l'inferno fiscale in Italia

dopo aver sperimentato lo spesometro e il redditometro
ora

Entrate: arriva il risparmiometro, controlli a tappeto sui conti correnti

Alessandra Caparello


ROMA (WSI) – Dopo il redditometro arriva il risparmiometro. L’Agenzia delle Entrate aggiunge al suo arsenale di strumenti per la lotta all’evasione fiscale uno nuovo che si abbatterà sui risparmi degli italiani detenuti sui conti correnti.

Il risparmiometro è un nuovo algoritmo studiato dall’Agenzia guidata da Ernesto Maria Ruffini per verificare se la quantità di denaro conservata in banca è congrua rispetto alla dichiarazione dei redditi. Come funzionerà il risparmiatore prova a spiegarlo il sito Laleggepertutti.it.


“Innanzitutto calcola la giacenza presente sul conto corrente, dato che ottiene grazie alle informazioni che le banche sono tenute a fornire in tempo reale all’Anagrafe dei rapporti tributari. Poi compara questo dato con il reddito dichiarato dal contribuente. In base al tenore di vita del contribuente e alla fascia di reddito in cui questo si inserisce, valuta l’entità di spesa che una famiglia media dello stesso livello può sostenere; la differenza costituisce il potenziale risparmio familiare. Ebbene, se il risparmio effettivo è superiore a quello potenziale stimato, allora scatta l’anomalia”.

Ovviamente come il redditometro, anche con il risparmiometro il cittadino potrà difendersi grazie al contraddittorio dinanzi agli ispettori del Fisco a cui potrà presentare prove della sua innocenza fiscale. A cadere nelle trame del risparmiometro tutte le persone fisiche, intestatari di rapporti finanziari in euro e unicamente a loro riconducibili, con codice fiscale presente e valido nella banca dati dell’anagrafe tributaria.

A finire nell’algoritmo del risparmiometro conto corrente, conto deposito titoli e/o obbligazioni, conto a deposito a risparmio libero vincolato, rapporto fiduciario, gestione collettiva del risparmio, gestione patrimoniale, certificati di deposito e buoni fruttiferi, conto terzi individuale e globale fino alle carte di credito, prodotti finanziari emessi dalle assicurazioni, acquisto e vendita di oro e metalli preziosi.
 
Partita iva, costi in aumento ulteriore e aumento tasse nascoste per tutti italiani
Nel 2017 i costi per le partite iva sono aumentate e probabilmente tenderanno ad aumentare ancora di più. Dall'altra parte aumentano le tasse per tutti italiani anche dipendenti e tutti gli altri
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Partite Iva, nel 2017 costi in ulteriore aumento: 514 euro in più



Aumentano i costi per la gestione delle partita iva nel 2017, e dagli studi fatti probailmente aumenteranno anche nel 2018. ma nonostante questo c'è stato un aumento del numero di partite iva aperte a circa 8 mila. Dall'altra parte le tasse crescono per tutti anche in modo poco visibile

Partita Iva e maggiori oneri e costi


Quello da poco trascorso non è stato affatto un anno positivo per le partite Iva, alle prese con costi di gestione sempre più elevati. A dare una base scientifica alle percezioni di professionisti e lavoratori autonomi è stata la Fondazione nazionale dei commercialisti, secondo cui l'aumento medio dei costi nel mondo delle partite Iva è stato pari a 514 euro.

Su base annua significa che i costi sono passati da 9.577 euro a 10.091 euro. Nel computo totale, a nulla sarebbe servito il blocco dell'onere contributivo riguardante la gestione separata, se non lo scongiuramento di un ulteriore rialzo.




Il sodalizio fa notare come a incidere non solo solo imposte, tasse e contributi, ma anche la lunga e cangiante liste di oneri fiscali tra comunicazione delle fatture emesse e ricevute, fatturazione elettronica obbligatoria nei rapporti con la pubblica amministrazione, reverse charge, split payment, trasmissione periodica delle liquidazioni Iva

Tasse nascoste nuove o poco citate



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Per le rendite, da quest'anno, dunque, si applicherà l’imposta sostitutiva del 26%. Questo significa che scomparirà la differenza tra partecipazioni qualificate e non con probabili ricadute positive per coloro che passeranno all’incasso di dividendi in quella particolare fascia di reddito che supera oltre i settantacinque mila euro. Rischiano, invece, di essere notevolmente penalizzati i contribuenti che incasseranno dividendi e che si troveranno negli scaglioni di reddito più bassi. Lo stesso accadrà per le plusvalenze relative a partecipazioni qualificate. Uno dei lati positivi che sembra aver convinto i risparmiatori risiede nel fatto che, dopo l’entrata in vigore di questo provvedimento, non esisterà più nessuna differenza tra plusvalenze e le minusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate con le minusvalenze e plusvalenze non qualificate.


