non esistono derivati "cattivi". Cattivo può esser l'uso che viene fatto.

DERIVATI: incredibile Casinò Bancario senza regole


Scritto il 25 aprile 2012 alle 10:30 da Dream Theater
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Scommesse.

I derivati posso essere anche delle coperture, ma molti di questi contratto sono delle vere e proprie scommesse.

Scommesse che possono portare anche grandi utili alle banche.

Ma possono anche rappresentare la causa di crisi grandissime (la parola subprime vi dice qualcosa?).


Voi direte: è come al Casinò! Al tavolo verde puoi vincere o perdere.
In questo caso le cose non stanno proprio così.

Infatti la storia insegna che se il banco vince (perché, se non lo avete capito, le grandi banche sono il banco) i soldi se li prendono alla grande, e ci mancherebbe! Vedasi per esempio gli ottimi dati che recentemente alcune banche hanno fornito al mercato con le loro trimestrali.

Risultati ottenuti con la finanza e non certo con la gestione tradizionale.



Ma se qualcosa va storto (vedasi appunto i subprime) il banco perde, certo, ma poi però…è “too big to fail” e allora arriva il decrevo salvatutto, l’aiuto statale, l’iniezione di liquidità che salva capre e cavoli.

E in più, cosa gravissima, senza la più logica delle conseguenze. Se salvo un banca per il bene comune, la devo nazionalizzare. Invece non solo le grandi banche non sono state nazionalizzate, ma addirittura il management che ha causato la più grande crisi / bolla della storiacontinua ad essere al suo posto, con stipendi inverosimili e un potere che non deve competergli.

Ma questo è il mondo della finanza. Ed è palese chi comanda…


In questo scenario, dunque, le banche continuano a fare quello che vogliono, non curanti delle esperienze avute nel 2008, con un’esposizione sui derivati che non fa che lievitare. Ecco qui sotto una tabella che meglio vi spiegerà la fantomatica esposizione sui contratti derivati del mondo bancario USA.
Bei numeri eh? Se vi fate due conti, scoprirete che l’esposizione dei derivati di TUTTO il sistema bancario, è pari a circa 10 dicasi 10 volte il PIL MONDIALE.

Morale: siamo seduti su una montagna di carta, in un mondo tecnicamente fallito con una serie di contratti matematicamente inesigibili.
Volete divertirvi un po’ in barba ad un dramma che la gente comune non ha ancora realizzato (e che forse non realizzerà mai in quanto si porterà in avati il più possibile questa clamorosa farsa)? Bene, allora guardatevi questa bella infografica che, credetemi, rende MOLTO bene l’idea di quanto sia pazzesca la valanga di denaro che è “scommessa” dalle banche coi derivati.
Partiamo da un po’ di numeri e di “spessori”. Ecco a livello dimensionale la differenza tra 100 $ e 1.000.000.000.000 $ ovvero un trillione.




continua

http://intermarketandmore.finanza.com/derivati-incredibile-casino-bancario-senza-regole-44766.html
 
solo per precisione, qui si parla di 'nozionale'
che è il sottostante del derivato

del tutto indicativamente e molto grossolanamente, ( per dire, sono derivati sia i futures che le opzioni ) il margine per un derivato potrebbe essere stimato al 10% del nozionale

cifre sempre di tutto rispetto eh !!
 
solo per precisione, qui si parla di 'nozionale'
che è il sottostante del derivato

del tutto indicativamente e molto grossolanamente, ( per dire, sono derivati sia i futures che le opzioni ) il margine per un derivato potrebbe essere stimato al 10% del nozionale

cifre sempre di tutto rispetto eh !!
guarda che nella tabella sono specificati...
e si fa il distinguo tra future ed opzione


e comunque risalta chiaramente che i derivati sono almeno 50 volte gli assets

un po' troppi non trovi?
 
guarda che nella tabella sono specificati...
e si fa il distinguo tra future ed opzione


e comunque risalta chiaramente che i derivati sono almeno 50 volte gli assets

un po' troppi non trovi?

