MI PIACE IL MARE D'INVERNO. LUI CI METTE LE ONDE, IO CI METTO I PENSIERI.

Ma resta un argomento assurdo pure per altri due motivi.

Intanto, perché non è l’unione coatta a scongiurare i massacri.

Spesso accade (ed è accaduto molte volte nella storia) esattamente il contrario.

Sono lì a dimostrarcelo le sorti dell’Impero austroungarico, imploso anche per l’irriducibile diversità delle nazioni che lo componevano,
da cui scaturì lo spirito irredentista delle minoranze oppresse.

Più di recente, basta pensare alla Jugoslavia dove un progetto in provetta di unione tra popoli con storie e tradizioni differenti
si è risolto – una volta cessato il regime dittatoriale che li cementava – in una guerra “civile” per riconquistare la libertà.

Con l’URSS, solo un miracolo ha impedito la stessa degenerazione.


In secondo luogo, ammesso e non concesso che l’unificazione tra Stati (e popoli) diversi sia una garanzia di pace tra le nazioni compartecipi del piano di unificazione,
non lo è di certo nei confronti degli Stati o delle alleanze di Stati esterni a quel piano.


Riflettete sul periodo della guerra fredda.
Forse non c’è mai stata un’epoca storica così densa di “unificazioni”.
Non a caso si parlava di mondo bipolare, di “due blocchi”: da un lato gli Stati Uniti d’America, dall’altro l’Unione Sovietica.
Ciascuna superpotenza era, a sua volta, contornata da un numero impressionante di staterelli inglobati nella sfera di influenza di uno dei due colossi.

Eppure, mai come allora siamo stati vicini a una devastante guerra mondiale, addirittura alla deflagrazione atomica totale.

A dimostrazione che unirsi in blocchi, federazioni, alleanze non è affatto garanzia di pace.

Implica, infatti, iniziare a competere con altri blocchi, altre federazioni, altre alleanze.

E in effetti, oggi ci sentiamo ripetere a ogni piè sospinto che l’Unione europea deve “rispondere alle sfide” dei grandi player globali come Cina, USA, ecc.,
oppure che deve rafforzare le proprie strutture interne in una logica di sempre maggiore coesione centralizzata per “competere” nell’arena globale.

Esattamente ciò di cui abbiamo parlato nel precedente capitolo, come ricorderete.

Vi diranno: si tratta solo di competizione commerciale!

Ricordategli (lo abbiamo già evidenziato in precedenza) che è proprio questa logica “bellicosa” negli affari
ad aver condotto ai disastri dell’imperialismo e al primo conflitto mondiale.


E c’è dell’altro: non sta scritto da nessuna parte che popoli e nazioni dalla storia tribolata
non possano imparare a convivere pacificamente pur mantenendo i propri confini,
la propria autonomia politica e la propria indipendenza amministrativa.

Sono i decenni immediatamente successivi al ‘45 a dimostrarlo.


I migliori anni della “nostra” vita sono stati quelli successivi al termine della seconda guerra mondiale,
quando i popoli europei riuscirono a dimostrare a se stessi e all’intero pianeta di essere in grado di dar vita a uno dei periodi più prosperi,
pacifici e solidali della storia umana senza per questo rinunciare alle proprie libertà e sovranità nazionali.


Quel magico ventennio dalla fine degli anni Quaranta alla fine degli anni Sessanta
– prima dei successivi tumultuosi lustri della contestazione e del terrorismo rosso e nero –
fu caratterizzato da cooperazione, intra-europea, certo.

Ma senza alcuna delle sovrastrutture para- sovietiche che oggi, di fatto, inibiscono scelte e politiche, soprattutto economiche, ai singoli Stati del continente.


Insomma, non c’era Maastricht, non c’era Lisbona (intese come trattati), non c’erano l’attuale Commissione europea
(pur essendo stata introdotta una Commissione già nella CEE) né il Parlamento Europeo né la BCE. Eppure, la pace regnava sovrana.


Ma vi è di più.

