NON HO MAI CAPITO PERCHE' CERTA GENTE PER SENTIRSI MIGLIORE ABBIA BISOGNO DI FAR SENTIRE PEGGIO

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Di fronte all’avanzata dei turchi in Siria i curdi dello YPG non hanno arretrato ed hanno opposto una buona resistenza,
ma gli americani si sono ritirati verso basi più a sud, lungo l’Eufrate.

Una ritirata per evitare di scontrarsi con el truppe di Erdogan che permette al turco di creare la propria “Zona di Sicurezza”,
con tanto di “Modifica della demografia locale”, cioè con deportazione dei curdi locali.

Gli americani hanno abbandonato la base di Tell Arqam , al confine fra Kurdistan siriano e Turchia,
e una troupe russa è riuscita ad entrare nella base americana ormai abbandonata.

Come potere vedere tutto è stato abbandonato piuttosto di corsa.
La base era occupata dalle forze speciali USA.

Trump ha minacciato un Armagheddon commerciale contro Ankara
se questa utilizzerà una violenza eccessiva e comunque ha definito questa mossa sbagliata,
ma non sembra che accadrà qualcosa alla Turchia.

L’unico riparo per i curdi rimane l’accordo con la Russia e la Siria.

Ricordiamo che i curdi controllano ancora 100 mila prigionieri ISIS che l’Europa non vuole,
ma che sotto pressione turca potrebbero essere liberati. Un bel regalo del Sultano.
 
Eppure, nessuno fa nulla.

Si continua con l’abbraccio mortale alla Germania ed alla sua insulsa “austerità”.

Infatti gli italici governanti, ignari ed ignavi, come sempre, operano nel solco del rispetto più ligio ed ossequioso dei dettami di Bruxelles,
anche se questo significa devastare ulteriormente l’economia ed il tessuto sociale del paese.

Ma tant’è. Senza decisioni tempestive aderenti alla realtà delle cose il disastro è sicuro.

Albert Einstein asseriva che " la stupidità è fare sempre la stessa cosa ed aspettare risultati diversi.”

Siamo in mano a degli stupidi che perseverano da sempre, con acribia e politezza, in politiche di tagli,
di aumento del carico fiscale e di dismissione del patrimonio pubblico, sperando che le cose possano cambiare ed essere diverse.

Ma non è così e non sarà mai così e tuttavia viviamo in un clima di surreale rassegnazione,
credendo di aver raggiunto il fondo e di non poter scivolare ulteriormente in basso.

Eppure, c’è poco da aspettarsi da un Governo che, per aumentare gli stipendi ai docenti,
pensa di tassare le merendine distribuite nelle scuole, idea tra il bizzarro ed il bislacco che desta stupore ed ilarità,
e che crede sia salvifica per le finanze statali la diminuzione del numero dei deputati e dei senatori,
con un risparmio di pochi milioni di euro, res nullius, ma che trasforma in chiave oligarchica la composizione del Parlamento rendendolo preda delle lobbies di potere.

Come c’è poco da sperare da quanti, sfruttando la copertura mediatica fornita da quel fenomeno da baraccone che risponde al nome di Greta Thunberg,
si apprestano ad aumentare il prezzo del gasolio, passo importante del New Green Deal italiano, assieme al voto ai sedicenni ed allo “ ius soli” o “ius culturae” che dir si voglia.

Pro bono pacis non andiamo oltre.

Eppure, mutatis mutandis, l’Italia potrebbe trarre utile insegnamento dal suo passato più o meno recente:
allearsi con la Germania è sempre stato estremamente pericoloso per noi italiani.

I tedeschi non hanno, paradossalmente, la necessaria flessibilità per cogliere le modifiche dello “zeitgaist”
ossia dello spirito dei tempi e perseverano ottusamente nell’impegno originario sino alle estreme conseguenze.
La nomina di Ursula von der Leyen a capo della C.E. è l’esempio più fulgido di quanto detto.

Questa pericolosa rigidezza teutonica fu compresa per tempo dal “generalissimo” Francisco Franco,
la comprese invece in ritardo il cavalier Benito Mussolini duce dell’Italia, il quale pur tuttavia non ebbe mai il coraggio di rompere l’alleanza e di porre fine alla guerra.

