Seduta n. 601 del 14/3/2005
Circa un mese fa è stata approvata (anche se con una modifica pesante) la mozione Lettieri n. 1-00320. Tale mozione richiede un incontro internazionale per un ritorno al modello Bretton Woods (1944), cito Lettieri: "L'economista e politico americano Lyndon LaRouche ha da tempo analizzato i perché della crisi sistemica e si è fatto promotore di una riorganizzazione dell'intero sistema monetario e finanziario internazionale attraverso una Nuova Bretton Woods". Occorre muoversi perciò per una riunione operativa del G8, a cui invitare anche altre nazioni, per discutere una base di regole per un nuovo sistema monetario e finanziario che prevenga un crac finanziario e rilanci l'economia reale”
Al di la della posizione politica, per la forte presa di posizione incollo il testo dell’intervento dell’on. Dalle Vedove:
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delmastro delle Vedove. Ne ha facoltà.
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema di cui oggi discutiamo in uno sconfortante clima di disinteresse è, a mio parere, in assoluto, il più importante tra gli argomenti messi in discussione alla Camera dei deputati dall'inizio della XIV legislatura.
Si tratta di tentare, insieme, di disegnare - o ridisegnare, atteso che nel 1944 qualcuno vi era riuscito - un nuovo assetto finanziario, economico e monetario che possa garantire al nostro pianeta, divenuto improvvisamente troppo piccolo per non subire i contraccolpi di un'economia mondiale i cui addendi sono del tutto interdipendenti l'uno dall'altro, disastri epocali e non controllabili.
Come dimostra il caso paradigmatico della crisi argentina, il default di ogni Stato si ripercuote ormai con violenza su molti altri Stati, creando disastri, miserie, povertà per ora parzialmente controllabili ma certamente non affrontabili, per dimensioni ed intensità, nel prossimo futuro se qualcuno o qualcosa non intervengono a modificare il modello di sviluppo.
Il tema, dunque, è così radicale da costringermi ad intervenire a titolo personale, senza coinvolgere il mio partito di appartenenza, Alleanza nazionale, che su questi delicati e difficili argomenti potrebbe avere idee ed opinioni legittimamente diverse dalle mie.
Si tratta di prendere atto, senza ricorrere a schemi ideologici ormai vetusti e superati, che il mito secondo il quale il libero mercato aveva elaborato ed esprimeva regole di autoregolamentazione capaci di creare un sistema equo e solidale, oltre che giustamente remunerativo dei capitali circolanti ed investiti, è miseramente crollato, soprattutto in quest'ultimo decennio, mostrando, invece, il volto vero della speculazione selvaggia e della finanziarizzazione dell'economia creata per la ricchezza immensa di pochi e per la povertà spaventosa di molti.
Abbiamo consentito a poche centinaia di uomini di governare i processi economici e finanziari del pianeta immaginando che essi creassero un sistema affidabile; dopo avere meditato sulla circostanza che queste poche centinaia di persone non erano elette da alcuno e che dunque si ponevano assolutamente al di fuori di ogni processo democratico e, conseguentemente, al di fuori di ogni possibilità di controllo, ci siamo resi conto che, al contrario, essi hanno elevato a sistema la speculazione, creando un'enorme ricchezza virtuale del tutto inesistente. Una ricchezza destinata a divenire vera soltanto per i pochi frequentatori dei «salotti buoni» del Fondo monetario internazionale e delle Banche centrali e destinata, invece, a trasformarsi in povertà per milioni di imprese, di risparmiatori e di lavoratori. La vicenda dei Tango Bond argentini ne è la riprova matematica ed emblematica; di qui, la necessità, assolutamente ineludibile, di creare un nuovo ordine finanziario e monetario mondiale o, come suggestivamente si usa dire sempre più frequentemente, una nuova Bretton Woods, per richiamare alla memoria un accordo che, nel dopoguerra, espresse un sistema equilibrato, caratterizzato da regole precise e responsabili.