Certo che é specificato e se vogliamo il massimo è sugli swap
ho usato il 10% per fare una media indicativa ... Per dire , se tutte le opzioni fossero comprate il margine sarebbe .... ;-)


Cmq ho già scritto che è troppo .... Ma si dovrebbe appunto sapere il fair value e non il nozionale
 
le scommesse della sola JP Morgan Chase Bank sono pari al valore di tutto il PIL mond

le scommesse della sola JP Morgan Chase Bank sono pari al valore di tutto il PIL mondiale.

Lo scorso 5 giugno, su “Collapse At Hand”, feci notare che secondo il rapporto del quarto trimestre dell’ Office of the Comptroller of Currency del 2011, circa il 95% dei 230 trilioni di dollari di esposizione sui derivati degli Stati Uniti erano detenuti da quattro istituti finanziari statunitensi: JP Morgan Chase Bank, Bank of America, Citibank e Goldman Sachs.
Prima della deregolamentazione finanziaria, in pratica l’ abolizione del Glass-Steagal Act e la non-regolamentazione dei derivati – un risultato ottenuto dalla collaborazione tra l’amministrazione Clinton con il Partito Repubblicano – Bank of America e Citibank erano le banche commerciali che prendevano i versamenti dei depositanti e facevano prestiti al mondo degli affari e ai consumatori poi, con i fondi residui, compravano i titoli del Tesoro .
Con l’ abolizione del Glass-Steagall queste oneste banche commerciali hanno cominciato a giocare come in un casinò, come la Goldmann Sachs che, pur essendo una banca di investimenti, si è messa a scommettere non solo i suoi soldi, ma anche quelli dei depositanti facendo scommesse senza avere i soldi, sui tassi d’ interesse, sul mercato dei cambi, sui mutui, sulle materie prime e sulle azioni.
Questo giochetto in breve tempo non solo ha superato di molte volte il PIL degli Stati Uniti, ma addirittura il PIL mondiale. Infatti le scommesse della sola JP Morgan Chase Bank sono pari al valore di tutto il PIL mondiale.
Stando al rapporto del primo quadrimestre del 2012 del Comptroller of the Currency, l’esposizione delle banche statunitensi sui derivati è diminuita, a 227 trilioni di dollari, in modo insignificante rispetto al trimestre precedente. E l’esposizione delle 4 banche statunitensi ammonta quasi al totale dell’esposizione e supera di molte volte il loro asset o il loro capitale di rischio.
Lo tsunami dei derivati è il risultato della manipolazione di un gruppo di ufficiali pubblici pazzi e corrotti che hanno deregolato il sistema finanziario statunitense. Oggi solo quattro banche americane hanno una esposizione sui derivati pari a 3,3 volte il PIL mondiale. Quando ero un funzionario del Tesoro USA , una circostanza come questa era considerata fantascienza.
Se tutto andrà bene, gran parte delle esposizioni sui derivati in qualche modo si compenseranno tra loro, così che l’esposizione netta, che rimarrà comunque sempre superiore al PIL di molti paesi, non è dell’ordine di centinaia di miliardi di dollari. Comunque, la situazione sta preoccupando molto la Federal Reserve che dopo aver annunciato un terzo QE, che consiste nello stampare soldi per comprare titoli – sia del Tesoro degli Stati Uniti che dei derivati-a-fregatura delle banche – ha appena annunciato che raddoppierà i suoi acquisti del QE3.
In altre parole, l’ intera politica economica degli Stati Uniti è basata sul salvataggio di quattro banche troppo grandi per fallire. Le banche sono troppo grandi per fallire solo perchè la deregolamentazione ha permesso una concentrazione finanziaria, come se l’ Anti-Trust Act non fosse esistito.
Lo scopo del QE è quello di mantenere alti i prezzi dei debiti, che supportano le scommesse delle banche. La Federal Reserve dichiara che lo scopo di questa massiccia monetizzazione del debito è quello di aiutare l’ economia facendo scendere i tassi di interesse ed facendo aumentare la vendita delle case. Ma la politica della Fed sta facendo male all’economia perché sta togliendo ai risparmiatori, e sopratutto ai pensionati, il reddito dei loro interessi sui risparmi, forzandoli a prosciugare il loro castelletto di risparmi. Infatti i tassi reali di interesse pagati sui certificati di deposito, sui fondi di investimento e sui titoli sono inferiori al tasso d’ inflazione.
Inoltre, i soldi che la Fed sta creando nel tentativo di salvare le quattro banche sta facendo innervosire i possessori di dollari, sia in patria che all’estero. Se gli investitori abbandoneranno il dollaro ed il suo cambio crollasse, anche il prezzo degli strumenti finanziari che gli acquisti della Fed stanno sostenendo crollerebbe ed il tasso di interessi aumenterebbe. L’ unico modo che ha la Fed per sostenere il dollaro è quello di aumentare il tasso di interesse. In quel caso, i detentori di titoli verrebbero spazzati via, e l’indebitamento per interessi del debito del governo esploderebbe.
Con una catastrofe come quella che seguirebbe al collasso della borsa e della bolla immobiliare, la residua ricchezza della popolazione verrebbe spazzata via.
Ma gli investitori stanno già abbandonando le azioni per “salvare” il Tesoro. È per questo che la Fed può mantenere i prezzi dei titoli così alti mentre il tasso di interesse reale è negativo.

