giuseppe.d'orta
Forumer storico
Un articolo pubblicato da Bloomberg-Finanza&Mercati di oggi riporta di una ricerca scientifica condotta negli USA. Credo che la componente dell'eccitazione scada molto nel tempo, mano a mano che si acquisisce esperienza e consapevolezza di ciò che si fa.
Il professor Knutson vedrebbe la cosa come assuefazione? I medicinali per i trader, poi...lì sì che si può parlare di droga.
Brian Knutson ordinario di psicologia a Stanford sostiene che il piacere dell’orgasmo, l’eccitazione per la cocaina e l’atto di acquistare titoli dipendono dallo stesso network nervoso.
Nel cervello scatta la guerra tra piacere e ansia. Uno cerca il profitto, l’altra vuole soltanto sicurezza.
In una notte di maggio di due anni fa, in un laboratorio di Stanford in California, il professor Brian Knutson, ordinario di neuroscienza e psicologia, fece una scoperta sensazionale: il nostro cervello può accendersi di desiderio davanti al denaro, come di fronte al sesso.
Knutson è giunto a questa convinzione dopo un test effettuato su studenti-cavie che hanno accettato di farsi monitorare da una macchina. Si chiama Fmri ed è capace di scrutare le reazioni dei neuroni di fronte a determinati impulsi elettrici. Il risultato? Quando gli studenti operavano compravendite di bond e di azioni, il sangue scorreva copioso, per l’eccitazione. Davanti a Knutson, sullo schermo, quella porzione del cervello in cui si concentra il desiderio, si accendeva di un color giallo canarino. E così Knutson, 38 anni, ha enunciato la sua teoria: il piacere dell’orgasmo, l’eccitazione di un tiro di cocaina e l’atto di acquistare un’azione di Google a 390 dollari per rivenderla a 420 dipendono dallo stesso network nervoso. Non solo. Talvolta, se non spesso, l’eccitazione emotiva è così forte, in tutti e tre i casi, da farci perdere il controllo. In altre parole, il sesso, la droga e i titoli ci fanno diventare pazzi. Perché, insiste Knutson, alcuni trader diventano miliardari facendo l’esatto opposto di quanto consiglierebbe
loro la ragione? E perché, invece, altri finiscono in bolletta?
La risposta, secondo lui, sta in quei 96mila chilometri di reti neurali che attraversano il nostro cervello. Nella neurofinanza,vale a dire la prossima frontiera di Wall Street secondo la tesi di Daniel Kahneman, premio Nobel del 2002 proprio per i suoi studi sui comportamenti degli operatori finanziari, primo incrocio tra economia classica e studi psicologici.Secondo lui, il potenziale della neurofinanza è in pratica inesauribile. E la comunità degli psicoterapeuti è già all’erta.
E non solo loro. C’è già chi lavora a farmaci mirati a rendere più reattivi i trader, una sorta di Prozac. «Per un prodotto del genere non dobbiamo aspettare più di un paio d’anni», assicura Zack Linch di NeuroInsights, analista del biotech.
Ma non mancano gli scettici. «Si tratta più di operazioni di marketing che di vere ipotesi scientifiche», commenta Richard Michaud, matematico, gestore di New Frontiers. «Vedremo chi ha ragione - replica Knutson- Gli investitori vogliono battere il mercato e diventare trader più bravi. Il primo passo è capire come funziona il meccanismo. Il resto verrà». Dall’inizio del ’900, in realtà, non sono mancati i tentativi di individuare un modello previsionale sull’andamento dei mercati. Ci ha provato il matematico francese Louis Bachelier, ci ha provato John Maynard Keynes, così come l’analista John Burr Williams o Benjamin Graham. Per poi approdare, con l’economista Eugene Fama, alla stessa conclusione di Bachelier: i mercati si muovono a caso.
Ma la ricerca continua. Ora si dispone di ben altri strumenti,fa notare Andrew Lo, professore di finanza e investimenti al Mit e gestore di un hedge fund. Quelli di Knutson. Ai suoi volontari, tra i 24 e i 39 anni, lui ha dato la possibilità di scegliere fra tre investimenti da 20 dollari: un bond sicuro (un dollaro di guadagno), un’azione con il 50% di possibilità di guadagnare 10 dollari (e 25% di perdere); un’azione più rischiosa con il 50% di probabilità di perdere 10 (e il 25% di guadagnare 10). Ebbene, a ripetere il gioco, tre volte su quattro le cavie scelgono secondo ragione, la quarta secondo l’impulso: o troppo avventurosi o troppo pavidi. Prima di fare il passo più rischioso, il cervello si era riempito di dopamina che produce euforia, che si manifesta anche in occasione di abuso di stupefacenti, cocaina o eroina. Al contrario, prima di un investimento sicuro, si era illuminata un’altra parte del cervello, l’isola anteriore, condizionata da serotonina e norepinefrina, che si manifestano negli stati d’ansia. Quando facciamo un investimento, nel nostro cervello scatta una battaglia tra piacere e ansia. L’uno cerca il profitto, l’altra la sicurezza.
