L'UNICA COSTANTE NELL'UNIVERSO E' IL CAMBIAMENTO

Roma, 23 apr – Draghi ignora le richieste delle regioni:
il decreto Riaperture entra in vigore oggi senza modifiche sul coprifuoco e sul rientro a scuola
.

Ieri i governatori si erano riuniti in una seduta straordinaria della Conferenza delle Regioni per decidere la linea da adottare con Palazzo Chigi.

Alla fine in una lettera rivolta al premier i governatori hanno chiesto un incontro
per rivedere le misure del decreto prima della sua pubblicazione.

Ma così non è stato
.


Il decreto legge Riaperture è stato firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Il provvedimento, che prevede riaperture graduali dal 26 aprile, è in vigore da oggi, 23 aprile.


Draghi dunque ha respinto la richiesta dei governatori di limare le misure del decreto legge.

Il provvedimento, bollinato, non cambia.

Dopo l’astensione dal voto da parte della Lega sul decreto al Consiglio dei Ministri,
proseguono però le tensioni nel governo, ora alle prese pure con l’ira dei governatori.


Le regioni avevano chiesto di posticipare il coprifuoco – misura allo stato attuale illogica e iniqua
alle 23 e che potessero riaprire anche i ristoranti al chiuso sia a pranzo che a cena
.

“In ragione dell’approssimarsi della stagione estiva caratterizzata dall’ora legale
e, in considerazione della riapertura delle attività sociali e culturali – si legge nella lettera -,
si propone di valutare il differimento dell’interruzione delle attività e della mobilità dalle ore 22 alle ore 23”.


Lo strappo però c’è stato sul fronte della scuola, perché a detta del presidente della Conferenza delle Regioni,
il premier in sede di Cdm ha modificato gli accordi presi con gli enti locali.

“L’aver cambiato in Cdm un accordo siglato da noi con i Comuni e le Province sulla presenza di studenti a scuola è un precedente molto grave“,
è l’attacco di Massimiliano Fedriga.

Un gesto che ha “incrinato la reale collaborazione tra Stato e Regioni“, spiega il governatore del Friuli Venezia Giulia.

Il nodo è sulla percentuale del ritorno in presenza degli studenti delle superiori.

Alla sua approvazione, nel decreto la percentuale sulla presenza in classe dei ragazzi delle superiori in zona gialla e arancione è salita al 70%,
rispetto al 60% inizialmente concordato con i governatori.


Non solo studenti e ristoratori.

Sul tavolo delle richieste delle regioni, visto l’arrivo della bella stagione c’è anche la programmazione di riaperture del settore dei matrimoni.

Ma anche la riapertura delle piscine al chiuso oltre alla ripresa degli allenamenti individuali nelle palestre già da lunedì 26 aprile
.


Da qui la decisione dei governatori di inviare una lettera con la richiesta di “un incontro urgente prima della pubblicazione del provvedimento”.

I toni della missiva sono duri, le regioni esprimono amarezze per la decisione del governo di ignorare le richieste e di non concedere un incontro.

“E’ stato un metodo che non ha privilegiato il raccordo tra le diverse competenze che la Costituzione riconosce ai diversi livelli di governo“,
si legge nella missiva indirizzata al presidente del Consiglio.

In attesa di una risposta del premier, Fedriga dal canto suo si dice “convinto che alle prossime settimane ci potrebbe essere una revisione”.


Palazzo Chigi fa sapere che il governo darà un chiarimento alle regioni.

L’auspicio dei presidenti di Regione è che si arrivi a un compromesso, con una sorta di “tagliando” periodico del decreto.

In modo tale che se i numeri di contagi, ricoveri e vaccinazioni lo permetteranno,
si potranno rivedere le varie misure sulle riaperture
.

Compresa quella sul coprifuoco, che per ora resta alle 22 fino al 1 giugno.

Dunque i governatori si augurano che ogni due settimane si farà il punto per rivedere le misure del decreto.

Il primo sarà a metà maggio.


“Tagliando” del decreto ogni due settimane:
che possa essere questa la soluzione lo conferma anche il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini, che tenta una mediazione.

“Il Consiglio dei ministri potrà intervenire nelle prossime settimane,
modificando periodicamente nel dl sia le regole per le riaperture che gli orari del coprifuoco
“.

