La questione della cross-reattività, o mancanza di specificità.
Prendiamo i tre più importanti modelli di test-tampone, utilizzati da molti dei tamponi circolanti,
quello della OMS,
quello tedesco-europeo del gruppo di Drosten,
e quello del CDC americano. Quello della OMS,
come abbiamo già visto altrove, è talmente a rischio di aspecificità
(ovvero di cogliere col tamponi virus o particelle simil-virali diverse dal SARS-Cov2)
che in uno dei suoi 3 primers (le sequenze geniche con cui si va alla ricerca del virus)
c’è addirittura una sequenza genica tipica del DNA umano, quella del cromosoma 8:
Qui il rischio di far venire il tampone positivo anche senza nessun virus presente è ovviamente molto alta,
visto che tutti gli esseri umani possiedono quella sequenza CTCCCTTTGTTGTGTTGT come parte del loro corredo genico.
Il CDC americano utilizza invece altre sequenze geniche, relative al gene N del virus, quello del suo nucleocapside.
Questa scelta di focalizzarsi sul gene N, nelle sue due versioni N1 e N2, è dovuto al fatto che il gene E
“… also detects SARS-related coronaviruses” (“rileva anche altri SARS-coronavirus” :
Wagginer J et al., Triplex Real-Time RT-PCR for Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2, Research Letter, Volume 26, Number 7—July 2020).
Questo mostra come il tampone OMS possa, in aggiunta a legarsi al genoma umano, identificare altri coronavirus scambiandoli per il SARS-Cov 2.
Ma che garanzie ci sono che i geni N1 e N2 siano invece più specifici?
Tutti i coronavirus hanno un nucleo-capside, e dunque geni del tipo N.
Il CDC sostiene che il gene N2 è specifico del SARS-Cov2;
ma anche su questo non c’è accordo, dato che per alcuni ricercatori non è così:
“…we found out that only one of them (RdRP_SARSr-P2) was almost specific for the new coronavirus
and the other introduced probes would detect the other types of coronaviruses.
In this regard, the false-positive test results may extend for COVID-19”
(Kakhki RK et al, COVID-19 target: A specific target for novel coronavirus detection, Gene Reports 20 (2020) 100740.)
“…abbiamo trovato che solo uno di loro (il gene RdRP-SARSr-P2) è quasi specifico per il nuovo coronavirus,
mentre le altre “sonde” (sequenze geniche) rilevano anche altri tipi di coronavirus.
Sotto questo aspetto, i risultati con falsi positivi possono ampliarsi in rapporto al Covid-19.”
Ciò significa che non c’è alcuna sicurezza neppure sulla specificità del gene N2 usato dal modello della CDC,
specie se si considera che appunto i geni N sono tipici di tutti i coronavirus.
E si noti come gli autori, anche per il gene che ritengono specifico, lo definiscono “quasi” specifico, nel senso che anche quello non è completamente specifico!
E quando veniamo al test di Drosten, il test-tampone europeo, le cose diventano anche più evidenti.
Innanzitutto, vediamo qui in modo apertamente dichiarato,
che questi isolamenti e definizioni del virus sono tutte elaborazioni al computer, senza nessuna presenza fisica del virus:
“The present report describes the establishment of a diagnostic workflow for detection of an emerging virus
in the absence of physical sources of viral genomic nucleic acid.”
(Corman V et al, Detection of 2019 novel coronavirus (2019-nCoV) by real-time RT-PCR, Euro Surveill. 2020 Jan 23; 25(3): 2000045, p.10.)
“Il presente documento descrive la realizzazione di un processo diagnostico
per il rilevamento di un virus emergente in assenza delle fonti fisiche degli acidi nucleici genomici virali”.
Quindi qui l’astrazione dei tamponi dall’effettivo virus è dichiarata apertamente,
e appare evidente anche dalla tabella delle sequenze geniche utilizzate dal gruppo di Drosten:
Come si vede, il tampone di Drosten utilizza tutti e 3 i geni, E, N e RdRP.
Ma se confrontiamo la sequenza genica del SARS-Cov 2 con quella del SARS-Cov originario (al penultimo posto nella lista), vediamo che:
- il gene E del SARS-Cov 2 è identico al 100% a quello del SARS-Cov1,
- e probabilmente a quello di tutti i SARS coronavirus (nella penultima riga non ci sono variazioni di lettere);
- Il gene N ha una sola variazione, una C invece di una T, al 15° posto della sequenza del Reverse primer.