Tratto da: IL FISCAL CLIFF E’ UN DIVERSIVO. (LO TSUNAMI DEI DERIVATI E LA BOLLA DEL DOLLARO) | Informare per Resistere IL FISCAL CLIFF E
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

 
No, non sta criticando i pericolosi strumenti di finanza derivata che nel bilancio di Deutsche Bank sono centinaia di volte superiori al capitale proprio e ticchettano come una bomba a orologeria.




http://vocidallagermania.blogspot.it/2012/12/wagenknecht-contro-weidmann.html



 
Contratti derivati alla sbarra
per il crac della Divania di Bari



Domenica, 27 gennaio 2013 - 10:25:00
di Marco Scotti

Prendete una qualsiasi azienda italiana con un fatturato da 70,5 milioni di euro e 430 dipendenti. Immaginate che questa azienda faccia divani, e li faccia talmente bene da essere diventata la settima impresa italiana nel settore, superando un mostro sacro del comparto come Poltrona Frau. Fatto? Bene, ora pensate che questa azienda, con un business florido e fondamentali solidi, non esiste più. Ma, al contrario di tante altre storie che abbiamo raccontato in questi di anni di recessione, la crisi, questa volta non c’entra. L’azienda in questione, la Divania di Bari, non esiste più perché strangolata da quei derivati che in questi giorni stanno costando lacrime e sangue all’ombra della Rocca senese. A parlare con il titolare dell’azienda pugliese, Francesco Parisi, viene quasi da dire “impossibile”. Ma lui lo ripete, senza mai esitare: «Non sono io a dirlo, si vada a leggere le informative della guardia di finanza, racconti che cosa hanno fatto a me e ai 430 dipendenti che avevo e che ora sono in mobilità». Parisi è un uomo ferito ma che non si piega, vuole che tutti sappiano la sua storia che gli ha portato in dote, oltre al fallimento della sua creatura, anche gravissimi danni cardiaci. Una storia che inizia nei primi anni nel 1998 e che si conclude, con il fallimento della Divania, nel 2006. Nel mezzo, un mare di derivati che Francesco Parisi è stato costretto a sottoscrivere – a volte neanche sapendo di farlo – con Unicredit. Per questo motivo, è stato richiesto il rinvio a giudizio dalla Procura di Bari di venti dipendenti della banca milanese, accusati, a vario titolo, di truffa aggravata e appropriazione indebita. Affaritaliani è in grado di fornire in esclusiva le richieste della procura di Bari e l’informativa della Guardia di Finanza sulla vicenda. L’udienza preliminare, che si è tenuta martedì 22 gennaio scorso, è stata aggiornata all’8 marzo prossimo.
Gli strumenti derivati
È la stessa informativa della Guardia di Finanza a spiegare in dettaglio che «i derivati ricavano il loro nome dalla principale caratteristica che li contraddistingue, ovvero che il prezzo di tali titoli “deriva” dal valore di mercato di un’altra attività di riferimento che prende il nome di “sottostante” che si mantiene, però, contrattualmente separata dal derivato stesso». Ma quali sono le caratteristiche che rendono questo strumento una potenziale bomba ad orologeria? Nell’atto citato, la Guardia di Finanza chiarisce che «l’ingegneria finanziaria, nel corso degli anni, ha sviluppato numerosi strumenti finanziari addizionali rispetto a queste strutture tipiche al fine di rispondere in maniera soddisfacente alle più svariate esigenze degli investitori rendendo però, allo stesso tempo, tali prodotti sempre più complessi e con profili utile/perdita (denominati payoff) difficilmente quantificabili da un utente poco esperto. (…) La complessità dei contratti, i costi di informazione ed il grado di cultura finanziaria necessario costituiscono, di norma, un deficit informativo in capo alla clientela degli intermediari la cui intensità è direttamente legata alla tipologia dell’operazione ed alla natura del cliente medesimo. È doveroso inoltre ricordare che il prezzo di uno strumento finanziario derivato negoziato fuori dai mercati regolamentati è un valore di stima poiché fa riferimento ad operazioni per le quali non è disponibile un prezzo ufficiale. (…) Proprio per questo la clientela, soprattutto quella con minore esperienza e conoscenza finanziaria, si trova costretta a riporre massimo affidamento nell’assistenza dell’intermediario con particolare riferimento alla valutazione di adeguatezza e appropriatezza della transazione».
Fin qui la situazione generale.

