NON PER METTERVI ANSIA, MA TRA 2 DPCM E' NATALE.

La guardia di finanza era a conoscenza che Luca Palamara avrebbe incontrato Cosimo Ferri la sera dell’8 maggio dello scorso anno.

Non ci sarebbe stata alcuna “casualità”.

La circostanza, clamorosa, sarebbe stata “occultata” dal Gico della Capitale,
che ha svolto le indagini nei confronti dell’ex presidente dell’Anm, ai magistrati di Perugia, titolari del fascicolo.

La Sezione disciplinare del Csm, come si ricorderà, aveva dichiarato l’utilizzabilità delle intercettazioni mediante il trojan
effettuate nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2019 all’hotel Champagne dove si discusse del futuro procuratore di Roma.

La conversazione delle ore 19:13 dell’8 maggio del 2019 con la quale Palamara e Ferri decidevano di incontrarsi
sarebbe stata ascoltata e trascritta “solamente” il giorno successivo alle ore 11.00.

Ciò è quanto attesta il maggiore Fabio Di Bella del Gico di Roma, il reparto prediletto dall’ex procuratore Giuseppe Pignatone,
nell’informativa del successivo 17 maggio destinata ai pm del capoluogo umbro.


Di Bella scrive ai magistrati che l’8 maggio del 2019 veniva registrata una conversazione telefonica fra Palamara e Ferri
“inerente la programmazione dell’incontro registrato”.

«In proposito – prosegue Di Bella – la predetta conversazione telefonica era oggetto di ascolto e di trascrizione,
da parte di questa pg, solamente in data 9 maggio 2019 alle ore 11.00.
Tanto si rappresenta in relazione a quanto disposto dalla S.V. con provvedimento datato 10 maggio2019».


Provvedimento, quest’ultimo, con cui i magistrati di Perugia mettevano paletti all’ascolto dei parlamentari:

«Laddove da elementi certi (dalle intercettazioni telefoniche o telematiche) in essere nei suoi confronti
vi emerge che Palamara sia prossimo ad incontrare un parlamentare
(ad esempio prenda un appuntamento con un parlamentare o conversando con un terzo
emerga con certezza la presenza di un parlamentare o altro soggetto – sottoposto al regime autorizzatorio speciale)
sarà vostra cura NON attivare il microfono, trattandosi in tal caso, non più di intercettazione indiretta casuale di un parlamentare».
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L’ascolto tardivo, per la Sezione disciplinare e prima ancora per le Sezioni unite della Cassazione
che si erano pronunciate nella fase cautelare, aveva giustificato la “casualità” della captazione.

Ci sono, però, due conversazioni precedenti che fanno venir meno la “casualità” dell’ascolto.


La prima è del 7 maggio 2019 alle ore 23:19, classificata dallo stesso Di Bella “molto importante”,
in cui Palamara parla con Luigi Spina, all’epoca consigliere del Csm. Questa la trascrizione integrale.


Palamara: “eh… allora tu domani sera damme la cosa….poi, domani sera…. l’unico problema che abbiamo io e Cosimo (Ferri, ndr)..”

Spina: “domani sera dobbiamo vederci co… eh dimme….”

Palamara: “è che vuole venì pure Luca (verosimilmente Lotti, deputato Pd, ndr) …e io Luca domani sera non lo vorrei fa venì ….ma Morlini (Gianluigi, consigliere del Csm, ndr) te lo porti domani?”

Spina: “eh me lo devi di te… noi siamo da Salzano (verosimilmente Francesco, avvocato generale in Cassazione, ndr) …che c’ha amica della Taverna dei Gracchi”.

Palamara: “si, si, lo so, io gli ho detto di no, che non ci sto….coprimieh…ricordati….”

Spina: “sì”

Palamara: “dai”

Spina: “eee …. se devo venì, me lo porto….se devo venì solo io…”

Palamara: “se vieni tu, a me che viene Luca non me ne frega un cazzo….(inc) bene a me…..”

Spina: “se devo venì, io vengo sia da solo sia con Morlini…(inc) dobbiamo decidere se… massacrarlo….”

Palamara: “perché Cosimo, l’unico problema che si poneva è di venì con Luca ….forse pure per Lepre (Antonio, consigliere del Csm, ndr) …vabbè questo è il (inc)… allora domani glielo dico a coso”.


L’altra conversazione, classificata “importante” da Di Bella, è dell’8 maggio 2019, ore 15:27:

“Palamara al telefono…. si vedranno nei pressi del Csm con Antonio, Cosimo e lui (la persona al telefono)”.

