MA LE LENTICCHIE CHE HO MANGIATO A CAPODANNO, ESATTAMENTE QUANDO INIZIANO A FARE EFFETTO?

Dopo la liberazione dell’ex generale Michael Flynn, ex consigliere della sicurezza nazionale, da ogni accusa
Trump ed il suo entourage hanno iniziato a togliersi un bel po’ di sassolini nei confronti di Obama e del Deep State democratico.

Il capo della difesa di Flynn Sydney Powell, ha tirato in ballo direttamente il precedente presidente Obama.

Sappiamo già che l’intervista di Flynn con l’ambasciatore russo, venuta prima del suo giuramento come come Consigliere alla Sicurezza Nazionale,
fu organizzata dal sottobosco obamiano alla FBI e venne preparata come un tranello che avrebbe dovuto affondare anche Trump.

Però ora l’avvocato va ben oltre : secondo una recente testimonianza, il presidente Obama avrebbe rivelato
durante una riunione dell’ufficio ovale alcune settimane prima dell’incontro, di essere a conoscenza della telefonata di Flynn
con l’ambasciatore russo Sergey Kislyak, sorprendendo perfino l’allora vice procuratore generale Sally Yates.

Dopo l’incontro, Obama ha chiesto alla Yates e all’allora direttore dell’FBI James Comey di restare nell’ombra.

Obama “ha precisato che non voleva ulteriori informazioni in merito, ma voleva sapere solo
se la Casa Bianca avrebbe dovuto trattare Flynn in modo diverso, date le informazioni”,

il tutto riportato dalla Powell a Fox News.

L’avvocato poi prosegue: “Il tutto è stato orchestrato e allestito all’interno dell’FBI, con l’aiuto di Clapper (ex direttore dell’intelligence nazionale ),
Brennan (ex direttore della CIA) ed in quell’incontro nell’Ufficio Ovale il presidente Obama “,
confermando che assolutamente Flynn fu vittima di un complotto della Casa Bianca.


Questo coinvolgimento non significa che però i repubblicani intendano coinvolgere direttamente Obama, almeno non per ora.

Nell’ambiente si dice che aver beccato Comey, Brennan, Clapper, McCabe, Strzok,
cioè i diretti responsabili dei malfatti dentro CIA, intelligence ed FBI, senza voler togliere dignità all’esecutivo.

Certo che si tratta di un bel colpo contro i democratici, che viene a sfatare ulteriormente il mito di Obama
e Trump inizia a dare dei bel colpetti al precedente Presidente

OBAMAGATE makes Watergate look small time!
 
Sono due mesi che i media continuano a santificare chi lavora nella sanità
Però poi, in pratica, non ci si fa nessun problema di pagare le OSS, le assistensi socio sanitarie, 3 euro all’ora con turni settimanali di 54 ore.

Credete sia una balla.

Allora andate al sito Nurse24.it, dove potete trovare anche la registrazione del colloquio a Napoli
nel quale ad una OSS vengono offerti 650 euro al mese per 54 ore di lavoro settimanali.

La paga è di teorici 3 euro l’ora e comprendono anche delle notti alternate.

I turni di lavoro sono di 11/13 ore al giorno seguiti da un … giorno di riposo.

Prendiamo le parole della candidata OSS, che sul sito potete sentire direttamente dalla sua voce:

Ha già esperienze di lavoro in una casa di riposo? chiede la responsabile a Carmela.

E lei: No, in realtà, come domiciliare tantissimi, ma in una casa di riposo mai.

La responsabile spiega a Carmela i turni di lavoro.

Tra un turno di 12 ore e l’altro ci sono sempre 24 ore di riposo
– dice in tutta tranquillità, quasi fosse un favore alle dipendenti -.

Ad esempio il lunedì si viene a lavorare alle 8 e si smonta 19, poi ci si riposa 24 ore e si torna alle 19 del giorno dopo per fare la notte.

Si smonta alle 8 e si riposa 24 ore, poi si torna alle 8 del giorno dopo per rifare il giorno.

Insomma, è un ciclo giorno-24 ore di riposo-notte-24 ore di riposo e così via.

