Val
Torniamo alla LIRA
Alexandria Ocasio Cortez è la nuova beniamina della sinistra occidentale.
La “novità”, l’esponente in grado d’incarnare un rinnovamento tanto atteso,
che i democratici occidentali vorrebbero veder compiuto il prima possibile.
Per poter tornare a dire la loro in un consesso – quello elettorale – che li ha quasi privati del diritto alla cittadinanza.
Le sconfitte subite con Trump, Brexit e referendum costituzionale italiano hanno lasciato una ferita profonda.
La più giovane deputata della storia degli Stati Uniti non si può candidare alla Casa Bianca, ma poco importa:
i limiti anagrafici non le vietano di dettare l’agenda a tutti.
E poi c’è quella usanza, tanto cara ai progressisti europei, di adagiarsi addosso al fenomeno del momento.
Una volta bisognava dirsi obamiani, poi macroniani, oggi, magari, corteziani.
Qualcuno potrebbe pensare a una sindrome d’inferiorità di derivazione esterofila.
Pure il centrosinistra italiano, di questi tempi, è alla ricerca di un modello politico – comunicativo da contrapporre al sovranismo.
La Cortez è perfetta: è giovane, ha il suo peso in termini d’influenza social, è ambientalista, è sostenuta dall’élite,
ma non proviene dalle classi agiate – è e rimane una fiera ex bartender – , ma soprattutto dice le cose che piacciono alla gente che piace.
L’ultima domanda inoltrata ai suoi concittadini in ordine di tempo ha un retrogusto neoliberal:
è giusto – si è chiesta la deputata di Brooklyn – continuare a fare figli, considerando il cambiamento climatico in atto?
Alexandria Ocasio Cortez viene rappresentata come un prodotto sandersiano
– figlia della diffusione di idee radicali e operaistiche – ma è una globalista come tutti i suoi predecessori.
Trump l’ha inquadrata senza difficoltà: ieri, durante il discorso tenuto al Cpac,
ha citato il “Green New Deal“, facendo capire come quel manifesto programmatico
– sposato da più di qualche candidato alle primarie degli asinelli – sia distante dalla realtà: “né aerei né elettricità”.
Provateci voi – insomma – a rimanere fedeli al Make America Great Again –
lo slogan sovranista per antonomasia – tornando a viaggiare su rotaie.
Il grande piano mbientalista è, in sintesi, un insieme di proposte utopistiche,
condite dalle coperture sanitarie garantite a tutti,
l’innalzamento dei minimi salariali e, pare,
un accenno a una forma estensiva di reddito di cittadinanza.
Un po’ di marxismo di ritorno, un po’ d’ideologismi new age, antiaziendalismo,
antimilitarismo euna discreta dose d’istanze radical chic:
l’ambiente – leggasi la domanda presentata sopra – è prioritario rispetto alle politiche familiari.
Con buona pace dei militanti pro life a stelle e strisce, quelli sì, attratti come non mai dal populismo, ma di marca conservatrice.
Certo la Cortez non è una sovranista tout court:
Nei suoi discorsi si fa spesso riferimento alle necessità di tutelare i migranti e di rendere sempre più aperti i confini.
E così – com’è del resto anche per papa Francesco – la Sacra Famiglia è diventata un’icona pro accoglienza.
Bioetica, gestione dei fenomeni migratori e giustizia sociale separano il campo dei sovranisti da quello dei globalisti.
La Cortez, almeno per due ambiti su tre, gioca nella metà dell’arena dove la sinistra occidentale è già scesa da qualche decennio.
Non c’è grossa differenza tra questa giovane deputata di New York e la propaganda di chi l’ha preceduta sul lato left wing.
Ci sono narrative diverse, modi di comunicare differenti e look meglio assortiti.
Per convincere gli storici elettori di sinistra a rimettersi in fila nelle cabine elettorali, forse, servirà qualcos’altro.
Bernie Sanders lo sa e, per quanto gli analisti usino associare la Cortez ha la sua figura, procede spedito in tutt’altra direzione.
