NESSUNO E' PIU' SCHIAVO DI COLUI CHE CREDE DI ESSERE LIBERO SENZA ESSERLO

Ragazzi. Un po' di sollievo e di gossip.

Silvio Berlusconi ha acquistato due nuove ville, per nulla anonime.
Una è la splendida villa «La Lampara» di Cannes, in Costa Azzurra, che era della seconda ex moglie di Paolo Berlusconi, indebitata con Banca Mps.
L’altra, in Sardegna, confinante con Villa Certosa, era degli eredi (figli e nipoti) di Adelina Tattilo, editrice di Playmen, e di Saro Balsamo, il re delle riviste porno anni ’70 (lanciò «Le Ore»).

Le due operazioni immobiliari sono state chiuse già da diversi mesi ma non se ne era mai saputo nulla.

Villa «La Lampara» è un gioiello da 500 metri quadrati più 2mila di giardino con piscina e vista mare.
Fu costruita dal marchese George De Cueves, marito di Margaret Rockefeller e poi è passata di mano più volte.
Era finita sulle pagine dei giornali tre anni fa per lo sfogo di Antonia Costanzo, l’ex moglie di Paolo Berlusconi
che acquistò la villa nel 2007 con un prestito milionario di Mps

La proprietà nell’entroterra di Porto Rotondo, a Punta Lada, a poche decine di metri dall’immenso parco (oltre 100 ettari) di Villa Certosa,
è stata per anni il buen retiro di Adelina Tattilo, fondatrice dell’omonima casa editrice e pioniera dell’eros con le sue riviste erotiche a partire dall’esordio di Playmen nel 1967.
L’immobile sardo era intestato, prima della cessione a Berlusconi, a Federico (24 anni) e Orsetta Balsamo (39) che a loro volta l’avevano ricevuto per donazione dal padre
I nonni sono morti da tempo: Adelina, appunto, e l’ex marito Saro Balsamo, ricchissimo e spregiudicato imprenditore a luci rosse
che per primo portò la pornografia in edicola con «Le Ore». Gli eredi hanno venduto l’immobile.
 
Questo articolo fa il paio con quello che ho riportato di Feltri.
Ce ne sono pochi di giornalisti, veri.

La gente beve.
A ennesima dimostrazione dell’arietta che tira, della voglia strisciante di censura che si annida tra i palazzi del potere
e, cosa molto più grave, nell’immaginario collettivo di noi italiani brava gente,
un paio di giorni fa l’Autorità garante per le comunicazioni ne ha combinata un’altra delle sue.

Non paga del mirabolante lavoro al servizio dell’informazione libera, democratica e trasparente dimostrato in questi anni
e che ha fatto dell’Italia la vera repubblica delle banane del mondo occidentale, l’Agcom è riuscita a varare un provvedimento
che vieta agli editori di giornali e televisioni, ma anche ai social network, “ogni espressione di odio che incoraggi alla violenza e all’intolleranza”.

In caso di infrazione a questo principio, il regolamento prevede una contestazione del comportamento ritenuto reo,
una diffida dal continuare la condotta illegittima e, infine, una sanzione tra il due e il cinque per cento del fatturato aziendale complessivo.
Tutto vero.

Bisogna sempre diffidare dei moralisti, dei perbenisti, degli educatori, dei pedagoghi.

Perché dietro quella stucchevole facciata di buone intenzioni e di preclari valori etici - scusate, chi non è contro la violenza e l’intolleranza?
si nasconde sempre lo zampino infido e fanghiglioso del censore.

Il nobile intento dell’Agicom è quello di prosciugare la palude dell’odio. E siamo tutti d’accordo. Ma c’è un piccolo problema.
L’odio è un sentimento, però i sentimenti non possono essere reati e dunque neppure puniti da un organo di uno Stato di diritto.

Allo stesso modo, nessuno può essere condannato per il fatto di dichiararsi fascista o nazista o stalinista e polpottista
mentre invece può esserlo se tenta di mettere in atto quelle idee
.

Nessuno può essere condannato se afferma di odiare qualcuno, ma solo se quest’odio arriva a una manifestazione pratica.

E poi, di grazia, cosa significa “espressione di odio”?

Ognuno di noi la percepisce e la valuta in modo diverso,
ognuno di noi possiede un grado di sensibilità differente rispetto a un altro e a seconda del tema.