Divania Srl, a partire dal 9 giugno 1998, ha sottoscritto un totale di 189 contratti derivati (ma la richiesta di rinvio a giudizio del Tribunale di Bari parla addirittura di 203). Di questi, 55 solo nel 2002 e 59 nel 2003, quando l’esposizione dell’azienda verso le banche ha iniziato a diventare enorme. Perché l’ha fatto?

A suo tempo, Unicredit dichiarò che essi furono sottoscritti per evitare i rischi di cambio legati alle valute estere. L’informativa della guardia di finanza, redatta sulla base di una relazione peritale, sottolinea come «sebbene la Divania fosse esposta al rischio di cambio, legato prevalentemente alle esportazioni che costituivano circa il 99% del proprio fatturato, compensato in minima parte dal rischio (contrario, legato a minori posizioni di importazioni), la stessa società non ha mai evidenziato un’effettiva esigenza di ricorrere alla copertura offerta dagli strumenti finanziari derivati che invece sono stati sottoscritti. In particolare, i CTU (consulente tecnico d’ufficio, ndr) fanno rilevare che, al fine di annullare il rischio di cambio, alla società sarebbe bastato utilizzare una razionale pianificazione della gestione valutaria attraverso il sistema dei finanziamenti in valuta attingendo risorse dalla banca».
Ma questo non è avvenuto. Anzi: «tale pianificazione è risultata invece completamente assente ed ha causato addirittura eccedenze di incassi di valuta rispetto ai reali fabbisogni dell’azienda tali da non concorrere alla stabilizzazione del rischio valutario portandone invece la creazione di uno di segno contrario. E ancor più assurda, così come confermato dai CTU, sembrerebbe l’ipotesi che il ricorso agli strumenti finanziari derivati sia stato determinato dalla necessità di coprire una nuova posizione di rischio-cambio originata dall’eccesso di copertura che i finanziamenti ottenuti dalla società hanno di fatto prodotto».
I numeri della Divania
Con 70,5 milioni di euro di fatturato e 430 dipendenti la Divania nel 2000 poteva dirsi un’azienda in salute. Eppure, si legge nell’informativa, «durante il periodo gennaio 2000-giugno 2005 i contratti derivati, oltre a non aver svolto la propria funzione di “copertura”, hanno generato ingenti perdite di cui parte già addebitate alla data del 5.01.2003 sui conti correnti della Divania – e precisamente pari a 2,7 milioni di euro su un totale di 4,5 milioni». Per ammortizzare il solo costo dei contratti derivati, considerando la redditività dell’azienda, sarebbero stati necessari tre anni. Ma se invece della redditività, si fosse preso l’utile di esercizio, che nel 2002 fu di 19000 euro, si capisce subito quanti anni sarebbero stati necessari.
2002
Già in quel 2002, la posizione di Divania viene dichiarata a rischio dagli stessi funzionari di Unicredit. Il che, sempre secondo la Guardia di Finanza «prevedeva la riduzione del profilo di rischio (della banca) attraverso una condotta ben precisa che invece i vari funzionari di Banca non hanno rispettato. Infatti, nonostante il quadro negativo (…) i funzionari di banca hanno continuato a far sottoscrivere alla Divania derivati che non avevano alcuno scopo di copertura. La motivazione ricorrente addotta dagli stessi nel corso delle indagini è stata che quello era l’unico modo per distribuire nel tempo le ingenti perdite accumulate dalla società. Ma il fatto di non addebitare tali costi produceva l’effetto di generare ulteriori guadagni per la banca. (…) Verso la fine dell’anno 2002 la perdita potenziale (perché non ancora manifestata sui conto correnti) dei derivati era di circa 3,5 milioni e agli atti non risultano documenti dai quali si possa evincere una comunicazione di tali informazioni a Parisi».
