta di somari che pensa di abbattere del 40 per cento
il nostro colossale debito pubblico tagliando qualche poltrona del palazzo, questo è il minimo che ci possa accadere.

Ora però, preso atto che la componente di gran lunga più numerosa dell’attuale maggioranza è ridotta nel Paese reale ad un mero simulacro di se stessa,
avendo perso in modo definitivo gran parte del consenso di cui godeva solo meno di due anni orsono,
si apre un problema piuttosto rilevante per i suoi alleati di Governo, a cominciare al Partito Democratico.

Anche in considerazione del fatto che questo medesimo simulacro di una forza politica che non c’è
ha continuato fino ad oggi a dettare la linea, imponendo tutta una serie di misure scellerate, a partire dall’obbrobrio del “fine processo mai”.

Lo sapremo solo vivendo.
 
Nei giorni scorsi a Davos, mentre si svolgeva il World Economic Forum, la rete televisiva CNBC ha intervistato Ray Dalio,
manager americano a capo del grande fondo di investimento Bridgewater Associates,
persona molto famosa nel settore finanziario per i suoi consigli di investimento.

E naturalmente non è mancata la domanda su come comportarsi a Wall Street con i mercati “dopati” dal denaro facile emesso dalla Federal Reserve,
la Banca Centrale americana, e come tutelare il proprio patrimonio.

È qui che Dalio, nella sua esposizione, ha pronunciato una frase che è stata riportata da tutti i media del settore: “Cash is Trash”, i contanti sono spazzatura.

Può sembrare strano, da parte di chi opera nei mercati finanziari, questo disprezzo verso il denaro di Stato,
ma il motivo è quello che abbiamo citato: la stampa di decine di milioni di dollari al giorno da parte della FED
per sostenere banche ed altri operatori finanziari in crisi. Il tutto, ovviamente, con il rischio di creare una inflazione spropositata.

Ed ecco arrivare, pochi istanti dopo, mentre Ray Dalio parlava dell’oro come bene rifugio,
la domanda del giornalista a proposito della famosa criptovalute: ma Bitcoin non è una riserva di valore?

L’intenzione è certamente provocatoria, ma secondo Dalio, che ha fatto una panoramica sul significato delle monete prima di rispondere,
non può essere né una moneta né uno strumento sul quale investire, perché il suo valore è troppo volatile.

In pratica, ha ribadito la sua già nota posizione.
Ma in questa occasione Dalio ha aggiunto qualcosa: ha ritenuto più affidabili altri assett come Libra, la criptovaluta proposta da Facebook, perché garantiti da un paniere di valute nazionali.

Ma, come fanno notare alcuni esponenti dal mondo “crypto” come lo youtuber italiano Tiziano Tridico,
se non si fida delle monete che emettono i governi tramite le proprie Banche Centrali, perché fidarsi di una moneta virtuale
il cui valore è rappresentato da quelle stesse monete?

C’è quindi il fondato sospetto che Dalio, vuoi anche per la complessità del mondo delle criptovalute,
di questo settore sappia ben poco e che abbia solo dato una sbirciatina al mercato, facendosi una opinione estremamente limitata.



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La Ferrari in borsa

Per comprendere meglio questo scivolone, immaginate di chiedere ad un vostro conoscente il suo giudizio sulla Ferrari
e questo vi risponde con una analisi del prezzo delle azioni in borsa.

Certo, le azioni sono un titolo che rappresenta la casa di Maranello, ma cosa vi dicono della potenza dei motori,
delle prestazioni delle auto, della qualità delle rifiniture, della tecnologia delle sospensioni, del cruscotto, dei consumi,
dei freni, della tenuta di strada e di tantissime altre caratteristiche? Ovviamente nulla.

Cosa vi direbbe l’analisi tecnica del prezzo settimanale delle azioni a proposito dei modelli in preparazione per il prossimo anno o dello stato di sviluppo dei nuovi motori?
Assolutamente nulla.

Infine, cosa sapreste su come si posizionano le Ferrari se confrontate con i concorrenti?
Anche in questo caso, con l’analisi borsistica, nulla.