Lo facciamo – continua la responsabile della struttura – sia per avere una maggiore copertura noi,
nel caso una di voi si ammalasse o non potesse venire al lavoro, sia per farvi riposare di più.



Poi ci si stupisce della scarsa qualità dei servizi nelle case per anziani.

Che servizi si possono dare per 3 euro l’ora o meno di paga?

Che razza di stato siamo diventati quanto si tollerano queste paghe ?

Dove sono i sindacati ? Dove sono i controllori, tutti impegnati a regolarizzare i migranti irregolari?
 
Man mano che escono rapporti e studi più approfonditi sul Covid-19,
ci si sta rendendo conto che non si tratta affatto di quel flagello inesorabile
che gli uomini al potere ancora oggi sembrano utilizzare come giustificazione
per l’insensato confinamento di massa in casa decretato verso la metà di marzo e tutt’ora in gran parte ancora in vigore.


E se all’inizio di questa paranoia collettiva, a cui la maggioranza dei media nazionali hanno dato un gran contributo,
raccontando di un mondo che all’unisono seguiva pedissequamente l’esempio dell’Italia,
la giustificazione per tenerci agli arresti è oramai caduta da un pezzo.

Il rischio, soprattutto in Lombardia, di veder collassare i reparti di terapia intensiva è oramai scongiurato da tempo.

Mentre scrivo i malati che sono tenuti in vita grazie alla respirazione artificiale sono poco più di mille in tutto il Paese,
a fronte di una capacità aumentata con grande sforzo a circa 10mila posti di rianimazione.

A questo proposito mi sembra doveroso raccogliere la dura presa di posizione del primario del reparto di terapia intensiva
del “San Raffaele” di Milano, il dottor Alberto Zangrillo.

Ospite alcuni giorni fa nel salotto televisivo di Bruno Vespa,
questo specialista che opera in trincea ha pesantemente criticato il modo con cui in Italia è stata affrontata l’epidemia di Covid-19.


A suo avviso l’errore molto grave è consistito nel non aver ascoltato con la dovuta attenzione
proprio chi è stato in prima linea in questa emergenza sanitaria.

Inoltre Zangrillo, sostenuto in questa sua osservazione anche dall’epidemiologo Massimo Ciccozzi,
dell’Università Campus Biomedico di Roma, osserva da tempo molti segnali incoraggianti
che sembrerebbero andare nella direzione di un virus molto meno aggressivo,
come dimostrerebbe il crollo verticale delle richieste di terapia intensiva nel suo reparto.

Segnali che, a titolo di cronaca, si stanno moltiplicando sul territorio.

Altri medici in prima linea parlano la stessa lingua, come Matteo Bassetti,
direttore dell’Unità operativa della clinica malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova,
che già il 24 aprile dichiarava:

“La sensazione è che il Covid-19 abbia perso forza e quello spirito di aggressione che aveva nella metà del mese di marzo”.

D’altro canto, facendo un passo indietro, anche Roberto Burioni, prima di indossare i panni di un novello Savonarola,
all’inizio di questa surreale vicenda aveva teorizzato, sulla base del comportamento di altri coronavirus,
che con l’arrivo dei mesi caldi il virus sarebbe mutato e che, in virtù del fatto che in estate
il nostro sistema immunitario funziona meglio che nelle stagioni fredde,
la situazione generale sarebbe migliorata decisamente.

Miglioramento che in effetti i numeri sembrano indicare in maniera sempre più significativa
anche dopo aver parzialmente riaperto il Paese alle corsette e alle passeggiate.

Ma i geni che reggono in questo momento le traballanti sorti della nazione,
fritto misto di politici che in gran parte hanno vinto la lotteria di una elezione
e di cosiddetti scienziati che fino a ieri vivevano in un sostanziale anonimato,
ci ammoniscono ogni giorno coi loro anatemi.

“Fate i bravi altrimenti richiudiamo tutto”,

questo il messaggio abbastanza minaccioso che i membri più autorevoli
di un distopico regime sanitario continuano a mandare agli italiani.


