NON PER METTERVI ANSIA, MA TRA 2 DPCM E' NATALE.

Le cose che sono accadute in Italia in questi mesi – e, sottolineo, in Italia
perché altrove pur accadendo cose straordinarie non sono mai arrivati fino al punto di una “svolta autoritaria” –
le dobbiamo ricordare bene per, se ne siamo capaci, trarne la giusta lezione.

In pochissimo tempo, pochi giorni, forse due minuti, l’Italia nel tentativo maldestro di contrastare una situazione medico-sanitaria,
è stata trasformata da democrazia rappresentativa in regime dispotico.

Dice giustamente Valli:

“Se una svolta autoritaria è avvenuta in così breve tempo e senza opposizione di sorta,
cosa impedisce che possa avvenire di nuovo, magari riutilizzando un altro allarme riguardante la salute pubblica?”.


E, infatti, la seconda volta – la “seconda ondata” – è già arrivata e noi siamo ancora una volta alle prese
con uno scambio immondo tra sicurezza e libertà che, in realtà, è un sofisma, un inganno
e persino un autoinganno perché senza libertà non c’è nessuna sicurezza, nessuna salute, nessuna vita.


Tuttavia, se questa situazione di involuzione dalla democrazia alla democratura
si è facilmente imposta e si ripropone è perché proprio la nostra cultura democratica era già malata o ferita a morte.

Il dispotismo che è nato in Italia in due minuti tra febbraio e marzo è un particolare tipo di dispotismo in cui le vittime invocano il carnefice.

Aldo Maria Valli lo definisce così: dispotismo statalista condiviso e terapeutico.

Detto in due parole: il dispotismo oscurantista è voluto dagli stessi Italiani,
sempre cantori dell’antifascismo ma ignari dell’anti-totalitarismo,
che sono favorevoli a mettere da parte le garanzie costituzionali per affidare il proprio destino
ad uno Stato trasformato in una sorta di divinità capace, secondo le volontarie vittime sacrificali, di salvarli dal virus.


Un perfetto sistema di auto-inganno che diventa un alibi collettivo.


Giustamente Valli pone in esergo al testo una frase attribuita al cardinale Carlo Carafa:

Vulgus vult decipi, ergo decipiatur ossia il popolo vuole essere ingannato, e allora sia ingannato.

È questa la condizione culturale in cui versa l’Italia?

È doloroso ammetterlo, ma rendersene conto è già fonte di salute.


Ma che cosa può spingere un popolo a suicidarsi per la paura di morire?

La cattiva informazione.



In Italia ne abbiamo avuta e ne abbiamo tanta.

I giornalisti, molti, tanti, per fortuna non tutti, invece di essere i cani da guardia della libertà e della costituzione
– che è sempre la costituzione un tempo definita “la più bella del mondo” –
si sono trasformati in cani da guardia della volontà del potere illimitato e illusoriamente salvifico.

La conseguenza è che un problema di ordine sanitario e, dunque, da affrontare con strumenti e risorse mediche e critico-scientifiche,

è stato trasformato in una questione politico-istituzionale in cui ciò che realmente vale e conta, libertà e lavoro,

è stato rovesciato in disvalore
e presentato come un impedimento di cui sbarazzarsi per rimettersi all’unica volontà valida e salvifica:

il Leviatano terapeutico.


Una follia.


Il meccanismo infernale, vecchio come il cucco, funziona così :

La Salute è il valore supremo a cui tutto va sacrificato.

La libertà va immolata perché è addirittura l’origine del male.

Il Terrore è l’arma della persuasione.


La narrativa dei mezzi di informazione demonizza, marginalizza, esclude chi critica e dissente.

Il dispotismo condiviso non tollera il dissenso che è alla base di ogni democrazia mediamente decente.

Questo è il ritratto del Leviatano terapeutico che, come si vede, ha i tratti visibili della vecchia ideologia comunista.



Ma il mostro, come tutti i Leviatani, non tarderà a divorare i suoi figli, i suoi ideologi, le sue vittime che chiedono salvezza al carnefice.
 
Volevo essere io a dirvelo: ho contratto il COVID-19. Sono a casa, sotto controllo medico. Grazie a tutti per l’affetto e l’interessamento”.