Oggi, la situazione economico-finanziaria mondiale è sull'orlo del collasso e, a differenza di quanto solitamente si pensi, vede gli Stati Uniti d'America alle prese con una realtà molto seria e preoccupante, al di là della retorica presidenzialistica, sia essa espressa da Presidenti democratici o repubblicani. La verità, infatti, è che gli Stati Uniti d'America debbono fare i conti con un deficit commerciale e fiscale letteralmente spaventoso e che, conseguentemente, essi non hanno più il potere che il mondo invece ritiene che essi continuino ad esercitare sul sistema monetario e finanziario.
Mancando regole, mancando un sistema ordinato, mancando prospettive di ampio respiro collegate a programmi di economia reale, e non virtuale, era inevitabile che il sistema finisse tra le mani non propriamente solidali della speculazione; speculazione che si inventa la ricchezza dal nulla e produce ricchezza che in realtà continua ad essere il nulla, salvo che per pochi iniziati, tutti appartenenti alla setta satanica mondiale costituita dall'accordo osceno tra il sistema bancario, il Fondo monetario internazionale e le banche centrali.
Insomma, le forze che alcuni lustri or sono il grande poeta dei Cantos, Ezra Pound, qualificava come «usurocrazia mondiale»; ecco, dunque, che, in difetto di una solida economia reale, inevitabilmente si fa spazio all'economia truffaldina e delittuosa dei prodotti finanziari.
Sotto la spinta dei tassi di interesse ridotti al minimo, gli asset bancari hanno recentemente dimostrato un aumento dell'appetito di rischio che ha prodotto una insensata e perniciosa corsa alla leva finanziaria sia per quanto riguarda i prestiti contratti sia per quanto riguarda l'impiego dei nuovi strumenti finanziari.
La triste vicenda di LTCM del 1998, che vide anche la presenza, pur se marginale, di un finanziere italiano vezzeggiato ad altissimo livello politico, sembra non aver insegnato nulla; neppure che il sistema bancario internazionale può essere messo a rischio dall'avventatezza di un solo hedge fund, la nuova figura che, secondo l'autorevolissimo Financial Times del 16 febbraio 2005, costituisce «(...) il crac a base di cocaina del sistema finanziario globale (...)», e che, assieme ai prodotti derivati (84 mila miliardi di dollari solo dalle banche degli Stati Uniti d'America, secondo le ultime stime dell'Office of the comptroller of the currency USA), rischia di creare un mortale cortocircuito nell'economia mondiale.
Vi è un'economia virtuale impazzita, la quale, essendosi sviluppata sulla truffa e sul nulla, non può fermarsi, ma, come in una spirale perversa, possibile proprio perché mancano regole precise, deve necessariamente sostenersi producendo altra ricchezza virtuale, sino a che il classico bambino della favola non dirà, con fanciullesca sincerità, che il re è nudo, provocando, quindi, un disastro rispetto al quale il ricordo del 1929 è destinato ad essere considerato addirittura risibile.
Di qui, la necessità e l'urgenza di istituire un nuovo ordine mondiale, il quale, preservando la libertà di impresa e libertà nell'economia, garantisca regole ferree per prevenire la speculazione, figlia legittima, ma al tempo stesso «bastarda», della finanziarizzazione dell'economia, e ritorni alla promozione dell'economia reale e produttiva. Mi riferisco, per intenderci, a quell'economia che produce ricchezza vera e solida e che crea posti di lavoro.
Ecco perché le riflessioni che oggi stiamo svolgendo sono meritevoli della massima pubblicità mediatica. Infatti, anche chi ha la sensibilità che oggi dimostriamo, prova la sgradevole sensazione di trovarsi sulla tolda del Titanic; con la sgradevole sensazione, a differenza dell'incosciente e garrula tranquillità di coloro che ballano al suono dell'orchestrina, di essere consapevoli che l'iceberg è terribilmente vicino, se la nave non muta rotta con decisione e senza indugi di sorta.
Occorre anche, signor Presidente e onorevoli colleghi, che le istituzioni ed i mass media partecipino con spirito di verità all'informazione della pubblica opinione; su questo punto, invece, si registra un assordante e vigliacco silenzio, come dimostra la vicenda del default argentino. Siamo testimoni oculari, infatti, del compiacente silenzio degli organi di stampa e delle massime autorità politiche sulle vere responsabilità del disastro sudamericano, attribuibili in via esclusiva ed in forma concorrente al Fondo monetario internazionale ed al sistema bancario internazionale e nazionale.
