Le stampe giapponesi

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Bene. Allora andiamo avanti con un altro paio di capitoli della voce Ukiyo-e da Wikipedia inglese.
Traduzione affidata a Google da me revisionata.
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Stile
I primi artisti ukiyo-e portavano con sé una conoscenza sofisticata e una formazione nei principi di composizione della pittura classica cinese; gradualmente questi artisti si liberarono della palese influenza cinese per sviluppare un linguaggio autonomo giapponese. I primi artisti ukiyo-e sono stati chiamati "primitivi" nel senso che il mezzo di stampa era una nuova sfida a cui adattarono queste tecniche secolari. Molti artisti ukiyo-e ricevettero una formazione da insegnanti del Kanō e di altre scuole di pittura.
Una caratteristica distintiva della maggior parte delle stampe ukiyo-e è una linea ben definita, audace e piatta. Le prime stampe erano monocromatiche e queste linee erano l'unico elemento stampato; anche con l'avvento del colore questa linea caratteristica continuò a dominare. Nella composizione ukiyo-e le forme sono disposte in spazi piatti con le figure tipicamente su un unico piano di profondità. L'attenzione viene attirata sulle relazioni verticali e orizzontali, così come sui dettagli come linee, forme e motivi come quelli sui vestiti. Le composizioni erano spesso asimmetriche e il punto di vista era spesso da angolazioni insolite, come dall'alto. Gli elementi delle immagini venivano spesso ritagliati, conferendo alla composizione un aspetto spontaneo. Nelle stampe a colori, i contorni della maggior parte delle aree di colore sono nettamente definiti, di solito dal disegno al tratto. L'estetica delle aree piatte di colore contrasta con i colori modulati che ci si attende di solito nelle tradizioni occidentali ma anche in altre importanti tradizioni contemporanee nell'arte giapponese patrocinata dalla classe superiore, come nelle sottili pennellate monocromatiche di inchiostro della pittura a pennello zenga o nei colori tonali della scuola di pittura Kanō.
I modelli colorati, ostentati e complessi, la preoccupazione per le mode mutevoli e le pose e le composizioni tese e dinamiche in ukiyo-e sono in netto contrasto con molti concetti dell'estetica tradizionale giapponese. Importante tra questi, il wabi-sabi favorisce la semplicità, l'asimmetria e l'imperfezione, con l'evidenza del passare del tempo; e lo shibui apprezza la sottigliezza, l'umiltà e la moderazione. L’ukiyo-e può essere meno in contrasto con concetti estetici come l'eleganza vivace e urbana di iki.
L’ukiyo-e mostra un approccio insolito alla prospettiva grafica, che può apparire sottosviluppato rispetto ai dipinti europei dello stesso periodo. La prospettiva geometrica in stile occidentale era nota in Giappone, praticata soprattutto dai pittori Akita ranga degli anni Settanta del Settecento, così come i metodi cinesi per creare un senso di profondità utilizzando un'omogeneità di linee parallele. Le tecniche a volte apparivano insieme nelle opere ukiyo-e, la prospettiva geometrica che fornisce un'illusione di profondità sullo sfondo e la prospettiva cinese più espressiva in primo piano. Le tecniche furono molto probabilmente apprese all'inizio attraverso dipinti cinesi in stile occidentale piuttosto che direttamente da opere occidentali. Molto tempo dopo aver acquisito familiarità con queste tecniche, gli artisti continuavano ad armonizzarle con i metodi tradizionali secondo le loro esigenze compositive ed espressive. Altri modi per indicare la profondità includevano il metodo di composizione tripartito cinese usato nelle immagini buddiste, in cui una forma grande è posta in primo piano, una più piccola a metà piano e una ancora più piccola sullo sfondo; questo può essere visto nella Grande Onda di Hokusai, con una grande barca in primo piano, una più piccola dietro e un piccolo Monte Fuji dietro di loro.
Ci fu una tendenza sin dai primi ukiyo-e a rappresentare bellezze feminili in quella che lo storico dell'arte Midori Wakakura chiamava una "postura serpentina", che coinvolge i corpi dei soggetti che si torcono in modo innaturale mentre si guardano dietro di sé. Lo storico dell'arte Motoaki Kōno ha ipotizzato che questo avesse le sue radici nella danza tradizionale del buyō; Haruo Suwa ha ribattuto che le pose erano licenze artistiche prese da artisti ukiyo-e, facendo sì che una posa apparentemente rilassata raggiungesse estremi fisici innaturali o impossibili. Questo è rimasto il caso anche quando le tecniche di prospettiva realistica sono state applicate ad altre sezioni della composizione.