Tuttavia, prima o poi questa emergenza finirà, così come in altri Paesi europei è già accaduto da un pezzo,
pur avendola vissuta molto prima di noi, e a quel punto occorrerà fare i conti con un altro virus ancora più grave
di quello che ha convinto il Governo a paralizzare per mesi l’intero Paese: il virus della realtà.

Quando infatti si dovranno raccogliere i cocci di una distruzione sociale ed economica senza precedenti,
e che a mio avviso si poteva evitare almeno in parte muovendoci con la stessa filosofia adottata da tanti altri Stati
– in cui si è scelto di convivere con il virus pur nell’ambito di importanti misure di protezione che non hanno però provocato la chiusura totale del Paese –
non credo che possa funzionare il giochetto squallido dello scaricabarile.

I decisori politici che hanno scelto la linea del rigore estremo, bloccando l’economia e tenendo confinati in casa gli italiani,
non potranno prendersela né con una epidemia che, come sì è visto da subito, colpisce in modo grave
solo la frazione più vulnerabile della collettività
, la quale andava comunque protetta in tutti i modi,
e né con gli scienziati, o presunti tali, che l’hanno dipinta come la peste del terzo millennio.

È solo l’Esecutivo nel suo insieme che dovrà alla fine rispondere del disastro economico e sociale di cui ancora in troppi ignorano la portata.
 
La rassegna stampa della domenica non perde tempo.

La testata giornalistica “La Verità” propone una sfilata di interventi
che avevano indubbiamente come obiettivo quello di “tessere le lodi del Mes”.

Del resto per plasmare le idee servono tempo e andamento graduale e costante.

Così, mentre su “La Repubblica” il commissario Paolo Gentiloni indica il Salvastati come
“uno strumento molto vantaggioso per i 6-7 Paesi che hanno un tasso di interesse elevato, tra cui l’Italia”,

il ministro Gualtieri su “Il Messaggero” dona rassicurazioni sul fatto che non ci saranno “condizioni aggiuntive presenti e future”.


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Il presidente su “Il Corriere” trasforma invece il suo “non troppo convinto no al Mes” in un “valuteremo in Parlamento”.

Il “Sole 24 Ore” spende una intera pagina per fornire un elenco di tutti i “presunti vantaggi” del Meccanismo di Stabilità.

È stato perfino detto che migiorerà il rating del Paese.

Questo quanto scritto da Isabella Bufacchi sul quotidiano di Confindustria:
“può ridurre il rischio-Paese agli occhi delle agenzie di rating perchè contiene in parte la spesa per interessi”.

Non pùò essere così, perchè essendo il Mes per definizione un creditore privilegiato rispetto a tutti gli investitori,
in caso di default, dovrà essere soddisfatto in anticipo, declassando il resto a titoli subordinati.



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E se qualcuno fosse d’accordo con il ragionamento espresso da Paolo Russo sulla “Stampa”,
secondo il quale ci sarebbe un risparmio di 6 miliardi in un decennio,
perchè il costo del tasso sarebbe 0,1% contro l’attuale al 1,8%,
“La Verità” risponderebbe che non è affatto così.

“A conti fatti sarebbe più conveniente per l’Italia l’acquisto dei titoli da parte della Bce”.

Le illusioni ottiche o di concetto che siano, possono essere dolci e rassicuranti,
ma ricordiamoci che sono distorsioni della realtà.

La realtà dei fatti è chiara, lo è sempre stata fin dall’inizio.

Il Mes è un meccanismo buono solo a favorire chi l’Europa la comanda.
 
Che strano, nella task force di Vittorio Colao e del governo ci sono sempre i soliti nomi…

Per quanto riguarda gli imprenditori, dentro questa squadra, c’è ad esempio Tronchetti Provera, ma non c’è alcun ristoratore.

E poi c’è Giuseppe Bono, il grande capo di Fincantieri che è sempre dappertutto.
Ricordiamo che fa anche il bello e il cattivo tempo anche dentro il ministero dello Sviluppo economico
perché è pappa e ciccia con il ministro Patuanelli.

Poi nella task force c’è Pietro Gorlier, un supermanager di Fca, azienda che ha sede nel paradiso fiscale olandese.

