NON PER METTERVI ANSIA, MA TRA 2 DPCM E' NATALE.

Ops......

"Chiudere alle 18 bar e ristoranti? Una follia".

A poco più di 24 ore dall'emanazione del Dpcm,
i parlamentari M5S si sfogano con una serie di messaggi decisamente critici che si susseguono nel corso di tutta la giornata.

La chat dei deputati grillini, visionata dall'Adnkronos, segnala un malcontento diffuso.

Il senatore Emanuele Dessì a dichiarare:

"Stiamo penalizzando intere categorie perché non è stato fatto nei giusti tempi e con la giusta forza
un’azione importante nel mondo dei trasporti, mentre i vigili urbani o le forze dell’ordine
non hanno fatto nessuna opera di moral suasion sui territori nei confronti dei cittadini.
Tutte queste cose sono in capo a ministri del Pd e dispiace che poi vengano accusati il ministro Patuanelli e il ministro Spadafora
che, invece, hanno combattuto prima per tenere aperte queste categorie e, poi, per dare i giusti ristori".

Dessì, poi, non risparmia critiche neppure al ministro Roberto Speranza.

"Sui posti di terapia intensiva è stato un lavoro scarsissimo per colpa della burocrazia a tutti i livelli che il ministro, in particolare, avrebbe dovuto abbattere.
A chiudere è facile, ma dobbiamo anche motivare queste scelte a chi, in questi mesi, ha investito per mettere in sicurezza i loro spazi lavorativi".
 
Questo articolo è stato da me pubblicato qui nel 2013.

Nel giro di 10 anni del nostro Paese non rimarrà più nulla. O quasi.

E’ la conclusione catastrofica cui giunge nella sua analisi il professore Roberto Orsi
della London School of Economics and Political Science
(LSE).

Che cosa ci sta portando alla dissoluzione e all’irrilevanza economica?

Una classe politica miope che non sa fare altro che aumentare le tasse in nome della stabilità.
Monti ha fatto così. E Letta sta seguendo l’esempio.

Il tutto unito a una ”terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente,
burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa”.

L’ANALISI DI ORSI

“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese

che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale

in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica,

di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale.


Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo,
con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3%
e un debito pubblico ben al di sopra del 130%.

Peggiorerà.

Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto
di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi,
e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie.

Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili.

Per tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente.

In effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo.

Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica
,

considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni.

Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.


Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania,

è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse
.


Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce.

Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese,
che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali,
senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione.

L’Italia non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori.

La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia

avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori
.


Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità.

Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia
non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali)
di pattugliare e proteggere i suoi confini.


Di conseguenza , l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione certa.


L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo
.

Questo insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate,

corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile

d’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese
.


Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale:
un grande flusso di aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati di lavoro,
le aziende troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a sabotarli.

A un recente evento organizzato dalla città svizzera di Chiasso
per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.

La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti

di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia,

Gran Bretagna, Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale
.

Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare.

L’Italia è diventato un luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati
che hanno l’opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello Stato italiano,
offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in Italia.


L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale.

Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi – collasso nel 2011,
un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale.

Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio del Presidente Repubblica,

i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia.

Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo.



Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti,
e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica,
che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine repubblicano.

L’interventismo del Presidente è particolarmente evidente nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale.


L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese.

Saranno amaramente delusi.

L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina.

Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione.

Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso
: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità.


I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali:
è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese.

Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia.


In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato.

Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia nazione industriale moderna.

Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai più recuperare.

I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte,
per portare l’Italia a quella posizione centrale di potenza culturale ed economica all’interno del mondo occidentale,
che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento.

Quel progetto ora è fallito, insieme con l’idea di avere una qualche ambizione politica significativa
e il messianico (inutile) intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria comunità.

A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia.”
 
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Riassunto delle puntate precedenti:

l’impennata dei contagi sembra inarrestabile;

il sistema di tracciamento, vale a dire quell’insieme di misure che avrebbe dovuto permetterci di tenerli sotto controllo, è saltato,
per ammissione di vari responsabili e della stragrande maggioranza degli esperti, praticamente sin dal primo giorno della ripresa autunnale
(o più verosimilmente non ha mai funzionato);

in gran parte d’Italia gli studenti delle superiori sono già tornati alla didattica a distanza;

titolari di ristoranti, palestre, cinema e teatri, dopo avere investito per adeguarsi ai protocolli indicati dal governo,
hanno già dovuto richiudere, mandando a spasso i rispettivi lavoratori.