Uno può odiare a morte per una questione calcistica e risultare del tutto indifferente a una politica,
può farsi il sangue amaro per un tema razziale e ignorarne uno religioso.

Qual è il punto di svolta, quello del non ritorno, quel momento dopo il quale si esce dal diritto di opinione
e si entra in quello dell’incitamento alla violenza e all’intolleranza? E chi lo stabilisce? A che titolo?

Da chi dovrebbe essere composto il sinedrio dei saggi, il senato degli scienziati, il conclave dei cervelloni,
il circolo degli intelligentoni, dei sapienti, dei depositari della verità rivelata che permette a loro - e solo a loro -
di distinguere il grano dal loglio, il bene dal male, la provocazione dalla diffamazione?
Chi li nomina?
Chi li incarica?
Chi li delega?
Chi li controlla?


Questa è una grande truffa, un grande inganno che sotto la coltre farisea della difesa degli ultimi, degli inermi e dei diversi
cova una strategia da Minculpop, da tribunale del conformismo, da polizia linguistica, da cassazione del politicamente corretto
che impedisce la libertà di espressione a chiunque, a torto o a ragione, la pensi diversamente da lei.


Che poi, guarda caso, è proprio quello che stanno già facendo giganti come Facebook,
che provvede a censurare notizie, commenti o video non rispondenti all’etica comune. Cioè alla sua.

Ora, nessuno vuol negare la marea di schifo, vomito e spurghi di ogni genere che galleggia, sgorga e rimbalza nella grande sentina digitale,
né la carica di arbitrio e contraffazione che impregna quei canali, così come è evidente che tutta la storia dei media - e del mondo -
è infettata dall’uso distorto e manipolatorio delle notizie.

Ma è anche certo che il peggiore dei rimedi è quello di affidare in toto a un tribunale etico il marchio di garanzia dell’informazione stessa.

Non c’è niente da fare.
È la misera storia di questo povero paese, nel quale non è mai esistita né mai esisterà una seppur minima cultura di pensiero liberale e individualista,

che ritiene inviolabile la libertà di espressione di ogni uomo e che invece da sempre viene sopraffatta da un pensiero totalitario che punta a modellare l’uomo gregge,

l’uomo pecorone, il tifoso da stadio, il popolo bue, la gente, la massa che si abbevera alle parole d’ordine del demagogo, del capopopolo, dell’unto del signore,

del masaniello di turno, che dice al volgo cosa pensare, cosa dire, cosa scrivere, cosa votare.

E se uno volesse scrivere qualcosa contro l’aborto, ad esempio, vero Moloch del pensiero unico conformista?
Siamo sicuri che potrà farlo?
A che punto calerà la mannaia dell’incitamento all’odio?

E se un altro volesse esprimere una tesi contro l’eutanasia, dopo quanti minuti arriverebbe la santa inquisizione dell’Agcom?


E se uno fosse contrario all’utero in affitto o ai matrimoni gay, dopo quanti nanosecondi verrebbe multato?

E per converso, con quale taglio al fatturato verrebbe penalizzato chi esaltasse gli anni d’oro dell’Urss, che aveva abolito la borghesia e portato il popolo nei palazzi del potere?
E perché mai non può sostenerlo?

Perché non si può dire che il #metoo è una buffonata o che il termine “terrone” non è più un’offesa o che non c’è alcuna differenza tra lager e gulag?

Perché uno non può criticare gli immigrati, ma anche i poliziotti, i musulmani, ma anche gli ebrei, gli atei, ma anche i bacchettoni,
le donne in carriera, ma anche gli uomini che stirano le camice, il falso nueve, ma anche la difesa a tre?

Perché non si può dire?

Perché?


In uno Stato civile c’è solo un doppio argine alla libera informazione: il codice penale e il codice civile.

Quello è il limite, quanto stabilito dalla legge e quanto valutato, caso per caso, da un giudice imparziale
che difenda chi è stato diffamato, insultato o minacciato. Punto.

Tutto il resto sono solo le chiacchiere e i distintivi di chi vuole tenere al guinzaglio quelli a cui piace scodinzolare.

Diego Minonzio
 
Svolta clamorosa, a mo' di gretina.......le zecche sono sempre esistite.

