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GIANNI 113

Nuovo forumer
MERCATI AZIONARI ASIATICI E PROSSIMI ANNI ???????????

Molto bello l'articolo di Rampini, ma sto provando a capirne le conseguenze........... se l'economia americana e quella globale subisse (con inflazione e arresto della crescita) un notevole arresto per non dire catastrofe, L'area asiatica con la partenza dei consumi interni potrebbero garantire il sostegno alla sua economia ????? e le borse asiatche ne saprebbero trarre vantaggi.???
Vorrei se possibili i pareri autorevoli di Gipa e Alan.
Grazie
A presto
Gianni 113


Mi permetto di postare un interessante articolo di Rampini che sviluppa alcuni argomenti sui quali ci siamo soffermati:


ESTERI InviaStampaNell'area di Canton le retribuzioni sono aumentate del 20%, a Shanghai del 9%
Allarme della Federal Reserve: la svolta nell'economia di Pechino favorirà l'export di inflazione
La Cina alza gli stipendi
A pagare è l'Occidente
DAL nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI

PECHINO - "È una buona notizia che molti italiani aspettavano da tempo: di colpo i salari cinesi stanno salendo. Il primo settembre in tutta la provincia del Guangdong - la regione industrializzata che ha per capitale Canton, nel Sud della Cina - per decisione delle autorità il salario minimo legale aumenta del 20%. Anche a Pechino e Tianjin i minimi salgono con percentuali a due cifre. A Shanghai che già aveva i salari più alti della Cina scatta un aumento per legge del 9%. In alcune zone e settori industriali in pieno boom scarseggia la manodopera qualificata e i salari reali salgono ancora di più dei minimi legali. La notizia dovrebbe rallegrarci se abbiamo a cuore la condizione dei lavoratori, i diritti umani, il tenore di vita e la situazione sociale nei paesi emergenti.

Ma molti in Italia aspettavano questo momento per un'altra ragione: la speranza che la Cina diventi meno competitiva, che rallenti l'invasione dei prodotti asiatici, che l'industria italiana e il nostro mercato del lavoro ne abbiano un beneficio. Queste aspettative saranno deluse. Il rialzo dei salari cinesi per la nostra economia non è affatto positivo, al contrario.
Per capire l'impatto di questi aumenti salariali su di noi è utile seguire quel che si è detto in questi giorni in un luogo distante diecimila chilometri dallo smog delle ciminiere delle fabbriche tessili del Guangdong. In una esclusiva località di villeggiatura sulle Montagne Rocciose degli Stati Uniti, a Jackson Hole nel Wyoming, ogni anno a quest'epoca si riunisce il Gotha dei grandi banchieri americani. A organizzare il ritiro è il loro sommo sacerdote, il presidente della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti. Il vertice estivo di Jackson Hole è un appuntamento importante perché il banchiere centrale americano lo usa per misurare lo stato dell'economia nel paese più ricco del mondo.

Quest'anno, sorprendendo la sua audience, il nuovo presidente della Fed Ben Bernanke ha dedicato tutto il suo intervento alla Cina, all'India e alle altri "tigri" asiatiche. E' stato un discorso appassionato e affascinante, da grande accademico (quale Bernanke era prima di succedere ad Alan Greenspan) più che da tecnocrate. Il timoniere del dollaro ha evocato altre epoche che prefigurarono forme di globalizzazione, dall'Impero romano alla scoperta dell'America, dal colonialismo europeo all'apertura del canale di Suez.
La sua conclusione è che nessun antecedente storico può aiutarci a capire la rivoluzione che stiamo vivendo.

"La dimensione e velocità del cambiamento non hanno precedenti", ha detto. Ci vollero secoli perché le scoperte di Cristoforo Colombo trasformassero il mondo, mentre l'emergere della Cina come il nuovo centro manifatturiero del pianeta ha sconvolto l'economia e la geopolitica mondiale in soli 30 anni.
"L'ascesa della Cina e dell'India significa che la maggioranza dell'umanità oggi è impegnata nell'economia globale. Non ci sono analogie storiche per uno sviluppo di questa portata".
L'attenzione di Bernanke non è solo di natura storica. Il banchiere centrale Usa ha voluto sottolineare due aspetti fondamentali del boom cinese densi di conseguenze per le economie sviluppate e per la politica monetaria.