Gerry Scotti, 64 anni, comunica così ai suoi tantissimi fan di aver contratto il coronavirus e tranquillizza sulle sue condizioni.
 
Qualcosa mi sfugge.
O questi hanno più sale in zucca ?

In Alto Adige scatta oggi il coprifuoco dalle 23 e alle 5, i bar dovranno chiudere alle 20, i ristoranti alle 22,
mentre cinema e teatri possono restare aperti.


Anche questa volta la Provincia di Bolzano decide di seguire la propria strada sulle restrizioni:
meno di due settimane fa non aveva recepito il primo Dpcm salvo poi cambiare idea in pochi giorni
e introdurre praticamente le stesse misure con un proprio provvedimento.

Questa volta invece la norma nazionale viene in gran parte accolta, ha spiegato il presidente Arno Kompatscher, non senza differenze sostanziali.

Sugli orari delle chiusure, per esempio, ma anche sulla scuola:
da mercoledì 50% di didattica a distanza alle scuole superiori, mentre nel resto d’Italia è previsto un minimo del 75 per cento.

Restrizioni più light, nonostante nelle due settimane centrali di ottobre (dal 7 al 20)
l’Alto Adige ha registrato un’incidenza di 270 casi positivi per 100mila abitanti.


Nemmeno in Lombardia nello stesso periodo era così alta: 217 contagi ogni 100mila lombardi.


L’esecutivo di Palazzo Widmann ha deciso di elaborare una nuova ordinanza
che sarà in vigore in tutto il territorio provinciale fino al 24 novembre.

“Di fatto – spiega Kompatscher – recepiremo gran parte del nuovo Dpcm nazionale
con alcuni adattamenti alla realtà locale in virtù dei margini di manovra che ci sono concessi dalla nostra autonomia
e dalla legge provinciale sulla fase 2 dello scorso maggio”.


Diversamente dal resto d’Italia, in Alto Adige i bar dovranno chiudere alle ore 20 e i ristoranti alle ore 22,
ma dalle ore 18 la somministrazione di cibi e bevande potrà avvenire solamente al tavolo,
con posti assegnati ed un massimo di 4 persone per tavolo, eccezion fatta per i familiari conviventi
(come previsto dal decreto governativo).

Vi sarà, inoltre, il divieto tassativo di consumazione in piedi, sia vicino ai locali, sia sul suolo pubblico.


L’altra grande differenza riguarda cinema e teatri: al divieto generalizzato di organizzare eventi e manifestazioni pubbliche,
fanno infatti eccezioni le sale e gli spettacoli, dove saranno ammesse al massimo 200 persone e non sarà comunque possibile distribuire cibi e bevande.

Poi c’è la scuola: da mercoledì 28 ottobre in tutte le scuole superiori la didattica a distanza dovrà coprire almeno il 50% delle ore di lezione.

“Vogliamo continuare a garantire l’istruzione in presenza per assistenza alla prima infanzia, scuole materne, scuole elementari e scuole medie
– sottolinea Kompatscher – un’ulteriore valutazione verrà fatta assieme alle Intendenze scolastiche durante la settimana di vacanza prevista per l’inizio di novembre”.


Poi, seguendo l’esempio di alte regioni, la Provincia di Bolzano ha introdotto il coprifuoco e alcune restrizioni per i centri commerciali.

Tra le 23 e le 5, gli spostamenti al di fuori del proprio domicilio saranno possibili solo con autocertificazione
e per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute.

Inoltre, anche durante il resto della giornata, viene fortemente raccomandato di ridurre al minimo indispensabile
tutti gli altri spostamenti e gli incontri con persone non conviventi.

Previsto l’obbligo di chiusura già nella giornata di sabato per i centri commerciali, eccezion fatta, al loro interno, per gli esercizi che vendono generi alimentari,
mentre la domenica tutte le attività commerciali, ad eccezione delle farmacie di turno, dovranno rimanere chiuse.
 
Quante storie come questa leggeremo nel prossimo futuro ?