In pratica quel vostro conoscente vi ha solo detto se e come investire o “speculare” nel titolo Ferrari. Ma era questa la domanda?

Bitcoin è altro

Chiedere ad un esperto di finanza o ad un”giocatore” di borsa un giudizio su Bitcoin o altra criptovaluta, porta generalmente a conclusioni errate.

Entrambi, in linea di massima, non se ne intendono di sviluppo software, di reti, crittografia, firme digitali, database distribuiti, blockchain
e di tutto quello su cui si basano le criptovalute; è quindi impossibile per loro trarre una conclusione.

Inoltre, manca qualunque precedente; non ci sono dati storici.
Hanno sempre misurato lunghezze usando un metro, mentre adesso devono “misurare” dei pesi:
il metro è inservibile e non possono fare nessuna misura fintanto che non si procurano una bilancia.



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Ecco quindi che se interpellate una persona d’esperienza come Ray Dalio,
questo potrà limitarsi solamente a guardare il grafico del prezzo, un andamento con tratti talvolta isterici
che lo porterà domandarvi con espressione sorpresa: “Ma cos’è questa cosa?”.

Il fatto è che sta succedendo ben altro oltre il grafico del prezzo: ad esempio, moltissime aziende informatiche stanno investendo nella tecnologia di bitcoin
e delle criptovalute per sviluppare servizi al contorno e lo fanno indipendentemente dal prezzo.

Hanno compreso la tecnologia e si rendono conto che potrà offrire cose che fino ad oggi non esistono,
oppure cose che saranno molto più sicure o efficienti di quelle che abbiamo.

Per queste aziende il prezzo quotidiano di Bitcoin non è un metro di paragone; oppure lo sarà ma in futuro, a lungo termine.

Inoltre, da non trascurare, benché le applicazioni che arriveranno con Bitcoin sono ancora in uno stato embrionale,
in questi anni si sono visti casi d’uso molto più importanti di quanto si poteva immaginare.

In Venezuela, ad esempio, le banconote statali sono finite nella spazzatura proprio come ha detto Ray Dalio,
tanto che Bitcoin è servito per procurare generi alimentari e far pervenire aiuti dall’estero, cosa che il governo venezuelano aveva impedito bloccando le frontiere.

Ma Bitcoin è una moneta decentralizzata ed essendo ovunque non c’è modo di fermarla: non ci sono frontiere che tengono, così come non le ha internet.

In un paese dove i cittadini vedono limitate le loro libertà, la sola presenza di un sistema di pagamento non censurabile come Bitcoin,
indipendentemente dal fatto che valga 10 dollari o 10.000 dollari, è un valore enorme perché permette loro di fare degli scambi.

E questo perché Bitcoin ha 8 cifre dopo la virgola (l’Euro ne ha soltanto due), quindi si può adattare ai prezzi locali con facilità.

Per chi è comodo a New York o a Londra oggi Bitcoin può non avere nessuna utilità,
ma in altre zone del mondo può già offrire soluzioni, persino ai problemi di sopravvivenza.
 
Gianluigi Paragone prende per i fondelli Di Maio, che gioisce per la “Sconfitta” in Emilia Romagna della Lega
(una sconfitta con il 32% in ER, che vuol dire un buon 35%),
ma in realtà si comporta come il “PALO DELLA BANDA DELL’ORTICA”, quello che cantava Jannacci.

Fanno il palo a tutti i poteri forti che depauperano gli italiani, come ad esempio i Gavio e gli altri concessionari autostradali che, comunque, potranno tenere le concessioni scadute!

Poi Di Maio si vanta di essere “Europeista”, e dopo ave regalato il 5G a Huawei, ai cinesi,
ora la Vestager vuole imporci di far pagare le tasse ai nostri enti porti, che sono del Ministero dei Trasporti, cioè dello stato.

Questo perchè? Per farli trasformare in società e magari farli cedere ai Cinesi, che già si sono comprati il Pireo.

Una serie di errori clamorosi di un partito ormai allo sbando, piegato a novanta gradi all’Europa ed al PD.