E sulla scuola, la Gelmini chiarisce:
“Nel decreto è scritto il 70% ma non metteremo a rischio nessuno.
Se non sarà possibile assicurare queste quote regioni ed enti locali potranno derogare.
Stiamo lavorando per trovare la quadra”.


Le nuove aperture di lunedì sono già state annunciate con certezza da alcune regioni con dati in netto miglioramento, come Lazio e Liguria.

Ma stando ai dati attuali, dovrebbero passare in zona gialla anche Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia,
Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Umbria e Veneto – oltre alle province autonome di Trento e Bolzano
.

In zona arancione resterebbero invece Calabria, Sicilia, Basilicata, Campania e Toscana.

A rischiare infine di restare in zona rossa sono Puglia, Sardegna e Valle d’Aosta.


Oggi pomeriggio si conoscerà la loro sorte, sulla base dei dati del monitoraggio
della cabina di regia Iss-ministero della Salute e le consuete ordinanze del ministro Speranza.
 
Roma, 22 apr – Gli italiani stavano attendendo con ansia ed eccitazione il fantasmagorico decreto Riaperture.

Come risultato, hanno scoperto che, almeno fino al 1° giugno, resterà in vigore il famigerato coprifuoco dalle 22 alle 5.

Non fino alle 24, non fino alle 23, ma proprio come adesso.

Roba che aveva più autonomia Cenerentola…

Ma questa misura anti-Covid è davvero utile?

È davvero la nostra più preziosa ancora di salvataggio per salvarci dai contagi?

A nostro parere, assolutamente no.

E vi spieghiamo perché.

1. Il virus non diventa più contagioso dopo le 22

Questa è la più ovvia delle motivazioni.
Nessuno, assolutamente nessuno può dimostrarvi che, tra le 22 e le 5, il Covid-19 sia più letale che nelle ore diurne.
Il solito sapientone dirà: «Ma è una norma per scongiurare la movida!».

Balle.

Se uno mantiene le normali precauzioni (mascherina, distanziamento, niente assembramenti),
possiamo pure chiacchierare su una panchina fino alle 2 di notte. Punto.


2. Gli italiani non sono dei bambini


Al momento opportuno, i tifosi delle chiusure a oltranza tireranno fuori l’asso nella manica:
«Ma gli italiani sono indisciplinati, faranno discoteche e rave all night long»,
dirà il solito radical chic con Brandy e monocolo d’ordinanza.

Al netto dell’insopportabile paternalismo che permea questo rigurgito di anti-italianità,
in realtà è ben dimostrato che il nostro popolo si è finora comportato in maniera molto disciplinata.
Anzi, forse pure troppo.


3. Non siamo in guerra

Il coprifuoco è misura da tempo di guerra.
Non è un caso che, prima di Giuseppe Conte,
l’ultimo capo di governo a dichiarare il coprifuoco sia stato Pietro Badoglio durante la Seconda guerra mondiale.

Certo, lo sappiamo: per imporre le loro mille restrizioni, Conte e Draghi ci hanno detto che «siamo in guerra contro il coronavirus».

E che, quindi, chiunque avesse dissentito sarebbe stato trattato alla pari di un disertore o di un disfattista.

Ecco, questa retorica bellica da Armata Brancaleone ha proprio stufato.

Anche perché la guerra è una cosa seria, il coprifuoco per impedire ai ventenni di andare al pub, no.


4. Coprifuoco vuol dire crisi economica

Qua ci arriva anche un bambino.
Se i locali restano chiusi, se la gente non esce e non spende i propri denari,
miriadi di attività commerciali sono condannate a finire sul lastrico.

E non si tratta solo del bar sotto casa vostra o del ristorante dietro l’angolo:
c’è tutta una filiera (rifornitori ecc.) che va in malora.

Si tratta di milioni di italiani a rischio povertà.

Insomma, mettetevi la mascherina, fate pure le prenotazioni con numeri contingentati, ma per favore riaprite questi cavolo di negozi.



5. Il coprifuoco non l’hanno voluto gli esperti

In tutto questo, ci eravamo quasi dimenticati la cosa più importante.

L’idea di istituire il coprifuoco non è venuta agli «esperti».

Né con Conte che l’ha istituito, né con Draghi che l’ha confermato.