Non solo la UE sicuramente non ci ha “garantito” la pace, come ci suggerisce la fallacia in esame,
ma (per una sfortunata coincidenza, beninteso) ci ha “portato” la guerra in casa; o, quantomeno, ci ha introdotto a un periodo storico
– quello successivo alla firma del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 – in cui abbiamo nuovamente sperimentato
la belligeranza sul suolo europeo per la prima volta dopo la fine del secondo conflitto.

Ci riferiamo, ovviamente, alla contesa armata nella ex Jugoslavia costata oltre 100.000 morti e a cui anche lo Stato italiano diede il suo contributo tramite la NATO.


E vogliamo parlare dei costi della crisi?

In un interessante articolo apparso il 27 giugno 2018, Claudio Bernabè dimostra, grafici e statistiche alla mano,
come la crisi del 2008 (aggravata, se non proprio causata, dalla struttura della moneta unica e dalle politiche di austerity)
abbia determinato conseguenze peggiori, in termini di PIL per i cittadini europei, delle guerre mondiali:


"Da questo raffronto si evidenzia in maniera palmare che, mentre la seconda guerra mondiale
ha comportato pesanti perdite di reddito (complessivamente circa il 130% del Pil annuale),
ma molto concentrate in termini temporali, la crisi del 2008 e l’austerità ad essa associata
ha causato perdite più contenute in termini assoluti, ma costanti nel tempo (pari ad una perdita complessiva di oltre il 171% del Pil annuale). "

Detto in altre parole: "la prima guerra mondiale ha azzerato l’equivalente di 7 mesi di reddito,

la seconda guerra mondiale ne ha cancellati 16,

mentre la crisi 2008 e le politiche procicliche hanno cancellato l’equivalente 21 mesi di reddito (quasi due anni di stipendio)!


Ma non basta! La perdita di reddito causato dalle due guerre mondiali messe insieme
sono paragonabili a quella che abbiamo avuto dal 2008 ad oggi, e la crisi non è ancora finita!"


Alla luce di questi dati potremmo addirittura concludere come segue:

il miglior modo per rispondere a chi usa l’argomento ad misericordiam
(per indurci ad avallare in tutto e per tutto, e fino in fono, il grande sogno degli Stati Uniti d’Europa)
è ricordargli che, proprio “ad misericordiam” – e cioè per il bene di tutti i popoli europei –
sarebbe meglio far finire al più presto questo esperimento scellerato.


Chi usa tale argomento vi sta imbrogliando, felice di farlo.


Onde rintuzzarne le intenzioni e disinnescare l’efficacia del “trucco”, è sufficiente un po’ di conoscenza della storia europea e mondiale.
 
Gli ottavi di finale di Champions League


  • Borussia Moenchengladbach – Manchester City
  • Lazio – Bayern Monaco
  • Atletico Madrid – Chelsea
  • Lipsia – Liverpool
  • Porto – Juventus
  • Barcellona – Paris Saint Germain
  • Siviglia – Borussia Dortmund
  • Atalanta – Real Madrid
 
Se non fosse tragico, ci sarebbe da ridere.

Un Giudice della Repubblica pronuncia una sentenza
con la quale riconosce il difetto di imputabilità dell’imputato e il ministro che cosa fa?

Manda gli ispettori, anch’essi magistrati, affinché verifichino se le cose sono state fatte per bene o no.


L’avesse fatto Matteo Salvini, le strade sarebbero giustamente piene di Sardine, epigoni dell’Anp, magistrati e avvocati,

tutti uniti nel dire ad alta voce che i Giudici sono indipendenti e soggetti soltanto alla legge.


Invece, no.

Tutti allineati.

Silenzio.


Lo stesso silenzio – neppure imbarazzato, ma sommamente imbarazzante – cui avevamo assistito quando un magistrato disse

che, sebbene avesse ragione, Salvini (sempre lui, ma guarda un po’) doveva essere perseguito.