L’Italia è emersa prima del previsto e all’inizio era un arcipelago tropicale:
lo indicano le orme dei dinosauri lasciate su quelle che un tempo erano spiagge e oggi sono rocce.

Testimoniano che alcune terre erano affiorate dall’Oceano Tetide già 230 milioni di anni fa.

Lo ha raccontato il paleontologo Cristiano Dal Sasso che partecipa al congresso della Società Italiana di Paleontologia che si svolge a Benevento e a Pietraroja.
L’evento è organizzato in collaborazione con l’Ente Geopaleontologico di Pietraroja
e l’ausilio di Soprintendenza Archeologica, Museo di Storia Naturale di Milano, le università Federico II, del Sannio e di Firenze.

“La prima traccia di un dinosauro italiano è stata scoperta negli anni ’40 sui monti pisani.
Lasciata circa 230 milioni di anni fa, è una delle orme di dinosauri più antiche del mondo” ha detto all’ANSA Dal Sasso.

Negli anni ’80, ha aggiunto, poco lontano dall’autostrada Rovereto-Trento sono state scoperte altre orme di dinosauri, vissuti circa 200 milioni di anni fa.
Così, ha spiegato, “si iniziò a capire che i dinosauri avevano camminato sul suolo dell’attuale Italia e che tra il Triassico
e l’inizio del Giurassico (tra 230 e circa 200 milioni di anni fa) c’erano porzioni dello stivale che erano già emerse”.

La “svolta clamorosa” però è arrivata con la scoperta del fossile del baby dinosauro Ciro, ovvero Scipionyx samniticus,
un carnivoro vissuto 110 milioni di anni fa in un ambiente caratterizzato da lagune e isole.
Scoperto a Pietraroja nel 1980, Ciro è l’unico fossile di cucciolo di dinosauro al mondo ed è completo anche di organi interni.
Il cucciolo morì quasi appena nato, probabilmente travolto da una tempesta che lo trascinò sul fondo di una laguna.
Una fine simile toccò anche ad ‘Antonio’, ovvero Tethyshadros insularis, il secondo dinosauro scoperto in Italia, a Villaggio del Pescatore (Trieste).
Lungo 3,5 metri, Antonio era un erbivoro vissuto tra 70 e 80 milioni di anni fa e il suo corpo fu trascinato sul fondale di una laguna.
Nello stesso sito, successivamente, è stato scoperto anche il fossile del fratello ‘Bruno’.
Curiosa anche la storia di Saltriovenator zanellai, un carnivoro lungo 8 metri vissuto 200 milioni di anni fa in quella che oggi è la Lombardia.

“La sua carcassa – ha spiegato il paleontologo – era stata trascinata a largo ma non tanto lontano dalla costa e una volta finita sul fondale
è stata mangiata dagli animali marini che hanno lasciato i segni dei loro morsi sulle ossa”.

L’ultimo dei dinosauri scoperti in Italia è Tito, vissuto 112 milioni di anni fa su quelli che oggi sono i Monti Prenestini.
Era un erbivoro lungo quasi 6 metri appartenente al gruppo dei titanosauri, gli animali più grandi mai vissuti sul Pianeta.
Tuttavia Tito era un nano tra i titanosauri che arrivavano a 40 metri di lunghezza.

Anche gli altri dinosauri italiani, fatta eccezione di Ciro, erano nani.
Questo perché vivevano sulle isole e il nanismo, secondo Dal Sasso, è stata una probabile strategia di sopravvivenza.
Per lo stesso motivo appartengono anche a specie nuove, perché sulle isole evolvevano in maniera indipendente. (fonte ANSA)
 
A questi invece gli diciamo...prego....accomodatevi...fate come se foste a casa vostra.:no::no::no:

Indottrinati e fedeli alle consegne: nella patria del melting pot e nella americanissima città di Philadelphia – quella della Liberty bell -
corredata da un video postato su Youtube e che pubblichiamo di seguito –, accade che un nutrito gruppo di ragazzini in età da scuola elementare,
si cimenti in una performance che inneggia al «sangue dei martiri» musulmani e al paradiso dei jihadisti bisognoso di «uomini coraggiosi»…

Sullo sfondo della celebrazione della Umma (la comunità dei fedeli) organizzata da un locale centro islamico
addobbato con decorazioni arabe e tappeti persiani, un gruppo misto di bambini e bambine intonano un mantra che mentre ripete che
«L’islam sta chiamando», invita a difendere «la terra sacra con i nostri corpi e senza esitazione» chiedendo a più riprese «chi risponderà al suo appello».