Quando gli altri crescono, come il Regno Unito post Brexit, confermata, mentre gli USA crescono con la Trump economics,
il Movimento Cinque Stelle, che aveva un grande programma lo ha tradito.

Bisognerebbe prendere una posizione forte contro l’Europa, il Sistema , ma i cinque stelle sono ormai altrove.

Buon ascolto.


 
Chissà come mai, quando gli articoli e gli attacchi arrivano da sinistra, non sono mai condannati. Mah......sempre leciti.

Torna il pericolo a nuove restrizioni alla libertà di stampa, alla libertà d’espressione e al diritto di cronaca.

Eppure in sede europea l’Italia continua ad avere richiami e bocciature.

Il pericolo è la nuova formulazione del disegno di legge sulla diffamazione a mezzo stampa in discussione alla Commissione giustizia del Senato.

A metà gennaio la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha ritenuto che i giornalisti Renzo Magosso e Umberto Brindani
non dovevano essere condannati per diffamazione a causa di un articolo pubblicato sul settimanale Gente nel giugno 2004
sull’omicidio del giornalista del Corriere della sera Walter Tobagi in cui si sosteneva che i Carabinieri sapevano da tempo
che l’inviato del quotidiano milanese e leader dei giornalisti lombardi era nel mirino dei terroristi.

La Corte europea dei diritti umani ha ritenuto l’Italia colpevole per la violazione del diritto alla libertà d’espressione dei due giornalisti
al quali è stato riconosciuto un risarcimento di 15mila euro ciascuno per danno morale.

Nella sentenza sono contenute numerose critiche a come il caso era stato giudicato, arrivando alla conclusione che
“la condanna dei due giornalisti è stata un’ingerenza proporzionata nel loro diritto alla libertà d’espressione e quindi non necessaria in una società democratica”.

Sproporzionata anche l’ammontare di 150mila euro di danni morali a cui erano stati condannati i due giornalisti, anche se poi la somma fu pagata dalla casa editrice del settimanale.

Non si era ancora spenta l’eco di questa vicenda che la Corte d’Appello di Palermo aveva condannato per diffamazione il giornalista Rino Giacalone di Trapani
che aveva definito “pezzo di m.” il mafioso Mariano Agate, braccio destro di Totò Riina e responsabile di numerosi atti criminali.

Una sentenza de-contestualizzata da quello che è accaduto nel territorio siciliano e che non ha tenuto conto del vasto campo di utilizzo di quell’espressione.
Sulla vicenda è intervenuto il presidente della Federazione della stampa Giuseppe Giulietti che ha osservato
“se avessero data applicazione legislativa alle indicazioni della Commissione nazionale antimafia i giornalisti sarebbe liberati dalle minacce quotidiane e dalle querele-bavaglio”.
Per la Fnsi la sentenza Giacalone è preoccupante “la richiesta del carcere è pericolosa”.
La pena detentiva per i cronisti è da abrogare come richiedono i vertici della giustizia europea.

Differente il ragionamento del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri che ha disposto l’archiviazione del procedimento per diffamazione
di due giornalisti dell’Espresso che tra giugno e luglio 2018 si erano occupati della vicenda dei 49 milioni di euro sequestrati alla Lega a seguito di una sentenza del Tribunale di Genova.
Per il giudice “le conclusioni degli articoli incriminati non si sono sostanziali in gratuiti e ingiustificati attacchi al partito
né ai singoli rappresentanti e quindi inidonei a ledere la loro reputazione”.

Il dibattito al Senato preoccupa editori e giornalisti tanto che il presidente della Fieg Andrea Riffeser Monti
e il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso hanno tenuto a Palazzo Madama una conferenza stampa congiunta per mettere in evidenza gli aspetti preoccupanti
( rettifica automatica, inasprimento delle sanzioni, interdizione e sospensione dell’esercizio della professione da parte del giudice)
che rischiano di trasformarsi in un bavaglio alla libertà di stampa., allontanando ancor più l’Italia dal resto d’Europa.
 
Non si deve dire......