Fine del riassunto.


E siamo a ieri, per la precisione alle ore 10.03 del mattino, quando Luigi Di Maio, ministro degli Esteri
ed esponente di primo piano del partito che esprime il capo del governo, dinanzi a una situazione così drammatica
tanto sotto il profilo sanitario quanto sotto il profilo economico e sociale
– una situazione certo non imprevedibile eppure clamorosamente non prevista da un esecutivo
che ha finito evidentemente per credere alla propria stessa propaganda – decide di prendere la parola.

Per dire cosa?

Tagliare gli stipendi dei parlamentari. Proprio così.


Nella sua tragica, surreale e ovviamente involontaria comicità,

la prosa del ministro degli Esteri merita di essere riportata testualmente,

come appare sul suo profilo Facebook.


«Davanti al virus, davanti a oltre 21mila contagi in 24 ore, davanti a 37mila morti in Italia dall’inizio della pandemia – scrive Di Maio – la politica deve dare il buon esempio».



Chiaro?

Dare il buon esempio,

non rimettere in piedi un sistema di tracciamento degno di questo nome,

non rispondere di tutto il tempo perso a vantarsi di come avevamo sconfitto il virus,

non preoccuparsi delle file chilometriche per i tamponi, o di autobus, metropolitane e treni strapieni, o degli ospedali presi d’assalto, o dei medici di base letteralmente travolti dalla marea.

No, la priorità è un’altra.

Testuale:

«Riprendiamo la discussione iniziata a marzo, quando scoppiò la pandemia:
tagliamo gli stipendi dei parlamentari ed eliminiamo qualsiasi tipo di privilegio della politica»
.


Scrive proprio così, Di Maio, senza evidentemente accorgersi dell’assurdità della frase.

Riprendiamo la discussione iniziata a marzo.

Prima che la pandemia ci interrompesse.


Non meno significativo è che una simile proposta arrivi appena un mese dopo l’esito del referendum
che farà sì che l’Italia abbia il più basso numero di parlamentari in rapporto alla popolazione dell’occidente democratico,
a riprova di quanto il merito delle questioni non abbia alcuna importanza.

L’unica cosa che conta è reiterare ossessivamente sempre lo stesso gioco,

alimentando l’isteria anticasta e tentando di indirizzare la rabbia sociale contro la politica e le istituzioni,

pensando di riuscire ancora e sempre a cavalcare la tigre, persino adesso che al vertice della politica e delle istituzioni ci sono loro.


Per una ragione semplicissima: che non sanno fare altro.



Com’è purtroppo sempre più tragicamente evidente.

Se volevate una dimostrazione concreta di quanto i partiti populisti siano la negazione stessa del principio di responsabilità e della capacità di governo,
e dell’assoluta illusorietà di qualsiasi ipotesi di conversione, maturazione o «romanizzazione» dei barbari una volta arrivati al potere,
non potevate trovarne una migliore.


A questo punto, però, sarei curioso di sapere cosa farà il Partito democratico
– seguirà anche questa volta, vedremo anche i compiti costituzionalisti del Pd posare in piazza Montecitorio
mentre impugnano delle belle forbicione di cartone assieme ai compagni grillini? –

e in particolare sarei curioso di sapere cosa diranno quelle correnti che con maggiore convinzione hanno teorizzato la costruzione di una «alleanza strutturale»,
niente di meno che un nuovo centrosinistra con Di Maio e associati.

Come la nascente – o rinascente – corrente bettiniana, che pensa addirittura a una rivista sul modello del Politecnico di Elio Vittorini.

«Modello altissimo», si è giustamente schermito Goffredo Bettini,
probabilmente pensando a quando dovrà pubblicarci i saggi di Danilo Toninelli.

(ma personalmente ci leggerei volentieri anche una più approfondita riflessione di Giuseppe Conte
su quella storia dell’8 settembre e del miracolo economico, che sono due anni che ci penso e ancora non l’ho capita).