Il bar era aperto sin dagli Anni ’50
I gestori: “Spese troppo alte, poi si è aggiunto il Covid”

Lo storico bar Roma di Premana ieri, sabato, ha chiuso definitivamente.
I gestori, i cugini Beatrice Bertoldini e Ruben Fazzini, hanno abbassato le serrande.


“Le spese di gestione troppo alte e successivamente il Covid ci hanno portato a questa sofferta decisione
– spiega con commozione Beatrice – E’ dura, e stento a crederci che si sia arrivati a questo punto, ma è la cruda realtà”.

Era il 1° Gennaio 2007 quando Beatrice insieme al fratello Marzio e al cugino Ruben avevano rilevato la gestione del bar.

Poi il 19 Maggio dello stesso anno, la tragica prematura scomparsa di Marzio.

“Nonostante la perdita dolorosa – prosegue Beatrice – Abbiamo deciso di proseguire
e lo abbiamo fatto grazie anche alla collaborazione di Claudia Ratti assunta come dipendente
e rimasta con noi fino a pochi mesi fa, quando abbiamo deciso di chiudere”.


Una sofferenza doppia per Beatrice che al bar Roma lavorava già dal 2003 alle dipendenze del precedente gestore:

“Sono 17 anni che sono qui, con questa chiusura metto la parola fine a un lungo capitolo della mia vita.
Abbiamo vissuto alti e bassi, ma siamo sempre andati avanti svolgendo il nostro lavoro con passione.
Quello che mi addolora di più è la perdita di quella quotidianità fatta di rapporti con la gente.
Avevamo creato un bel clima in questi anni, senza mai dimenticare che il bar Roma, aperto negli Anni ’50, è sempre stato un punto di riferimento”.


Parole quelle di Beatrice che si accompagnano a quelle di Ruben:
“E’ stata una scelta difficile, ma non avevamo alternative viste le condizioni.
E’ dura da digerire, ma così sono andate le cose.
Da parte mia e di tutti noi, non posso che ringraziare tutti i clienti, anche quelle persone che sono entrate al bar Roma una sola volta”.


Beatrice, moglie e mamma di due figli, dovrà reinventarsi una vita lavorativa.
 
Utopia o realtà futura ????????

“Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo:
fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui”.
Primo Levi, Se questo è un uomo

Lo chiamano The Great Reset, ne hanno parlato a Davos a giugno, al World Economic Forum.

Lo sostengono varie lobby internazionali,
la fintech,
Bill Gates con il suo ID2020, digitalizzazione degli umani,
il suo GAVI, attraverso le vaccinazioni a tutti gli umani, MSN, con il brevetto di rilevazione dei dati biometrici
(cfr. Il marchio della bestia esiste ed è stato brevettato, da Microsoft)
con la criptovaluta a mining umano.
Soros con il Bretton Woods II e la moneta digitale mondiale.
La Rockefeller Foundation che sta promuovendo la sperimentazione del common pass,
un passaporto sanitario che si sta sperimentando anche in Svizzera e in Canada, e presto ovunque.


Ma di cosa si tratta esattamente? Cos’è questo reset?


E’ il vecchissimo – vecchio come matusalemme – “tabula rasa” di babilonica memoria:

in un sistema di moneta debito, inventato 5000 anni fa con la creazione della scrittura –
onore all’autore David Graeber morto recentemente, che ha scritto Cinquemila anni di debito
– la moneta debito, regolarmente, dev’essere cancellata – tabula rasa –
perché quando il debito diventa insostenibile vanno condonati i debiti di tutti i cittadini,
altrimenti rischiano di scappare al controllo dell’organizzazione del lavoro.


E così i sumerobabilonesi facevano un giubileo ogni 49 anni.


Ma questo inizialmente.

Poi, con il passare dei secoli tale pratica fu abbandonata per una più cruenta e spietata: la guerra.

Con la guerra si rimettono a zero i debiti incagliati e li si ristrutturano a vantaggio dei creditori guerrafondai che solitamente aizzano le due parti.

Con la guerra i grands argentiers si garantiscono il bottino e l’indebitamento per la ricostruzione del paese per le future generazioni,
fino a quando ritorna la necessità di reset, provocata dal debito circolante + gli interessi: aumento esponenziale, matematicamente parlando.

E ricomincia la giostra.