Di Bella, nell’informativa del 17 maggio, non indica queste due conversazioni e, di conseguenza, non indica quando siano state trascritte.


“L’omissione”
di Di Bella sembra funzionale a far apparire la casualità dell’intercettazione
e quindi la corretta esecuzione delle linee guida del 10 maggio dei pm di Perugia.

Di Bella, infatti, riporta ai magistrati umbri soltanto una delle tre conversazioni intercettate
dalle quali risultava con largo anticipo l’incontro dell’hotel Champagne e tra le tre sceglie quella dell’8 maggio 2019 delle ore 19:13,
trascritta il giorno dopo, quindi successivamente all’incontro.


Dalle conversazioni omesse da Di Bella appare, invece, evidente che la programmazione dell’incontro dell’hotel Champagne
era stata captata 24 ore prima, esattamente il 7 maggio 2019 ore 23.19, così come era stata captata la presenza sicuramente di Ferri
e forse anche di Lotti, poiché quest’ultimo non era gradito ad alcuni partecipanti tra i quali Palamara.

La conferma dell’incontro si ha, allora, nella seconda captazione, quella delle 15:27 dell’8 maggio 2019, circa otto ore prima,
nella quale viene data per sicura la presenza di Ferri.


Durante il processo a Palamara nessuno ha chiesto a Di Bella chiarimenti su queste due conversazioni.
 
La guardia di finanza era a conoscenza che Luca Palamara avrebbe incontrato Cosimo Ferri la sera dell’8 maggio dello scorso anno.

Non ci sarebbe stata alcuna “casualità”.

La circostanza, clamorosa, sarebbe stata “occultata” dal Gico della Capitale,
che ha svolto le indagini nei confronti dell’ex presidente dell’Anm, ai magistrati di Perugia, titolari del fascicolo.

La Sezione disciplinare del Csm, come si ricorderà, aveva dichiarato l’utilizzabilità delle intercettazioni mediante il trojan
effettuate nella notte tra l’8 e il 9 maggio 2019 all’hotel Champagne dove si discusse del futuro procuratore di Roma.

La conversazione delle ore 19:13 dell’8 maggio del 2019 con la quale Palamara e Ferri decidevano di incontrarsi
sarebbe stata ascoltata e trascritta “solamente” il giorno successivo alle ore 11.00.

Ciò è quanto attesta il maggiore Fabio Di Bella del Gico di Roma, il reparto prediletto dall’ex procuratore Giuseppe Pignatone,
nell’informativa del successivo 17 maggio destinata ai pm del capoluogo umbro.


Di Bella scrive ai magistrati che l’8 maggio del 2019 veniva registrata una conversazione telefonica fra Palamara e Ferri
“inerente la programmazione dell’incontro registrato”.

«In proposito – prosegue Di Bella – la predetta conversazione telefonica era oggetto di ascolto e di trascrizione,
da parte di questa pg, solamente in data 9 maggio 2019 alle ore 11.00.
Tanto si rappresenta in relazione a quanto disposto dalla S.V. con provvedimento datato 10 maggio2019».


Provvedimento, quest’ultimo, con cui i magistrati di Perugia mettevano paletti all’ascolto dei parlamentari:

«Laddove da elementi certi (dalle intercettazioni telefoniche o telematiche) in essere nei suoi confronti
vi emerge che Palamara sia prossimo ad incontrare un parlamentare
(ad esempio prenda un appuntamento con un parlamentare o conversando con un terzo
emerga con certezza la presenza di un parlamentare o altro soggetto – sottoposto al regime autorizzatorio speciale)
sarà vostra cura NON attivare il microfono, trattandosi in tal caso, non più di intercettazione indiretta casuale di un parlamentare».
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L’ascolto tardivo, per la Sezione disciplinare e prima ancora per le Sezioni unite della Cassazione
che si erano pronunciate nella fase cautelare, aveva giustificato la “casualità” della captazione.

Ci sono, però, due conversazioni precedenti che fanno venir meno la “casualità” dell’ascolto.


La prima è del 7 maggio 2019 alle ore 23:19, classificata dallo stesso Di Bella “molto importante”,
in cui Palamara parla con Luigi Spina, all’epoca consigliere del Csm. Questa la trascrizione integrale.


Palamara: “eh… allora tu domani sera damme la cosa….poi, domani sera…. l’unico problema che abbiamo io e Cosimo (Ferri, ndr)..”

Spina: “domani sera dobbiamo vederci co… eh dimme….”