Primo: in questi anni la Cina vendendoci i suoi prodotti ci ha anche esportato "dis-inflazione". Offrendo bassi prezzi ai consumatori europei e americani, Pechino ha agevolato il mestiere delle nostre banche centrali: lo "sconto cinese" su computer, telefonini, abiti e scarpe ha tenuto bassa la nostra inflazione ben più di quanto avrebbero potuto fare le autorità monetarie manovrando i tassi d'interesse. In tutta l'Europa, per esempio, dal 1996 al 2005 l'inflazione importata è stata inferiore del 2% all'anno di quel che sarebbe stata senza il "made in China".
La seconda caratteristica singolare di questa globalizzazione è che da anni la Cina finanzia generosamente gli Stati Uniti perché investe in Buoni del Tesoro Usa i suoi immensi attivi commerciali. Anche qui non ci sono precedenti storici. In quel primo esperimento di globalizzazione che ebbe luogo nell'Ottocento quando l'Impero britannico era la superpotenza industriale e militare del momento, fu Londra a finanziare i paesi emergenti, non il contrario. Oggi la banca centrale cinese ha le più ricche riserve valutarie del mondo, mille miliardi di dollari, ed investendole negli Stati Uniti ha tenuto a galla finora la crescita americana. L'elemento allarmante nel discorso di Bernanke a Jackson Hole e nel dibattito che ha aperto fra gli esperti americani, è la sensazione che la manna cinese possa avvicinarsi alla fine. Un motivo per temerlo sono proprio le conquiste salariali degli operai del Guangdong. Il New York Times ha raccolto una casistica di imprese americane - dai giocattoli all'abbigliamento - che di colpo si vedono imporre dei rincari dal 5% al 10% dai propri fornitori situati sul Delta delle Perle (tra Canton e Hong Kong).
Un altro campanello d'allarme nei giorni scorsi è suonato quando la più grande catena americana di ipermercati, Wal-Mart, è stata costretta ad ammettere il sindacato nelle sue filiali cinesi. Un evento clamoroso perché in America Wal-Mart ha sempre avuto una strategia anti-Unions, si rifiuta di assumere dipendenti che siano iscritti a un sindacato.

A Pechino invece ha dovuto piegarsi al diktat del governo. La svolta è meno radicale di quel che sembri perché il sindacato ufficiale in Cina è subordinato al governo e non si è distinto per la sua capacità di difendere gli interessi dei lavoratori. Per quanto limitato, anche questo però è un passo che segnala un cambio di direzione. Fino a poco tempo fa le 150.000 imprese straniere presenti in Cina - incluse tante note multinazionali americane, europee, giapponesi e coreane - potevano fare a meno di avere un solo delegato sindacale in fabbrica. Ora il governo di Pechino ha deciso di far entrare il suo sindacato negli stabilimenti stranieri proprio nello stesso periodo in cui scattano gli aumenti dei minimi salariali. Ciò conferma che il regime autoritario cinese è preoccupato dalle tensioni sociali: nel Guangdong da due anni si moltiplicano le fughe di notizie che rivelano scioperi selvaggi, illegali e spesso repressi duramente.

Non è un caso che sia la regione più ricca e sviluppata quella dove la conflittualità sociale esplode per prima. Lì dove si è creata una situazione di "piena occupazione" i lavoratori hanno finalmente un maggiore potere contrattuale e rivendicano miglioramenti nelle loro condizioni di vita. Un fenomeno che alimenta queste tensioni è il calo dell'immigrazione dalle campagne. O perché l'agricoltura del Guangdong è diventata più produttiva, o perché i salari offerti dalle fabbriche non sono abbastanza attraenti, la marea di contadini pronti a offrire le loro braccia per salari miseri è meno travolgente di qualche anno fa.

Non saranno però i lavoratori americani o europei a trarre un vantaggio dal rincaro della manodopera cinese. Gran parte dei mestieri industriali che si sono trasferiti in Cina non torneranno mai più nei vecchi paesi ricchi: non solo il tessile-abbigliamento o il calzaturiero, ma anche settori tecnologici come i computer e le macchine fax, le stampanti e le fotocopiatrici, i telefonini e l'elettronica di consumo, si sono trasferiti in Asia in pianta stabile. E' escluso che un cambiamento nei salari cinesi possa far scattare la reindustrializzazione di paesi ricchi che hanno visto fuggire le loro fabbriche in Estremo Oriente. Il differenziale nei costi resterà comunque per molti anni o decenni a favore della Cina, e poi dietro di lei spuntano nuove tigri asiatiche dai costi più bassi, come il Vietnam, pronto a fare concorrenza ai cinesi.