2003
Nel 2003 la situazione precipita: la perdita raggiunge l’importo di circa 10 milioni di euro. «Il risultato di una pluralità di operazioni eseguite senza comunicare il reale “prezzo” dell’operazione a Parisi, ma facendole apparire ai suoi occhi “a costo zero”. Anzi, la Divania (…) aveva addirittura la percezione di una sostanziale compensazione fra gli addebiti e gli accrediti in conto corrente. Nel secondo trimestre 2003, alla Divania si può dire che viene sottratta la reale gestione della propria liquidità che di fatto viene assunta dalla Unicredit. La stessa inizia una operazione di progressivo rientro dall’ingente posizione di rischio producendo di fatto una disgregazione dell’intera produttività aziendale nel biennio 2003-2004. (…) Contestualmente, a partire dal mese di giugno 2003, Unicredit procede a “girocontare” somme per un importo di circa 9 milioni di euro (…). L’effetto di questa scelta faceva sì che Divania, per la prima volta nella sua storia, diventasse inadempiente su rate di mutuo da pagare ad altre banche. Allo stesso tempo, Unicredit concedeva finanziamenti per complessivi euro 9,6 milioni non destinati all’attività produttiva bensì per coprire gli addebiti dei derivati (…). Ed è così che nell’anno 2003 la società presenta una perdita d’esercizio di oltre 16 milioni di euro».
2004
Nel 2004 Francesco Parisi si rende conto di essere ormai sull’orlo della bancarotta. Per questo, il 10 marzo 2004 effettua una ripresa video all’insaputa dei funzionari della banca. Dalle riprese emerge che Parisi era all’oscuro di buona parte della gestione del patrimonio aziendale da parte dell’istituto di credito. Il che, secondo l’informativa della guardia di finanza «oltre a dimostrare che nel corso del rapporto con il cliente i funzionari di banca hanno omesso di fornire informazioni inerenti l’operatività in derivati e che veniva svolta in completa autonomia, evidenziano che gli stessi funzionari hanno continuato a nascondere all’amministratore delegato della Divania Srl la reale “perdita”. Di fatto, parte della stessa era stata già addebitata».
Dal 2006 ad oggi
Il resto è storia nota. Nel 2006 la Divania è costretta a chiudere definitivamente a causa del dissesto finanziario provocato dai derivati. Francesco Parisi ha chiesto, in sede civile, 105 milioni di euro, a risarcimento dei danni patrimoniali e fisici subiti durante la vicenda. Se la sua richiesta dovesse essere accolta, Parisi si è detto disponibile a ricominciare la sua attività, anche per i 430 dipendenti in mobilità. Intervistato da Affaritaliani, Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef che si è costituita parte civile nel processo, ha dichiarato: «Quest’impresa è stata fatta fallire e questa è l’eredità di Alessandro Profumo. È almeno una decina d’anni che io continuo a denunciare il sistema dei derivati, ma come unica risposta ho ottenuto una rappresaglia dalla Consob, dopo aver denunciato i derivati di Unicredit: la Consob di Cardia, il cui figlio è a libro paga di Ligresti e di altre banche, mi ha comminato una sanzione di 100.000 euro per aver turbato i mercati. In Corte d’Appello la sanzione è stata tolta».
Permangono i dubbi sul sistema dei contratti derivati che oggi ammontano, secondo i dati più aggiornati, a 218 miliardi di euro. E se la “mina” dovesse deflagrare?
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Gran Bretagna: alle porte nuovo scandalo derivati?