Provvedimenti ovviamente che nell’ottica di chi li ha proposti dovrebbero consentire un introito positivo che per il 2018 è stato stimato pari a circa 253 milioni circa. Cifra che scenderà a dieci milioni nel 2019 prima che il saldo tra tassazione a Irpef e la nuova imposta sostitutiva assuma il segno negativo per una cifra che dovrebbe superare gli undici milioni di euro. Questo succederà dal dal 2020 in poi.

Per gli strumenti finanziari partecipativi e per i contratti di associazione in partecipazione si fa riferimento al rapporto fra apporto e patrimonio netto dell’emittente o dell’associante. Le novità avranno ripercussioni concrete anche per quel che riguarda l’impatto delle plusvalenze e delle minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni, oppure altri strumenti finanziari. Le conseguenze di questi nuovi provvedimenti interesseranno sia le persone fisiche residenti, non residenti, le società semplici e gli enti non commerciali residenti in Italia.

E ulteriore tassa occulta da 10 miliardi
C'era una volta un tempo in cui i soldi, se c'erano, venivano lasciati sotto al materasso. Lontani dagli sguardi delle banche, sempre un po' troppo ballerine quando si tratta di gestire i risparmi degli italiani. Basta vedere cosa succede oggi: al di là degli istituti di credito falliti o quelli nell'occhio del ciclone per qualche operazione spericolata di troppo (sempre con i soldi degli italiani), gli interessi sono garantiti sono intorno allo zero, se non di segno negativo. Ebbene, succede che ancora oggi, la tendenza a custodire i soldi anziché depositarli è dura a morire. Le stime più recenti riferiscono che gli italiani tengano in contanti o sul conto corrente il 31% dei risparmi, circa 1.329 miliardi di euro. E che, particolare di primissimo piano, nel solo anno appena trascorso hanno pagato una tassa occulta di oltre 10 miliardi di euro in termini di perdita di potere d'acquisto.





Sul risparmio degli italiani pesa allora una tassa occulta da oltre 10 miliardi di euro. A pesare è l'effetto inflazione su 1.329 miliardi di euro bloccati sui conti correnti o lasciati liquidi. Vista anche da un'altra angolazione, risulta non efficiente la gestione del 31% delle risorse. Insomma, cautela ed effetto inflazione creano un mix deleterio all'insaputa degli stessi risparmiatori. E c'è anche un altro aspetto da non sottovalutare: la perdita della voglia di investire. Anche in questo caso è possibile fare riferimento ad alcuni numeri ben precisi che rendono l'idea di cosa sta accadendo in Italia, ben oltre le facili e fallaci supposizioni. Sono stati investiti direttamente 55 miliardi di euro in titoli italiani e 69 miliardi di euro in quelli esteri. Tanto o poco? Rappresentano il 3% della ricchezza.


Non solo si registra la perdita del treno delle Borse, ma anche la fuga dal mercato obbligazionario con la riduzione dell'esposizione in bond: dai 410 miliardi di euro investiti a fine 2015, oggi si è scesi a 334,5 miliardi di euro. Non c'è dubbio che gli stessi istituti di credito abbiano messo il loro zampino nella creazione di questo trend, ma si tratta della fotografia più aggiornata della situazione nazionale dalla quale non si può prescindere in sede di analisi e contromisure. A conti fatti, il risparmio nazionale è un tesoro distribuito male ma comunque pari a 4.228 miliardi di euro al netto degli immobili. La situazione è di fatto congelata perché, come spiegano gli esperti, i dati mostrano che le disponibilità finanziarie delle aziende e delle famiglie italiane sono bloccate. Significa che se i cittadini accumulano per timore di nuove tasse, le imprese non investono perché non hanno fiducia nel futuro.