Anche le pestilenze del passato hanno assolto a quel ruolo di far crollare le banche dei Bardi e Peruzzi – dopo il fallimento della banca dei Bonsignori –
che avevano indebitato i sovrani di mezzo mondo, fallimenti che avvennero anche con la complicità dei Veneziani
che ritirarono l’oro dai loro depositi presso i banchi fiorentini.

Per inciso, la peste del 1349 arrivò dalla Cina attraverso la Via della Seta, controllata da Mongoli e Veneziani.

Giusto per fare un parallelismo.


E oggi, che il mondo è arrivato al necessario reset del debito, che cosa fanno i grands argentiers, i veneziani di oggi?

Con l’aiuto di una pandemia dai contorni inquietanti e dubbi, proveniente da un laboratorio di Wuhan

– inaugurato dalla Francia, finanziato dall’UE, gemellato con un laboratorio di Francoforte e facente parte di programmi di ricerca dell’OMS –

si vuole azzerare il debito ma in un modo quanto mai cruento e spietato: schiavizzando con la fintech l’umanità intera.



La scusa sarebbe il vaccino covid, e il regime economico: il comunismo.

Il cavallo di Troia? Il reddito universale per tutti, o almeno per quasi tutti.

I dissidenti nel gulag. Anzi tutti tra il lockdown e i campi prima di potersi “liberare” con il chip o i dot quantici nel vaccino.



A proposito di gulag, un’ipotesi che sta prendendo forma, si sta concretizzando.

Ce lo dice l’interrogazione ufficiale di un deputato canadese dell’Ontario.

Che chiede spiegazioni al ministro sul piano di costruzione di una rete di campi di detenzione e isolamento nella sua provincia
– ma che riguarda il paese intero e il mondo intero – poi il microfono viene tagliato sul più bello.





“A settembre il governo federale ha pubblicato un avviso di manifestazione di interesse destinato agli imprenditori
per fornire, costruire e gestire campi di quarantena/isolamento in tutte le province e in tutti i territori del Canada.


Ma questi campi di isolamento non sono destinati solo alle persone con il covid, bensì a tutta una serie di altre categorie di persone.


Sicuramente il governo è al corrente dell’intenzione di costruire questi campi di isolamento in tutto il paese
e la mia domanda al ministro è: quanti campi saranno costruiti e quante persone ha l’intenzione questo governo di detenere in questi campi?”


Questa la prima domanda di Randy Hillier, a cui risponde il premier dell’Ontario:


Risposta:

“E’ vero che quando i cittadini lasciano il paese e poi ritornano, le province e il governo federale suggeriscono che si auto-isolino,
questa è stata la pratica ed è stata efficiente non solo nell’Ontario ma in tutto il paese.
E faremo in modo di raddoppiare gli sforzi perché i cittadini dell’Ontario siano messi in sicurezza, Sig Speaker.
Quindi se l’onorevole si riferisce al fatto che quando un cittadino esce dalla provincia o dal paese debba rimanere isolato per due settimane,
al ritorno, rispondo che è stata una buona pratica e che ha funzionato.
Anche questa Camera ha fatto la stessa cosa da quando siamo tornati. […]
Quindi faremo tutto quanto è possibile per fare in modo che queste Camere lavorino e che i cittadini dell’Ontario siano messi in sicurezza.”



Risposta dell’onorevole Hillier:


“Sig Speaker, qua c’è il capitolato del bando di gara, e in questo capitolato è impiegato un linguaggio chiaro
per esprimere che questi campi possono essere utilizzati per una serie di persone, che non si limitano ai viaggiatori,
anzi i viaggiatori internazionali non sono neanche citati. Parla solo di “una vasta categoria di persone”.


Vi invio la copia del capitolato.


Quindi, il vostro governo sta negoziando ed è consapevole di questi piani
per detenere e isolare cittadini e residenti del nostro paese e della nostra provincia.
Sig Speaker, chiedo al Primo ministro dove saranno costruiti questi campi,
quante persone saranno detenute e per quali ragioni potranno le persone essere detenute in questi campi di isolamento,
e vorrei che il Premier garantisse al popolo di Ontario…”


E qua il microfono viene bruscamente tagliato. CENSURA.