Nel frattempo, il presidente del Consiglio continua a ripetere che a dicembre avremo il vaccino;

la viceministra all’Economia Laura Castelli dichiara che i 37 miliardi del Mes per la sanità non ci servono a niente
e che è l’ora di finirla con «misure anticicliche» (evidentemente convinta, come ha osservato Luciano Capone,
che le misure pro-cicliche siano il bonus bicicletta e il bonus monopattini);

la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina spiega a un attonito Fabio Fazio che i termoscanner a scuola non servono
perché la temperatura va misurata prima di uscire, e quando il conduttore le fa presente che non è una buona ragione per non misurarla anche all’ingresso,
come si fa ovunque, Azzolina replica che ci sono istituti con tremila studenti e si creerebbe una fila di tre chilometri.
E aggiunge pure, sbuffando, che «le scuole bisogna conoscerle per prendere certe decisioni».


Segue un dialogo che per assurdità è l'ennesima conferma della tesi :

Fazio: «Ma se andiamo a farci tagliare i capelli e ci misurano la febbre all’ingresso con il termoscanner…».

Azzolina: «Peccato che la scuola è un’organizzazione molto molto più complessa».

Fazio: «Però il termoscanner ce l’abbiamo persino qua, entriamo in Rai, passiamo, non ce ne accorgiamo nemmeno».

Azzolina: «Sì, ma non siete tremila che entrano tutte le mattine».

Fazio: «No, la Rai ha 14mila dipendenti, ministro».

Azzolina: «Ma non entrano la mattina tutti insieme…».

Fazio: «Io spero di sì, perché se no è un guaio».

Azzolina: «No, intendo come per la scuola…».


Mi fermo qui, ma potrei andare avanti a lungo, soffermandomi in particolare sul finale in cui,
all’ultima obiezione del conduttore sul fatto che non tutte le scuole hanno migliaia di studenti,
con voce dolente e sentendosi finalmente di nuovo sicura della sua parte, Azzolina dichiara:

«Guardi che con i tagli che sono stati fatti negli scorsi anni…».

Sarà stato il frutto, anche lì, delle diaboliche politiche anticicliche dei governi del Pd?

Non vedo l’ora di leggerne la serrata critica nella nuova rivista bettiniana,
tra un appello ai fratelli in camicia gialloverde e una disquisizione sul concetto di egemonia applicato alle votazioni su Rousseau.


Per il nome, tutto considerato, suggerirei: il Pirotecnico.
 
Il vero problema non è il progresso tecnologico, ma chi lo gestisce, lo controlla e quali sono gli obiettivi!


La pandemia mediatica (perché un virus che ha una mortalità sotto i 70 anni inferiore allo 0,05%, fonte OMS, non è una pandemia)

che stiamo vivendo a chi giova?

Quali sono gli obiettivi veri che stanno dietro a questo incubo criminale che stiamo subendo?


La realtà è che stiamo entrando a forza in un nuovo modello di controllo e di gestione degli esseri umani da parte dei loro padroni e il vero obiettivo è:


DISTRUZIONE DEI GIOVANI – TRASFORMAZIONE ANTROPOLOGICA = CHI CONTROLLA BIG DATA?




Il prof. Becchi, come tanti altri liberi pensatori (me compreso) spiega da par suo
come sia in corso una trasformazione antropologica che sta distruggendo le giovani generazioni
le quali vengono trasformate in alienati e individualisti estremi che “non sanno cosa sia il contatto sociale”,
tutto viene mediato dalla rete, con cui vengono “pescate” le menti dei giovani.


Tutto questo sfracello per difendere anziani e vecchi che ignorano completamente la vera prevenzione
a causa dei protocolli terapeutici creati per RICAVARE IL MASSIMO PROFITTO per i potentati.




OPS si scopre che con la nutrizione, integrazione adeguata e con un’adeguata meditazione
si vive più a lungo e molto più sani e si arriva alla morte sereni e senza passare decenni di malattia cronica.


Non c’è il DIRITTO ALLA SALUTE, C’è IL DOVERE DI MANTENERSI IN SALUTE, con adeguata informazione e formazione dei cittadini.


Berrino spiega in modo eccellente come la salute nasca da un’adeguata informazione e non dalla “medicina per gli schiavi”:


Oltre 2300 anni fa Platone scriveva che ci sono due medicine:

  1. una per gli schiavi CHE DEVE TOGLIERE I SINTOMI per far tornare al lavoro lo schiavo, se poi muore poco importa, se ne prende un altro!
  2. una per le élites CHE CERCA LE CAUSE A MONTE per far tornare in piena salute la persona

Se non lo avete capito lo ribadisco:

la medicina che Big Pharma ci propina da decenni è la medicina per gli schiavi del sistema Neoliberista che da decenni regna incontrastato,

il quale oltre tutto ci rende estremamente utili come MALATI CRONICI = fonte di profitto per la stessa Big Pharma.