Dovrei sorprendermi per il silenzio del Partito Democratico,
nel quale militano molte persone che di Giustizia ne sanno (o dicono di saperne), ma non mi stupisco:
si può tollerare un Guardasigilli maldestro, purché regga il Governo.


D’altra parte, si può tollerare un Presidente del Consiglio che occulta i dati sui quali fonda i suoi mirabolanti decreti ?


Si può tutto, qui, in nome della correttezza istituzionale, come la chiamano loro.

Si può sopportare (anche) un’aggressione all’indipendenza della magistratura,
dimenticando che si tratta di una garanzia per i cittadini e non di un privilegio dei magistrati.

D’altra parte – ricordate le reazioni ai provvedimenti dei magistrati di sorveglianza,
rei di avere applicato la legge (udite, udite) nei confronti di perfidi mafiosi? – non è la prima volta che accade e non sarà neppure l’ultima.


Tutto questo dovrebbe preoccuparmi.

Molto, anche.

In realtà, come si suole dire, la prendo sul ridere.

Mi segno anche questa e di fianco mi annoto le reazioni di coloro che si stracciano le vesti
per gli errori dei cattivi, ma consentono agli amici di recare sfregio alla Costituzione.


Oltre il 2023 non potete andare.



Questa è la buona notizia.
 
Chiunque sia chiamato ad esprimere il suo giudizio sulla condotta di una persona
sa che non potrà sottrarsi dal formulare a se stesso la domanda se la decisione emessa corrisponda o no a Giustizia, essendo quello il fine perseguito.

Allo stesso modo, chi si confronterà con il verdetto, per valutarlo, si chiederà istintivamente se sia giusto.


Sembra tutto semplice, ma non lo è.

Il fatto è che noi non sappiamo che cosa sia – davvero – la Giustizia e, purtroppo,
siamo orientati a darne una definizione condizionata dai nostri pregiudizi ideologici,
culturali, o addirittura politici e religiosi.


Confondiamo i concetti di legge e di Giustizia, tristemente.


Alf Ross, sulla scia tracciata da Kelsen, si soffermò a lungo sulla questione,
giungendo a conclusioni che, a distanza di anni, continuo a ritenere condivisibili.

Disse, ad esempio, che una cosa sono le regole del gioco degli scacchi, mentre altra cosa è la strategia di gioco.

Una bella mossa, dunque, è tale a condizione che sia conforme alla regola.

Un arrocco consentito, sebbene inefficace, mai potrà essere considerato sbagliato.

Magari, non piacerà, ma non sarà una violazione della regola.

Ho ispirato tutta la mia vita a queste semplici proposizioni, facendo della regola di legge il punto di riferimento necessario di ogni mia iniziativa.


L’ho fatto per scongiurare il rischio che le mie convinzioni morali potessero piegare i precetti e diventare strumento di oppressione, illiberale.


Quando vedo un ministro reagire ad una decisione che non condivide,
mi domando, prima di tutto, se si sia chiesto se il verdetto venne pronunciato in violazione della legge.

Quando mi accorgo che il dissenso del ministro scaturisce dai suoi principi morali
(uno dei quali è: condannate comunque gli assassini), mi vengono i brividi,
e comincio a pensare che, nonostante tutto, il mio formalismo,
con tutti i limiti della teoria alla quale si ispira, non farà mai del male a nessuno,
a differenza del livore inquisitorio e giacobino di questo ministro,
che non ha mai avuto la fortuna di incontrare Locke sulla sua strada
e che – temo – se lo avesse incrociato, non lo avrebbe riconosciuto.
 
Quello che più colpisce e soprattutto dispera, è la remissività con la quale Paese e opposizione stiano sopportando, in silenzio,

la sottomissione ad un Governo ed a una maggioranza di incapaci e inetti, che nessuno ha mai votato

e che si è formata solo per l’obbedienza prona ai diktat franco-tedeschi.