Palamara: “è che vuole venì pure Luca (verosimilmente Lotti, deputato Pd, ndr) …e io Luca domani sera non lo vorrei fa venì ….ma Morlini (Gianluigi, consigliere del Csm, ndr) te lo porti domani?”

Spina: “eh me lo devi di te… noi siamo da Salzano (verosimilmente Francesco, avvocato generale in Cassazione, ndr) …che c’ha amica della Taverna dei Gracchi”.

Palamara: “si, si, lo so, io gli ho detto di no, che non ci sto….coprimieh…ricordati….”

Spina: “sì”

Palamara: “dai”

Spina: “eee …. se devo venì, me lo porto….se devo venì solo io…”

Palamara: “se vieni tu, a me che viene Luca non me ne frega un cazzo….(inc) bene a me…..”

Spina: “se devo venì, io vengo sia da solo sia con Morlini…(inc) dobbiamo decidere se… massacrarlo….”

Palamara: “perché Cosimo, l’unico problema che si poneva è di venì con Luca ….forse pure per Lepre (Antonio, consigliere del Csm, ndr) …vabbè questo è il (inc)… allora domani glielo dico a coso”.


L’altra conversazione, classificata “importante” da Di Bella, è dell’8 maggio 2019, ore 15:27:

“Palamara al telefono…. si vedranno nei pressi del Csm con Antonio, Cosimo e lui (la persona al telefono)”.

Di Bella, nell’informativa del 17 maggio, non indica queste due conversazioni e, di conseguenza, non indica quando siano state trascritte.


“L’omissione”
di Di Bella sembra funzionale a far apparire la casualità dell’intercettazione
e quindi la corretta esecuzione delle linee guida del 10 maggio dei pm di Perugia.

Di Bella, infatti, riporta ai magistrati umbri soltanto una delle tre conversazioni intercettate
dalle quali risultava con largo anticipo l’incontro dell’hotel Champagne e tra le tre sceglie quella dell’8 maggio 2019 delle ore 19:13,
trascritta il giorno dopo, quindi successivamente all’incontro.


Dalle conversazioni omesse da Di Bella appare, invece, evidente che la programmazione dell’incontro dell’hotel Champagne
era stata captata 24 ore prima, esattamente il 7 maggio 2019 ore 23.19, così come era stata captata la presenza sicuramente di Ferri
e forse anche di Lotti, poiché quest’ultimo non era gradito ad alcuni partecipanti tra i quali Palamara.

La conferma dell’incontro si ha, allora, nella seconda captazione, quella delle 15:27 dell’8 maggio 2019, circa otto ore prima,
nella quale viene data per sicura la presenza di Ferri.


Durante il processo a Palamara nessuno ha chiesto a Di Bella chiarimenti su queste due conversazioni.

"... c'è del marcio in Danimarca ! "
 
Io batto sempre lo stesso chiodo.

Gli "esperti, gli scienziati, quelli che studiano le zanzare" :

«appare piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di un’epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità».


Cioè scusate, io blocco tutta la nazione per proteggere le categorie più fragili ?

da 75 a 79 anni = 2.728.681

da 80 a 84 anni = 2.176.582

da 85 a 89 anni = 1.378.964

da 90 a 94 anni = 605.564

da 95 a 99 anni = 154.508

oltre 99 anni = 14.456

Cioè 7.000.000 di persone su di un totale di 60.000.000 di abitanti,

quando vado sicuramente a pregiudicare la vita dei giovani da 0 a 14 anni che sono quasi 8.000.000 ?


Per me non esiste. Non c'è giustificazione.


Quando poi c'è uno Stato che mi permette di utilizzare "le mascherine di comunità" ?

Che lo dice l'ISS,
non il pirla che posso essere io :

"Non devono essere considerate nè dei dispositivi medici,

nè dispositivi di protezione individuale, ma una misura igienica".



Ma allora di cosa stiamo parlando ?

Quanto ci prendete per i fondelli per i Vs. sporchi giochi ?


Fate i seri. Ma non da questo governo, è impossibile. Utopia.

Le soluzioni ci sono . E' semplice.....troppo semplice per questi dementi, o furbi :

A) Rendete OBBLIGATORIA la mascherina FFP2 per le categorie a rischio, quelle più fragili
e vedrete che molta meno gente andrà ai pronto soccorso.

B) Obbligate i medici di base a rendere visita ai loro pazienti, quelli per i quali prendono lo stipendio,
e diminuite il carico di pazienti per medico di base.