Temi e generi
I soggetti tipici erano bellezze femminili ("'bijin-ga'"), attori kabuki ("'yakusha-e'") e paesaggi. Le donne raffigurate erano molto spesso cortigiane e geishe, e promuovevano gli intrattenimenti nei distretti del piacere. Il dettaglio con cui gli artisti raffiguravano le mode e le acconciature delle cortigiane permette di datare le stampe con una certa affidabilità. Meno attenzione è stata data all'accuratezza delle caratteristiche fisiche delle donne, che seguivano le mode pittoriche del giorno: i volti stereotipati, i corpi alti e allampanati in una generazione e minuscoli in un'altra. I ritratti di celebrità erano molto richiesti, in particolare quelli dei mondi kabuki e sumo, due degli intrattenimenti più popolari dell'epoca. Anche se il paesaggio è arrivato a definire l'ukiyo-e per molti occidentali, i paesaggi sono fioriti relativamente tardi nella storia dell'ukiyo-e.
Le stampe ukiyo-e sono nate dall'illustrazione di libri: molte delle prime stampe di una sola pagina di Moronobu erano originariamente pagine di libri che aveva illustrato. I libri di illustrazioni (e-hon) erano popolari e continuarono a essere uno sbocco importante per gli artisti ukiyo-e. Nel tardo periodo, Hokusai ha prodotto i tre volumi Cento vedute del Monte Fuji e i famosi Manga in quindici volumi, quest'ultimo un compendio di oltre 4000 schizzi di un'ampia varietà di soggetti realistici e fantastici.
Le religioni tradizionali giapponesi non considerano il sesso o la pornografia una corruzione morale nel senso giudaico-cristiano, e fino a quando i cambiamenti morali dell'era Meiji non portarono alla sua soppressione, le stampe erotiche shunga erano un genere importante. Mentre il regime Tokugawa ha sottoposto il Giappone a severe leggi sulla censura, la pornografia non era prima considerata un reato importante e generalmente incontrava l'approvazione della censura. Molte di queste stampe mostravano un alto livello di abilità nel disegno, e spesso umorismo, nelle loro rappresentazioni esplicite di scene da letto, guardoni e anatomia sovradimensionata. Come per le raffigurazioni di cortigiane, queste immagini erano strettamente legate agli intrattenimenti dei quartieri del piacere. Quasi ogni maestro ukiyo-e ha prodotto anche shunga. Le testimonianze dell'accettazione dello shunga da parte della società sono in realtà assenti, e Timon Screech postula che c'erano quasi certamente alcune preoccupazioni sulla questione, e che il suo livello di accettabilità è stato esagerato dai collezionisti successivi, specialmente in Occidente.
Le scene della natura sono state una parte importante dell'arte asiatica nel corso della storia. Gli artisti hanno studiato da vicino le forme corrette e l'anatomia di piante e animali, anche se le raffigurazioni dell'anatomia umana sono rimaste più fantasiose fino ai tempi moderni. Le stampe ukiyo-e che hanno per soggetto la natura sono chiamate kachō-e, che si traduce come "immagini di fiori e uccelli", sebbene il genere fosse aperto a più di semplici fiori o uccelli, e i fiori e gli uccelli non apparissero necessariamente insieme. Le stampe naturali dettagliate e precise di Hokusai sono accreditate per aver stabilito il kachō-e come genere.
Le riforme Tenpō del 1840 soppressero la raffigurazione di attori e cortigiane. A parte i paesaggi e il kachō-e, gli artisti si rvolsero allora a raffigurazioni di scene storiche, come antichi guerrieri o scene di leggenda, letteratura e religione. Il Racconto di Genji dell'XI secolo e il Racconto dell'Heike del XIII secolo sono stati fonti di ispirazione artistica in tutta la storia giapponese, anche nell'ukiyo-e. Famosi guerrieri e samurai come Miyamoto Musashi (1584–1645) erano soggetti frequenti, così come le raffigurazioni di mostri, il soprannaturale e gli eroi della mitologia giapponese e cinese.
Dal XVII al XIX secolo il Giappone si è isolato dal resto del mondo. Il commercio, principalmente con gli olandesi e i cinesi, era limitato all'isola di Dejima vicino a Nagasaki. A metà del XIX secolo, Yokohama divenne il principale insediamento straniero: dopo il 1859, da lì si diffuse in Giappone la conoscenza dell’Occidente. Soprattutto tra il 1858 e il 1862 le stampe Yokohama-e documentarono, con vari livelli di realtà e fantasia, la crescente comunità di abitanti del mondo con cui i giapponesi stavano entrando in contatto; trittici di scene di occidentali e la loro tecnologia (cannocchiali e binocoli, armi da fuoco) erano particolarmente popolari.
 