E poi sempre dal Canada c’è questa seconda fuga di notizie, che chiarisce con una luce sinistra l’interrogazione del deputato dell’Ontario.


Si tratta di un documento che descrive una riunione avvenuta al Gabinetto del Primo ministro canadese Trudeau
in cui si prevede un secondo lockdown, e i campi di detenzione per chi rifiuta.

L’informazione proviene da un deputato insider, che fa parte del partito liberale canadese
e le informazioni provengono da una riunione nel Comitato di pianificazione strategica dal Gabinetto del Premier.

“Lo faccio per i miei bambini e tutti gli altri, dice, per un futuro migliore”.


Il 30% del Comitato di pianificazione pur non essendo soddisfatto delle politiche del governo
e della direzione presa dal Canada, è stato ignorato dagli altri membri del Comitato.


La tabella di marcia impartita dal Comitato di pianificazione del governo del Canada, è la seguente:

  1. Istituire progressivamente un secondo lockdown su base continua prima nelle metropoli e poi nelle periferie entro novembre 2020

  2. accelerare la costruzione dei campi di isolamento/quarantena entro dicembre 2020

  3. è previsto l’aumento esponenziale dei casi e dei decessi, per fine novembre 2020

  4. un secondo lockdown completo e totale molto più severo del primo, per fine dicembre 2020 e inizio gennaio 2021

  5. la riforma e la trasformazione del sistema di sussidi di disoccupazione per la transizione verso un reddito universale, previsto per il primo trimestre 2021

  6. La programmazione di una mutazione del virus Covid 19 con un altro virus chiamato Covid 21
  7. che porterà a una terza ondata con un tasso di infezione e di decessi molto più elevato, per febbraio 2021

  8. i nuovi casi di ricovero per Covid 19 e Covid 21 supereranno le capacità ospedaliere, per il primo e secondo trimestre del 2021

  9. Restrizioni di lockdown migliorativo chiamate terzo lockdown saranno attuate con il divieto totale di viaggio anche tra città e paesi, secondo trimestre 2021

  10. L’inserimento nel progetto di reddito universale, per il secondo trimestre 2021

  11. L’interruzione programmata delle catene di rifornimento e degli stock, con grande instabilità economica, prevista per la fine del secondo trimestre 2021

  12. Dispiegamento di militari nelle metropoli e nelle principali strade per instaurare posti di blocco e limitare gli spostamenti, al terzo trimestre 2021

Parallelamente a questo programma si è parlato di una transizione economica senza uguali in cui forzare i cittadini.


Per compensare il crollo economico internazionale, il governo federale offrirà un taglio del debito,
dei debiti personali, dei prestiti, delle ipoteche, grazie al FMI nell’ambito del programma mondiale di reset del debito,
in cambio i cittadini perderanno per sempre la proprietà privata di qualsiasi bene
e dovranno partecipare al programma di vaccinazione covid 19 e covid 21 grazie al quale
potranno viaggiare anche in pieno lockdown con un pass sanitario per il Canada.


La stessa cosa vale per tutti i paesi del mondo.


I membri del Comitato hanno chiesto chi saranno i proprietari dei beni confiscati, e cosa succederà agli istituti di credito:

la risposta è stata solo che il programma di reset del debito del FMI si incaricherà di tutti i dettagli. Il nulla assoluto.



Altri membri si sono chiesti cosa succederà ai cittadini che rifiuteranno di partecipare al World Debt Reset del FMI
e al passaporto sanitario Health Pass, e la risposta è stata che i membri del Comitato devono elaborare un piano
per fare di tutto perché non si produca mai il rifiuto, e che ne va nell’interesse di tutti i cittadini partecipare.


Chi rifiuta vivrà indefinitamente rinchiuso, e quelli che rifiutano il programma di World Debt Reset
saranno considerati come un rischio per la salute pubblica, e saranno rinchiusi per sempre se non accettano il programma di cancellazione del debito.


Questo è quanto è stato diffuso da un membro del partito liberale canadese
che ha partecipato ad una riunione del Comitato di Programmazione tecnica del governo canadese.


Questo è il programma per tutti i paesi del mondo intero.