Scritto il 31 gennaio 2013 alle 12:39 da Dream Theater
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Che il mondo fosse fuori dalla crisi lo escludavamo da tempo.

Che il sistema finanziario e quindi il mondo delle banche in Europa abbia fatto passi da gigante in ambito di solidità e deleveraging lo escludiamo da tempo.

E proprio in questi giorni abbiamo toccato con mano come le banche in Europa possano ancora rappresentare dei rischi latenti. In Italia con le vicenda Monte dei Paschi…e in Europa?


Proprio di qualche minuto fa la notizia apparsa su Reuters, secondo la quale siamo di nuovo vicini ad una nuova forte crisi per le banche dell’Regno Unito.
Ebbene si, sembra infatti che ci sia uno scandalo derivati alle porte senza precedenti. Indovinate un po’. Le banche per fare utili hanno venduto ai privati dei contratti derivati a copertura di mutui in modo irregolare. La FSA (Financial Services Authority) ha detto che da una loro inchiesta, il 90% e ripeto 90% dei contratti venduti sarebbe irregolare. Vi rendete conto cosa potrebbe significare?
E provate ad immaginare cosa potrebbe significare in ambito di indennizzo. Miliardi di sterline che le banche devono scucire ai privati. Alcune stime parlano di circa 16 miliardi di sterline. Certo, le banche hanno già dato luogo a dei risarcimenti in passato proprio su questa problematica, ma di importi assolutamente imparagonabili rispetto alle stime attuali. Sotto la lente soprattutto RBS, Barclays, HSBC e Lloyds.


Eccovi il report FSA.
The Financial Services Authority (FSA) has confirmed that Barclays, HSBC, Lloyds and RBS will start the full review of their sales of interest rate hedging products (IRHPs) to small businesses. In June last year, the FSA announced that it had found serious failings in the sale of IRHPs. Today’s announcement means that these banks have agreed to work on reviewing individual sales and providing redress to customers based on principles outlined in today’s FSA report, and overseen by independent reviewers.
The decision follows intensive work by the FSA to scrutinise the pilot review of sales carried out by the banks and the independent reviewers. The pilot was established to allow the FSA to consider the banks’ proposed approaches to reviewing sales and to ensure they would deliver the right outcome for customers.
The FSA considered files containing all the evidence on individual sales of IRHPs, together with the bank’s and the independent reviewer’s assessment of each file. Evidence from customers has also been very important in assessing sales. In addition, the independent reviewers have provided reports covering matters such as areas of disagreement between the reviewer and the bank.
The work on the pilot has confirmed the FSA’s initial findings of mis-selling of IRHPs. The FSA looked at 173 sales to non sophisticated customers and found that over 90% of the sales did not comply with at least one or more regulatory requirement. A significant proportion of these 173 cases are likely to result in redress being due to the customer. However, the small number of typically more complex cases in the sample may not be representative of all IRHP sales. (FDA)
STAY TUNED!
 
Economia

Quattrosoldi/ La crisi 2008 e la passione per i derivati hanno minato i bilanci di tutte le banche europee, non solo di quelle italiane


Venerdì, 1 febbraio 2013 - 15:44:00


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Curioso Paese l'Italia, dove si grida allo scandalo per l'utilizzo (in verità alquanto infelice) di derivati, ufficialmente a copertura di rischi di tasso e di cambio a fronte di un portafoglio colpo di titoli di stato a lunga scadenza, da parte della terza banca del paese, Mps, e dell'operazione di pulizia di bilancio portata avanti dallo stesso istituto in relazione a un'acquisizione avvenuta oltre quattro anni fa, prima della crisi economico-finanziaria seguita al collasso di Lehman Brothers, ma non ci si chiede se e quanto altre banche europee abbiano fatto operazioni analoghe.