Piccolo apporto a questo bellissimo thread sulle incisioni giapponesi:


p.s. - forse l'autore non si è accorto quanto l'irezumi sia diffuso in occidente, specie tra i giovani che non conoscono gli antichi riferimenti alla yazuka.:)
 
Piccolo apporto a questo bellissimo thread sulle incisioni giapponesi:


p.s. - forse l'autore non si è accorto quanto l'irezumi sia diffuso in occidente, specie tra i giovani che non conoscono gli antichi riferimenti alla yazuka.:)
Conosco quelle pubblicazioni.
Qui sotto, non per sfoggio di chissà che ma per far vedere quanto mi interessa l'argomento, le foto delle copertine di tutti i libri di cui dispongo sulle stampe giapponesi, comprati a partire dalla metà degli anni '90 (Japanese Prints della Taschen) fino ai più recenti dei quali si parla nell'articolo da te citato.

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Inizio di primavera. Freddo, ma non pungente. La scena si svolge nei dintorni della baia di Suruga, sulla costa meridionale di Honshu, la principale isola del Giappone. L’anno è il 1830 o giù di lì, verso la fine dello shogunato Tokugawa. Il vento soffia impetuoso da nordovest e l’aria è impregnata di salinità, sembra di avvertire. “Ejiri, nella provincia di Suruga” è la decima stampa del famoso ciclo “Trentasei vedute del monte Fuji” di Katsushika Hokusai. Al giorno d’oggi Hokusai, in Occidente ma anche in Asia, si trova all’apice della considerazione per quanto riguarda l’arte giapponese, ma se aveste detto a qualcuno a Edo alla metà del XIX secolo che sarebbe diventato l’artista giapponese più conosciuto al mondo, non vi avrebbe mai creduto. Xilografie come questa – chiamate Ukiyo-e, vale a dire “pitture del mondo fluttuante” – erano stampate in migliaia di copie da una pletora di editori, ed erano considerate volgari e commerciali. Com’è che un artista che produceva stampe come questa con un mercato di massa ha finito per incarnare la cultura di un’intera nazione?

Cominciamo dalla strada. Una lunga serpentina si snoda attraverso un terreno acquitrinoso, lungo la strada che connetteva Kyoto a Edo (Tokyo al giorno d’oggi). Non è un bel paesaggio, questo, ma un posto qualsiasi, indistinto. Le erbe che costeggiano l’acquitrino ondeggiano perlopiù gentilmente, ma il vento impetuoso piega gli alberi e soffia via le foglioline dai rami. Più che dal paesaggio, la forza del vento si può dedurre osservando i corpi dei viaggiatori. Quello più a destra, piegato, è costretto a tenersi il cappello con entrambe le mani. Piegati controvento procedono pure, un passo dopo l’altro, i due viaggiatori al centro della composizione sullo sfondo. I due in primo piano denotano di appartenere a classi sociali diverse: quello dietro, che tiene fermo il cappello con una mano, è un gentiluomo. Davanti a lui cammina il suo portatore, il cui cappello è volato via da quella specie di cuscino circolare che si nota sulla sua testa. La figura che attrae forse più l’attenzione è quella della viaggiatrice sulla sinistra: il suo kimono blu a righe ha finito per avvolgerle la faccia. Un fascio di carte che portava se ne vola via nell’aria. Gente qualsiasi. Piccoli incidenti di viaggio. Agli alberi non importa nulla di tutto ciò. Nemmeno alla palude, né alla montagna sullo sfondo, l’imponente Fuji. La montagna si staglia contro un cielo quasi del tutto vuoto. In contrasto con l’attività che si dispiega lungo la strada, il Fuji è reso con nient’altro che un singolo tratto calligrafico: su, destra, giù!
(continua)
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© Jason Farago, The New York Times
traduzione e adattamento miei
 
Vedi l'allegato 580869

Inizio di primavera. Freddo, ma non pungente. La scena si svolge nei dintorni della baia di Suruga, sulla costa meridionale di Honshu, la principale isola del Giappone. L’anno è il 1830 o giù di lì, verso la fine dello shogunato Tokugawa. Il vento soffia impetuoso da nordovest e l’aria è impregnata di salinità, sembra di avvertire. “Ejiri, nella provincia di Suruga” è la decima stampa del famoso ciclo “Trentasei vedute del monte Fuji” di Katsushika Hokusai. Al giorno d’oggi Hokusai, in Occidente ma anche in Asia, si trova all’apice della considerazione per quanto riguarda l’arte giapponese, ma se aveste detto a qualcuno a Edo alla metà del XIX secolo che sarebbe diventato l’artista giapponese più conosciuto al mondo, non vi avrebbe mai creduto. Xilografie come questa – chiamate Ukiyo-e, vale a dire “pitture del mondo fluttuante” – erano stampate in migliaia di copie da una pletora di editori, ed erano considerate volgari e commerciali. Com’è che un artista che produceva stampe come questa con un mercato di massa ha finito per incarnare la cultura di un’intera nazione?