IL FUTURO A BREVE: INTERNET OF ROBOTS = ALIENI TRA DI NOI



Gianmarco Veruggio è un grandissimo esperto di robotica e spiega in modo splendido come il nostro futuro
sia basato su un controllo totale in remoto, peccato che non si parli mai dei “lati oscuri” di questi sviluppi tecnologici,
che vengono completamente sottovalutati nell’impatto sulle nostre vite
(senza calcolare l’impatto sulla salute di questo bombardamento elettromagnetico continuo)


I nuovi robot (in primis i cellulari che abbiamo in tasca) ci stanno studiando e ci “studieranno” sempre di più
e soprattutto si creeranno dipendenze emotive e ancor più problemi enormi di sicurezza informatica:


Se un “pirata informatico” prende il controllo di un robot può spiarti, controllarti, truffarti, ecc.

e il robot di cui si parla può semplicemente essere il forno o il frigorifero di casa collegati alla rete,

se il “pirata” prende il controllo della tua auto, ma anche della tua protesi elettronica per il cuore

o per il diabete, può ucciderti con un clic……… o prendere in controllo di interi ospedali bloccando tutto

(e uccidendo chi dipende dalle macchine per la sua sopravvivenza)

per avere un grosso riscatto in cambio dello sblocco del sistema…………


NE VOGLIAMO ALMENO PARLARE DI QUESTO MERAVIGLIOSO FUTURO TECNOLOGICO CHE STIAMO GIA’ SUBENDO?



Ma la TECNOLOGIA ha assunto un valore assoluto e si sta autoalimentando sempre di più
(un semplice cellulare ha 8 computer dentro che lavorano con un’intelligenza artificiale che ormai è globale E SOTTO STRETTO CONTROLLO PRIVATO)


Spettacolare il libro con cui finisce l’intervento:

stiamo creando un Dio artificiale e completamente scollegato con le esigenze del benessere umano,

anche perché in questa fase il Dio artificiale che è stato creato e che si sta alacremente implementando (grazie al 5 G)

fa gli interessi dei TO.DE.POT. (TOssicodipendenti da DEnaro e POTere ) che ormai hanno il controllo economico,

finanziario, mediatico e POLITICO di quasi tutto il pianeta e nel loro DELIRIO DI ONNIPOTENZA

si stanno rendendo conto che ormai gli schiavi umani in grandi masse non servono più (con l’arrivo dei robots e degli androidi).



Quindi la questione è semplice: o si riesce a riprendere il controllo democratico sulle nostre vite e sul nostro futuro,
che con l’esplosione tecnologica in corso potrebbe diventare un paradiso
(con le adeguate verifiche sulle conseguenze sanitarie di queste tecnologie, oggi completamente ignorate)
o la stessa esplosione tecnologica verrà usata per schiavizzarci ad un livello mai visto nella storia dell’uomo
sino ad arrivare al controllo a distanza degli esseri umani come pupi siciliani agganciati ai fili di Big Data.


Il bivio cui l’umanità è arrivata è nettissimo e i potentati economico-finanziari-politici spingono a massima forza

per far entrare il “gregge” sul lato che interessa a loro, quindi o ci sarà una reazione popolare o il destino è segnato.



Questa è una nuova resistenza a tutti gli effetti e ci possono essere di aiuto le parole del comandante “diavolo”
(uno dei più famosi comandanti partigiani che per il suo buon senso venne rinnegato dai “ROSSI”
e usato da capro espiatorio con ben 10 anni di carcere nel dopoguerra) morto a quasi 101 anni pochi giorni fa:


“L’importante – fu il suo messaggio – è che, anche da una tragica vicenda come questa, impariamo a migliorarci,

come persone, come comunità e come nazioni.


La democrazia non è una conquista certa per sempre, va coltivata e devono esserne sostenuti i principi,

giorno dopo giorno, non solo negli enunciati ma anche e soprattutto nei comportamenti e nel rispetto di quei valori che ci hanno consentito di conquistarla 75 anni fa
“.