Di più: gli esperti non se li è filati proprio nessuno.

«In realtà noi del coprifuoco non abbiamo mai parlato.
È sempre stata una valutazione politica, non ci è mai stata sottoposta alcuna istanza in tal senso»,

hanno fatto sapere dal Comitato tecnico-scientifico (Cts).


Insomma, ci sono tutti gli elementi per dire, come il buon ragionier Fantozzi, che questo coprifuoco è una «cagata pazzesca».
 
Covid e turismo: le mani delle mafie nel settore.


Sarebbe pari a 2,2 miliardi di euro, il giro d’affari della criminalità organizzata italiana
derivante dall’infiltrazione nell’economia legale del settore turistico del Belpaese
di cui 850 milioni di euro, pari al 38 per cento del totale, concentrato nelle realtà del Mezzogiorno.

Un’attività sempre più pervasiva di controllo del territorio che metterebbe a rischio ben 4.450 imprese attive nel comparto,
maggiormente fiaccate dalla crisi di liquidità causata dall’emergenza pandemica e, dunque,
più vulnerabili al “welfare criminale” delle mafie che dispongono, al contrario, di ingenti risorse finanziarie pronte alle operazioni di riciclaggio.

Sono sei i sistemi regionali con il livello di rischio più elevato: Campania, Lazio, Sicilia, Calabria, Lombardia e Puglia.

Ben 430, inoltre, gli alberghi e i ristoranti confiscati ad oggi, di cui quasi il 60 per cento
nei territori tradizionalmente caratterizzati da un maggiore radicamento della criminalità organizzata.

Impennata pari al 243 per cento, infine, per le operazioni finanziarie sospette direttamente attinenti ai gruppi mafiosi.


È quanto emerge da una ricerca realizzata da Demoskopika che ha stimato l’attività di welfare criminale delle mafie
sul comparto turistico elaborando una serie di dati rilevati da alcune fonti ufficiali o autorevoli:
Unioncamere, Direzione Investigativa Antimafia,
Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Istat, Cerved e Transcrime.


Il-rischio-di-infiltrazione-criminale-nel-comparto-turistico-per-regione.png



Economia criminale. Rio (Demoskopika): crisi del turismo fa gola alle mafie, alimenta il loro controllo sociale.
«Oltre il 13 per cento delle imprese del comparto turistico a rischio default a causa del Covid
dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – potrebbe subire le strategie aggressive di infiltrazione economica della criminalità organizzata.

La prolungata emergenza, causata dalla pandemia, ha generato una preoccupante crisi di liquidità
rendendo le imprese ancora più vulnerabili all’ingresso nel capitale sociale di ingenti quantità di denaro dei sodalizi criminali
che necessitano di un rinvestimento legale ad alto valore aggiunto.

In questa direzione – continua Raffaele Rio – le mafie provano a piegare gli imprenditori con allettanti strumenti di welfare criminale
capaci di garantire la sopravvivenza aziendale, la copertura dei lievitati livelli di indebitamento,
una maggiore solidità finanziaria con il loro ingresso nelle compagini societarie fino all’acquisizione totale della realtà imprenditoriale.

Un circuito perverso – ha concluso Raffaele Rio – finalizzato ad un rafforzamento del controllo delle famiglie criminali sul territorio,
a un incremento del loro consenso sociale che alimenta gravi comportamenti illegali quali riciclaggio, usura e pratiche estorsive».


Classifiche: il livello di infiltrazione criminale per regione. Campania, maglia nera.
Sono sei i sistemi turistici regionali a presentare i rischi più elevati di infiltrazione criminale nel tessuto economico:
Campania, Sicilia, Lazio, Calabria, Lombardia, Puglia.

È quanto emerge dallo studio di Demoskopika che ha misurato il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata
sulla base di alcuni indicatori ritenuti “sensibili” ai fini della ricerca:
imprese turistiche (alberghi e ristoranti) confiscate alla criminalità organizzata,
imprese della ristorazione diventate più vulnerabili a infiltrazioni criminali,
operazioni finanziarie sospette direttamente attinenti alla criminalità mafiosa.

Per consentire una lettura più agevole, le regioni sono state classificate in quattro raggruppamenti,
in relazione al loro livello di infiltrazione nel tessuto economico: alto, medio alto, medio basso e basso.