E, ciliegina sulla torta, nello squadrone della ripresa c’è anche Antonio Marcegaglia, fratello di Emma Marcegaglia.

E qui due parole in più vanno spese.


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Su Antonio Marcegaglia c’è da riaccendere la luce su una vicenda del 2008,
riportata anche sulla sua pagina Wikipedia alla voce, ‘rassicurante’, “procedimenti giudiziari”.

Si legge, infatti, che questo signore ha “patteggiato 11 mesi di reclusione
con sospensione della pena per il reato di corruzione di funzionari EniPower
(ricordiamo che Emma Marcegaglia è stata presidente di Eni fino a poco fa… ).

Beh, un profilo sicuramente idoneo per lavorare alla ripresa del Paese…

E infine, come mai dal ministro Stefano Patuanelli nessuna parola sull’inopportunità di Marcegaglia vista questa “sottigliezza” giudiziaria?

Ormai il discorso della legalità e del cambiamento è evidentemente passato di moda in casa 5 Stelle.


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E di Tronchetti Provera cosa vogliamo dire?

C’è da tener presente che questa lista di Colao è stata approvata anche dal governo, quindi dal Movimento 5 Stelle.

Ricordate cosa diceva Beppe Grillo di Tronchetti Provera?

Quelle parole sono solo un lontano ricordo, insabbiate dalla sete di potere, dalla colla sulla poltrona.

Gli altri nomi presenti nella Task force è comunque bene segnalarli.

Si tratta di Ermanno Ferrari per Marelli, Alberto Galassi (Ferretti), Lucia Morcelli (Arcelor Mittal Italia),
Giuseppe Pasini (Feralpi), Pietro Salini (Salini Impregilo) e Roberto Vavassori (Brembo).

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Tutti si chiedono, presidente di Confindustria in testa, come mai in questo elenco non figurino quelli
che ne sanno davvero e che sicuramente sono più interessati dalle misure che la Task force stessa
dovrà studiare per ripartire nella cosiddetta Fase 2
?

Per quale motivo non ci sono ristoratori, gestori di bar e negozi, gestori di stabilimenti,
persone, insomma, che sanno davvero cos’è la realtà?

La risposta è palese.

L’Italia è il Paese dei soliti noti.

Altro che cambiamento.
 
La smania di potere del premier Conte e del suo governo è decisamente fuori controllo.

La maggioranza, infatti, sta pensando seriamente di prorogare i termini previsti
per la scadenza degli stati di emergenza e delle contabilità speciali.


Da quanto riferisce l’Adnkronos (e non un giornale sovversivo) è

“quanto prevede la bozza del dl Rilancio. I termini di scadenza degli stati di emergenza dichiarati
e in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non più prorogabili ai sensi della vigente normativa, sono prorogati per ulteriori sei mesi”,

si legge nell’articolo della bozza dove si precisa che "non ne derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.


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E il bello è che se la prendevano con Orban.

Cosa cambia qui?

La fine dello stato di emergenza, dunque, si sposta in avanti di altri sei mesi:
oltre Ferragosto, oltre Natale, ma anche oltre Capodanno, arrivando fino al 31 gennaio 2021.

Lo prevede l’articolo 20 del Decreto Rilancio voluto da Conte, anche se va detto che il testo non è ancora quello definitivo.

Quanto agli effetti sulla finanza pubblica, l’art. 20 esclude “nuovi o maggiori oneri”.

Alle attività connesse alle proroga, si legge, “si provvede nell’ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente per i relativi stati di emergenza”.


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Qui, però, sembra che chi è davvero in stato di emergenza è Conte e il suo governo,
e ormai certo di essere presi d’assalto da cittadini e opposizioni, hanno pensato bene,
Conte in testa, di blindare la poltrona assicurandosi poteri speciali per altri 6 mesi.


La questione è gravissima, oltre che molto delicata.

Come mai, però, nessuno grida al golpe?

Come mai non si levano voci scandalizzate per il pericolo della “tenuta democratica”?

Dove sono quelli dei “poteri speciali” di Salvini che facevano morale a destra e manca?