Cominciamo dalla strada. Una lunga serpentina si snoda attraverso un terreno acquitrinoso, lungo la strada che connetteva Kyoto a Edo (Tokyo al giorno d’oggi). Non è un bel paesaggio, questo, ma un posto qualsiasi, indistinto. Le erbe che costeggiano l’acquitrino ondeggiano perlopiù gentilmente, ma il vento impetuoso piega gli alberi e soffia via le foglioline dai rami. Più che dal paesaggio, la forza del vento si può dedurre osservando i corpi dei viaggiatori. Quello più a destra, piegato, è costretto a tenersi il cappello con entrambe le mani. Piegati controvento procedono pure, un passo dopo l’altro, i due viaggiatori al centro della composizione sullo sfondo. I due in primo piano denotano di appartenere a classi sociali diverse: quello dietro, che tiene fermo il cappello con una mano, è un gentiluomo. Davanti a lui cammina il suo portatore, il cui cappello è volato via da quella specie di cuscino circolare che si nota sulla sua testa. La figura che attrae forse più l’attenzione è quella della viaggiatrice sulla sinistra: il suo kimono blu a righe ha finito per avvolgerle la faccia. Un fascio di carte che portava se ne vola via nell’aria. Gente qualsiasi. Piccoli incidenti di viaggio. Agli alberi non importa nulla di tutto ciò. Nemmeno alla palude, né alla montagna sullo sfondo, l’imponente Fuji. La montagna si staglia contro un cielo quasi del tutto vuoto. In contrasto con l’attività che si dispiega lungo la strada, il Fuji è reso con nient’altro che un singolo tratto calligrafico: su, destra, giù!
(continua)
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© Jason Farago, The New York Times
traduzione e adattamento miei
Bello, il racconto, molto bello. Aiuta a vedere, cosa che pochi critici sanno fare. Un italiano, devo dirlo, avrebbe speso il quadruplo di parole senza farci capire nulla, se non che lui è uno che sa, che è importante ecc. Per carità, lo fanno anche moltissimi stranieri (Francia, USA ecc). Questo Farago (sembra sia giovane) almeno qui no.
 
Bello, il racconto, molto bello. Aiuta a vedere, cosa che pochi critici sanno fare. Un italiano, devo dirlo, avrebbe speso il quadruplo di parole senza farci capire nulla, se non che lui è uno che sa, che è importante ecc. Per carità, lo fanno anche moltissimi stranieri (Francia, USA ecc). Questo Farago (sembra sia giovane) almeno qui no.
Ecco l'originale:


Spero lo vediate (io al NYT mi sono abbonato, ma questo link lo si trova semplicemente digitando "Jason Farago" su Google.
Poveri giornali italiani, al confronto....

Questo non ha niente a che vedere con le stampe giapponesi, ma sono sicuro piacerà a @RedArrow :

 
(continua)
L’augusto monte appare in tutte le “Trentasei vedute”, ma solo raramente Hokusai lo pone di fronte e al centro della composizione. Il Fuji può essere un cono ricoperto di neve, attrazione turistica per i visitatori di un tempio…

Cattura di schermata (41813).png


una sporgenza aguzza sullo sfondo di un cantiere edile…

Cattura di schermata (41814).png


o una specie di collinetta che sembra sul punto di essere spazzata via dallo tsunami....

Cattura di schermata (41815).png


Il Fuji è così modesto, in questa che è la più famosa delle “Trentasei vedute”, che c’è chi lo confonde con la schiuma delle onde. Il piccolo Fuji, al di là delle onde, sta nel punto di fuga della composizione: non per niente Hokusai fu tra i primi artisti giapponesi a impiegare la tecnica occidentale della prospettiva. L’impiego della prospettiva si nota anche nella nostra composizione, ad esempio nella differenza di proporzioni tra i personaggi in primo piano e quelli sullo sfondo, o nella brusca inclinazione del paesaggio. Si ritiene Hokusai abbia appreso la tecnica della prospettiva grazie alle stampe olandesi che circolavano in Edo.
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(continua)
© Jason Farago - The New York Times
(traduzione e adattamento miei)
 

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