Perché sia chiaro a parti invertite nessuno, compreso il Colle,

avrebbe consentito a una accozzaglia di centrodestra di mettersi assieme con la scusa dei numeri in Parlamento

e contro la maggioranza elettorale reale del Paese, per non parlare del fatto che sempre a parti invertite,

se il centrosinistra avesse avuto 15 Regioni su 20, avrebbe bloccato e assediato l’Italia fino ad ottenere un ribaltone oppure il voto.



Insomma, che vi sia stata una forzatura, uno strappo chiaro
ed una mortificazione sia della democrazia che dello spirito più autentico della carta,
nell’assenso al Governo giallorosso oramai è evidente e lampante,
ancora di più perché da un anno il Conte bis non ne azzecca una
e sta portando l’Italia alla rovina e alla devastazione, senza che nessuno dica o faccia niente,
dal Colle al centrodestra compreso.


Per farla breve, per assistere al precipizio del proprio Paese finito in mano a incapaci ce ne vuole,
perché se fosse stato il contrario, avremmo potuto dire “sono ipocriti e spergiuri ma sanno governare”,
invece nemmeno questo anzi, il peggio, visto che da quando i giallorossi guidano il Paese si sono aperte le porte dell’inferno.



Tanto è vero che tra loro fanno a cazzotti e anziché ai drammi dell’economia, della pandemia, della crisi sociale,
pensano a come restare in piedi con qualche escamotage che assegni a tutti un po’ di potere e posti in più,
ecco perché si minacciano, ricattano, lanciano ultimatum e così via.


Insomma, vi sembra normale che mentre l’Italia che vorrebbe lavorare, quella che non è statale ma disperata,
impaurita, assediata dai debiti da chiusura, dal rischio fallimento e licenziamento,
i giallorossi parlino di verifica, vertici, rimpasti, blindatura di potere, nuovo slancio di coalizione,
e idiozie varie solo per evitare il rischio di un nuovo voto ?


Perché sia chiaro, mettiamoci in testa che le tenteranno pur di non farci votare col rischio che vinca il centrodestra,
insomma il diktat è

“fino al 2023 a costo di distruggere l’Italia e gli italiani, non si deve votare,

anzi più si distrugge e meglio sarà per chi alla fine dovrà comprarci e sottometterci definitivamente”.



Per farla breve l’obbiettivo è portare il Paese alla fame, al debito stellare, al deficit esplosivo, allo scoramento sociale,
ridurlo in stracci al punto da dover accettare tutto a partire dalla Troika,
dal commissariamento dell’asse franco-tedesco, dall’esproprio finale di sovranità nazionale.


Del resto scusate se tutto ciò non fosse vero per quale ragione si insisterebbe nel tenere in vita contro ogni logica un Governo che litiga,
si ricatta, è sempre sull’orlo della crisi, non ne azzecca una, ha bruciato il 10 percento del Pil,
ha lasciato che i clandestini riprendessero ad invaderci, ha esteso la spesa pubblica senza controlli
al punto che solo di reddito di cittadinanza si sprecano miliardi per darli ai delinquenti, malfattori, evasori senza che si batta ciglio.


Per quale ragione si tiene in vita con le scuse più ipocrite del tipo non si può votare
perché a gennaio,
perché i mercati,
perché la pandemia,
perché la crisi,
insomma una montagna di bugie, per mantenere esecutivo che è chiaramente incapace e lesivo della ripresa e del bene collettivo?


Per quale ragione ci obbligano ad assistere al teatrino più vergognoso di una maggioranza che vive solo di ricatti,
minacce, ultimatum, al punto di bloccare decisioni, vertici, consigli dei ministri, insomma perché?


È evidente che ci siano motivi per obbligare l’Italia alla vergogna che vediamo,
è evidente che ci sia lo zampino della Ue coi suoi finanziamenti, col Recovery e il Next di mezzo,
insomma c’è un diktat preciso che ci obbliga a subire un esecutivo e una maggioranza di incapaci che ci porta alla rovina e basta.


Tanto è vero che perfino l’opposizione di centrodestra anziché fare il diavolo a quattro, aiuta conte,
è remissiva, parla di governissimo, di confronto costruttivo, insiste nel dialogo e nella vicinanza a conte in tutti i modi.