Nell'immediato dovremo semplicemente pagare più caro un "made in China" che non ha alternative. Esaurita la dis-inflazione, Pechino può cominciare a esportarci inflazione anche sui prodotti finiti, dopo aver già spinto al rincaro con la sua vorace domanda il petrolio e tutte le materie prime. Il perdente in questo caso sarebbe il consumatore, italiano o americano. Un altro rischio avvistato da Bernanke e dai mercati finanziari americani, è che la Cina diventi un po' meno generosa nel reinvestire le sue ricchezze in Buoni del Tesoro del debito federale di Washington. Insieme con il crac del mercato immobiliare americano e con il rischio-inflazione, un calo degli investimenti cinesi in dollari completerebbe le condizioni per una recessione americana e mondiale. Da anni aspettavamo questo momento: l'inizio di qualche forma di conflittualità sociale in Cina, il risveglio dei lavoratori nel paese più grande del mondo. Non avremo tempo di rallegrarcene, e già sarà il momento di vedere il rovescio della medaglia.
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gipa69

collegio dei patafisici
Nonsoniente ha scritto:
Ciao Catullo interessante l'articolo che hai postato sulla Cina.

Colgo l'occasione per esplicitare la mia visione di breve/ medio (due/tre mesi) sul mercato Italiano usando l'analisi tecnica:

La discesa di giugno che ha portato il nostro contratto da 38450 a 34630 la catalogo come una A.
da quel punto è partita la B (onda correttiva a salire) così composta:

a/B da 34630 a 36980 = 2350

b/B da 36980 a 35260

c/B in corso da 35260.

Obiettivo minimo della c/B= 2350 + 35260= 37610 fatto

Obiettivo ideale 2350*1,618 = 3800+ 35260= 39060.

Finita la c/B dovrebbe inziare la C a scendere che come minimo dovrebbe avere la stessa ampiezza della A.

Questa visione di Elliott mi coincide con la visione ciclica che prevede la chiusura del ciclo annuale partito a fine ottobre 2005 da 31700 circa fra ottobre e novembre 2006

Un saluto a tutti.


Personalmente l'analisi ciclica basata sul secondo anno del ciclo presidenziale USA mi da gli stessi risultati sulle borse Americane.

Preferisco però valutarle con gli elementi intermarket di cui al post precedente per evitare sorprese in quanto mi danno un segnale abbastanza leggibile di eventuale inversione.

Ciao mauro :)
 

gipa69

collegio dei patafisici
Re: MERCATI AZIONARI ASIATICI E PROSSIMI ANNI ???????????

GIANNI 113 ha scritto:
Molto bello l'articolo di Rampini, ma sto provando a capirne le conseguenze........... se l'economia americana e quella globale subisse (con inflazione e arresto della crescita) un notevole arresto per non dire catastrofe, L'area asiatica con la partenza dei consumi interni potrebbero garantire il sostegno alla sua economia ????? e le borse asiatche ne saprebbero trarre vantaggi.???
Vorrei se possibili i pareri autorevoli di Gipa e Alan.
Grazie
A presto
Gianni 113
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In estrema sintesi perchè l'argomento è massiccio e sto giusto aggiornandomi :D

Il beneficio ci sarà se la cosa verrà fatta con equilibrio... attualmente la Cina è squilibrata quanto gli USA e ne è il suo contraltare.
Non sono tanto d'accordo con Bernanke sulla mancanza di analogie con la crescita attuale indiana e cinese in quanto in realtà le analogie si possono trovare con la prima industrializzazione delle tigri asiatiche e del sud america negli anni 80 in termini relativi.

Sicuramente l'impatto è notevole per quanto riguarda i consumi di risorse che essendo per loro natura limitate subiscono la crescita della domanda.

Vi sono delle differenze dovute alla velocità del processo ed agli strumenti utilizzati
(su questo sono d'accordo con Bernanke).


