M e d i t a z i o n i

In un paese lontano c'era un Re che aveva tutto quello che un uomo può desiderare: potere, ricchezza, mogli e concubine bellissime, servitori fedeli, sudditi devoti e felici di essere governati da un uomo saggio e benevolo, come lui.
Ma non era felice.
Allora emise un editto che chiamava a raccolta tutti i filosofi e gli uomini di cultura, del suo regno e anche oltre i suoi confini, affinché qualcuno gli potesse dare la formula della felicità.
Per rendere la cosa interessante, e non richiamasse i perditempo, minacciò di morte coloro che lo avessero deluso, ma promise metà del suo regno a colui che fosse riuscito ad accontentarlo.

Accorsero in molti; alcuni a proporre trattati complicatissimi sulla natura dell'uomo e i suoi movimenti interiori, altri con decine di tomi tesi a esaltare la spiritualità mistica nell'affidarsi all'invisibile, altri ancora con voluminose disquisizioni sui valori materiali da godere fino al massimo grado.
Furono tutti mandati a morte.

Alla fine giunse un napoletano, timido, impacciato e anche un po’ impaurito. Non aveva libri, ma solo un piccolo foglietto che porse al Re.
“E questo cos'è?”, chiese il Re, ormai scoraggiato.
Il boia, intanto, capita l'antifona, si preparava a una nuova esecuzione.
“E’ la formula che avevi chiesto, Maestà”, rispose il napoletano, con un filo di voce.
Il Re, allora lesse cosa c'era scritto su quel foglietto.
Era una sola parola: “Futtitinne”.

Ora il Re e quel napoletano si dividono il regno felici.
 
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- Ma tu sai perché Jean Berbeck smise di parlare?
- E’ una delle tante cose che non disse mai.
- Forse è che la vita, alle volte, ti gira in un modo che non c'è proprio più niente da dire.
Disse.
- Più niente, per sempre.

Seta, Alessandro Baricco
 
Si può portare un bue assetato al fiume, ma se non sarà lui a bere, morirà.
Proverbio popolare
 
Abbiamo vent'anni, siamo innamorati e questa sera abbiamo mangiato la pizza del forno, bruna e con il pomodoro che schiuma rosso e zuccherino, seduti sui gradini di un palazzo, riparati da un cornicione, mentre più in là su tutto diluvia e sulle dita sgretolano le briciole e le gocce.
Abbiamo trent'anni, viviamo insieme e una volta mentre faccio il bagno va via la luce e l'acqua calda non funziona, allora tu riscaldi l'acqua in cucina, la porti nella pentola, mi vedi nudo e io, anche se nudi ci conosciamo, mi vergogno e mi guardo le ossa delle gambe.
Trentacinque anni e una mattina presto, mentre siamo nell'ultimo sonno, tu sul ventre con il braccio lungo il corpo, io sul fianco rivolto verso di te, socchiudi la mano e mi prendi tra le dita, piano, inconsapevole, e nel dormiveglia sento che la tua mano dorme e io sono il suo sogno; poi, svegli, andiamo in balcone ad annusare il gelsomino.
Ne abbiamo cinquanta e abbiamo dimenticato tante cose. Non stiamo più insieme e non ci incontriamo mai. Ogni tanto qualcosa ci fa tornare in mente un gesto o una parola e facciamo, separati, archeologia.
Abbiamo mille anni e siamo biologia. I nostri corpi non ci sono più e sono altro. Un tuo piede è un sasso, il mio naso è sabbia, le tue orecchie sono diventate mele, un mio occhio è un riccio in fondo al mare. La tua bocca, adesso, è carne dentro la mano di un uomo, i miei polmoni sono diventati matita. La materia si converte e noi con lei. Senza coscienza, la mano dell'uomo nel quale ci sei tu prende la matita nella quale ci sono io e scrive delle frasi, e noi esistiamo ancora nel movimento e nella scrittura.
Giorgio Vasta, Il tempo materiale

Meravigliosa citazione <3
 
"La vita è ciò che ti succede mentre sei impegnato in altri progetti "

J. Lennon
 

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