Questo clima da tregenda e di “cupio dissolvi” dell’Italia attuale ha qualcosa in comune con quanto hanno vissuto
negli ultimi giorni i governanti della repubblica di Salò, nata e finita nel corso della seconda guerra mondiale, tra il 1943 e il 1945,.

Allora c’era ancora formalmente un governo italiano in carica, ma le decisioni che prendeva dovevano avere l’assenso germanico.

Tutti sapevano della sconfitta inevitabile, tutti erano consapevoli che l’alleanza con i tedeschi
sarebbe stata esiziale per le loro sorti, ma nessuno ebbe il coraggio di fare la scelta giusta.

Non fu fatto nulla, per cui “simul stabunt aut simul cadent”.

Caddero insieme l’Italia di Salò ed il III reich!

Tutto questo sta avvenendo nuovamente in Italia.

L’Europa a guida tedesca, assolutamente incapace di guardare oltre i codici ed i codicilli creati,
su sua spinta, dall’inutile burocrazia di Bruxelles, andrà al disastro e l’Italia con essa.

In Europa le infrastrutture pubbliche sono sempre più fatiscenti, in Italia cadono ponti autostradali
e per contro la Cina, paese comunista, con la via della seta programma investimenti per i prossimi cento anni!
Da faro della civiltà finiremo nella irrilevanza della storia.

Purtroppo i nostri governanti, ora come allora, non hanno il coraggio di sciogliere l’esiziale legame che condurrà la nazione al perimento.

Non ci resta che confidare nella Provvidenza Divina!!!
 
Siamo ancora, come PIL, al di sotto dei livelli dei redditi del 2007,
e l’Italia ha perso dal 2011 400 miliardi di PIL rispetto a quello che avremmo avuto
se non fossero andati al governo “Quelli Bravi”, quelli che “Seguono le Regole”.

Le regole europee sono sbagliate, ma a questo punto non basta aggiustare le regole,
bisogna riparare in qualche modo, i danni.

Invece c’è una finanziaria dei pannicelli caldi, di una finta lotta al’evasione fatta della persecuzione dei piccoli.
 
In questi giorni si sentono molte voci di bonus per i lavoratori dipendenti (chissà perchè no per gli autonomi) di bonus asili, , di super assegni famigliari per i figli etc.

Però diciamo la cruda verità: la pressione fiscale aumenterà.

Non lo diciamo noi, lo dice il NADEF.

Prendiamo le tabelle base del NADEF sulle entrate:



La pressione fiscale , come si vede dalla penultima riga, allo stato attuale è previsto salga dal 41,9% del 2019 al 42,6% del 2020.

Quindi ci sarà un aumento della pressione fiscale stessa. Tutto il resto è solo aria.

Se ci sarà una qualsiasi forma di aiuto per qualcuno, sarà comunque pagato dalle imposte su tutti.


Passiamo a considerare il fattore evasione fiscale.
Anche questo, come sappiamo è ripreso dal NADEF e con valori molto elevati.



Per il 2019 è prevista un’entrata di 10,43 mld, per il 2020 di 9,49 mld, ma si tratta di iscrizioni a ruolo non di incassi.

L’iscrizione a ruolo è la registrazione di un debito fiscale verso lo Stato, ma quanto di questo debito viene pagato, e pagato subito ?

Una parte viene ratealizzata, una parte consistente non viene pagata per una serie di motivi
che vanno dalla morte del debitore e mancato subentro degli eredi
all’incapienza patrimoniale al fallimento all’impossibilità di far, oggettivamente, pagare.

Diamo due dati esemplificativi:



Nel 2015 il 50% di quanto iscritto al ruolo da Equitalia veniva oggettivamente pagato, e si tratta di un risultato eccezionale.

Il Saldo e stralcio delle cartelle peri debitori meno economicamente capaci serviva proprio ad aumentare questa percentuale,
ma il nuovo governo non è interessato a proseguirla.

Se proseguissimo con le stesse percentuali nel 2019 e 2020 avremmo un buco
di poco sopra i 5 miliardi nel 2019 e di poco sotto nel 2020, cioè poco meno della spesa per il Reddito di Cittadinanza.

Come copriamo il buco? Semplice: aumentando la pressione fiscale.

Quindi quando sentite di bonus incredibili, di super contributi famigliari etc non credeteci.

Sono soldi che escono, nella migliore delle ipotesi, dalle vostre tasche.
 
Dove c’è fumo c’è spesso arrosto, e Trump potrebbe aver avuto ragione.