Perché questa smania di collaborazione?


Insomma, diciamoci la verità, gatta ci cova e delle due l’una

o il centrodestra si conferma, inconsistente e poco raccomandabile visto che non è in grado nemmeno di fare opposizione come dovrebbe e potrebbe,

oppure è complice di un obbligo dal quale l’Italia non può sottrarsi a conferma della fine di ogni nostra sovranità e autorità nella Ue.



Sia come sia la certezza è che siamo costretti a subire ,una compagine di inadeguati,
che stanno bruciando centinaia di miliardi senza alcun risultato,

stanno chiudendo l’Italia senza un programma di rilancio successivo,

stanno emanando dpcm a ripetizione senza una strategia e una logica contro la crisi,

stanno sbandando di fronte alla pandemia, al vaccino e alle soluzioni sanitarie,

stanno riducendo alla fame e alla disoccupazione centinaia di migliaia di aziende e milioni di lavoratori,

stanno a zero coi progetti di investimento del recovery ,

insomma materia da rivoluzione altroché collaborazione.


Addirittura c’è chi parla di Conte ter, roba da matti, sarebbe il terzo governo diverso guidato da un premier mai votato
e che si è distinto solo per promesse mancate, show televisivi, gaffe a gogò, paroloni vuoti e retorici, chiacchiere e distintivo per farla breve.


Ecco perché diciamo sottomessi da incapaci e costretti a subire in silenzio la distruzione del nostro Paese,

un fenomeno di masochismo politico che ci mancava e che ancora una volta la sinistra ha imposto stavolta in accordo coi grillini,

e allora è inutile lamentarsi della Azzolina, di Speranza, di Boccia oppure peggio di Di Maio e per finire Conte, perché chi è causa del suo mal pianga sé stesso.


SVEGLIA
 
Nel 2023 non ci sarà più :ola: ....speriamo di esserci ancora.


Il ministro Boccia protesta veementemente per gli assembramenti che si sono prodotti in alcune città
per gli acquisti natalizi ed il desiderio di avere un’idea di vita normale.


Tutte cose inaccettabili per dei ministri che vivono per rendere la vita altrui un inferno di controlli sovietici.


Questa ora d’aria eviterà che qualche migliaio di aziende venga a fallire, come faranno altre centinaia di migliaia.


Si parla ora, per reprimere questi assembramenti, si parla di seguire l’esempio della Merkel che,
da una posizione completamente diversa, ha deciso delle restrizioni molto rigide in Germania.

Questo paese non proviene da lockdown comparabili a quello italiano,
ma da un regime molto blando dove, pur con controlli e cautele, tutto era aperto.

Ora possono permettersi di poter stringere un po’.


Boccia e il governo vogliono imitare l’ operazione Merkel, ma per le chiusure, non nei rimborsi,

dove la Germania ha rimborsato il 75% del fatturato perso, noi solo il 25% del
le perdite, manco del fatturato.



Perché le uniche code che vuole il governo sono quelle alle mense dei poveri, come vedete nel video qui sotto.

Code lunghissime dovute ad una gestione del Covid-19 che ha massimizzato mortalità e povertà.

 
1607958877596.png


Con quella faccia un po' così
Quell'espressione un po' così
Che abbiamo noi prima di guardare Boccia
E ben sicuri mai non siamo
Che quel posto dove andiamo
Non c'inghiotte non torniamo piu'

Eppur parenti siamo un po' di quella gente che c'e' lì
Che in fondo in fondo è come noi selvatica
Ma che paura che ci fa quel mare scuro
Che si muove anche di notte
Non sta fermo mai

Boccia per noi che stiamo in fondo alla campagna
E abbiamo il sole in piazza rare volte
E il resto è pioggia che ci bagna
Boccia dicevo è un' idea come un' altra

Ma quella faccia un po' così
Quell'espressione un po' così
Che abbiamo noi mentre guardiamo Boccia
Ed ogni volta l'annusiamo
Circospetti ci muoviamo
Un po' randagi ci sentiamo noi
............
 