Ci sarebbe dell'altro, tipo l'organizzazione di rilevamento dei dati, separando i positivi dai malati
e/o separando i positivi al primo tampone dagli altri, al secondo o terzo tampone,
perchè ora i dati sono gonfiati..........


.....dopo, ne riparleremo.
 
La Cina è una superpotenza mondiale: è un dato di fatto.

Solo che per diventarlo – negli ultimi vent’anni almeno – non ha scelto la via militare, quanto quella finanziaria e commerciale.

Che poi è una diversa espressione per dire:

ha smisuratamente aumentato il proprio Pil in molti modi, in particolare con la stampa moneta diretta, senza dover passare dal suo debito.

E quindi aumentando il suo potere imperiale fintech. Perché per trovare gli sbocchi commerciali nel mondo di tale massa monetaria,

la casta dei mandarini cinesi si era messa d’accordo con i banchieri della Federal Reserve per acquistare da loro tutti i titoli di Stato che non riusciva a smerciare.

Questo accordo, apparentemente, adesso è caduto. Ma nel frattempo la Cina è diventata un potere arrivato a controllare, parzialmente,

la proprietà della nostra rete elettrica di trasmissione nazionale, quella fisica, nonché quella del gas, parzialmente detenute dalla joint venture deep state-Cina.



Com’è possibile che la nostra rete elettrica nazionale sia andata in mani “cinesi”?

Non sono beni strategici?

Non rientrano nei beni comuni e nel demanio inalienabile?


Per capire come sia successo, bisogna seguire il filo rosso delle “scatole cinesi”, è proprio il caso di dirlo.


Mentre la Francia ritardava le sue privatizzazioni di almeno 20 anni, riparandosi dietro l’articolo 346 dei Trattati UE
che sancisce la neutralità dei regimi di proprietà degli Stati, l’Italia faceva la prima della classe a svendersi e svalutarsi.

Il decreto legislativo del Presidente Scalfaro, nel 1999, o “decreto Bersani”
(Governo D’Alema, Vice premier Mattarella, Ministro del Tesoro e delle Finanze Ignazio Visco, Ministro dello Sviluppo Bersani),
dava seguito alle leggi sulle privatizzazioni degli anni novanta, e in attuazione della direttiva 96/92/CE
che prescriveva la separazione della gestione dalla proprietà delle reti elettriche nazionali,
trasferiva da Enel Spa, pubblica, a Terna Spa – controllata da Enel e creata per l’occasione –
i diritti di proprietà della rete elettrica e a GRTN Spa, creata per l’occasione, la gestione della stessa rete.


Nel 2005 (Governo Berlusconi, Ministro delle Finanze Tremonti, Ministro dello Sviluppo Scajola, Ministro delle Infrastrutture Lunardi)
Terna Spa veniva quotata in borsa ed essendo cambiate le norme europee, recupera la gestione della rete di cui detiene la proprietà,
dalla GRTN che diventa GSE Spa: a questo punto verrebbe da chiedersi a cosa serva esattamente quest’ultima.
In quell’occasione il controllo di Terna Spa viene ceduto da Enel a Cassa depositi e prestiti SpA, con il 29.99% del capitale sociale,
mentre le altre partecipazioni residue di Enel vengono regalate (bonus share) a favore di Assicurazioni Generali Spa e altre assicurazioni e banche!



Se già suona strano che la proprietà della rete elettrica di trasmissione nazionale passi a una società per azioni poi quotata in Borsa,
dovrebbe suonare ancora più strano che la stessa società, che gode di una concessione in monopolio sulla rete elettrica,
sulla sua gestione e il suo dispacciamento, possa ai sensi dell’articolo 4 del decreto Bersani operare non solo nel mercato regolato,
ma anche in quello non regolato ed estero “a condizione che sia garantita la separazione contabile e amministrativa”.

Per consociate, filiali e società della stessa galassia facenti capo alla stessa holding, è un’utopia.

Nella pratica significa che esiste il rischio che con i soldi delle nostre tasse, lo Stato garantisca le operazioni finanziarie,

lo shopping finanziario per il mondo, le attività di trading ad alta remunerazione con le nostre bollette e gli investimenti,

le operazioni di rischio a nostre spese su una società, come Terna Spa, che è diventata una multinazionale.


Idem per Snam Spa e Italgas che dovrebbero essere completamente pubbliche



Nel 2012 (Governo Monti, dopo il “golpe” a Berlusconi) si perfeziona il furto con la creazione di una holding di partecipazioni,
CDP Reti Spa, con quote in Snam Spa (31.35%), Italgas (26.04%) e Terna Spa (29.1%).
Terna a sua volta controlla al 100% Rete Srl e Terna Rete Italia Spa, cioè il mercato regolato.
Quest’ultima partecipa nel capitale del non regolato Terna Interconnector Srl, per la connessione elettrica con i Paesi limitrofi.