E noi la DEMOCRAZIA ce la stiamo lasciando portare via pezzo per pezzo e non abbiamo la consapevolezza, l’intelligenza sociale collettiva e le palle di reagire!
 

Scontri e bombe molotov.

A Torino 10 arresti.

A Milano 28 persone fermate.

Tra i violenti centri sociali ed extracomunitari
 
La seconda ondata del virus era attesa ed infatti non ha tradito le aspettative, per quanto vi siano delle differenze con la situazione di marzo.

Insieme alla ripresa della circolazione del Covid-19, in molti, a cominciare dalla titolare del Viminale, Luciana Lamorgese,
avevano paventato l’insorgere di possibili tensioni sociali all’inizio dell’autunno, ed anche in questo caso le previsioni si sono rivelate azzeccate.

Ciò che ha funzionato da detonatore per l’esplosione di una rabbia destinata a diffondersi sempre di più,
è stato l’ultimo ed ennesimo Dpcm del Governo, che obbliga bar e ristoranti a chiudere alle 18,
oltre ad imporre la sospensione completa delle loro attività a palestre, piscine ed altre realtà.


La chiusura serale anticipata è folle, ridicola, fondamentalmente inutile ai fini del contenimento dei contagi,

e non a caso la categoria più esasperata è al momento quella dei ristoratori.



Questi ultimi, usciti devastati dal lockdown di marzo-aprile, hanno comunque provato a ripartire,
rispettando in maniera scrupolosa le nuove norme igienico-sanitarie ed investendo denaro per la messa in sicurezza dei loro locali,
ma oggi ricevono una nuova bastonata sulla schiena, che in molti casi può rivelarsi fatale.

I ristoranti, tanto per fare un paragone, sono luoghi senz’altro più sicuri rispetto ai mezzi pubblici di trasporto,
e circa quei bar attorno ai quali si accende la cosiddetta movida:
basterebbero, anziché le chiusure anticipate portatrici di fallimenti economici, maggiori controlli finalizzati a scoraggiare gli assembramenti.


Tuttavia, è molto più comodo imporre delle regole “cinesi”,

visto che si sta terrorizzando un intero Paese,

ma nel contempo non si è in grado di far sentire la presenza dello Stato, laddove è necessario.



Ristoranti e bar, come tante altre categorie, hanno fatto finora la loro parte,
però non si può dire altrettanto della politica e soprattutto del Governo di Giuseppe Conte,
quindi la frustrazione e il malcontento diffusi rappresentano il minimo che possa capitare da qui ai prossimi mesi.


Ai ristoratori e commercianti arrabbiati di queste ore si aggiungeranno via via altri settori del Paese, anche perché,
oltre alla presa d’atto dell’ignavia di un Governo che non ha utilizzato i mesi estivi per attrezzare l’Italia all’arrivo della seconda ondata,
si sta comprendendo come quello in corso sia di fatto un nuovo lockdown, ma subdolo e truffaldino.


Non viene ufficialmente limitata più di tanto la mobilità delle persone,
ma fra coprifuochi notturni e chiusure anticipate dei locali la gente viene indotta giocoforza a chiudersi in casa ad una certa ora.

Lor signori affrontano il ritorno del Covid-19 attraverso un nuovo massacro sociale ed economico,
quando si sta facendo largo l’idea, anche nella scienza e nella virologia,
che bloccare popoli e nazioni non sia la migliore soluzione al fine di contenere un virus.

Ma l’Italia di ottobre è ben diversa da quella di marzo scorso.

Non è più quella dell’ “andrà tutto bene”, bensì è un Paese stanco e sfibrato, che non accetta più qualsiasi cosa purché la tempesta passi presto.


L’Italia “normale”, ovvero quella che lavora e genera occupazione, non invoca affatto il menefreghismo circa la pandemia,

ma non vuole nemmeno morire di fame e pagare per le mancanze di una classe dirigente che, in tutti questi mesi funestati dal Covid,

non è ancora riuscita a valutare l’importanza di un equilibrio fra tutela della salute e difesa dell’economia.



Bisogna sperare che proseguano manifestazioni simili a quelle già avvenute nelle principali città italiane,
da Napoli a Roma, Milano, Torino e Trieste, naturalmente all’insegna della non-violenza
e magari arricchite da qualche atto di disobbedienza civile, strumento lecito in democrazia,
e questo per ricordare ai padroni del vapore che questo Paese, con le sue imprese e i suoi lavoratori,
non è più disposto a subire ogni cosa con il pretesto del virus.