Il-giro-daffari-del-welfare-criminale-per-area-geografica.png



In particolare, a pesare sul primato negativo della Campania, che ha totalizzato il massimo del punteggio (122,9 punti),
i 101 alberghi e ristoranti confiscati, pari al 23,5% sul totale delle strutture turistiche confiscate dalle autorità competenti
e le oltre 11 mila operazioni finanziarie sospette direttamente imputabili alla criminalità organizzata.

A completare l’area caratterizzata da un livello “alto” di infiltrazione economica nel comparto turistico,
in relazione a pesi diversi ottenuti sugli indicatori individuati, si collocano
Lazio (113,8 punti),
Sicilia (110,9 punti),
Calabria (108,1 punti),
Lombardia (106,6 punti) e
Puglia (105,7 punti).

Sul versante opposto, sono quattro i sistemi turistici a presentare una minore vulnerabilità,
presenti nel cluster delle realtà con un rischio “basso” di infiltrazione economica:
Marche (93,6 punti),
Veneto (92,8 punti),
Friuli Venezia Giulia (91,2 punti) e
Trentino-Alto Adige (89,5 punti).


Introiti criminali: alla ‘Ndrangheta il primato con 810 milioni di euro.
Ammonta a 2.200 milioni di euro la stima dei proventi della criminalità organizzata derivante dall’infiltrazione economica nel comparto turistico italiano.

L’analisi per sodalizio criminale evidenzia il primato della ‘Ndrangheta con un giro d’affari di 810 milioni di euro,
pari al 37 per cento degli introiti complessivi, immediatamente seguita dalla Camorra con 730 milioni di euro (33 per cento),
Mafia con 440 milioni di euro (20 per cento) e criminalità organizzata pugliese e lucana con 220 milioni di euro (10 per cento).


Osservando il livello territoriale emerge, inoltre, che nelle realtà del Mezzogiorno si concentrerebbe il 38 per cento degli introiti criminali, pari a 825 milioni di euro.
A seguire il Centro con 515 milioni di euro (23 per cento), il Nord Ovest con 490 milioni di euro (22 per cento) e il Nord Est con 370 milioni di euro (17 per cento).


Nelle realtà territoriali caratterizzate da un maggiore rischio di infiltrazione economica della criminalità organizzata, infine,
si concentra oltre la metà (53,4%) del giro d’affari dei proventi illegali, quantificabile in 1.175 milioni di euro:
Campania (265 milioni di euro),
Lombardia (260 milioni di euro),
Lazio (260 milioni di euro),
Sicilia (175 milioni di euro),
Puglia (140 milioni di euro) e
Calabria (75 milioni di euro).


Imprese del comparto turistico a rischio di infiltrazione criminale e proventi illegali per regione Stima 2021. Valori assoluti (imprese) e valori in milioni di euro (proventi criminali)

Imprese del comparto turistico a rischio di infiltrazione criminale e proventi illegali per regione Stima 2021.
Valori assoluti (imprese) e valori in milioni di euro (proventi criminali)

Allarme criminalità: vulnerabile oltre il 13 per cento delle imprese in crisi di liquidità.
Ben 33 mila imprese del settore turistico sarebbero a rischio default con una contrazione del fatturato pari a oltre 9,3 miliardi di euro.

La prolungata crisi economica provocata dal Covid avrebbe fiaccato la solidità finanziaria del comparto rendendo molto complicata,
per molti imprenditori, sia la copertura delle insolvenze che la ripresa.

Due le possibili conseguenze secondo i ricercatori di Demoskopika: una crescente perdita di liquidità
e forme di infiltrazione sempre più pervasive della criminalità organizzata sul tessuto economico.

Su quest’ultimo aspetto, in particolare, dallo studio emerge che il 13,5 per cento delle imprese “in affanno”, pari a ben 4.450 aziende,
potrebbero essere più vulnerabili ai tentativi di controllo economico da parte dei principali sodalizi criminali.


Sono sei i sistemi turistici locali a presentare un’incidenza percentuale maggiore rispetto alla media italiana:

Campania con 540 imprese più vulnerabili all’ingresso di capitali illegali su un totale di 3.400 aziende a rischio default (15,9 per cento),

Lazio con 530 realtà imprenditoriali su un totale di 3.600 imprese (14,7 per cento),

Sicilia con 350 imprese su un totale di 2.400 realtà attive in campo turistico a rischio fallimento.