Per quanto riguarda l'aumento dei salari cinesi al momento non è considerabile un problema in considerazione dell'impatto limitato che essi hanno sul costo complessivo del prodotto venduto nei paesi occidentali.
A parte che per il momento la trasmissione dell'aumento di questi costi non si vede in quanto le ultime statistiche danno che il costo della merce esportata dalla Cina aumenta in misura inferiore rispetto allo scorso anno e si sta riavvicinando allo zero, il problema si potrebbe al momento presentare più per le imprese che per i consumatori.
Un conto a vendere la merce prodotta in Cina ai prezzi occidentali ed un conto e venderla in Cina ai prezzi Cinesi. Per mantenere le quote sui mercati attualmente più ricchi non si può che mantenere i prezzi più stabili possibili tenuto conto del travaso di ricchezza che sta avvenendo.

I problemi elencati in questo articolo avranno comunque maggiore impatto quando e se le Banche centrali mondiali si imbarcheranno in una nuova fase di ciclo al ribasso dei tassi.


Per quanto riguarda le borse asiatiche certamente usufruiranno di questo sviluppo ed hanno il potenziale per sovraperformare le borse europee e americane ma anche in quel caso è la selezione che permetterà le sovraperformance vere.
 

gipa69

collegio dei patafisici
Questo è uno degli squilibri che stanno cercando di sistemare....

SHANGHAI, Aug 30 (Reuters) - China's yuan <CNY> extended gains against the dollar in late trade on Wednesday, after hitting a fresh post-revaluation high early in the day, buoyed by a report that Beijing may widen the currency's trading band.

The yuan was also supported by expectations for an IMF meeting in Singapore next month which China's central bank chief, Zhou Xiaochuan, and other senior officials are expected to attend.

The currency closed at 7.9587 after reaching as high as 7.9565 to the dollar earlier in the day, its highest level since it was revalued by 2.1 percent and depegged from the dollar in July 2005. It has now appreciated a further 1.90 percent since the policy change.


The currency's previous high since the revaluation was 7.9605, hit on Tuesday after a central bank publication suggested in its commentary that Beijing should raise interest rates further and "adjust" the yuan exchange rate "if necessary".

The yuan closed at 7.9622 on Tuesday.

"The market is stimulated by the report that China may widen the yuan's trading bank, and many translated it as the latest signal that the central bank may allow the yuan to rise faster in near term," said a forex dealer at an Asian bank in Shanghai.

The official China Securities Journal said on Wednesday China was likely to widen the yuan's trading band versus the dollar to help curb speculation and allow the currency to appreciate faster. It did not say by how much the band might be widened.

"On the surface, widening the band points to bigger room for the yuan to appreciate to help rein in excess liquidity, but a more fundamental impact is that greater currency flexibility enables the yuan to rise or fall more sharply and, therefore, increase the cost for speculative capital," the newspaper said citing local economists and market watchers.
Currently, the yuan may rise or fall 0.3 percent a day from a mid-point set each morning by the central bank, although it has never moved that far.

"As the report didn't say by how much the band would be widened, the market was left to speculate," said another dealer at a major Chinese bank in Shanghai. "Indeed, the report provided investors plenty of room for their imagination."

The yuan was also supported by the dollar's retreat against the yen on global markets, dealers said.

The central bank did not come into the market to buy dollars aggressively to curb the yuan's strength, dealers said, after it set the yuan's mid-point at 7.9598 on Tuesday morning, the highest ever mid-point.


Many traders view 7.9550 as the market's psychological target for coming days or weeks.
 

alan1

Forumer storico
Re: MERCATI AZIONARI ASIATICI E PROSSIMI ANNI ???????????

GIANNI 113 ha scritto:
Molto bello l'articolo di Rampini, ma sto provando a capirne le conseguenze........... se l'economia americana e quella globale subisse (con inflazione e arresto della crescita) un notevole arresto per non dire catastrofe, L'area asiatica con la partenza dei consumi interni potrebbero garantire il sostegno alla sua economia ????? e le borse asiatche ne saprebbero trarre vantaggi.???
Vorrei se possibili i pareri autorevoli di Gipa e Alan.
Grazie
A presto
Gianni 113

Argomento già affrontato nel 2001-2-3-4.
Importeremo inflazione.

Parliamo di tempi ben diversi da quelli tipici del trader,
e anche di quelli dell'investitore,

il Macrociclo economico dura 40-50 anni e siamo ca. a metà strada,
pertanto parliamo dei prossimi 4-5 lustri.

L'economia occidentale è destinata alla stagflazione.
L'economia globale non potrà essere sostenuta dall'Asia.

Le borse asiatiche sicuramente avranno maggior forza relativa, ma non potranno brillare.

Gli asset azionari più redditizi saranno quelli legati alle materie prime.
 

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