A giudicare dalle ultime notizie giunte sui mercati quasi tutte e non solo nei paesi del Sud Europa i cui istituti son sembrati a rischio di "stigma" da parte del mercato già solo per non aver rimborsato in anticipo l'altro ieri una parte almeno dei fondi erogati loro dalla Bce tramite la LTRO del dicembre 2011 proprio perché, a fronte del dilagare del rischio contagio e del crollo del valore dei titoli di stato italiani e spagnoli (oltre che greci, irlandesi e portoghesi), i mercati del credito erano ormai totalmente disfunzionali e nessuna banca prestava più soldi a nessun'altra, indipendentemente da meriti o demeriti specifici.

Andiamo con ordine:

ieri Deutsche Bank ha annunciato una trimestrale chiusa con una perdita di 2,17 miliardi di euro, complice la decisione di procedere ad accantonare un altro miliardo per spese legali legate agli scandali Euribor e Libor e di ristrutturazione e 1,9 miliardi di svalutazione dell'avviamento e altri asset intangibili. Il nuovo numero uno di Deutsche Bank, Anshu Jain, si è vantato di questi numeri spiegando che essi provano come il nuovo management sia pronto ad assumersi oneri pur di irrobustire la struttura patrimoniale del gruppo, senza far ricorso ad aumenti di capitale.


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Ma ha evitato di soffermarsi troppo sul fatto che è stata Deutsche Bank a vendere a Mps il veicolo finanziario Santorini da 1,5 miliardi di euro costruito per convertire il tasso fisso (dei Btp in pancia a Rocca Salimbeni) in tasso variabile (l'Euribor, che Deutsche Bank stessa potrebbe aver contribuito a manovrare). Come ha sorvolato sul fatto che la Sec statunitense sta indagando sulle dichiarazioni di tre ex dipendenti della controllata americana del gruppo secondo cui l'utilizzo di una serie di derivati "fuori bilancio" avrebbe occultato perdite potenziali per 12 miliardi di dollari che avrebbero imposto il salvataggio dell'istituto da parte delle autorità federali statunitensi.

Quanto al piangere sul latte versato delle passate acquisizioni neanche Credit Agricole, ex "socio forte" in Intesa Sanpaolo, scherza troppo: oggi il gruppo ha annunciato che svaluterà l'avviamento e altri asset intangibili di 2,68 miliardi di euro nel quarto trimestre del 2012 per riflettere regole contabili più severe e il peggioramento dello scenario macroeconomico di riferimento. Come dire: certi valori, ai quali fino al 2008 sono state acquisite banche e società in tutta Europa, ce li possiamo pure scordare, meglio prenderne atto e fare pulizia.

Dall'altro lato della Manica Barclays, già coinvolta nello scandalo Libor e in quello della vendita di mutui solo a condizione che gli stessi fossero "assicurati" attraverso l'acquisto di coperture offerte da derivati poi rivelatisi molto più rischiosi del previsto (la Fsa stima che il 90% dei contratti conclusi possano essere irregolari), rischia di finire nuovamente al centro di un'indagine della Fsa, che secondo la stampa sta cercando riscontri all'ipotesi che la stessa Barclays abbia finanziato, irregolarmente, la Qatar Investment Authority perché il fondo sovrano arabo investisse nell'istituto inglese nel 2008, in piena crisi finanziaria, così da evitare l'intervento di "salvataggio" del Tesoro di Sua Maestà.
 
DEUTSCHE BANK E MPS … L’OMBRA DI GOLDMAN SACHS!


Scritto il 2 febbraio 2013 alle 12:31 da icebergfinanza

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Abbiamo appena finito di condividere il ritorno del cigno nero Deutsche Bank che visti i precedenti e le numero inchieste penali che la riguardano,assomiglia più ad un avvoltoio che all’improvviso spuntano alcune voci o ipotesi che riguardano le grandi manovre internazionali per spartirsi il cadavere della banca senese.