La fotografia del risparmio italiano e delle consistenze parla chiaro:

  1. Riserve assicurative e garanzie standard 986,1 miliardi di euro
  2. Azioni e altre partecipazioni 963,3 miliardi di euro
  3. Biglietti, monete e depositi a vista 873,3 miliardi di euro
  4. Quote di fondi comuni 494,1 miliardi di euro
  5. Altri depositi 456,5 miliardi di euro
  6. Titoli a medio lungo termine 334,5 miliardi di euro
  7. Altri conti attivi e passivi 102,5 miliardi di euro
  8. Prestiti a breve termine 14,3 miliardi di euro
  9. Titoli a breve termine 3,4 miliardi di euro
  10. Derivati e stock option di dipendenti 0,8 miliardi di euro
  11. Prestiti a medio lungo termine 0
 
quando uno Stato fa rima con BASTARstato

Assegni pagati senza clausola di "non trasferibilità", le maxi-sanzioni fanno arrabbiare i consumatori


Dal luglio scorso le multe delle norme anti-riciclaggio si sono inasprite. Per chiudere i contenziosi anche relativi a importi minimi, ora servono 6mila euro. L'Abi prova a correre ai ripari con una campagna di informazione

di RAFFAELE RICCIARDI

MILANO - Gian Luigi ha pagato 4mila euro per il funerale del nonno, mancato la scorsa estate, staccando un assegno alle pompe funebri di Senigallia. Alice ha girato al padre un assegno da poco più di 2mila euro per acquistare la sua macchina usata. Altri lettori, come loro, ci hanno segnalato la loro storia. Nessun problema di copertura dei fondi, nessuna lamentela da parte di chi doveva incassare il titolo di pagamento: i soldi sono stati trasferiti regolarmente. Eppure, a qualche mese di distanza, è arrivata un'amara sorpresa: una notifica da parte della Ragioneria territoriale del Ministero dell'Economia, Nucleo antiriciclaggio, che annunciava una sanzione tra i 3mila e i 50mila euro. Con una possibilità di chiudere subito la partita, attraverso la cosiddetta "oblazione": pagare nel giro di 60 giorni 6mila euro, più 5 euro per il costo del versamento, e metterci una pietra sopra.

Sorpresa e amarezza, se non rabbia, da parte dei lettori/consumatori che ci hanno segnalato queste vicende. Per quale ragione quella sanzione, se non ci sono problemi di copertura degli assegni? Per un vizio formale, che è diventato sostanziale per il loro portafoglio. Gian Luigi e Alice, come altri consumatori il cui numero è difficile da precisare, hanno utilizzato assegni che non riportavano la dicitura "non trasferibile". Sembra una dimenticanza banale, ma per la legge antiriciclaggio del 2007 ciò li mette fuori regola. Per la norma, infatti, gli assegni di 1.000 euro o più (limite abbassato nel 2011, in origine era 12.500 euro) devono essere "non trasferibili".

Il problema è che le sanzioni legate a questa colpevolezza sono cambiate, con il decreto legislativo 90 dello scorso anno che è entrato in vigore dal 4 luglio del 2017. I cui effetti si stanno vedendo in queste settimane. Se prima la multa prevista era compresa tra l'1 e il 40% dell'importo pagato con l'assegno, dopo la modifica è stato fissato un prezzo che può variare tra 3mila e 50mila euro. Considerando che il diritto all'oblazione consente di pagare due volte il minimo della sanzione prevista, si è passato in un colpo solo dal 2% del valore dell'assegno a 6mila euro fissi. Nel caso di Gian Luigi, se prima se la sarebbe cavata con un versamento di 80 euro, ora per risolvere immediatamente il contezioso gli viene presentato un conto rincarato del 7.400%. E pure maggiore rispetto all'importo del suo assegno. Come non bastasse, una simile contestazione arriva anche a chi quel titolo l'ha incassato, nel suo caso il titolare delle pompe funebri. Chi riceve le sanzioni può optare per dimostrare le proprie ragioni al Tesoro, inviando una propria "memoria", per spiegare che non si tratta di riciclaggio ma pura dimenticanza. Nel migliore dei casi, riuscirà a ottenere il minimo della sanzione (3mila euro), con lo sconto di un terzo: pagherà 2mila euro. Comunque - per piccoli importi - molto più che in passato.I consumatori e le associazioni sono saliti sulle barricate per questa vicenda, raccontata in alcuni programmi specializzati: si è alzato il velo sul corto-circuito. E' sorta anche una pagina Facebook per raccogliere questi casi. Difficile stabilirne la portata, in assenza di dati sul numero di libretti senza clausola in circolazione, di cui Bankitalia e Associazione bancaria ci dicono non disporre. E' legittimo pensare che il rischio lo corrano quelli che hanno in casa assegni vecchi di una decina d'anni, antecedenti alla legge del 2007, dopo la quale le banche emettono libretti con la clausola "non trasferibile" pre-stampata (salvo diversa richiesta dei titolari). Tra i clienti c'è il rammarico per questa beffa, e in alcuni casi anche il risentimento verso gli operatori degli sportelli che non li hanno avvertiti di questa mancanza, mentre poi - come da obbligo di legge - dalle banche sono partite le segnalazioni delle anomalie al Tesoro, facendo scattare le multe. Dito puntato anche verso la tardiva e scarsa pubblicizzazione delle novità.