Chi è Liliana Segre pensiamo sia noto al 90% degli italiani: se ne parla tutti i giorni da settimane e mesi.
Prima per le minacce on line (una fake news di Repubblica); poi per la Commissione parlamentare “contro l’odio”;
successivamente per le decine di visite a scuole, Università, istituzioni; e ancora per la scorta concessa dal Viminale;
infine per l’ondata di cittadinanze onorarie conferitele in tutta Italia…

Il marito, l’avvocato Alfredo Belli Paci, scomparso nel 2008.

Poi, qualche giorno fa, ecco lo “scivolone”. Proprio lei, che si mostra sempre così ostile all’odio e al revanscismo,
improvvisamente s’inalbera quando apprende che il Consiglio comunale di Verona
(lo stesso che poche settimane prima aveva votato la sua cittadinanza onoraria)
decide di dedicare una via a Giorgio Almirante, ex segretario del Movimento Sociale Italiano.

No, dice la Segre indignata, o lui o io: «le due scelte sono di fatto incompatibili, per storia, per etica e per logica».
Indignazione incomprensibile per chi conobbe Almirante, l’uomo della pacificazione nazionale;
ma condivisa dall’unanime coro del mainstream con tutto il consueto orpello di leggi razziali, manifesto della razza, collusione con il nazismo e quant’altro…

Evidente quindi il nostro stupore, l’altro ieri, quando – come raccontato nell’editoriale di Alessandro Nardone
giunge in redazione la richiesta di informazioni sulla presunta presenza dell’amato marito della Segre nelle liste elettorali dell’odiato nemico Almirante…
In un anno, poi, il 1979, in cui, in quella lista, ero presente anch’io, allora vice-direttore del settimanale Candido diretto da Giorgio Pisanò.

Inizia così una giornata di ricerche, di cui vi abbiamo già riferito l’esito, durante la quale abbiamo contatti anche con colleghi di altre redazioni, perché la notizia circola ormai dalla sera prima.

Noi decidiamo di “uscire” alle 18, solo dopo aver parlato con alcuni esponenti dell’allora Movimento Sociale
che ci confermano che le biografie del marito della Segre e del candidato del MSI coincidono.


Ieri, poi, escono gli altri giornali che erano “sul pezzo” con noi, ovvero La Verità e Il Giornale, che riportano anche un’intervista al figlio di Liliana Segre che conferma la circostanza.
Più tardi uscirà anche il Secolo d’Italia con la lista elettorale del 1979… Poi… Poi il silenzio.

Invano abbiamo cercato anche solo un lancio di agenzia stampa (nonostante Ansa e Agi abbiano ricevuto il nostro comunicato).
Inutilmente aspettiamo riscontro dai media nazionali.
Oggi, poi, si vota e domani si parlerà – giustamente – solo del risultato elettorale.

A meno che sia lei stessa, l’iconica Liliana, ad accettare di commentare la notizia, magari per qualche compiacente guru del giornalismo asservito;
anche su questa storia scivolerà la classica cappa di omertoso silenzio.

Perché, in realtà, la senatrice Segre dovrebbe solo ammettere, con l’onestà che le è riconosciuta, di aver sbagliato.

Poteva forse non ricordare che l’amato consorte era stato seguace di quell’uomo che lei non vuole che sia ricordato?
Poteva, forse, non sapere che la scelta di suo marito (che il figlio stesso ricorda essere stata oggetto di discussioni in famiglia) era convinta,
e dettata proprio dall’ammirazione per quell’uomo – Almirante – la cui correttezza, onestà e pulizia morale
è stata unanimemente riconosciuta anche dai più acerrimi nemici, oltre che dagli avversari politici?

Forse sono stati i troppi impegni, la stanchezza che lei stessa ha ammesso, la pressione mediatica
o l’ansia di dover essere “all’altezza” del sempre più astioso neo-antifascismo nostrano a spingerla
a commettere questo errore che è stato, prima di tutto, uno sgarbo proprio alla memoria dell’avvocato Alfredo Belli Paci:
monarchico, antifascista, anticomunista ma anche missino e… almirantiano convinto.
 

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