E, ancora: Lombardia con 530 aziende maggiormente vulnerabili su 3.800 imprese nel complesso (13,9 per cento),

Puglia con 290 imprese su un totale di 2.100 (13,8 per cento)

e, infine, Calabria con 150 realtà aziendali su un dato complessivo di 1.100 imprese a rischio default (13,6 per cento).


Operazioni finanziarie sospette: 1 su 3 riconducibile a interessi mafiosi.
Nei primi sei mesi del 2020, sono state 44.884 le operazioni finanziarie sospette localizzate nelle regioni,
direttamente imputabili alla criminalità organizzata, con una crescita rilevante rispetto allo stesso periodo del 2019, pari a al 242,9 per cento,
quando erano state segnalate complessivamente 13.090 operazioni.

Un andamento preoccupante considerato che, per come si apprende dalla relazione della Direzione Investigativa Antimafia relativa al primo semestre del 2020,
l’analisi e l’approfondimento investigativo delle segnalazioni di operazioni sospette riveste un ruolo cruciale nella prevenzione dell’utilizzo del
sistema economico-finanziario legale per riciclare proventi illeciti.

In questa direzione, le operazioni sospette riferibili a contesti riconducibili agli interessi della criminalità organizzata
sono state circa il 28,9 per cento di quelle complessivamente pervenute.


In valore assoluto, è la Campania a essere la prima regione di localizzazione dell’operatività sospetta,
con un’incidenza del 24,8 per cento sul totale del flusso ricevuto, pari a ben 11.152 operazioni finanziarie sospette direttamente attinenti alla criminalità mafiosa;
seguono Lombardia con 5.847 e Lazio con 5.524 operazioni finanziarie sospette con un’incidenza pari rispettivamente al 13 per cento e al 12,3 per cento.
 
Roma, 22 apr – Gli italiani stavano attendendo con ansia ed eccitazione il fantasmagorico decreto Riaperture.

Come risultato, hanno scoperto che, almeno fino al 1° giugno, resterà in vigore il famigerato coprifuoco dalle 22 alle 5.



Insomma, ci sono tutti gli elementi per dire, come il buon ragionier Fantozzi, che questo coprifuoco è una «cagata pazzesca».


Io, che pero' sono uno squallido complottista, aggiungo una questione.

Chi ha liberta' di movimento notturno?
Per fare cosa?
Cos'accade seriamente nelle ore notturne?
Qualcuno ha segnalato movimenti "sospetti" ?

Ai sonnambuli l'ardua sentenza.
 
Per capire il livello di demenza, di ignoranza, di irresponsabilità di chi ci governa,
andiamo a leggere alcune disposizioni contenute nel nuovo decreto legge :

La prima discriminante è la solita, quella legata agli spostamenti.
Ammesso viaggiare fra regioni in zona gialla.
Vietato - salvo passaporto vaccinale - in zona arancione e rossa.

Perchè il virus non circola in misura equivalente fra i vari colori ?

La seconda. Raggiungere una sola abitazione privata,
una volta al giorno, per 4 persone.

Non posso gestire una festa di compleanno.
Non posso gestire un matrimonio.
Non posso gestire un funerale.
Non posso farmi a cazzi miei, intesi come socializzazione.

Perchè se siamo in 6 - 8 - 10 persone,
magari all'aperto,
magari in un giardino condominiale,
magari in un mega parco con piscina

il virus circola meglio o di più ?

Però le attività scolastiche sono consentite con la presenza
dal 50% sino al 75% degli allievi.

Ciò siginifica che in una stanza di 25 metri quadrati ci stanno
almeno 14 / 21 allievi.
Per 4/5 ore ???????


Cioè io ho un "giardino" - 7 metri x 7 metri = 50 metri quadrati e ci posso stare in un massimo 6 persone
ma a scuola ce ne stanno 20 nella metà del mio spazio ed al chiuso ?

:clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap:

La terza. Servizi di ristorazione solo all'aperto.
Con tutti i distanziamenti dei tavoli previsti, con quello che volete Voi,
con i protocolli e quant'altro si inventano,
posso stare ad un tavolo in massimo 4 persone.