Tutti i membri che si sono opposti o che hanno fatto domande, sono stati ignorati.


Quando vi dicevo che il punto di cui nessuno vuole parlare è la moneta, ma che è questa che muove il male?


E che è questa che va riformata in senso di cassa, distributivo, e non debito verso parti terze.


Adesso lo sapete.
 
 
Prima o poi, stante il perdurare della pandemia e dei suoi riflessi sul settore, doveva accadere:
un'agenzia viaggi di Lecco ha abbassato definitivamente la serranda.

"La decisione di interrompere l'attività è intervenuta a seguito del persistere della situazione attuale legata all'emergenza covid-19
che coinvolge pesantemente la nostra categoria e che al momento non consente concrete valutazioni ottimistiche nel breve e medio termine"


si legge da quest'oggi sull'avviso affisso alle vetrine della Cisalpina Tours - Vivere & Viaggiare di via Volta, in centro.

Sotto i portici la sede a tre vetrine è già stata svuotata: sparito l'arredo,
restano solo i cartelloni pubblicitari con foto meravigliose di mete paradisiache,
ad oggi "fuori portata" per i lecchesi, invitati a limitare i loro spostamenti perfino sul territorio nazionale (pur non essendoci divieti in essere per l'espatrio).

Il turismo - a livello internazionale - è però di fatto paralizzato dal coronavirus.

L'unica - minima - boccata d'ossigeno concessa al settore sono state, quest'anno, le ferie estive,
quando il covid pareva aver perso la propria forza (pur non essendo mai sparito),
dopo aver costretto gli italiani in casa per Pasqua, senza programmare nulla nemmeno per la stagione primaverile da sempre favorevole per visite e voli.

Complici anche l'organizzazione fai da te, budget limitati dalla crisi economica, il posticipo di molti matrimoni e delle connesse lune di miele
oltre comunque il timone dei viaggiatori a spingersi "troppo in la", non è però bastata a salvare l'agenzia.
 
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Dato nazionale : Falso 17.012

Perchè somma i :

Guariti : 2.423

Deceduti : 141

Nuovi positivi - dato reale - : 14.448
 
Venerdì 23 ottobre a Ginevra, sotto l’egida delle Nazioni Unite, è stato siglato un accordo di “cessate il fuoco” tra i contendenti libici,
ma il presidente turco Recep Tayyip Erdogan lo considera poco credibile.

Ci sono voluti solo cinque giorni di discussioni per raggiungere un’importante intesa tra il Governo di Tripoli,
rappresentato dal Gna (Governo di Accordo Nazionale), riconosciuto e voluto dalla comunità internazionale
e le autorità orientali alleate del maresciallo della Cirenaica, Khalifa Haftar.

La cerimonia della firma, trasmessa in diretta su internet e organizzata nella sala del palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra,
sede tradizionale per le riunioni periodiche della Conferenza sul disarmo, è durata una decina di minuti ed è stata seguita da una lunga ovazione.


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Stephanie Williams, capo facente funzione della Missione di appoggio delle Nazioni Unite in Libia (Manul),
ha operato con impegno per raggiungere questo risultato.

L’effetto immediato e permanente dell’accordo sul “silenzio delle armi” è stato annunciato dal portavoce del Manul, che ha dichiarato:

“Le parti libiche hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco permanente in tutta la Libia”.

È evidente che questo risultato potrebbe rappresentare un importante punto di svolta per gli equilibri geopolitici nel suo complesso,
essendo interessati alla Libia le maggiori potenze mondiali.

Stephanie Williams ha esaltato questa intesa, che ricordo è stata preceduta da accordi internazionali,
ovviamente celebrati non in forma ufficiale, sottolineando che la giornata odierna segna un passo importante per il popolo libico.

I rivali hanno concordato che le unità militari e i gruppi armati, posizionati in prima linea, dovranno ritirarsi nelle rispettive basi;
inoltre è stata affrontata anche la delicata questione dei mercenari, sia quelli sotto il comando turco, siriani,
che i mercenari del Wagner filorussi, tutti dovranno uscire dal territorio libico – terra, aria e mare – entro i prossimi tre mesi a partire dal 23 ottobre.