La “novità”, l’esponente in grado d’incarnare un rinnovamento tanto atteso,
che i democratici occidentali vorrebbero veder compiuto il prima possibile.
Per poter tornare a dire la loro in un consesso – quello elettorale – che li ha quasi privati del diritto alla cittadinanza.
Le sconfitte subite con Trump, Brexit e referendum costituzionale italiano hanno lasciato una ferita profonda.
La più giovane deputata della storia degli Stati Uniti non si può candidare alla Casa Bianca, ma poco importa:
i limiti anagrafici non le vietano di dettare l’agenda a tutti.
E poi c’è quella usanza, tanto cara ai progressisti europei, di adagiarsi addosso al fenomeno del momento.
Una volta bisognava dirsi obamiani, poi macroniani, oggi, magari, corteziani.
Qualcuno potrebbe pensare a una sindrome d’inferiorità di derivazione esterofila.
Pure il centrosinistra italiano, di questi tempi, è alla ricerca di un modello politico – comunicativo da contrapporre al sovranismo.
La Cortez è perfetta: è giovane, ha il suo peso in termini d’influenza social, è ambientalista, è sostenuta dall’élite,
ma non proviene dalle classi agiate – è e rimane una fiera ex bartender – , ma soprattutto dice le cose che piacciono alla gente che piace.
L’ultima domanda inoltrata ai suoi concittadini in ordine di tempo ha un retrogusto neoliberal:
è giusto – si è chiesta la deputata di Brooklyn – continuare a fare figli, considerando il cambiamento climatico in atto?
Alexandria Ocasio Cortez viene rappresentata come un prodotto sandersiano
– figlia della diffusione di idee radicali e operaistiche – ma è una globalista come tutti i suoi predecessori.
Trump l’ha inquadrata senza difficoltà: ieri, durante il discorso tenuto al Cpac,
ha citato il “Green New Deal“, facendo capire come quel manifesto programmatico
– sposato da più di qualche candidato alle primarie degli asinelli – sia distante dalla realtà: “né aerei né elettricità”.
Provateci voi – insomma – a rimanere fedeli al Make America Great Again –
lo slogan sovranista per antonomasia – tornando a viaggiare su rotaie.
Il grande piano mbientalista è, in sintesi, un insieme di proposte utopistiche,
condite dalle coperture sanitarie garantite a tutti,
l’innalzamento dei minimi salariali e, pare,
un accenno a una forma estensiva di reddito di cittadinanza.
Un po’ di marxismo di ritorno, un po’ d’ideologismi new age, antiaziendalismo,
antimilitarismo euna discreta dose d’istanze radical chic:
l’ambiente – leggasi la domanda presentata sopra – è prioritario rispetto alle politiche familiari.
Con buona pace dei militanti pro life a stelle e strisce, quelli sì, attratti come non mai dal populismo, ma di marca conservatrice.
Certo la Cortez non è una sovranista tout court:
Nei suoi discorsi si fa spesso riferimento alle necessità di tutelare i migranti e di rendere sempre più aperti i confini.
E così – com’è del resto anche per papa Francesco – la Sacra Famiglia è diventata un’icona pro accoglienza.
Bioetica, gestione dei fenomeni migratori e giustizia sociale separano il campo dei sovranisti da quello dei globalisti.
La Cortez, almeno per due ambiti su tre, gioca nella metà dell’arena dove la sinistra occidentale è già scesa da qualche decennio.
Non c’è grossa differenza tra questa giovane deputata di New York e la propaganda di chi l’ha preceduta sul lato left wing.
Ci sono narrative diverse, modi di comunicare differenti e look meglio assortiti.
Per convincere gli storici elettori di sinistra a rimettersi in fila nelle cabine elettorali, forse, servirà qualcos’altro.
Bernie Sanders lo sa e, per quanto gli analisti usino associare la Cortez ha la sua figura, procede spedito in tutt’altra direzione.