Sempre per il discorso di cui sopra, se ho un 100 metri quadrati di giardino,
dove ci posso mettere - sì e no - forse 16 tavoli, ci stanno 64 persone.

64 : 4 = 16 persone in 25 metri quadrati.
E sopra ce ne stanno 21 al chiuso ?

Ma a casa mia in 6 persone, nel doppio dello spazio ?????????

:clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap::clapclap:

Ma adesso viene il bello.

La quarta. Spettacoli all'aperto.
Dal 26 aprile consentiti gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali,
sale da concerto, sale cinematografiche, live-club, altri locali o spazi (e qui entrano in giochi "i centri sociali"), anche all'aperto.
Quindi - sottinteso per non turbare i coglioni che leggono - anche al chiuso.

Nella misura del 50% di quella massima autorizzata.

Sino ad un massimo di 1000 persone per gli spettacoli all'aperto.
Ed a 500 persone per i locali al chiuso.

PURA IPOCRISIA E DEMENZA.

Mentre per le competizioni sportive, di norma e regola all'aperto,
viene consentita un'occupazione al 25% della capienza massima.

Sempre con il massimo di 1000 persone all'aperto.

Ciò siginifca che su un prato di 1000 metri quadrati - per un concerto - ci stanno 1000 persone.
Una persona in 1 metro quadrato.

In uno stadio con capienza di 80.000 persone, ce ne stanno sempre 1.000.



Evito di tediarVi con il resto del decreto.
 
E salta fuori un'altra presa per il kulo.


La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto porta una brutta sorpresa
per chi voleva fare shopping sabato e domenica da metà maggio:

salta la data della riapertura dei centri commerciali nel weekend in zona gialla.


A differenza di quanto annunciato inizialmente, dal 26 aprile il decreto riaperture conferma le regole dell’ultimo Dpcm:


i centri commerciali e gli outlet sono aperti dal lunedì al venerdì in zona gialla e arancione,

ma restano chiusi nel weekend (sabato, domenica e festivi) come succede anche nei giorni feriali nelle regioni rosse.

Al momento non è chiaro da quando riapriranno i centri commerciali in zona gialla durante il weekend

e fino a quando dovranno restare chiusi il sabato e la domenica.



Le associazione di categoria protestano e chiedono adesso una data certa
per capire fino a quando i centri commerciali sono chiusi il weekend in zona gialla.

“Non possiamo accettare che le aziende del commercio, che hanno sempre risposto con responsabilità
durante tutte le fasi dell’emergenza pandemica, non abbiano una prospettiva certa sulla data di riapertura dei punti vendita,
a differenza di tutti gli altri settori”
, ha commentato il presidente di Federdistribuzione, Alberto Frausin.


In un primo momento, il governo Draghi aveva annunciato che con il nuovo decreto legge
avrebbe consentito l’apertura dei centri commerciali nel weekend dal 15 maggio 2021 nelle regioni gialle,
ma nel provvedimento pubblicato in Gazzetta ufficiale non c’è traccia di una data: restano quindi le regole del vecchio Dpcm.


Dal 26 aprile in zona gialla e arancione tutti i negozi possono stare aperti, ma nei weekend rimangono le limitazioni dell’ultimo Dpcm,
con la chiusura dei punti vendita dentro i centri commerciali ad eccezione di alcune tipologie specifiche di attività considerate essenziali.

Dunque nei weekend e nei giorni festivi, in zona arancione e gialla, i negozi di quartiere, del centro città
e tutti quelli che non fanno parte di gallerie commerciali o di parchi commerciali possono stare normalmente aperti
(dall’abbigliamento all’intimo fino alle scarpe), mentre sabato e domenica i negozi dei centri commerciali,
delle gallerie e dei parchi commerciali (come ad esempio i villaggi degli outlet) devono essere chiusi.


In
zona rossa i negozi dei centri commerciali sono chiusi tutti i giorni, non solo il fine settimana, ad accezione dei punti vendita di beni essenziali.


Ecco in sintesi le regole previste nella nuovo decreto Draghi, approvato dal Consiglio dei Ministri a fine aprile:

  • Zona gialla – dal 26 aprile centri commerciali sono aperti dal lunedì al venerdì,
  • chiusi nel weekend (sabato e domenica) e nei giorni festivi. Fanno eccezione i negozi di beni essenziali.
  • Non è stata confermata la riapertura dei centri commerciali nel weekend dal 15 maggio.