Per ovviare alla quale, con un timing che ha fatto arrabbiare coloro che sono incappati nelle maglie dell'antiriciclaggio, l'Abi si è mossa. Qualche settimana fa ha diffuso un decalogo, ora arricchito, su come usare correttamente gli assegni. Lo riportiamo di seguito. Nel frattempo, a molti consumatori non resta che il conto da saldare e l'amarezza.

Le 10 cose da sapere e a cui fare attenzione per non sbagliarsi:

1. è vietato il trasferimento tra privati, senza avvalersi dei soggetti autorizzati (ad esempio banche), di denaro contante e di titoli al portatore (ad esempio assegni senza indicazione del beneficiario) di importo complessivamente pari o superiore a 3.000 euro;
2. gli assegni bancari, circolari o postali di importo pari o superiore a 1.000 euro devono riportare - oltre a data e luogo di emissione, importo e firma - l'indicazione del beneficiario e la clausola "non trasferibile". Fai quindi attenzione se utilizzi un modulo di assegno che hai ritirato in banca da molto tempo e verifica se l'assegno reca la dicitura "non trasferibile". Se la dicitura non è presente sull'assegno ricordati di apporla per importi pari o superiori a 1.000 euro;
3. le banche, alla luce delle disposizioni di legge, consegnano automaticamente alla clientela assegni con la dicitura prestampata di non trasferibilità;
4. chi vuole utilizzare assegni in forma libera, per importi inferiori a 1.000 euro, può farlo presentando una richiesta scritta alla propria banca;
5. per ciascun assegno rilasciato o emesso in forma libera e cioè senza la dicitura "non trasferibile" è previsto dalla legge il pagamento a carico del richiedente l'assegno di un'imposta di bollo di 1,50 euro che la banca versa allo Stato;
6. è vietata l'apertura di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia ed è anche vietato il loro utilizzo anche laddove aperti in uno Stato estero; i libretti di deposito, bancari e postali, possono essere emessi solo in forma nominativa e cioè intestati ad una o più determinate persone;
7. per chi detiene ancora libretti al portatore è prevista una finestra di tempo per l'estinzione, con scadenza il 31 dicembre 2018, resta comunque vietato il loro trasferimento;
8. in caso di violazioni per la soglia dei contanti e degli assegni (come la mancata indicazione della clausola "Non trasferibile") la sanzione varia da 3.000 a 50.000 euro;
9. per il trasferimento dei libretti al portatore la sanzione può variare da 250 a 500 euro. La stessa sanzione si applica nel caso di mancata estinzione dei libretti al portatore esistenti entro il termine del 31 dicembre 2018;
10. per l'utilizzo, in qualunque forma, di conti o libretti anonimi o con intestazione fittizia la sanzione è in percentuale e varia dal 10 al 40% del saldo.
 
come lo Stato usa le tue tasse
Arriva, con la stagione delle dichiarazioni, una pagina informativa personalizzata nel ''cassetto'' dell'Agenzia delle Entrate

Ecco allora che un Mario Rossi che ha versato 10 mila euro di imposta saprà sui redditi del 2016, saprà che 2.125 euro sono stati destinati alla voce previdenza e assistenza, 1.934 euro sono andati alla sanità, 1.090 euro all'istruzione, 882 euro a difesa, ordine pubblico e sicurezza, 832 ai servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione

Fisco a cittadini, ecco come lo Stato usa le tue tasse - Economia

azz. 2.125 euro alla previdenza sociale senza avere la pensione e pagandosi la sanita' a tariffa piena !!!
 
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