I violenti, infiltratisi in manifestazioni del tutto pacifiche, devono essere isolati e denunciati, ci mancherebbe altro,

(oltre alla violenza di per sé esecrabile, questi elementi fanno il gioco dei Walter Ricciardi di turno,

ovvero di coloro i quali vogliono un’Italia fallita e segregata in casa),

ma non si provi a liquidare le proteste di questi giorni come se fossero soltanto un qualcosa coordinato da estremisti e facinorosi.
 
Non è mai colpa dei “compagni”.

Durante un qualsiasi corteo organizzato da movimenti antagonisti e centri sociali
qualcuno decide di assaltare una banca o attaccare deliberatamente le forze dell’ordine?

Per i media allineati è colpa di un qualche “inflitrato”, se non si può parlare di “fascisti” si punta il dito contro i “black bloc”.

Come se la ricerca della “conflittualità” e la violenza non facessero parte del retroterra e della prassi politica dell’antagonismo militante.

Se dunque si riesce nell’impresa di assolvere i “compagni” anche nell’ambito di una manifestazione di sinistra,
è abbastanza prevedibile che in un contesto più trasversale gente come Gad Lerner e Paolo Berizzi
non faccia altro che puntare il dito contro i fascisti, manovratori e artefici delle violenze connesse alle proteste contro il nuovo Dpcm.


Questa non è la "rivolta dei forni", sommossa di un popolo affamato. E' azione pianificata degli ultràs organizzati con l'estrema destra. Saccheggi e devastazioni d'un colpo prevalgono sulla curva del contagio, come se in ballo ci fosse solo il potere e non la vita di tanta gente pic.twitter.com/YEeaXBV4Uq
— Gad Lerner (@gadlernertweet) October 27, 2020




Con la “reductio ad Hitlerum” si evita di comprendere le ragioni della rabbia popolare e si semplificano gli scenari.

A Napoli scoppia la rivolta?

E’ colpa di fascisti e camorra, come se altri (dai militanti dei centri sociali fino a commercianti o semplici cittadini) non avessero preso parte alle proteste.

Stessa cosa con quanto accaduto ieri sera a Torino: pure se i media mainstream si sono ben guardati di scriverlo nei titoli,
parlando genericamente di “incappucciati” (come fatto vergognosamente da La Stampa),

basta leggere il Corriere della Sera:

“Tutto è cominciato con una decina di anarchici che, prima di defilarsi, ha provato ad accendere la miccia (…)
Sono giovani, alcuni giovanissimi.
In mezzo a loro anche esponenti delle tifoserie organizzate della Juventus e del Torino,
oltre a molti ragazzi di origine straniera.
Immigrati di seconda generazione arrivati dalle periferie”.


Quello che già si evinceva dai video è stato poi confermato oggi: per l’assalto al negozio di Gucci sono stati arrestati due egiziani.


E cosa fa allora il prode Gad Lerner?

Pubblica la foto del negozio di Gucci devastato e accolla il tutto ai fascisti.


“Questa non è la “rivolta dei forni”, sommossa di un popolo affamato.
E’ azione pianificata degli ultràs organizzati con l’estrema destra.
Saccheggi e devastazioni d’un colpo prevalgono sulla curva del contagio,
come se in ballo ci fosse solo il potere e non la vita di tanta gente”.


Premio Pulitzer per la disinformazione, in condivisione con Paolo Berizzi che in barba ad ogni evidenza,
continua a parlare di “Piazze nere” organizzate da “violenti che sfidano lo Stato”.

Nel momento in cui esplode la violenza, con il mondo antagonista e anarchico in prima fila,
con il “supporto” di immigrati dediti al saccheggio (in pieno stile “parigino”, come documentato dal sottoscritto un paio d’anni fa),
per gli alfieri dell’antifascismo in assenza di fascismo in ogni caso è colpa dell’estrema destra. Qualsiasi cosa accada.
E il bello è che il presidente della Fnsi, sindacato unico dei giornalisti, Beppe Giulietti, fa da sponsor a Berizzi,
battendosi il petto e taggando su Twitter Rai, Sky etc perché invitino Berizzi in trasmissione, lui che ha “svelato le trame nazifasciste”.

Una marchetta vergognosa.

E niente, questo è lo stato del giornalismo in Italia.
 

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