Ovvero, ripeto, con i nostri soldi, di tasse, bollette, investimenti e risparmi (CDP),

affari garantiti alle società private del gruppo come Terna Interconnector o TernaPlus!

E Terna è ormai una multinazionale presente in numerosi Paesi.



Ma adesso viene la chicca:

la rete elettrica di trasmissione nazionale viene parzialmente ceduta alla Cina con un patto parasociale del 5 agosto 2014,

sotto il Governo Renzi, con al Ministero per lo Sviluppo economico certa Federica Guidi, figlia dell’ex presidente di Confindustria Guidi,

che dovette lasciare l’incarico per uno scandalo nell’ambito dell’indagine sullo smaltimento di rifiuti Eni di Viggiano

poiché alcune intercettazioni la inchiodavano nel promettere al compagno l’introduzione nella legge di stabilità

di un emendamento per favorire i suoi interessi, complice la ministra Boschi.



CDP Spa – nacque nel 1950 come un ufficio del ministero del Tesoro com’è giusto che sia –
ma nei Patti parasociali del 2014 poi modificati l’11 novembre 2016 (Renzi) cede il 35% di CDP Reti,

veicolo di investimenti di CDP (59.102%), a State Grid Europe ltd, società con base a Londra,

controllata della State Grid Investment Development LLC, con base a Hong Kong,

completamente controllata a sua volta dal monopolio di stato cinese State Grid Corporation.



È una partecipazione “finanziaria”, mi dicono.

Ma non è affatto così.

È un diritto di proprietà sui nostri assets strategici, c
he come tutte le attività finanziarie finiscono sempre per trovare un sottostante a “raccolta”.


Se la matematica non è un’opinione il Ministero attraverso CDP e CDP Reti, controlla indirettamente l’11.57% di Terna,
ma non è detto che la transitività funzioni in questo caso – altrimenti non si sarebbe presa la briga di moltiplicare le persone giuridiche –
mentre le Fondazioni bancarie controllano indirettamente il 2.7% della rete elettrica.

Fin troppo, per essere delle banche nelle nostre infrastrutture.

Un 5% appartiene al fondo (avvoltoio) Lazard Asset Management LLC,
di quelli che guidano il gioco ricattando tutti dietro le quinte, con la loro stampa moneta nelle banche dealer che controllano.

E ritroviamo anche il prezzemolino Norges Bank, il fondo di investimento sovrano dello stato norvegese
che redistribuisce in minima parte gli utili di petrolio e investimenti ai suoi cittadini.


Noi, quando privatizziamo, invece svendiamo ad altri Stati.

Privatizzazione sui generis.

Siamo generosi, noi.


E infatti la Cina, o i mandarini cinesi in State Grid Corporation of China – attraverso Londra e Hong Kong –

controllano la proprietà di un’infrastruttura essenziale, oserei dire vitale, come la rete elettrica nazionale,

per una quota del 10,18% (il 35% di CDP Reti che controlla il 29.102% di Terna) a fronte dell’11.57% di controllo “pubblico” italiano.



Ovvero di quella che dovrebbe essere la nostra infrastruttura, non cedibile, non alienabile,
bene comune di proprietà degli italiani che dovremmo poterne usufruire i servizi in compartecipazione agli utili come azionisti privilegiati.



State Grid in partnership con Huawei costruisce la Via della Seta

E invece ci ritroviamo con un colosso come la Cina che può spegnerci con un click, o ricattarci di farlo dietro le quinte.


Al momento del dunque – cioè ora – né gli acquedotti, né gli elettrodotti, né i gasdotti o le infrastrutture per stoccare il gas sono più nostre.


E questo succede con i seguenti mezzi:

avere permesso di cedere la gestione e la proprietà a società per azioni,

averle quotate in borsa con i soliti fondi avvoltoi e/o sovrani di altri Stati,

avere permesso di cedere a una Spa separata dallo Stato i diritti di proprietà sulle infrastrutture strategiche e la concessione in monopolio per gestirle,

avere permesso questi patti parasociali.


Dove si prevede l’obbligo di inserire nel consiglio di amministrazione di Terna (ma misure simili vi sono per Snam e Italgas),

su 5 membri, 2 designati dalla Cina, gli altri 3 da CDP Spa.