Secondo Andriy Derkach, deputato ucraino che cita documenti ufficiali, Joe Biden, ex vicepresidente con Obama
e candidato democratico alla presidenza, avrebbe preso da 900 mila dollari da Burisma per attività di lobbying.

Questi soldi sarebbero transitati attraverso una società americana specializzata nella gestione delle attività lobbistiche,
la Rosemont Seneca Partners,
nota per essere direttamente collegata a Biden.

La motivazione del pagamento sarebbe, genericamente, per consulenze.

Inoltre, secondo dati citati dallo stesso deputato ucraino, sono state pagate grosse cifre anche ad altri personaggi politici, sotto varie forme.

Complessivi 16,5 milioni di dollari sarebbero stati pagati a diversi personaggi nel board,
fra cui politici come, Aleksander Kwasniewski, presidente polacco dal 1995 al 2005, Hunter Biden e Devon Archer, ,
co fondatore proprio di Seneca Partner con Hunter Biden.

Insomma un bel flusso di denaro che è arrivato dalle casse delle società ucrainna dell’energia che sarebbe entrata nelle tasche del clan Biden.

Non è tutto qui: secondo Andriy Derkach le pressioni di Joe Biden non si sarebbero limitate al tentativo di tutelare il proprio figlio Biden
dalle inchieste del procuratore ucraino, ma si sarebbero anche allargate alla tutela di altri personaggi attorno a Burisma,
fra cui Mykola Zlochevsky, fondatore di Burisma e ministro dell’ecologia di Kiev.

Una situazione già di per se particolare, quella di avere il ministro dell’ecologia che è anche un boss del commercio internazionale di idrocarburi.

Derkack ha accesso diretto ai documenti dell’autorità contro la corruzione Ucraina
ed ha affermato che nei prossimi giorni pubblicherà i documenti relativi nel proprio profilo facebook.

Come avevamo previsto la questione Biden, con la quale il congresso vorrebbe iniziare un impeachment contro Trump,
rischia di essere un enorme boomerang per i democratici.
 
La riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari è stata approvata.

Politicamente si tratta di un successo del M5s, tutti gli altri partiti si sono accodati
per non essere accusati di “poltronismo”, non considerando la posta in gioco.

Nessuno che abbia avuto il coraggio di urlare che certo la democrazia ha dei costi,
ma è sempre meglio pagare quei costi – del resto un risparmio risibile per il bilancio dello Stato –
che avere un sistema sempre meno rappresentativo.

Analizziamo i punti di maggiore criticità.

Primo. Quando la Costituzione fu approvata, nel dicembre 1947, e prevedeva l’attuale composizione
(630 deputati e 315 senatori), gli italiani residenti erano circa 40 milioni.
Oggi siamo 20 milioni in più ma e quasi lo dimezziamo.
In pratica, facendo due conti, con questa riforma avremo un deputato ogni 154mila abitanti e un senatore ogni 308mila.

Secondo. La politica finirà per essere gestita da uno sparuto numero di persone, come accade nei sistemi oligarchici.
In sede parlamentare “deliberante” ( o “legislativa”), cioè quando le Camere deliberano solo in Commissione senza passare dall’Aula,
le decisioni a Palazzo Madama verranno adottate da commissioni non più di 20-25 senatori come accade oggi, bensì di 10-12 senatori, o anche meno.
Si potrebbe arrivare a 6 in caso di assenze: le commissioni, al pari dell’Aula, sono regolari se è presente la maggioranza dei componenti,
quindi in teoria una Commissione di 10 senatori potrà deliberare se ne fossero presenti solo 6, con una maggioranza di 4.

Terzo. Al Senato la rappresentanza andrà a farsi benedire.
L’attuale legge elettorale prevede una soglia di sbarramento del 3% a livello nazionale anche per il Senato.
L’art. 57 della Costituzione stabilisce però che i senatori siano eletti su base regionale.
Ciò vuol dire che, con un Senato ridotto a 200 componenti, le liste che vedranno attribuirsi i seggi saranno solo quelle più votate (sopra il 10-15% circa),
lasciando parecchie liste fuori da Palazzo Madama anche se con consensi superiori alla soglia di sbarramento

Quarto. I parlamentari eletti sul territorio nazionale saranno anche di meno rispetto ai numeri previsti.
Per via di quelli eletti nella circoscrizione Estero (ridotti rispettivamente da 12 ad 8 e da 6 a 4),
gli italiani eleggeranno sul territorio nazionale 392 deputati e 196 senatori.
Inoltre al Senato la riforma ha specificato che ciascun Presidente della Repubblica potrà nominare 5 senatori a vita,
i governi saranno quindi sostenuti grazie ai voti necessari dei Monti e i Napolitano di turno.
Se i senatori a vita erano 5 per ciascun Presidente con un Senato a 315 membri, logica avrebbe voluto che – con un Senato a 200 membri – i senatori a vita fossero al massimo 3.