Tuttavia, si sono manifestate subito divergenze nelle reazioni a questo “accordo”.

Infatti, l’Unione europea tramite Peter Stano, portavoce del capo della diplomazia europea Josep Borrell,
ha accolto l’annuncio del cessate il fuoco come “una buona notizia, ma anche la sua attuazione è importante,
perché sarà la chiave per la ripresa dei negoziati politici”, contrariamente ai rappresentati turchi,
che sono stati fondamentali in questa operazione, ma che l’hanno giudicata di basso contenuto.

“L’accordo di cessate il fuoco di oggi non è stato raggiunto al massimo livello, ma a un livello inferiore e sembra mancare di credibilità”,
così ha detto ai giornalisti a Istanbul il presidente turco Erdogan.


La diplomazia francese, altro attore essenziale di questo negoziato, tramite il portavoce del ministero degli Esteri, Agnès von der Mühll,
ha salutato l’accordo definendolo un ottimo punto di stabilità che mostra l’aspirazione all’unità, alla sovranità di tutti i libici di fronte alle interferenze esterne.

Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha definito l’accordo “il primo decisivo successo, una buona base per il prossimo sviluppo di una soluzione politica”.

Così anche il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha esortato gli attori regionali
a rispettare le disposizioni dell’accordo di cessate il fuoco e ad assicurare la sua applicazione senza indugio.

A metà della settimana scorsa le parti belligeranti, presenti a Ginevra, avevano già concordato la riapertura delle principali vie di comunicazioni in Libia,
come anche i collegamenti aerei tra i maggiori aeroporti libici che, dopo l’offensiva lanciata tra aprile 2019 e giugno 2020 dall’esercito di Haftar
con lo scopo di occupare, invano, Tripoli, erano stati interrotti; così il ripristinato collegamento tra le città dell’est e dell’ovest
ha permesso a molte famiglie libiche, divise dagli schieramenti interni, di potersi riunire creando quel clima di moderata distensione necessario al processo di pacificazione.


Stephanie Williams ha anche affermato che mercoledì 21 ottobre i rappresentati libici hanno concordato di aumentare la produzione di petrolio,
chiedendo ai rispettivi comandanti militari, che hanno l’incarico di coordinare le guardie degli impianti di estrazione,
di collaborare con il rappresentante della National oil corporation (Noc, società pubblica), facente parte dell’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio),
al fine di riorganizzare le squadre armate a guardia dei pozzi.

Oggi detti gruppi di guardia sono composti da membri armati poco identificabili e con mutevoli alleanze,
dovranno essere ricondotti sotto il controllo del ministero della Difesa.

Haftar, già da settembre, aveva permesso la revoca dell’estrazione del petrolio dai pozzi presenti nell’area di suo controllo,
alla condizione di ottenere un’equa ripartizione delle entrate.

Infatti, come afferma il Noc, il blocco partito a gennaio ha causato una perdita di entrate per oltre 9,8 miliardi di dollari.

Altro fattore importante deciso e accordato tra le parti libiche è la fine della retorica dell’odio,
diffusa tramite i media ma soprattutto via social network, che fomentavano divisioni sociali ed etniche inesistenti.


Sicuramente, lo spirito patriottico sarà una delle linee da seguire per rafforzare le basi per una pace duratura ed un accordo nazionale;
i rischi che possiamo individuare in questo orizzonte sono dati dai “progetti turchi
che non prevedono che la Libia possa definire autonomamente il suo destino e che infrangerebbe le ambizioni di Erdogan
di vederla governata da un suo beilerbei (governatore regionale ottomano).

Altro fattore di riflessione è quello che vede oltre seimila mercenari siriani filoturchi perdere lavoro in Libia;
chiuso il fronte libico potrebbero essere dirottati sul fronte caucasico verso il Nagorno Karabakh
la cui popolazione armena a fatica cerca di staccarsi definitivamente dall’innaturale stretta con Arzerbaigian,
per magari ristabilire l’atavica unione con la sua “naturale e legittima famiglia”, quella dell’Armenia.


In ultima analisi, da quanto visto a Ginevra, emerge la tragica e cronica assenza della diplomazia nazionale.
 

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