Amori moderni
Un nuovo amore a 90 anni, il mio «anticipo di paradiso»
A volte la gente pensa che noi anziani, in virtù di questo corpo decadente e di questa mente che confonde pensieri e ricordi, non possiamo più provare sentimenti profondi; guardano ai nostri affetti con sufficienza, parlano d’amore con parole come «simpatia per qualcuno» o di desiderio di compagnia. Come se non bastasse già il flagello del nostro fisico, di questa pelle che ti sorprende ogni volta che ti guardi allo specchio sicura di vedere l’immagine che hai dentro e invece ti ritrovi un volto che non riconosci. Però i sentimenti rimangono tali, nessuna nebbia, nessuna ruga. E l’amore a novant’anni può essere passione che ti esplode dentro e ti solleva il cuore nel vento.
Per tanti anni sono vissuta nutrendo l’anima di ricordi; poi, ad un certo punto, anche i ricordi sono stati troppo lontani per poterne assaporare la dolcezza. Allora il vuoto. Inizi a chiederti quanto tempo ancora devi sforzarti di vivere. Deserto di parole, di sogni, di pensieri, di senso. E poi un giorno la vita cambia, prende una direzione diversa da quella che aspettavi. E quando cambia a novant’anni bisogna raccontarlo perché è davvero speciale.
Il cambiamento ha un nome e un volto che negli anni si è riempito di rughe di sorrisi e di dolori proprio come il mio, come quello di tutti. Io conoscevo i suoi e lui i miei, ma la nostra era un’amicizia rimasta sempre in superficie, quasi avessimo entrambi paura di indagare. Lo rividi un giorno vicino, un giorno dei miei novant’anni. E se avessi riflettuto un istante, consapevole della mia età, forse non avrei avuto il coraggio di avvicinarmi a lui, ma la sorpresa fu così forte che, in quel momento, avevo la testa vuota. Era seduto su una panchina. Lo notai perché teneva il giornale aperto fra le mani e gli occhi fissi al lago che in quella mattina sembrava confondersi con il cielo tanta era la nebbia fitta e grigia che si levava dall’acqua. Posai lo sguardo sul suo viso.
Nel tempo, ogni volta che lo vedevo cercavo di affrettare il momento del saluto. Mi sentivo imbarazzata, le parole uscivano a fatica. I suoi occhi addosso, invadenti come un abbraccio. Sembrava indagare, aspettando un mio segnale che ricambiasse il suo silenzioso corteggiamento.
Quando era stata l’ ultima volta che l’avevo visto? La mia testa restava vuota, mentre le mani tenevano strette le borse della spesa riempite solo a metà per permettermi di arrivare a casa senza troppo sforzo.
E poi si voltò. Nei suoi occhi c’era stupore e incredulità.
«Mariuccia, quanto tempo che non ci vediamo, venga la prego, si sieda qui accanto a me» e mi tende la mano. «Sa a cosa stavo pensando?» mi dice.
«No», rispondo mentre mi avvicino e prendo la sua mano che mi invita a sedermi accanto a lui.
La sua mano stringe la mia. Perché me la trattiene?
«Stavo pensando a lei Mariuccia. La cosa la sorprende?»
«No», le parole escono da sole e subito me ne pento. Che cosa penserà? Ho novant’anni e mi sento addosso la sfacciataggine di una ragazza. Sono imbarazzata e penso alla mano: non mi ha ancora lasciato la mano.
Si avvicina con il viso. E poi un bacio. Leggero come una carezza. Vorrei prolungare all’infinito la sensazione della sua pelle schiacciata sulla mia. Si allontana e mi guarda.
« Ho novant’anni».
« Anch’io».
Restiamo in silenzio. Nessuno dei due riesce a dire altro. Rimaniamo così, fermi, dentro ad un sentimento che è arrivato finalmente in superficie.
Adesso inizia il futuro.
La gente pensa che un anziano non debba progettare il proprio futuro, è troppo poco il tempo che rimane per pensare di poterlo riempire di sentimenti. Inutile affannarsi.
Per me invece su quella panchina è iniziato il futuro.
Francesca Sala, 44 anni, vive e lavora a Lecco come maestra in una scuola dell’infanzia. Il racconto è la storia della nonna Mariuccia
Ma non è stato facile. Le convenzioni sociali, la rettitudine, l’integrità morale, il contegno e forse anche il buon senso nelle parole gentili dei miei figli, che avrebbero voluto che tutto si fermasse li.
Ma per una volta, una volta sola nella vita, ho seguito il cuore. In questo caso l’essere anziani, l’aver perso la lucidità per capire cosa è corretto, come dicono loro, cosa è morale, come dicono loro, cosa sta bene fare e cosa no, come dicono loro, ha giocato a mio favore, dolce alibi per qualche stupidaggine dell’anima.
Quel bacio ha cambiato tutto, anche se in realtà la mia vita non è cambiata di molto. Però la solitudine, compagna fidata e odiata che mi stritolava nella sua morsa giorno e notte, se ne è andata. Un giorno ti svegli e sai che oggi andrai a vedere una mostra in centro con lui e sorridi a te stessa perché ricordi che ieri davanti a un caffè hai riso tanto e tanto, come non facevi da anni. E sai che oggi sarà ancora una giornata di luce e per la prima volta lo inviterai a casa tua per pranzo perché tu sai ancora cucinare bene e la polenta come la faccio io….
Tutto qui. Niente di meno. Niente di più. Forse è questa la differenza fra l’amore da giovani e l’amore da anziani. Non si progetta la vita, ma solo i giorni. Anche se pensare a domani è comunque pensare al futuro. E io sono felice. Ci sono stati tanti momenti in cui ho pregato Dio di lasciarmi addormentare perché lo sforzo di vivere la mia vita vuota era troppo grande. Dio ha risposto alle mie domande con la vita stessa, regalandomi quello che credo sia un anticipo di paradiso.