Natale e Capodanno in zona rossa: il governo Conte sta valutando un ulteriore giro di vite per le festività.

La decisione potrebbe arrivare già nella giornata di oggi.

Quello che preoccupa l’esecutivo giallofucsia è che l’Italia sotto Natale sarà tutta gialla: troppa libertà per gli italiani.

Come minimo bisognerà tornare alla zona arancione, almeno nei giorni di festa.

L’obiettivo è vietare gli spostamenti.

E a dire che con conclamata schizofrenia il governo aveva aperto alla possibilità di permettere di uscire dai piccoli comuni.

Misura che farebbe il paio in palese contraddizione con la stretta valida per l’intero territorio nazionale.


La stretta a cui sta pensando il governo riguarderebbe l’intero territorio.

Tra le restrizioni straordinarie anche la chiusura di bar e ristoranti a pranzo.

Un dietro front che danneggerebbe ulteriormente il settore della ristorazione.

E comunque se non sarà rossa, l’Italia a Natale sarà arancione.

Con tutto quello che comporta a livello di divieti e restrizioni.


Resta da capire per quanto tempo sarà in vigore il giro di vite natalizio.
Forse soltanto dal 24 dicembre al primo gennaio. Ma forse sarà in vigore fino al 6 gennaio
.

Per l’intera durata delle festività, insomma.

Allo studio anche una soluzione meno dura, con restrizioni valide soltanto nei giorni di festa.


Tuttavia non è escluso che la stretta inizi già con il fine settimana del 19-20 dicembre.


Per impedire agli italiani di tornare a casa per Natale.

Sarebbe una misura durissima, perché è ovvio che chi può permetterselo a livello economico
sfrutterebbe questi giorni “normali” per ricongiungersi alla famiglia prima dell’entrata in vigore delle restrizioni.


In ogni caso, bisognerà aspettare l’esito della riunione di oggi con il Comitato tecnico scientifico.

Al vertice ci saranno anche i capidelegazione della maggioranza e il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.

Obiettivo: scongiurare gli assembramenti visti in questo fine settimana con la corsa allo shopping natalizio
e il ritorno in bar e ristoranti.


“Dobbiamo continuare a impegnarci e a mantenerci vigili per contrastare il contagio”, scrive su Facebook il premier Giuseppe Conte.

Mentre il ministro per le Politiche agricole, la renziana Teresa Bellanova, chiede
“coerenza. Confrontiamoci con la comunità scientifica e decidiamo misure coerenti e comprensibili.
Anche più restrittive di quelle attuali, se necessario, ma comprensibili. Perché solo così i cittadini saranno indotti a rispettarle”.


A ribadire la linea della durezza anche il Pd.
“Alla luce di un sicuro aumento del rischio di assembramenti dovuto al periodo delle festività
e alle raccomandazioni alla prudenza e responsabilità del Cts,
occorre valutare l’adozione di nuove misure che garantiscano il contenimento dei contagi“.

È quanto emerge da riunione dei ministri dem con i capigruppo di Camera e Senato, il segretario Zingaretti e il vicesegretario Orlando.


Niente da fare dunque per chi si aspettava una deroga ampia rispetto al divieto di spostamento tra comuni imposto per i giorni festivi.

La mozione che potrebbe essere depositata questa mattina in Senato dalla maggioranza giallofucsia
prevede infatti che il giorno di Natale, il 26 dicembre e l’1 gennaio 2021
si possa uscire soltanto dai confini dei centri con meno di 5 mila abitanti
e raggiungere posti che si trovano a una distanza massima di 30 chilometri
.


Più in generale, non si esclude un ritocco al Dpcm in vigore fino al 15 gennaio,
decretando la chiusura di negozi e centri commerciali nel prossimo fine settimana.



Insomma, più si avvicina e più si prospetta un Natale all’insegna del divieto totale di festeggiamenti.

A maggior ragione se nei giorni considerati critici da Conte e compagni giallofucsia sarà in vigore la zona rossa.