Il tutto acconciato con una coreografia tersicorea fatta di passi e passaggi che sembrano rimarcare un testo fatto di parole forti:
un mantra del reclutamento che ricorre a espressioni forte come «Decapiteremo la testa» dei nemici,
«libereremo la sacra moschea di al-Asqua e «li sottoporremo a torture eterne» che francamente stonano, e anche tanto,
se messe in bocca a una bambina di 10 anni a cui viene affidato il compito di celebrare l’odio per i nemici di turno che, nella fattispecie, sono gli israeliani.

Già, perché la festa ha voluto rappresentare l’opportunità appannaggio di un gruppo di studenti americani da non sappiamo quante generazioni,
di omaggiare in uno spettacolo le tradizioni culturali della propria nazione d’origine: e quello appena descritto era lo spettacolo dei palestinesi…

Uno show inquietante rilanciato anche sui social e su cui nessuno degli spettatori sembra aver avuto niente da ridire.

Di più: «la notizia esce sui media locali e su quelli di orientamento conservatore, come il New York Post. Per il resto viene passata quasi sotto silenzio».

E c’è chi ancora chi nega un certo doppiopesismo politico, culturale, sociale…
 
Considerando che la guerra è terminata da 74 anni, un combattente partigiano trentenne di allora avrebbe oggi 114 anni.

Un ventenne del ’45 ormai sarebbe un 94enne.

Quanti sono rimasti in vita? Una decina, a voler essere generosi.

Eppure, è notizia di queste ore: il governo gialloverde ha stanziato oltre un milione di euro per le associazioni partigiane.

Insomma, sono circa centomila euro per ogni ex partigiano.

Una cifra abnorme, se non fosse che l’Anpi vanta 130mila iscritti.
Di questi, circa novemila sarebbero davvero ex resistenti.

Nessuno degli altri 120mila, ovviamente, ha fatto la guerra. Gran parte di questi non ha neanche prestato servizio militare.
 
Secondo i dati dell’Anpi, coloro che avrebbero ufficialmente partecipato alla “guerra di liberazione” erano 8000 nel 2014,
circa 6700 nel 2015 e 5000 nel 2016. Riducendosi di circa 1500 ogni anno, entro il 2020 non ce ne sarà più nessuno.

Chi, invece, la guerra l’ha fatta davvero viene considerato meno dall’attuale governo.
Pensiamo ai militari che negli anni ’80 hanno prestato servizio in Libano o quelli che, negli anni ’90,
sono stati in missione in Afghanistan, in Iraq o nelle missioni Nato, ricevono meno risorse rispetto ai “compagni” dell’Anpi.

Infatti l’importo dei contributi per l’esercizio finanziario 2019 continua a penalizzare quegli organismi di Arma e di categoria
cui è stato attribuito un ridicolo aumento di soli 10mila euro, rispetto allo stanziamento del 2018.

Quindi, mentre le associazioni combattentistiche e partigiane ricevono un importo di un milione di euro,
quelle d’Arma, di categoria e di specialità soltanto 702mila 918 euro (a fronte 693mila 610 euro stanziati nel 2018)
 
Una piccola grande anomalia si sarebbe verificata tra i candidati alle elezioni europee del Partito Democratico: vediamola nei dettagli…

Beatrice Covassi, Capo della Rappresentanza della Commissione Europea a Roma,
cioè Rappresentante in Italia dell’esecutivo comunitario e in particolare del Presidente Juncker,
è stata candidata e non eletta per il PD alle elezioni europee.

Già questa scelta era sembrata inopportuna per varie ragioni: in primis il venir meno della terzietà come funzionario di carriera delle istituzioni comunitarie,
e subito dopo l’aver destato il sospetto che tutte le spese fatte negli ultimi anni per promuovere la Commissione europea fossero in realtà una campagna elettorale occulta.

Come da regolamento, per candidarsi ha preso un’aspettativa dalle funzioni di Capo della Rappresentanza un mese prima delle elezioni.