- Questa è una variazione di appena 1/64esimo, ovvero di appena l’1.5%.
- Le possibilità di confusione e cross-reattività (rilevare un SARS virus diverso dal SARS-Cov2) è molto elevata.
- Il gene RdRP è l’unico che ha 5 variazioni su 64, di nuovo non una grande differenza,
- anche se meglio degli altri due (e per questo gli autori sopra lo hanno definito “quasi” specifico).
Insomma, in totale abbiamo una differenza di soli 6 nucleotidi su 214, una percentuale di appena il 2.8%.
E per questo anche quando autori indipendenti hanno testato l’efficienza del test Drosten hanno concluso che il test dimostrava:
“…a lot of cross-reactions with Coronavirus BtRs-BetaCoV (MK211374- MK211378),
SARS coronavirus Urbani (MK062179-MK062184),
Bat coronavirus (KY770858-KY770859),
SARS coronavirus (AH013708-AH013709), and others”.
“…
elevata cross-reattività con i Coronavirus BtRs-BetaCoV (MK211374- MK211378),
SARS coronavirus Urbani (MK062179-MK062184),
Bat coronavirus (KY770858-KY770859),
SARS coronavirus (AH013708-AH013709, e con altri.”
E anche il gene RdRP, che dovrebbe essere più specifico
“…covers many coronavirus isolates, including Bat SARS-like Coronavirus (MG772904-MG772932),
Rhinolophus pusillus Coronavirus (KY775091),
Bat SARS-like Coronavirus (MG772903)
and many others” (Kakhki RK et al, COVID-19 target:
A specific target for novel coronavirus detection, Gene Reports 20 (2020) 100740.)
“…
copre molti altri isolati di coronavirus, inclusi Bat SARS-like Coronavirus (MG772904-MG772932),
Rhinolophus pusillus Coronavirus (KY775091),
Bat SARS-like Coronavirus (MG772903), e molti altri.”
Insomma, tutti i principali test-tamponi mancano di specificità, e sono affetti da un elevata cross-reattività,
ovvero producono un elevata quantità di falsi positivi.
Questa verità, che dovrebbe porre immediatamente fine alla follia della pseudo-pandemia spinta da questi tamponi farlocchi,
è da ultimo, last but not least, apertamente confermata dallo stesso Istituto Superiore di Sanità, organismo del governo italiano.
ISS del Governo Italiano: in questa situazione epidemica, i test-tampone danno fino al 91% di falsi positivi!
Nel documento Dispositivi diagnostici in vitro per COVID-19. Parte 2:
evoluzione del mercato e informazioni per gli stakeholder, del 23 Maggio 2020,
l’Istituto Superiore di Sanità fa una analisi approfondita dei dispositivi test-tampone in circolazione,
sottolineando la tensione esistente tra sensibilità, la capacità di rilevare quanto più RNA virale possibile,
e la specificità, ovvero la necessità che tale RNA virale si riferisca solo al virus che si sta cercando, in questo caso il SARS-Cov2.
“Un test molto sensibile nel rilevare il bersaglio di interesse ha maggiori probabilità di rilevare anche bersagli correlati
ma distinti che non sono di interesse, vale a dire che può essere meno specifico.”
(Gruppo di Lavoro ISS Test Diagnostici COVID-19, Dispositivi diagnostici in vitro per COVID-19.
Parte 2: evoluzione del mercato e informazioni per gli stakeholder , Rapporto ISS COVID-19 n. 46/2020, 23 Maggio 2020, p. 6).
L’ISS spiega poi che tale tensione è modulata da un altro fattore, ovvero quello di “prevalenza”.
In ambito epidemiologico, la prevalenza descrive la percentuale di popolazione affetta da una certa patologia.
Nel caso di una patologia presuntivamente virale come il Covid-19,
la prevalenza indica quanti malati attuali di Covid-19 ci sono sul totale della popolazione.
Perché questo dato è importante in rapporto alla affidabilità dei test-tampone?
Perché maggiore è la percentuale di popolazione affetta, maggior è la circolazione del virus,
e quindi maggiore è la probabilità che il test-tampone rilevi effettivamente quel virus anziché altri, riducendo così il gap tra sensibilità e specificità.
L’ISS riprende una tabella che considera l’effetto della prevalenza sull’efficacia dei tamponi.