Il Cda, che può decidere in materie importanti come il bilancio, lo Statuto, i membri di Snam e Terna, i diritti di voto,
i dividendi, le riserve o altro, i possibili cessionari, circa i diritti di proprietà della nostra rete elettrica nazionale e del gas,
deve farlo con il gradimento del monopolio cinese in partnership con la City di Londra e Hong Kong
dei magnaccia occidentali che hanno persino un diritto di veto sulle cessioni di partecipazioni o acquisti in Snam e Terna,
sull’ulteriore indebitamento e nelle operazioni con parti correlate di CDP Reti che non siano a condizioni di mercato,
cioè a condizioni di aiuti di Stato e politiche.


Addirittura, al monopolio cinese è concesso il diritto, a partire dal 27 novembre 2018, di cedere le sue quote in Snam, Italgas o Terna,

a concorrenti diretti, con un diritto di prelazione di CDP da esercitarsi entro 60 giorni alle stesse condizioni e allo stesso prezzo del concorrente!


Lo vede anche un bambino che in questo modo il monopolista cinese può mettersi d’accordo con un concorrente per chiedere un prezzo esagerato,

da imporre a CDP in un momento cruciale
!


Praticamente negli accordi si offre su un piatto d’argento il coltello dalla parte del manico ai cinesi,
dando loro la possibilità di predare eventualmente il tesoretto di CDP,
costituito dai risparmi degli italiani oltreché dalle nostre reti strategiche nazionali!


Demenziale.

Non sarà mica per questo che aumentano le bollette di luce e gas proprio adesso?



Naturalmente il Cda può rifiutare la cessione a un concorrente diretto – ma con 2 cinesi su 5! –
e solo se non presenta documentazione idonea del rispetto della separazione della proprietà con la vendita e la distribuzione
o non rispetta i poteri speciali – e bisogna vedere che cosa vuol dire, non ho praticamente mai visto lo Stato italiano esercitarli –
se è in una lista nera internazionale, tipo la Russia, o se non presenta un patrimonio solido.


Lo stesso vale per i 41,000 km di Rete di Trasporto Nazionale del Gas e di Rete Regionale del Gas

che appartengono alla Snam la quale, per gli stessi calcoli di cui sopra, è controllata per il 10.97% dal monopolista cinese.



Nel 2015 (Governo Renzi, Ministro delle Finanze Padoan, Ministro dello Sviluppo Calenda,
Vice ministro Sviluppo Bellanova, Ministro dell’Interno Alfano, Vice ministro Bubbico, Ministro delle Infrastrutture Delrio)
Terna Spa ottiene per soli 757 milioni di euro (!!),
8.379 km supplementari di elettrodotti,
350 stazioni elettriche e contratti vari dalle Ferrovie dello Stato in smantellamento.

Tanti altri regali al mercato!


Terna è il primo operatore “indipendente” in Europa per lunghezza di elettrodotti
con 74.669 km di linee,
888 stazioni di smistamento,
1 centro nazionale di controllo,
3 centri di teleconduzione,
26 linee di interconnessione con l’estero,
il cavo sottomarino più profondo del mondo.





Tutto questo è successo perché la proprietà delle reti è diventata un titolo di proprietà da negoziare in Borsa, per “attirare” gli investimenti esteri.

Come se fossimo costantemente mendicanti
mentre siamo la quarta potenza mondiale,
i quarti detentori di riserve auree,
e i primi in tante cose.

O eravamo.

Non certo i primi a difenderci e a difendere i confini di tutti i tipi di questo nostro Paese.

O un certo modello culturale.

Anche economico.


Il rinnovo dei patti parasociali poteva essere revocato il 4 agosto di quest’anno, con un preavviso di 6 mesi,

ma il governo della “digitalizzazione” forzata e della Via della Seta, se n’è guardato bene.


Anzi, il 4 marzo iniziavano i lockdown mentre aumentavano la posa di antenne 5G.


Si sappia che la “smart city” che a nostra insaputa, a nostro discapito, e sulle nostre spalle

viene costruita a Milano come modello, a Torino, e in tutte le città d’Italia ha bisogno della rete elettrica per sviluppare il 5G.


Engie, derivante dalla megafusione anti-concorrenza permessa nel 2008 da Bruxelles tra Suez (Rotschilds) e Gaz de France (Stato francese),

sta piazzando lampioni a led ovunque nelle nostre città e nel belpaese, poiché saranno antenne 5G.