Ossia il lockdown.
 
Ma uno più c....... di questo è difficile da trovare.
Ma chi é ? Cos'è ? Cosa fa ? Chi gli paga lo stipendio ?


Uscite scaglionate per «ordine alfabetico» onde evitare assembramenti e ridurre così il rischio di contagio.

Targhe alterne, insomma, ma per gli esseri umani.

E’ la strabiliante proposta uscita da cilindro del presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, intervistato da La Stampa.

In queste concitate ore in cui gli italiani aspettano con il fiato sospeso di che morte civile e di quali restrizioni si dovrà morire questo Natale,
il tizio a capo della Fondazione deputata all’analisi dei dati epidemiologici pensa bene di mettere il peso da 100 sulle presunte responsabilità degli italiani.


Già, gli italiani, questi irresponsabili caciaroni che osano addirittura uscire di casa quando il governo gli dà l’ok per uscire di casa.

Che dovrebbero invece prendere esempio dai «soldatini» tedeschi.

La Merkel gli ordina di stare segregati per le feste? E loro ligi e muti.

«Dovremmo fare un lockdown durante le vacanze di Natale come la Germania, ma gli italiani farebbero la rivoluzione», ha osservato con sommo disappunto.


E nonostante «non siamo pronti a misure così dure» (per caso Cartabellotta ci ha dato degli smidollati?)
lo Stivale necessita «un piano rigoroso per ridurre i contatti ed evitare che la terza ondata si innesti direttamente nella seconda».

Ad esempio, si può pensare di «dilatare l’orario dei negozi oppure, come un tempo con le targhe alterne, pensare a delle uscite scaglionate per ordine alfabetico».


La seconda ondata è solo nella fase iniziale della discesa, spiega, «e davanti ci sono tre mesi d’inverno,
il picco dell’influenza a fine gennaio e l’Italia tutta gialla con le festività.
Anche l’arrivo del vaccino contribuisce all’idea sbagliata di imminente liberazione».


No, figuriamoci, quale idea di liberazione: l’abbiamo capito che questo giochetto durerà ancora a lungo.


Poi torna ad incensare la Germania e il suo lockdown, previsto da mercoledì 16 dicembre fino al 10 gennaio.

«I tedeschi hanno capito che se non si governa la sanità non si rilancia davvero l’economia».

Peccato che la Merkel abbia inondato i conti correnti dei tedeschi di denaro, cosa che non ci risulta essere stata fatta in Italia.
 
Nata nel 1996 per diffondere in Italia la medicina basata su prove di efficacia la fondazione
precisa di vedere come fine della sua azione quello di
“migliorare la salute delle persone e di contribuire alla sostenibilità di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico”
e lo scopo viene raggiunto – si ancora legge sul sito – attraverso specifiche linee sinergiche di azione.

Gimbe è impegnata a interagire con gli organi politico-istituzionali
(“al fine di garantire a tutte le persone il diritto alla tutela della salute, ridurre iniquità e diseguaglianze, mettere la salute al centro di tutte le politiche”
e “ottenere il massimo ritorno di salute dalle risorse investite in sanità”) e lavora per favorire l’integrazione delle migliori evidenze scientifiche
in tutte le decisioni professionali, manageriali e politiche che riguardano la salute delle persone.


La Fondazione Gimbe è stata molto attiva nel corso della pandemia di Covid-19 in Italia,
in particolare con studi sulla correlazione tra maggior monitoraggio della popolazione e riduzione degli accessi agli ospedali,
osservando ogni settimana gli andamenti di contagi e ospedalizzati.

Nino Cartabellotta, nato nel 1965 a Palermo, dove si è laureato in Medicina e Chirurgia
e ha conseguito le specializzazioni in Gastroenterologia e in Medicina Interna, è uno dei pionieri della pratica basata sulle evidenze.

Per la fondazione cura la pubblicazione annuale del “Rapporto sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale” e coordina l’Osservatorio Gimbe sul Ssn.
 

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