Come utile diversivo, i media ed i Governi hanno sposato la tesi semplicistica che vuole scatenare una terribile ed insensata guerra tra poveri: da una parte i risparmiatori e dall'altra il Governo argentino. Si tratta di un falso problema, che nasconde le vere responsabilità.
Come ignorare, infatti, le responsabilità del Fondo monetario internazionale, creditore letteralmente usurario che, a differenza dei 450 mila risparmiatori italiani, continua a farsi pagare capitale ed interessi dall'Argentina, in barba al principio - per usare una terminologia del nostro ordinamento giuridico, in materia fallimentare - della par condicio creditorum? Il Fondo monetario internazionale, come ha più volte ricordato il Presidente della Repubblica argentina, Nestor Kirchner, quando tutto concorreva chiaramente ad indicare che il paese sudamericano non poteva pagare, offriva prestiti che servivano soltanto ad aumentare il problema dell'indebitamento, senza impedire l'implosione che in effetti si è verificata.
È il comportamento classico, che si rinviene in ogni indagine penale relativa all'usura, che subisce il debitore in stato di bisogno ad opera della persona senza scrupoli che ha lucidamente deciso di spremerne tutte le risorse, per poi lasciarlo al suo triste destino. Non a caso, infatti, Nestor Kirchner, il 27 febbraio 2004 ha incontrato a Caracas il Presidente del Brasile, Lula Da Silva, per assumere o tentare di assumere una posizione unica da parte dell'intero continente sudamericano, al fine di contrastare efficacemente le pretese del Fondo monetario internazionale.
Anche nei confronti del sistema bancario internazionale e nazionale, tuttavia, vi è un assordante e scandaloso silenzio. Il piccolo risparmiatore italiano (dunque, non l'investitore professionale) sino a poco tempo fa non sapeva neppure che cosa fossero i bond. Le banche, improvvisamente, hanno dato loro il prezioso consiglio di non perdere l'occasione e di indirizzare il proprio investimento nei bond argentini. La rendita era elevata e - dicevano i funzionari delle banche -, non era immaginabile alcun rischio, perché erano come i nostri BOT: si sarebbe dovuto immaginare il fallimento dell'Argentina, ipotesi assurda.
PRESIDENTE. Onorevole Delmastro Delle Vedove, concluda!
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Ebbene, l'ipotesi si è verificata: eppure, malgrado tale responsabilità eclatante, nessuno spiega ai risparmiatori quel che si deve fare.
Molti tribunali italiani hanno già condannato le banche a risarcire i piccoli risparmiatori per la violazione colposa dei doveri informativi che incombono sui collocatori dei prodotti finanziari. Eppure, alcuni giorni or sono, il ministro dell'economia e finanze del Governo italiano, su richiesta della Consob, ha comminato sanzioni a dieci istituti di credito italiani, proprio per le modalità vergognose di collocamento di bond argentini e non. Tutto inutile! È stato deciso, «colà dove si puote», che il ruolo del «cattivo» deve essere assegnato in via esclusiva al Governo argentino, che deve decidere se aumentare le percentuali di restituzione offerte ai risparmiatori, affamando oltre la metà dei propri cittadini, o se, invece, accettare tale ruolo odioso, peraltro dovendo continuare a pagare vergognosamente capitale ed interessi all'usuraio.
Ecco, onorevoli colleghi, cosa vuol dire tollerare un mondo in cui i processi finanziari, monetari e, quindi, economici si sviluppano senza regole! Ecco, onorevoli colleghi, esposta la posizione di un deputato del centrodestra che crede fermamente alla libertà di impresa e di mercato e che, tuttavia, non intende ignorare la necessità di nuove regole di controllo. Si accontentino gli speculatori, che hanno già «fatto il pieno», rubando dalle tasche dei risparmiatori e dei lavoratori. Sono già fortunati, per il fatto che la società nazionale, al limite del collasso morale, non li schiaffa nelle patrie galere. Ora, ragioniamo insieme: è tempo di costruire un'economia più giusta, più solida, più equa e più solidale. Proviamoci. Ne vale la pena, per noi e per i nostri figli (Applausi di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!