Microsoft ha stipulato patti con Poste italiane, Snam e Italgas, per digitalizzare le infrastrutture di rete…


Il 5G serve a spianare la strada alla quarta rivoluzione industriale, come la chiamano al World Economic Forum,

attraverso un “grande Reset”, che stiamo vivendo in pieno, grazie al “Cov-id” che serve a traghettarci – in modo brutale –

alla moneta digitale (con l’aiuto della pandemia) e a costringere tutti a un vaccino che vuole essere una sorta di passaporto digitale mondiale cucito addosso,

con i dati sanitari, anagrafici e finanziari in una unica app e/o “device” sulla pelle.



Sembra fantascienza, eh?

E invece, no.


Già è partito il common pass, voluto dalla Rockefeller Foundation che è una app sullo smartphone

per certificare di essere negativi al tampone, e poi vaccinati: è già in sperimentazione in alcuni aeroporti e con alcune linee aeree.



E questo progetto di nuovo governo mondiale avviene attraverso la potenza di fuoco della Cina,
che grazie alla sua stampa moneta diretta, ha potuto espandersi nel mondo ma solo in virtù di accordi con gli storici controllori della moneta
che fino a ieri erano quelli del petrodollaro – e i loro sceicchi arabi – che stanno cambiando cavallo.

Essi scommettono sempre su due cavalli e lasciano sempre i piedi in due staffe,
stanno utilizzando la testa della Cina per attuare questo disegno.

Prendendo di mira l’Italia con Venezia come hub della Via della Seta,
e utilizzarci come piede di porco per penetrare il resto dell’Europa.


Anche tramite la City di Londra.

Perché questo è il loro patto: le partnership nelle filiali delle multinazionali con azionisti anonimi

che si inseriscono ai vari gradi gerarchici delle scatole cinesi.


Che, in questo caso, si esprime con le due filiali a Hong Kong e Londra.



Questa è la posta in gioco, questo il filo rosso delle scatole cinesi.


Siamo ancora in tempo per rendercene davvero conto?
 
Quindi - in parole povere - il 60% della società sarà in mani estere.


Via libera del Consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti alla spa CdP Equity
per la presentazione di un’offerta dettagliata per l’acquisizione dell’88,06% di Autostrade per l’Italia detenuto da Atlantia.

Un’offerta con relativa proposta di accordo (Memorandum of Understanding)
volto a identificare i principali termini e condizioni dell’operazione.

La notizia emerge da una nota della stessa Cdp.


L’offerta, secondo i dettagli diffusi nella comunicazione, prevede che Cdp Equity
diventi il primo azionista con il 40% del veicolo BidCo attraverso cui sarà realizzato l’investimento
e nomini presidente e amministratore delegato di quest’ultima e di Aspi.

L’operazione prevede il possibile ingresso di altri investitori italiani nella compagine azionaria di BidCo.

Due società, la Blackstone Infrastructure Partners e Macquarie Infrastructure and Real Assets,
affiancheranno inizialmente Cdp: deterranno entrambe il 30% del BidCo.


“Blackstone e Macquarie, tra i più importanti investitori a livello internazionale,
dispongono delle dotazioni finanziarie necessarie e hanno dimostrato negli ultimi mesi,
tra i soggetti che hanno manifestato interesse per Aspi,
il maggior impegno di risorse nelle attività di due diligence in vista di un possibile investimento”,
sottolinea Cassa Depositi e Prestiti.


La nota evidenzia lo “sforzo significativo per approfondire gli aspetti valutativi coinvolgendo numerosi team di lavoro
composti da professionisti specializzati nel settore delle concessioni autostradali e consulenti di levatura internazionale.

La proposta, confermando la forchetta di prezzo già indicata in precedenza,
sottopone un’offerta ancor più dettagliata che, se accolta,
porterà all’individuazione di termini, condizioni e prezzo definitivi dell’operazione, a seguito di una due diligence di 10 settimane”.


“Per fornire ad Atlantia tempestiva visibilità sull’andamento delle valutazioni,
il percorso indicato prevede un primo riscontro sugli esiti della due diligence da parte del Consorzio dopo 4 settimane dal suo avvio.

Inoltre, qualora nell’ambito dell’operazione i soci di minoranza di Aspi preferiscano esercitare il diritto di co-vendita delle azioni di Aspi,
è previsto che il Consorzio possa acquistare fino al 100% di Aspi”.

L’offerta, si colloca dunque “nel solco di quanto prospettato da Atlantia e Aspi nella lettera al Governo del 14 luglio scorso
– chiosa il comunicato – ed è coerente con la mission di CdP di sostenere stabilmente e nel lungo termine le infrastrutture strategiche.

La presenza di CdP è anche funzionale al presidio di un consistente piano di investimenti per l’ammodernamento della rete autostradale,
l’accelerazione dei programmi di manutenzione e la promozione della logistica integrata e delle soluzioni a favore della mobilità sostenibile”.
 
Di seguito i principali punti toccati ieri dalla Lagarde:

ECONOMIA

  • La crescita sta perdendo forza nel comparto servizi che ha più che bilanciato il recupero del comparto manifatturiero

  • Rischi al ribasso

  • Dati del pil del terzo trimestre (in pubblicazione venerdì 30) sorprenderanno al rialzo. Ancora incertezza sul calo del Pil nel quarto trimestre

  • L’inflazione rimarrà negativa fino agli inizi del 2021
ACTION

  • il 10 di dicembre, quando la BCE valuterà nuove stime su crescita ed inflazione oltre alla dinamica del cambio, ci saranno sicuramente decisioni

  • Saranno ricalibrati tutti gli strumenti

  • Non è esclusa decisione anche prima se occorre: la Lagarde ha elogiato i vantaggi degli incontri in remoto perché consentono una convocazione dei meeting anche con un breve preavviso

  • Prima di allora, in ogni caso, la Lagarde ha assicurato che saranno utilizzati tutti gli strumenti già a disposizione, PEPP in testa.

  • – La BCE potrebbe anticipare e concentrare gli acquisti in un periodo breve – se occorre.
– Per le decisioni non occorrerà unanimità.

IN SINTESI

  • Il messaggio della Lagarde di ieri può essere sintetizzato da una frase della Lagarde stessa: “ECB was there in the first wave and will be there in the second wave”.

  • Le azioni possibili comprendono sia allungamento quali/quantitativo del PEPP e del QE
  • sia modifiche della TLTRO su cui è stata fatta domanda ad hoc e che la Lagarde ha preso al balzo per sottolineare che “ECB is very attentive to the pandemic effects on banks”.

  • Le risposte della Lagarde, pertanto, non sembrano escludere mosse già a novembre se il Covid lo richiederà
  • e, nel caso della Tltro, ampliamento del collaterale accettato e tassi anche più negativi oltre che ricalibrazione
  • del riferimento ai total loans su cui si applica il massimale massimo che le banche possono tirare.

  • Propendo per l’ipotesi di manovre già nel mese di novembre soprattutto con riferimento alla TLTRO;
  • altrimenti l’operazione di dicembre andrà di fatto sprecata se l’annuncio arrivasse nella riunione del 10 dicembre,
  • vista la scadenza del 9 dicembre per inserire le richieste delle banche per la prossima operazione TLTRO.

  • Di conseguenza, la riunione di oggi della BCE conferma lo scenario di ampia liquidità
  • in arrivo da parte delle banche centrali per fine anno con impatto sui mercati,
  • scenario che potrebbe essere evidente soprattutto dalla seconda parte di novembre con due filoni principali:
  • “big switch” (- tech Us + tech Cina) e “great rotation” settoriale.

  • Sul fronte tassi è confermata l’ipotesi di spread Italia in area 100/120 pb per fine anno con Eur-Usd in area 1,15 sempre per fine anno.
 
Ospedale di Lecco. Presidio provinciale covid.
Da un mese a questa parte :

"Concludendo ancora con i numeri sono 5 i decessi registrati in ospedale in questa seconda fase".
 
Oggi - positivi, non malati - : 26.595

ai quali dobbiamo togliere quelli dei tamponi positivi per la seconda o terza volta.


Tamponi : 215.085 = 12,36%

ma se togliamo quel 15% di doppi positivi, siamo a circa il 10%
 
Ma i cultori mediatici del terrore, diffondono questi dati, contando anche i guariti - più di 4.000 - come nuovi positivi.
Mi sembra incredibile che nessuno faccia notare questa discrepanza.

Salgono i nuovi contagi anche nel bollettino di venerdì 30 ottobre.
Secondo i dati diramati dal ministero della Salute i nuovi positivi raggiungono il record.

In calo rispetto a ieri i morti, 199 contro i 217 di giovedì 29 ottobre.

Cresce anche il numero di tamponi effettuati (Oltre 215 mila).

In ascesa il tasso di positività, dato dal rapporto dei positivi sul numero di test somministrati.
Oggi è al 14,5% mentre ieri era poco oltre il 13%.

Sono, invece, 95 in più i ricoveri in terapia intensiva
 

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