La tabella è stata pubblicata da FIND, autorevole organizzazione internazionale già vista sopra;
e così, il dato che emerge dalla tabella FIND, accettato e riproposto dal’ISS, ha valore non solo per l’Italia, ma per tutto il mondo.
Scrive l’ISS a introduzione della Tabella:
“Nella tabella che segue, tratta dal documento Rapid diagnostic tests for COVID-19
(FIND, Rapid Diagnostic Tests for Covid-19:
https://www.finddx.org/wp-content/uploads/2020/05/FIND_COVID-19_RDTs_18.05.2020.pdf),
viene mostrato con un esempio numerico come la capacità di identificare correttamente i positivi (colonna PPV)
sia correlata sia alla sensibilità e specificità del test, sia alla prevalenza del marcatore nella popolazione target,
esemplificata da quattro coorti di 1.000 individui con quattro diversi valori di prevalenza: 2%, 5%, 10% e 30%. “
Quindi, la capacità del test di rilevare correttamente la presenza del virus dipende da 3 fattori,
tutti considerati nella tabella, ovvero sensibilità e specificità, ma alla luce della prevalenza;
e la Tabella prende in considerazione 4 livelli di prevalenza: 2%, 5%, 10% e 30%.
Prima di vedere la Tabella, vediamo a quale dei quattro gruppi appartiene la situazione Italiana
(e di riflesso anche quella degli altri paesi, in cui il livello di prevalenza non si discosta molto da quello italiano).
Quello che segue è la situazione Covid-19 in Italia al 25 Settembre 2020:
Il numero da considerare è quello degli attuali positivi, ovvero 47,718, che rappresenta appena lo 0.079% della popolazione italiana,
assai distante persino dal livello più basso del 2%. Anche se volessimo esagerare, e prendere in considerazione il totale dei casi
che ci sono stati dall’inizio a oggi, avremmo che il numero di 306,235 è pari allo 0.5% della popolazione italiana.
Utilizzare questo secondo numero è statisticamente del tutto errato,
ma l’ho fatto per sottolineare come neppure prendendo tutti i casi Covid-19 ufficiali
(cioè CON Covid e non PER Covid) emersi dall’inizio della pseudo-pandemia ad oggi,
si arriverebbe neppure lontanamente al 2% della popolazione.
Vediamo finalmente la Tabella:
Il numero decisivo è il PPV, ovvero la capacità del test di rilevare effettivamente il virus.
I numeri che ci interessano sono quelli legati al livello del 2%, che nel caso dell’Italia è in realtà molto più basso, assestandosi attorno allo 0.1%.
Questo significa che i numeri di questa Tabella sono addirittura ottimisti, anche al livello del 2%,
e più avanti faremo anche la proiezione della Tabella sul livello dello 0.1%.
Intanto, qui vengono considerati 3 modelli di tampone:
quelli ad alta performance,
a media performance,
e a bassa performance.
Al livello di prevalenza del 2%, questi sono i livelli di veri e falsi positivi dati dai tamponi:
Livello Veri positivi Falsi positivi
2% Alta performance 49.2% 50.8%
2% Media performance 14.8% 85.2%
2% Bassa performance 9.3% 90.7%
Quindi, nella migliore delle ipotesi, i tamponi danno il 50% di falsi positivi,
e nella peggiore delle ipotesi danno quasi il 91% di falsi positivi!
Mediamente, possiamo dire che i tamponi danno l’85,2% di falsi positivi!
In tutti i casi, l’Istituto Superiore di Sanità certifica che i tamponi sono del tutto inaffidabili!
Ci sarà qualche politico che avrà voglia di ascoltare questa verità ufficiale, che più ufficiale non si può?
Qual’è il numero più probabile tra il 50% e il 91% di falsi positivi?
Avendo visto in precedenza la inaffidabilità delle sequenze geniche dei principali tamponi,
e soprattutto il fatto che tutti utilizzano più di 35 cicli di PCR,
e dunque che i tamponi non possono che essere a bassa performance,
il numero più realistico è il 91% di falsi positivi!
Ma se anche fossero una via di mezzo, ad esempio il risultato della “media performance” dell’85%, le cose non cambierebbero.
I tamponi sono del tutto inaffidabili, lo afferma lo stesso Istituto Superiore di Sanità
e un’organizzazione autorevole internazionalmente come FIND:
cosa si aspetta a far cessare la tragica farsa dei tamponi e dei positivi asintomatici?