Quinto. Il voto di fiducia delle Camere nei confronti del governo è approvato a maggioranza relativa, cioè dei presenti.
Se un giorno al Senato mancasse un numero consistente di senatori, la fiducia verrà votata pur sempre dalla maggioranza dei presenti,
che se consideriamo le astensioni potrebbe essere un numero vicino a quello di un condominio delle grandi città.

Sesto. Le leggi costituzionali e di revisione costituzionale, la cui procedura “aggravata” è prevista dall’art. 138 della Costituzione,
sono approvate in prima deliberazione a maggioranza dei presenti.
Con la riduzione dei parlamentari basterà in prima lettura il voto di pochi deputati e senatori per cambiare la Costituzione.
Non solo. In seconda deliberazione, se si raggiunge la maggioranza dei 2/3 dei componenti di entrambi i rami del Parlamento,
la revisione costituzionale non è soggetta a richiesta di referendum popolare confermativo,
con la conseguenza che la Costituzione sarà alla mercé di uno sparuto gruppo oligarchico che risponde unicamente alle segreterie di partito.

Settimo. Negli ultimi quattordici anni abbiamo avuto leggi elettorali con listini bloccati e nominati.
L’attuale sistema elettorale prevede che quasi i 2/3 di deputati e senatori siano eletti col sistema proporzionale a listini bloccati,
coi nomi dei candidati già indicati sulla scheda elettorale e senza la possibilità di esprimere preferenze.

Ridurre il numero dei parlamentari, con simili leggi elettorali, spalancherà le porte solo a persone gradite alle segreterie dei partiti.
Altro che lotta alla “casta”.

Ottavo. Con la riduzione di circa il 40% del numero di deputati e senatori, l’Italia sarà in Europa il Paese col minor numero di rappresentanti.
Il Bundestag tedesco contempla oggi 709 membri (è a composizione variabile), più 69 del Bundesrat, per un totale di 778 parlamentari.
Il Parlamento francese ne ha ben 925, vale a dire 577 deputati e 348 senatori.
In Inghilterra la Camera bassa conta 650 deputati elettivi mentre la Camera dei Lord ben 776 componenti, compresi quelli per diritto ereditario, per un totale di 1426 parlamentari.
L’Italia ne avrà appena 600.

Tutto questo non ha senso.

La famosa “democrazia diretta” del M5S, che presuppone nella sua logica una minore rappresentanza parlamentare, viene smentita dai fatti.

In Svizzera, ad esempio, che ha un bicameralismo paritario simile al nostro, su una popolazione di appena 8,5 milioni di abitanti,
il Parlamento è composto da 200 membri al Consiglio nazionale e 46 al Consiglio degli Stati.
In proporzione, con la riforma approvata ieri, il popolo italiano sarà seriamente sottorappresentato all’interno delle Istituzioni parlamentari.

I risultati sono simili alla proposta dalla loggia massonica P2 di Licio Gelli, il cui “piano di rinascita democratica”
prevedeva una riduzione da 630 a 450 deputati e da 315 a 250 senatori, numeri addirittura più alti!


Ora la legge di revisione costituzionale sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale e, essendo stata approvata dal Senato a luglio
in seconda deliberazione senza raggiungere la maggioranza dei 2/3 dei componenti, dovranno trascorrere tre mesi
perché 1/5 dei componenti di una camera oppure 5 consigli regionali o 500mila elettori abbiano la facoltà di chiedere referendum popolare confermativo
ai sensi del secondo comma dell’art. 138 della Costituzione. La riforma entrerà in vigore trascorsi questi tre mesi,
ovvero in caso di esito affermativo del voto popolare a seguito di referendum, dopo la promulga da parte del Capo dello Stato.