  • Zona arancione – dal 26 aprile, come previsto dall’ultimo Dpcm, i centri commerciali sono aperti dal lunedì al venerdì,
  • chiusi il sabato, la domenica e i giorni festivi (eccetto i punti vendita di beni essenziali).

  • Zona rossa – nei centri commerciali tutti i giorni della settimana possono restare aperti soltanto i negozi di beni essenziali, come i supermercati
 
Se dico che ci sono dei dementi al potere, Voi cosa ne pensate ?

Il cosiddetto bonus zanzariere è stato confermato sotto forma di un’agevolazione sull’acquisto di questo prodotto.

Attenzione, però: non si tratta di un rimborso, ma di uno sgravio fiscale per le spese effettuate.

Inoltre, non rientra ogni tipo di zanzariera:
ci sono dei requisiti impegnativi e il modello scelto non può limitarsi a riparare l’abitazione dagli insetti fastidiosi.



Vediamo allora più nel dettaglio come funziona l’agevolazione.

Le zanzariere non sono detraibili.

Tuttavia sono accettate tra le detrazioni per l’Ecobonus 50%
se rispettano tutti i requisiti delle schermature solari,
compreso il valore del fattore di trasmissione solare
e gli orientamenti delle superfici vetrate protette.

In soldoni, l’installazione di zanzariere può fruire della detrazione fiscale
ma devono anche avere la capacità di schermare la luce solare e migliorare l’efficienza energetica dell’immobile.

Il bonus è rivolto a tutti i proprietari di unità immobiliari, nudi proprietari e affittuari.
Questi ultimi devono essere ovviamente d’accordo con il proprietario e sostenere tutte le spese.

Il bonus è valido solo per l’installazione di zanzariere su immobili di qualsiasi categoria catastale già esistenti.
Sono dunque escluse dall’agevolazione le unità immobiliari in corso di costruzione.

È importante tenere presente che per essere detratte, zanzariera e spese per l’installazione,
vanno sempre inserite nel comma delle schermature solari e mai insieme agli infissi nella scheda infissi.

La detrazione fiscale consiste in una riduzione delle imposte (Irpef o Iref)
per un importo pari al 50% della spesa sostenuta entro il 31 dicembre 2021
per l’acquisto e l’installazione di zanzariere con schermatura solare,
per la rimozione di eventuali sistemi che già esistevano e per altre opere accessorie.

È detraibile anche l’onorario del professionista che si occupa dell’eventuale pratica Enea (Agenzia Nazionale Efficienza Energetica).

Il limite massimo di spesa detraibile è di 60 mila euro.
la grandissima presaperculo è che QUASI UTTTI questi bonus premiano CHI ha un reddito in un contesto CHE LA MASSA NON HA REDDITO:
SOMMARE PLEASE.......E POI DICONO CHE AIUTANO TUTTI.....TUTTI CHI? I TUTELATI


Bonus pagamenti elettronici
Bonus auto e bici
Bonus PC
Bonus Tv
Bonus occhiali
Bonus smartphone
Bonus libri
Bonus vacanze
Bonus partite iva
Bonus mamme single
Bonus smart working, rimborsi forfettari in discussione........
Bonus 100 euro 2021 Naspi
Bonus disoccupati
Bonus donne disoccupate
Bonus Bebè
Bonus nascita
Bonus baby sitter
Bonus nido
Bonus mamma, da confermare
Bonus matrimonio, non sono note le detrazioni
Bonus covid
Bonus sanificazione
Bonus figli universitari
Bonus cultura
Art bonus
Bonus docenti
Bonus collaboratori sportivi
Bonus lavoratori dello spettacolo
Contributi spettacolo viaggiante
Bonus edicole
Bonus lavoratori autonomi
Bonus chef
Bonus resto al sud
Bonus pubblicità
Bonus affitto
Bonus luce e gas
Bonus affitto studenti
Bonus animali domestici
Ecobonus
Bonus facciate
Bonus ristrutturazione
Bonus caldaia
Bonus idrico
Bonus acqua potabile
Bonus mobili
Bonus elettrodomestici
Bonus verde
 

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