Interessante, è l’obiezione, ma per ora la neurofinanza resta più fantascienza che scienza. Ma a Stanford, il professor Knutson va avanti. «Le immagini del cervello mi confortano in una speranza: un giorno riusciremo ad aprire la nostra scatola nera». E magari il denaro sarà la chiave giusta.
Il professor Knutson vedrebbe la cosa come assuefazione? I medicinali per i trader, poi...lì sì che si può parlare di droga.
Brian Knutson ordinario di psicologia a Stanford sostiene che il piacere dell’orgasmo, l’eccitazione per la cocaina e l’atto di acquistare titoli dipendono dallo stesso network nervoso.
Nel cervello scatta la guerra tra piacere e ansia. Uno cerca il profitto, l’altra vuole soltanto sicurezza.
In una notte di maggio di due anni fa, in un laboratorio di Stanford in California, il professor Brian Knutson, ordinario di neuroscienza e psicologia, fece una scoperta sensazionale: il nostro cervello può accendersi di desiderio davanti al denaro, come di fronte al sesso.
Knutson è giunto a questa convinzione dopo un test effettuato su studenti-cavie che hanno accettato di farsi monitorare da una macchina. Si chiama Fmri ed è capace di scrutare le reazioni dei neuroni di fronte a determinati impulsi elettrici. Il risultato? Quando gli studenti operavano compravendite di bond e di azioni, il sangue scorreva copioso, per l’eccitazione. Davanti a Knutson, sullo schermo, quella porzione del cervello in cui si concentra il desiderio, si accendeva di un color giallo canarino. E così Knutson, 38 anni, ha enunciato la sua teoria: il piacere dell’orgasmo, l’eccitazione di un tiro di cocaina e l’atto di acquistare un’azione di Google a 390 dollari per rivenderla a 420 dipendono dallo stesso network nervoso. Non solo. Talvolta, se non spesso, l’eccitazione emotiva è così forte, in tutti e tre i casi, da farci perdere il controllo. In altre parole, il sesso, la droga e i titoli ci fanno diventare pazzi. Perché, insiste Knutson, alcuni trader diventano miliardari facendo l’esatto opposto di quanto consiglierebbe
loro la ragione? E perché, invece, altri finiscono in bolletta?
La risposta, secondo lui, sta in quei 96mila chilometri di reti neurali che attraversano il nostro cervello. Nella neurofinanza,vale a dire la prossima frontiera di Wall Street secondo la tesi di Daniel Kahneman, premio Nobel del 2002 proprio per i suoi studi sui comportamenti degli operatori finanziari, primo incrocio tra economia classica e studi psicologici.Secondo lui, il potenziale della neurofinanza è in pratica inesauribile. E la comunità degli psicoterapeuti è già all’erta.
E non solo loro. C’è già chi lavora a farmaci mirati a rendere più reattivi i trader, una sorta di Prozac. «Per un prodotto del genere non dobbiamo aspettare più di un paio d’anni», assicura Zack Linch di NeuroInsights, analista del biotech.
Ma non mancano gli scettici. «Si tratta più di operazioni di marketing che di vere ipotesi scientifiche», commenta Richard Michaud, matematico, gestore di New Frontiers. «Vedremo chi ha ragione - replica Knutson- Gli investitori vogliono battere il mercato e diventare trader più bravi. Il primo passo è capire come funziona il meccanismo. Il resto verrà». Dall’inizio del ’900, in realtà, non sono mancati i tentativi di individuare un modello previsionale sull’andamento dei mercati. Ci ha provato il matematico francese Louis Bachelier, ci ha provato John Maynard Keynes, così come l’analista John Burr Williams o Benjamin Graham. Per poi approdare, con l’economista Eugene Fama, alla stessa conclusione di Bachelier: i mercati si muovono a caso.
Ma la ricerca continua. Ora si dispone di ben altri strumenti,fa notare Andrew Lo, professore di finanza e investimenti al Mit e gestore di un hedge fund. Quelli di Knutson. Ai suoi volontari, tra i 24 e i 39 anni, lui ha dato la possibilità di scegliere fra tre investimenti da 20 dollari: un bond sicuro (un dollaro di guadagno), un’azione con il 50% di possibilità di guadagnare 10 dollari (e 25% di perdere); un’azione più rischiosa con il 50% di probabilità di perdere 10 (e il 25% di guadagnare 10). Ebbene, a ripetere il gioco, tre volte su quattro le cavie scelgono secondo ragione, la quarta secondo l’impulso: o troppo avventurosi o troppo pavidi. Prima di fare il passo più rischioso, il cervello si era riempito di dopamina che produce euforia, che si manifesta anche in occasione di abuso di stupefacenti, cocaina o eroina. Al contrario, prima di un investimento sicuro, si era illuminata un’altra parte del cervello, l’isola anteriore, condizionata da serotonina e norepinefrina, che si manifestano negli stati d’ansia. Quando facciamo un investimento, nel nostro cervello scatta una battaglia tra piacere e ansia. L’uno cerca il profitto, l’altra la sicurezza.
Interessante, è l’obiezione, ma per ora la neurofinanza resta più fantascienza che scienza. Ma a Stanford, il professor Knutson va avanti. «Le immagini del cervello mi confortano in una speranza: un giorno riusciremo ad aprire la nostra scatola nera». E magari il denaro sarà la chiave giusta.