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Il presidente Cartabia, con la consueta sensibilità istituzionale,
ha qualche giorno or sono colto l’occasione per ricordare che la Costituzione italiana
– a differenze di altre Carte, democratiche pur esse – non prevede e non disciplina lo “stato d’emergenza”

ossia le forme e i limiti della dichiarazione d’emergenza da qualunque autorità sia proclamata (in genere il governo e/o il parlamento).

Lo stato d’emergenza è il prologo più prossimo dello stato d’eccezione e che i poteri repubblicani,
nel vuoto costituzionale, ne avvertano tutta l’ammaliante insidia e il vertiginoso abisso di autorità.

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Come sottolinea anche Il Riformista, “la mancanza di una clausola costituzionale sull’emergenza
manifesta oggi forse uno delle crepe più vistose nell’architettura del sistema disegnato nel 1947
e il vuoto di regole ha finito per ergere a ‘sovrani’ organi e funzioni che la Costituzione
non voleva in alcun modo legittimare in questa posizione assolutistica di autoregolazione delle emergenze permanenti”.
 
A che punto di isteria generale può portare una pandemia?

E’ forse ancora presto per rispondere a questa domanda.

Di sicuro però sappiamo che l’eccesso di zelo nei controlli imposti dalle misure restrittive
sta generando una serie di atteggiamenti quantomeno fuori luogo da parte dei controllori.

Quanto accaduto ieri a Lecce ne è un esempio emblematico.

Una vigilessa ha infatti deciso di interrompere di colpo un funerale di una donna di 32 anni per chiedere i nomi dei presenti
.

Non è uno scherzo, è successo davvero e ovviamente la decisione dell’agente della polizia municipale ha scatenato la furia di amici e parenti della defunta.


La denuncia della madre

“Inaccettabile persecuzione”, ha dichiarato la madre della 32enne che ha scritto a riguardo un’apposita lettera al sindaco di Lecce.

“Non è accettabile che avvenga tutta questa persecuzione durante la celebrazione della messa del funerale di mia figlia Silvia – scrive la madre –
che ha già dovuto sopportare in vita atroci sofferenze e non trovare pace nemmeno nel cimitero durante il suo ultimo saluto
da parte dei congiunti che educatamente erano a 3-4 metri uno dall’altro all’aperto,
continuare imperterrita a disturbare per chiedere nome e cognome col taccuino in mano
mentre il dolore per la perdita della figlia ti attanaglia è veramente deplorevole e squallido”.

E ancora: “Vengo dal cimitero di Bologna dove mia figlia è morta e nonostante si celebrassero i funerali nessun vigile a Bologna
si è mai permesso di assumere atteggiamenti da campo di concentramento, anzi se si avvicinavano era solo per dare le condoglianze e ricordare le distanze.
Allora credo signor Sindaco che la prima cosa che manca a questa vigilessa non sono l’apprendimento delle regole del Decreto,
ma le basi più elementari della buona educazione, del rispetto del dolore atroce per la perdita di una figlia,
del rispetto per la celebrazione funebre e poi non può avere libero arbitrio di modificare le regole a suo piacimento
”.

Rabbia e considerazioni più che legittime, oltretutto questo assurdo episodio è accaduto in una città
dove la polizia municipale non è la prima volta che compie interventi discutibili.

Lo scorso mese, infatti, era scoppiato un altro caso con protagonista sempre una vigilessa:
l’agente aveva fermato un medico per controlli, bloccandolo per un quarto d’ora proprio mentre si stava recando in sala operatoria.
 
Poveri diavoli. Meglio non trovarsi neipanni di un ristoratore.
Chi pagherà questa demenza ?

Arrivano le linee guida per la riapertura di bar e ristoranti stabilite dai tecnici di Inail
e gli scienziati dell’Iss nell’ambito del Comitato tecnico-scientifico.

Sono contenute nel Documento tecnico su ipotesi di rimodulazione delle misure contenitive nel settore della ristorazione,
che guiderà le Regioni nell’intricato percorso delle riaperture del settore attese per il 18 maggio su tutto il territorio nazionale.

Curva dei contagi permettendo.