Anche tralasciando la vicenda relativa alla vendita di titoli di stato italiani con abuso all’ingresso di credit default swap per assicurare mezzo mondo sul rischio fallimento del nostro Paese e’ palese l’atteggiamento altamente speculativo e predatorio di certe banche.


Sintetizzando per coloro che non hanno compreso la famigerata operazione Santorini messa in piedi per coprire le perdite di un contratto derivato stipulato da MPS con DB, la banca senese si poneva come controparte al rialzo su titoli INTESA mentre DB scommetteva sul ribasso. Sarei curioso di conoscere i target e i report emessi dagli uffici studi di DB nel 2008 e successivi.
Scommessa persa quindi da MPS per 367 milioni senza un solo centesimo per ripagare Deutsche Bank la quale ovvia mente offriva condizioni capestro attraverso un prestito di 1,5 miliardi con la ciliegina sulla torta ovvero una scommessa perdente confezionata sul valore dei titoli di Stato italiani.


Vi dice nulla sulle dinamiche di questi mesi che se pur hanno ben poco in comune con il progetto Santorini potrebbero nascondere mille altri progetti o scommesse con altre realtà finanziarie?


Ma arriviamo al sodo!
Ci sono manovre dall’estero sul Monte dei Paschi di Siena. L’obiettivo è scontato: acquisire quote di capitale dell’istituto senese. Non si tratta di compravendite di azioni al miglior prezzo ma di acquisti cospicui, pacchetti che possono alterare l’assetto azionario della banca in modo definitivo. (…)Un primo soggetto che starebbe lavorando in questo senso è Deutsche Bank. La banca tedesca ha già legami molto forti con Mps. Uno degli esempi, questo sì oggetto di approfondimento giudiziario da parte della procura della repubblica di Siena nell’indagine in corso, è l’operazione di finanza derivata “Santorini”, messa a punto con il Monte proprio dall’istituto tedesco.Quest’ultimo, finito nel mirino della Consob della Germania e degli Stati Uniti, non è però interessato in prima persona alla banca senese. Ma agirebbe per conto di Goldman Sachs. Anche in questo caso, è un’ipotesi molto verosimile. La banca d’affari americana, tra l’altro, insieme a Citigroup e Merrill Lynch coordinò l’intero dossier affidato loro dal Monte per l’acquisizione di AntonVeneta.
Il resto lo lasciò alla Vostra attenzione sul Sole24Ore Gli investitori esteri muovono per entrare nel capitale di Siena



Chissa’ forse tutto ciò spiega il silenzio della stampa italiana e dei politici sulla domanda che da ieri rimbalza come un eco dalle gole profonde dei canyon oscuri della finanza internazionale, mentre è partito un nuovo attacco congiunto contro i paesi periferici con tanto di manovre sui future e sui titoli del nostro listino e quello spagnolo e soprattutto l’accerchiamento mediatico del governatore della BCE Draghi che qualche responsabilità pare avercela in quanto ad omissione di vigilanza.


Signora Merkel, signor Weidmann attuale governatore della Banca centrale tedesca e soprattutto Axel Weber, dove era la Bundesbank quando nello stesso periodo la Deutsche Bank nascondeva 12 miliardi di perdite falsificando i bilanci come sostenuto da Tre ex contro Deutsche bank ”Nascose perdite per 12 miliardi .. che hanno permesso alla banca tedesca di evitare gli aiuti di stato con conseguente coinvolgimento del bilancio della Germania?
Me la date una mano a far notare tutto ciò a qualche giornale italiano bombardando le redazioni e i forum è forse tempo che dopo aver subito bombardamenti di ogni genere in questa guerra finanziaria qualche bomba virtuale su Berlino cada!
Per chi volesse sostenere liberamente il nostro viaggio è disponibile MACHIAVELLI 2013 UN ANNO DOUBLE FACE un post da non perdere sulle prospettive geopolitiche, macroeconomiche e tecniche di un anno che si preannuncia decisamente DOUBLE FACE!
 

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