La sua operatività a partire dalla prossima Legislatura è condizionata al decorrere di ulteriori sessanta giorni dall’entrata in vigore (art. 4 della legge di revisione).

Crediamo purtroppo che, per non cadere nel tritacarne demagogico della “casta” che vuole auto-proteggersi, nessun partito chiederà di sottoporre la riforma a referendum.
Così come crediamo difficilmente realizzabile la soluzione della raccolta-firme da parte di 500mila elettori senza l’apporto di un partito alle spalle.

Restano i consigli regionali, ma anche lì è molto difficile che qualcuno trovi il coraggio politico di chiedere la pronuncia popolare.

Una pessima riforma, come quella che con larghissima maggioranza ha introdotto l’obbligo del pareggio di bilancio.

E a quanto pare, come quella, ce la dovremo tenere.
 
Nessun accenno ai veri costi da tagliare. Indecorose arlecchinate dei 5stalle.

Si tagliano un po' di parlamentari ma non si toccano i dipendenti di Camera e Senato,
il vero fortino di privilegi che il M5s però ha deciso di non inimicarsi.

Eppure gli stipendi del personale pesano molto più di quelli dei 345 parlamentari eliminati.

Parliamo di cifre astronomiche:
180 milioni di euro per gli emolumenti del personale solo della Camera,
altri 99 milioni per i loro colleghi del Senato.

Finora i dipendenti del Palazzo hanno sempre sfangato ogni tentativo di calmierare i loro stipendi, cresciuti del 50% negli ultimi 13 anni di crisi (ma non per loro).

Nel 2014 una delibera dell'Ufficio di presidenza aveva stabilito dei tetti massimi per gli stipendi del personale.
Tetti molto generosi:

172mila euro l'anno per gli stenografi,

99mila euro per i commessi,

166mila euro per i segretari,

240mila euro (il compenso del capo dello Stato) per i consiglieri parlamentari.

Un affronto intollerabile per i dipendenti di Camera e Senato che hanno mitragliato una serie di ricorsi e alla fine sono riusciti a sventare il ritocco.

Che infatti è stato giudicato valido soltanto tre anni.

Dal 1 gennaio dell'anno scorso - nel silenzio dei grillini che volevano «aprire il Parlamento come una scatola di tonno»
e invece il tonno hanno imparato ad apprezzarlo -, commessi, uscieri, barbieri, stenografi, tecnici, ragionieri, assistenti e consiglieri
sono tornati a guadagnare come top manager di una multinazionale, con progressioni automatiche di retribuzione impressionanti
per cui ogni dieci anni in sostanza raddoppiano lo stipendio.

Basti guardare il documento pubblicato dal sito della Camera con il Quadro delle retribuzioni annue lorde dei dipendenti suddivise per anzianità e qualifica.

Un documentarista appena assunto prende 40mila euro,
dopo dieci anni di lavoro lo stipendio gli vola in modo automatico a 81mila euro,
dopo altri dieci sale inesorabilmente fino a 155mila,
se poi la salute regge e rimane alla Camera fino al 30esimo anno di anzianità si porta a casa 214mila euro,
per arrivare a fine carriera a 240mila euro
.

Mentre il commesso dovrà accontentarsi di soli 140mila euro.

E poi c'è il paradosso.

Il giorno in cui si tagliano i parlamentari, le Camere sono pronte ad assumere altre 360 persone
tra consiglieri, segretari, documentaristi, e assistenti. Bandi freschi freschi.


E i Cinque Stelle che festeggiano con forbici giganti di cartone per i risparmi del taglio dei parlamentari, che dicono?

Il presidente grillino Fico lo aveva fatto capire fin dal suo insediamento, gli stipendi dei dipendenti di Montecitorio sono «costi della democrazia», quindi da non toccare.

L'unico intervento della presidenza ha riguardato le pensioni, con il blocco delle pensioni anticipate per i dipendenti della Camera a partire dal 2022
e poi un taglio di quelle in essere, sopra i 100mila euro, come per i normali pensionati italiani peraltro.

Ma sul ricco piatto degli stipendi dei dipendenti non si è mossa più una foglia.

Più facile tagliare i parlamentari che togliere qualche euro ai dipendenti, difesi da nove sigle sindacali.

Anche Di Maio voleva abolire i barbieri della Camera ed ora ne è un assiduo cliente.

Questo tonno è veramente di qualità, val la pena approfittarne.
 

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