La prima regola riguarda la decisione di «un limite di capienza predeterminato»,
partendo dalla regola aurea di «Quattro metri quadrati per ogni cliente e 2 metri tra un tavolo e l’altro».

Per capire quante persone potranno accedere all’esercizio si dovrà quindi dividere la superficie del locale per 4 metri
«fatto salvo la possibilità di adozioni di misure organizzative come, ad esempio, le barriere divisorie».

Come recita il documento «la questione del distanziamento sociale assume un aspetto di grande complessità»,
perché data l’ovvia impossibilità di stare a tavola indossando i dpi e,
«in presenza di soggetti infetti da Sars-Cov-2, la possibilità di contaminare stoviglie e posate è alta».

Via libera quindi al «ricambio di aria naturale e la ventilazione dei locali», e «Privilegiare l’uso di spazi all’aperto rispetto ai locali chiusi».

Un altro nodo critico riguarda le distanze.

Gli scienziati raccomandano «una rimodulazione dei tavoli e dei posti a sedere, garantendo il distanziamento dei tavoli non inferiore a 2 metri».

Tra un avventore e l’altro la distanza dovrebbe essere «in grado di evitare la trasmissione di droplets».

La disposizione delle sedie dovrebbe «garantire un distanziamento tra i clienti adeguato».

E infine, al termine di ogni servizio al tavolo, «andranno previste tutte le consuete misure di igienizzazione
rispetto alle superfici evitando il più possibile utensili e contenitori riutilizzabili se non igienizzati».

In arrivo anche l’ennesima autocertificazione, che potra essere presentata dalle famiglie
e che attesterà la parentela così da sollevare i gestori del locale da qualsiasi responsabilità
e che farà guadagnare qualche coperto in più: renderà possibile l’allestimento di tavoli più piccoli risparmiando spazio.

Spariscono il servizio a buffet, i menu cartacei
e i piatti del giorno verranno scritti su lavagne o fogli monouso.

Che allegria.
 
In una situazione in cui le rilevazioni statistiche sono incerte,
in cui la definizione di “Morto per covid” è sottile e difforme a seconda del paese,
non ci si può che affidarsi ad un metro: “I Morti in eccesso”.

Calcolata la media dei decessi degli anni precedenti si confronta con i decessi nei mesi di marzo ed aprile 2020
e, dato che non ci sono state, nei paesi considerati, guerre o terremoti,
l’eccesso di mortalità rispetto alle medie degli anni precedenti è essenzialmente imputabile al COVID-19.

Il Financial Times ha fatto questi dati e ci ha fornito questi grafici:

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Al 12 Aprile +60% Morti;

Paesi Bassi:

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Ah 19 aprile +52% morti.

Francia:

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Eccesso 36%

Passiamo a vedere alcuni paesi nordici.

La Svezia viene spesso elogiata per aver preso delle misure minime di contenimento,
ma confrontiamola con la Norvegia e la Danimarca che hanno preso misure un po’ più strette:

Svezia

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Extra morti +28%

Vediamo ora la Norvegia:

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Non ci sono morti in eccesso

Danimarca:

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Solo +6% di morti.

quindi in genrale i paesi nordici sono stati poco colpiti, ma quelli che hanno preso qualche misura in più lo sono stati anche meno.

Ora passiamo alla penisola iberica:

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Extra morti +60%.

Portogallo

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I morti in eccesso sono stati solo del+10%.

Questo sarebbe un interessante caso di studio: cosa differenzia i due paesi della Penisola Iberica?
I Portoghesi si sono mossi di meno? Una migliore dieta? Un migliore sistema sanitario? Perchè la differenza è notevole.

L’Italia segnava una extra morte del 55%, ma i dati erano fermi al 31 marzo e neppure completi.

Probabilmente l’autore dell’articolo era un po’ pigro e non è andato a controllare ed a sommare i dati più recenti ISTAT.

Comunque sarebbe interessante fare un confronto dei fattori che hanno fatto si che certi paesi siano stati più devastati ed altri quasi risparmiati.

Quali fattori ambientali e comportamentali abbiano agito a differenziare il risultato finale.
 

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