L’incarico di Capo della Rappresentanza di Roma di Covassi scade peraltro il 31 agosto di quest’anno e non è stato riconfermato dalla Commissione.
Il suo lavoro a Roma non è stato gradito,

Covassi non ha comunque avuto il rinnovo della carica.
Forse anche per questo si è candidata, anche se c’è chi pensa che il posto n. 6 in lista per il PD
nella circoscrizione centro possa essere stato negoziato ben prima della notizia della rimozione.
 
Si avvicina la notte "dei lunghi coltelli" ......aspetta :nnoo::mmmm::mmmm: questa l'ho già letta da qualche altra parte :fiu::fiu:

Tanto per capire a che punto sono i cinquestelle.

Nel “redde rationem” che si è aperto nel M5S, non bastassero i veleni, interviene il papà di Di Battista, Vittorio,
uno degli esponenti di spicco del Movimento, che dice la sua su Facebook su Gianluigi Paragone, che,
dopo aver criticato il capo politico del M5S Luigi Di Maio sulla gestione del partito e sul conseguente risultato
ottenuto dal Movimento alle Europee, ha annunciato le dimissioni da parlamentare.

Papà Vittorio getta benzina sul fuoco, come se ce ne fosse bisogno.
Paragone aveva criticato Di Maio e i suoi incarichi multipli: «Se vuoi fare Superman, devi dimostrare di esserlo», gli aveva rinfacciato.

Vittorio Di Battista, pertanto, scrive: “UN PARAGONE DA NON FARE.
Ho visto su ‘Il Fatto.it’ la breve intervista rilasciata da Paragone.
Chiedo l’immediata espulsione di Paragone e di tutti gli altri paragoni che credono di potersi paragonare a Paragone.
Ingrati e traditori, sarete paragonati a Giuda.
Io sto con Rixxi, con Tikki e con TAVi».

Si è satenato un putiferio. Immediate le reazioni dei follower di Di Battista,
i quali hanno cominciato a ricoprire con una valanga di insulti Gianluigi Paragone definendolo un “Traditore” e un “Codardo”.
 
Nicola Zingaretti dovrebbe tirare le orecchie al colto e raffinatissimo Cuperlo.
Ma non ci sono più i comunisti di una volta.
C’è ancora l’eco della stupida polemica sugli ignoranti che votano a destra, suscitate dalle incaute affermazioni dell’esponente del Pd.


Mai come in questo caso l’appellativo Pidiota è azzeccato.

Dovrebbe essere Valeria Fedeli, almeno, a risentirsi contro Gianni Cuperlo:
che ti hanno fatto di male i ragazzi della terza media, i finti laureati, i migliori senza esserlo?
Già, la Fedeli, che per volontà dello stesso partito di Cuperlo andò a sbattere al ministero dell’istruzione.
Ma nessuno imputò – da sinistra – tanta sfacciataggine ai pidioti.


Possiamo usare la parola vergogna per tanto razzismo contro chi non vota a sinistra?

È una vergogna oggettiva definire gli elettori degli altri in modo da farlo sentire come minorati della politica,
gente incapace di leggere un libro. Ma voi, i libri, i giornali, le figurine, li capite?


Siamo sinceramente offesi e avremmo apprezzato una sollevazione intellettuale rispetto alle sciocche dichiarazioni di Cuperlo.

Ma nelle redazioni l’egemonia rossa resiste e quindi non si può aprire bocca senza che non si debbano ascoltare simili scempiaggini in mistico silenzio.
Bravo Cuperlo, hai fatto bene a cantargliele! E giù pacche sulle spalle, dammi il cinque, senza accorgersi che non c’è neppure la fila a congratularsi tra di loro.
Siete rimasti quattro gatti e pure presuntuosi. Siete votofobi, perché ormai la ruota della fortuna non vi sorride piu’ e siete divorati da un rancore che non passa più.


In fondo, dopo un po’ di rabbia per le scemenze che pronunciate, siete anche divertenti.

Nei rari momenti in cui non vi prendete a botte fra di voi, riscoprite il nemico fascista e ignorante.
Perché dimenticate di guardarvi allo specchio: ma forse non ne avete più, e quindi non potete accorgervi della vostra tristezza.

Ecco, studiate di più, applicatevi, e magari la prossima volta riuscirete a dire qualcosa di sensato.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto