NON SEMPRE CAMBIARE EQUIVALE A MIGLIORARE, MA PER MIGLIORARE BISOGNA CAMBIARE

Questi credevano di essere ancora in Italia ......

BANGKOK – Due turisti italiani di 18 e 20 anni, Ian e Tobias, sono stati fermati dalla polizia thailandese per avere strappato delle bandiere nazionali,
un gesto considerato gravemente offensivo dalla legge e, soprattutto, dalla cultura locale.

Il fatto è avvenuto a Krabi, una delle principali mete del turismo internazionale.
Il video che immortala i due mentre strappano le bandiere è stato diffuso in Rete.

La polizia di Krabi ha poi fatto girare un secondo video ai due italiani, nei quali si scusano
e spiegano che nel loro paese, l’Italia, “la bandiera non è così importante”.

Poi aggiungono: “Eravamo molto, molto ubriachi. Amiamo la Thailandia, amiamo i thailandesi, ma non conoscevamo la legge. Vogliamo chiedere scusa”.
Scuse che, per inciso, non sono state accettate in Rete: il video ha collezionato una lunga serie di commenti minacciosi e offensivi.

Il fermo è avvenuto intorno alle 3.30 di sabato mattina, 7 gennaio, quando i due, a Krabi e ubriachi,
hanno strappato delle bandiere appese a un muro, per poi rovesciare un vaso.
Gli italiani sono stati ripresi da una telecamera di sorveglianza, poi il video è finito su Facebook.
Poco dopo, la polizia ha rintracciato i due responsabili che ora, in linea teorica, rischiano fino a un anno di prigione.
 
ROMA – Licenziati in 215, erano lavoratori della Natuzzi. E il normale, il credibile della storia finisce qui.
Il resto della storia è tanto vero quanto difficile da credere. Anzi, crederci alla fine si può. Il difficile è digerirla questa storia.

Dunque c’è un’azienda, la Natuzzi, che non molto tempo fa dichiara 355 “esuberi”, 355 lavoratori di cui in qualche modo disfarsi.
Per 140 di questi lavoratori si scava la strada dell’incentivo all’esodo.
Cioè, tra varie voci e capitoli, circa 60 mila euro per dimettersi e lasciare volontariamente il posto di lavoro.
Anche qui, in questo ramo della storia, c’è un esito, un finale fantasmagorico. Ma al tempo, seguiamo prima il filone principale.

Restano 215 lavoratori che non accettano o cui non viene proposto l’incentivo. Restano, parola grossa nel caso.
Non restano per nulla, vengono licenziati.
Ma non passa molto tempo che l’azienda riporta in casa una produzione che prima “esternalizzava”, insomma faceva fare ad altri.
Quindi l’azienda apre nuova linea produzione e offre ai 215 licenziati un nuovo posto di lavoro.

Licenziati, vi riassumiamo: questa la comunicazione e la proposta ai 215.

Trentadue accettano di essere riassunti, 183 rifiutano.

“Un rifiuto che scatena l’indignazione degli stessi sindacati” registra e stampa La Repubblica. E perché rifiutano?
Nessuno è andato a domandarlo uno per uno. Ma i 183 incassano assegno di mobilità Inps di 1.200 euro lordi mensili.
Aggiungi un po’ di lavoro nero e fa di sicuro reddito pari o superiore al salario in azienda e lavorando in maniera molto, molto più dolce.

La storia si svolge in Puglia, dintorni di Bari
 
ROMA – Meningite, non è epidemia. E non solo perché che epidemia non sia lo dicono le autorità (sì, le autorità che non è una cattiva parola autorità, anzi…).
Non è epidemia perché i casi di malattia sono tanti ma non fuori scala rispetto alla media e perché il contagio quando è avvenuto è stato finora sempre e bene contenuto. Non è epidemia ma…

Ma c’è in giro meningite sufficiente a metter comprensibile paura e ancora più comprensibile ansia.
Si legge di morti di meningite in diverse Regioni d’Italia e allora un’emozione si diffonde e si trasforma rapida in una sorta di parola d’ordine: mettersi al sicuro.
Soprattutto mettere al sicuro i propri figli che la meningite è canaglia e attacca soprattutto i piccoli, i cuccioli d’uomo.

E come si fa a mettersi al sicuro? C’è un solo modo: vaccinarsi contro la meningite.
Ed ecco che più o meno ovunque il popolo, la gente chiede vaccini. Vaccini qui e subito.
Li chiede agli ambulatori, farmacie, ospedali. Li chiede e li pretende disponibili e gratuiti ai responsabili della Sanità pubblica, cioè agli amministratori della Sanità Regione per Regione.
E quindi la politica e gli amministratori si trovano di fronte una richiesta di popolo, urgente e pressante, da soddisfare. La richiesta di vaccino.
 
Solo poche settimane fa il mood era diverso e contrario, il vento del pubblico volere spirava in altra e opposta direzione.
Era pieno di mamme, genitori e cittadini sospettosi se non contrari ai vaccini.

Spesso, molto spesso colui o colei che oggi chiede vaccino qui e subito contro la meningite è la stessa persona, è la stessa gente che ieri non ha vaccinato i figli.
E si è sentita offesa e violata, ha appoggiato chi si oppone all’obbligo della vaccinazione per entrare in un’aula di scuola pubblica.

E’ la stessa gente che pratica questa sorta di schizofrenia sociale. Ma, come usa dire, ci sta.
La contraddittorietà nei comportamenti è figlia diretta e legittima della così definibile “ignoranza informata”.
Insomma il cittadino-genitore che diffida del vaccino ovviamente è ignorante di biologia, immunologia, medicina e un sacco di altre scienze e discipline.
Ma su queste si “informa” molto e volentieri su ciò che ha a disposizione e a misura del suo tempo e della sua capacità di comprendere e discernere.

Clicca vaccini e gli arriva un mare di chiacchiere da comari molto tecnologiche, la versione contemporanea del “mia cognata che ha un cugino che lavora in una ditta di farmaci mi ha detto che…”.

Non è colpa della gente, anche se l’esser cittadini o genitori comporterebbe nel mansionario minimo la fatica di una minima competenza
o la saggezza minima della delega a chi competenza ha acquisito.
E in fondo non è neanche tutta colpa del web, non è obbligatorio credere a tutto quello che vi si trova. Non l’ha comandato il dottore…

Però qualcuno l’ha consigliato e gravissima, pesantissima è la responsabilità di chi si è impegnato, ingegnato, perfino divertito a consigliare, raccomandare di evitare i vaccini.
 
Paolo Mieli sul Corriere della Sera ricorda i cinque minuti cinque di show
(il filmato è ovviamente ancora disponibile) di Beppe Grillo nel 2007.

Lo show del “virusino”.
“Prendete un bambino dal sistema immunitario perfettamente funzionante…iniettate un virusino in attesa che arrivi il virus cattivo…
ma se il virus cattivo non arriva il sistema immunitario del bambino è stato abbassato dal virusino”.

Questa la tesi, documentata e sostenuto a suon di applausi e risate.
Altre evidenze scientifiche e biologiche dell’effetto danno del “virusino”?
Ovviamente nessuna. L’affidabilità e certezza dell’assunto e propagandato stava tutta nell’autorità di chi parlava, insomma parola di Grillo.

Grillo biologo? Quando, dove, come? Che c’entra, Grillo è Grillo e comunque era spettacolo.

Spettacolo mica tanto e mica solo spettacolo.
M5S di Grillo ovunque si oppone ai vaccini prima di entrare a scuola e sul blog (oltre che in Parlamento)
è pieno di riferimenti come fosse certezza sul legame tra vaccini ed autismo, tumori, mutazioni genetiche, leucemia…
E’ pieno sul blog e sulle proposte di legge in Parlamento di comari orecchianti che si fanno dottori in medicina e consigliano di astenersi dai vaccini perché fanno male.
 
Le comari più saccenti aggiungono: servono solo a far fare soldi alle case farmaceutiche.

Poi vai a vedere (ma vuoi davvero andare a vedere?) e vedi che il fatturato di tutti (tutti!)
i vaccini in Italia è per le case farmaceutiche di 300 milioni mentre è di 1.700 milioni per una patologia (epatite C) per la quale non c’è vaccino.

Poi vai a vedere (ma vuoi davvero andare a vedere?) e vedi che ancora oggi sul pianeta i vaccini salvano milioni di vite
(oltre a probabilmente la tua o di un tuo zio, nonno o parente che altrimenti non sarebbe qui o non avrebbe vissuto tanto da essere un tuo avo).

Le comari più violente in comunione di spirito e intenti con il giornalismo più incosciente hanno in Italia “incriminato”
per diffusione virus a fini commerciali la scienziata che ha gratuitamente regalato al mondo la sua scoperta sul virus dell’aviaria.

La vergogna per il calvario inflitto a Ilaria Capua è così grande per il paese tutto che si tenta di far finta di nulla.
Di disdoro si è coperta la magistratura che ci ha messo anni per mettere mano e scoprire l’evidenza: accusa inconsistente.
E la stampa che ha inzuppato il pane con mano e penna ignorante.

E il Parlamento che ha isolato la scienziata come pericolosa e appestata aliena.

Ilaria Capua se n’è andata negli Usa.

Da noi restano le comari ignoranti e saccenti e i dottori in risata che sconsigliano i “virusini”.
E la gente ride, sorride e tiene lontani i figli dai vaccini.

Fino a che non arriva una meningite e allora lo stesso popolo, la stessa gente chiede, vuole, esige: “Vaccini!”.
 
Nella sanità pubblica il 12% dei dipendenti esentato da alcune mansioni per le quali è stato assunto.
A Palermo 270 netturbini con il certificato per non spazzare.

COSA dobbiamo pensare quando a Palermo 270 netturbini hanno potuto esibire un certificato medico che vieta loro di spazzare le strade;

quando in Calabria oltre la metà del personale sanitario riesce a farsi trasferire dietro una scrivania e il 50 per cento dei dipendenti della protezione civile lavora al centralino;

quando a Como gli operai assunti dal Comune diventano di colpo impiegati;

quando a Pescara 50 infermieri e operatori socio-sanitari svolgono mansioni solo amministrative;

quando a Firenze il 40 per cento dei vigili urbani passa più tempo in ufficio che in strada?
 
Ecco a voi l'Italia degli imboscati. Sbaglierebbe chi volesse vedere in questo fenomeno comportamenti palesemente illegittimi.
Non stiamo parlando dei furbetti che timbrano e se ne vanno a spasso, degli assenteisti cronici, o di altri piccoli truffatori del pubblico impiego.

Stiamo raccontando una storia di formale legalità, non per questo meno scandalosa:
la storia di chi, soprattutto nel settore pubblico, riesce senza fondate motivazioni a evitare, per "inidoneità parziale" o per abuso della legge 104,
il lavoro per il quale è stato assunto (un lavoro spesso duro, faticoso, delicato) facendosi trasferire tra le scartoffie di un ufficio, lontano dalla strada, lontano dai cittadini.

Una premessa è d'obbligo: andare incontro a malattie o infortuni parzialmente invalidanti o dover assistere parenti disabili sono sacrosante
e indiscutibili ragioni per cambiare mansione, per evitare i lavori più gravosi, o più semplicemente per avere permessi e congedi.

Ma qui stiamo parlando dell'abuso che si fa di questi diritti, grazie a migliaia di sconsiderate autorizzazioni rilasciate dalle commissioni mediche.
La conseguenza è doppia: si creano vuoti preoccupanti nei lavori più richiesti (dagli infermieri ai vigili urbani)
caricando un peso sempre più insostenibile sulle spalle di chi nel pubblico impiego dà l'anima tutti i giorni;
e si penalizza chi tra i lavoratori avrebbe veramente bisogno di assistenza.
 
I ruoli vietati. Che il 12% dei dipendenti della sanità pubblica, circa 80 mila persone, per lo più donne -
è riuscito a farsi riconoscere una serie di limitazioni alla propria idoneità lavorativa, con punte del 24% tra gli operatori socio-sanitari, seguiti dal 15% degli infermieri.
La metà di quegli 80 mila - dice una ricerca a campione targata Cergas-Bocconi -
ha diritto a non sollevare i pazienti e a non trasportare carichi troppo pesanti (un lavoro burocraticamente chiamato "movimentazione di carichi e pazienti").
Un altro 13 per cento non può lavorare in piedi, il 12 non lo può fare di notte.
Il resto viene esentato da una lunghissima serie di operazioni: essere esposti a videoterminali,
a rischi biologici, chimici e allergie, stare a contatto con i pazienti, fare lavori che producono stress, operare in taluni reparti, e così via.
Certo, lavorare in una corsia di ospedale può sicuramente creare problemi anche gravi,
e tuttavia è difficile considerare normali percentuali di lavoratori "inidonei" che toccano e superano in qualche caso il 25 per cento.
Anche perché in settori privati ugualmente pericolosi (se non di più) non c'è la stessa possibilità di vedersi alleggerire il proprio carico di lavoro.

I record del Sud. E' soprattutto al Sud che l'esercito degli "inidonei" si infittisce in misura anomala.
Nell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, su 1.178 dipendenti, 652 (oltre la metà) lavorano a regime ridotto.
Ottanta psicologi della sanità regionale - come più volte denunciato dal commissario straordinario Massimo Scura, invece di aiutare i pazienti, sono finiti negli uffici amministrativi.
Tutto in Calabria sembra funzionare al contrario: più di cento medici lavorano nel reparto prevenzione, dove ne servirebbero meno della metà,
e rimangono invece scoperti screening oncologici e assistenza domiciliare.

Ma gli imboscati non sono solo nella sanità.
Un terzo dei vigili urbani di Napoli ottenne tempo fa certificati medici che consentivano loro di evitare la strada.
Qualcuno non poteva guidare l'auto di servizio, qualcun altro neppure rispondere al telefono o stare più di pochi minuti al computer.

I veri e finti disabili. A Palermo sono tuttora circa 400 gli "inidonei temporanei", tra autisti che non possono guidare,
netturbini che non possono spazzare le strade, giardinieri che diventano improvvisamente portieri
A Milano 4 dei 5 ispettori della società comunale Sogemi, che avrebbero dovuto controllare l'Ortomercato
fra le tre di notte e le otto del mattino, hanno rapidamente ottenuto l'inidoneità al lavoro notturno.
 
Ma c'è un altro strumento (di per sé sacrosanto) di cui si è fatto e si sta facendo un abuso che supera i livelli di guardia.

Ed è la legge 104, una grande legge di civiltà, perché offre una serie di benefici ai lavoratori disabili gravi,
o ai genitori, coniugi, parenti e affini entro il terzo grado di familiari disabili gravi.

Oltre ai tre giorni di permessi retribuiti al mese per l'assistenza, la legge dà loro il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio,
di rifiutare eventuali trasferimenti, eventuali lavori notturni e in alcuni casi anche lavori domenicali e festivi.
Per le stesse categorie scatta anche il congedo straordinario retribuito di due anni.

Tutto molto giusto, se non fosse che anche in questo caso c'è chi se ne approfitta.
Sono i "furbetti della 104", che accertamenti medici quanto meno superficiali hanno inserito e continuano a inserire tra i disabili gravi meritevoli di assistenza.

I congedi e benefici. Prima anomalia: negli ultimi cinque anni - dice l'Inps - gli accessi alla legge, per la propria disabilità e per quella dei familiari,
sono cresciuti rispettivamente del 22,5 e del 34 per cento.

Seconda anomalia: Nel pubblico impiego - ancora dati Inps - i beneficiari della 104 e dei congedi straordinari sono 440 mila, ossia il 13,5 per cento di tutti i dipendenti,
mentre nel settore privato sono appena il 3,3 per cento.
Certo, in qualche misura può pesare il fatto che un dipendente privato, per timore di perdere il posto, sia meno propenso a chiedere quei permessi.
Ma questo non basta a spiegare una differenza così macroscopica.

Quando un anno fa si scoprì che nella scuola Santi Bivona di Menfi, un paese dell'agrigentino,
addirittura il 41% dei docenti (settanta su centosettanta) usufruiva della legge 104,
il ministero dell'istruzione fece partire un'inchiesta in tutta Italia.

Risultati anche qui inquietanti, e questa volta a toccare i record negativi troviamo insieme al Mezzogiorno anche il Centro Italia.
Così, mentre la Sardegna è in testa per docenti di ruolo disabili gravi o parenti di disabili (il 18,3 per cento),
all'Umbria va il primato del personale non docente che beneficia della legge: il 26,3 per cento.
Si posiziona bene anche il Lazio, con il 16 e con il 24,8 per cento.
In Veneto, Piemonte e Toscana, al contrario, troviamo il minor numero di beneficiari.
 

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