NON SMETTERE DI SOGNARE GIUSTO PERCHE' UNA VOLTA HAI AVUTO UN INCUBO

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L’investimento in Borsa si basa sulla previsione dei fatti, è così che si fanno i soldi veri.

La Borsa di Milano ha chiuso con un interessantissimo risultato per Atlantia, la società che controlla Autostrade per L’italia SpA, un +5,91%
!

Appare evidente che gli investitori hanno il terrore, letteralmente, o della cancellazione delle concessioni a causa del crollo del Ponte Morandi, o della cosiddetta revisione delle stesse.
Sono così terrorizzati che sono corsi a comprare il titoli.

Scommettiamo un caffè che l’unica cosa che otterrà Atlantia saranno nuovi lauti appalti dal ministero della De Micheli?
La giustizia per il ponte Morandi può aspettare.

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Paul Krugman, il noto economista premio Nobel, entra nella crisi Argentina,
dandoci lo spunto per alcune osservazioni che potrebbero tranquillamente essere trasposte in qualsiasi parte del mondo.

Iniziamo postando un suo tweet e ve traduciamo e commentiamo:
Piangendo per l’Argentina: sto cercando di capire il disastro ed ho un primo abbozzo di storia.
Da quello che ho capito quando ha preso il potere Macrì aveva già un problema di deficit gemelli:
di pagamenti verso l’estero e di partite correnti, con un forte sbilancio delle partite correnti


Questo è vero: quando Macrì entrò al governo la situazione era già molto complessa.

Macrì scelse di risolverla affidandosi ai dogmi liberisti, e vediamo che dice Krugman :
“La risposta da libro di testo è il consolidamento fiscale con una svalutazione valutaria,
così che le esportazioni nette possano compensare la caduta della domanda interna.
Però Macrì sia non ha potuto o voluto prendere l’occasione, non desideroso di di tagliare il bilancio in modo sostanzios
o”

Certo poteva tagliare di più, ma il suo lavoro ha cercato di farlo.
Sappiamo del taglio ai sussidi elettrici, ma nel 2018 Macrì, per incassare dove poteva, aumentò anche le tasse sull’export.
Quindi il poco vantaggio che avrebbe potuto avere dalla svalutazione, che comunque è poco utile per il sistema economico argentino,
basato su export di beni primari non influenzabili dalla svalutazione nel breve, se lo è mangiato con le tasse sull’export.
Del resto se le aziende interne non guadagnano, come posso tassarle?

La “Cura da Libro di testo” poi non avrebbe funzionato, tranne che Krugman non desiderasse una rivoluzione a mano armata:
infatti da un lato una politica di austerità avrebbe fatto scendere il potere di acquisto dei cittadini, dall’altro il maggior costo dei prodotti d’importazione,
nel breve, avrebbe aumentato l’inflazione ed ulteriormente fatto calare la capacità di acquisto a breve della popolazione.
Infatti il problema è che l’industria argentina non è sufficientemente sviluppata da potersi avvantaggiare della svalutazione che, invece, viene solo a far sentire il proprio effetto sull’inflazione:

I cinque maggiori export argentini:

Foraggio a base di soia

Mais

Soia

Oro

Grano

Capite che con un’export di questo genere anche un vantaggio svalutativo è inutile,
perchè non apro una miniera d’oro in un giorno, o non raddoppio la produzione di soia , mai o grano in sei mesi.

Quindi la cura dei libri di testo è inutile perchè la svalutazione impiegherà troppo tempo a riequilibrare la bilancia commerciale,
e lo farà quasi esclusivamente riducendo l’import di prodotti, quindi impoverendo i cittadini, colpiti anche dall’austerità.

Secondo Krugman questo non ha fatto svalutare il peso a sufficienza, in aggiunta al fatto che il debito era in dollari quindi, in caso di svalutazione , sarebbe aumentato.
In realtà più che Macrì, è stato il mercato che lo ha svalutato, quando ormai la sua strategia era al limite.



Il problema è che Macrì, come giustamente dice Krugman, invece che raccogliere debito in dollari,
avrebbe docuto fare default il primo giorno, convertendo il debito in Pesos ed a quel punto, svalutare.
Allora non avresti potuto avere dei grossi vantaggi dalla svalutazione anche nella politica di bilancio,
potendo effettivamente controllare debito ed interessi in collaborazione con la Banca Centrale.
La mossa opposta dell’euforico Macrì, che ha sguinzagliato i suoi uomini a raccogliere dollari,
non ha fatto altro che caricare il paese di un fardello di debito in valuta, che lo porterà al default, nuovamente.

Il problema è semplice:
se in un paese come l’Argentina svaluti non puoi stringere con un’austerità troppo stretta, perchè i cittadini si trovano già a fare austerità,
a causa delle restrizioni reddituali per l’inflazione importata.

Cercare di risanare la spesa pubblica ed anche svalutare la valuta significa condannarsi politicamente alla morte, come Macrì.
L’economia è una scienza, ma intrecciata strettamente con la politica e con il sociale, e la vita degli uomini non è una variabile indipendente.
 
Si confermano i sospetti iniziali e la Grace 1 – Adrian Darya si sta dirigendo a nord del Libano, probabilmente in Siria,
dopo aver spento i transponder ed essere diventata invisibile alla geolocalizzazione.

Ricordiamo che questa nave, battente bandiera iraniana, era stata sequestrata dal Regno Unito
e portata a Gibilterra perchè sospettata di trasportare 2,1 milioni di barile di petrolio in Siria in violazione dell’embrargo internazionale.

Successivamente la nave venne liberata da un ordine del tribunale locale e, dopo aver fatto rotta per la Grecia prima,
la Turchia poi, e quindi il Libano ora getta la maschera e , prima di scomparire, si dirige verso la Siria.

Abbiamo controllato e dalle 15.53 il segnale non è più riapparso, per cui appare probabile che ormai la nave abbia fatto rotta verso la costa siriana.

Il Dipartimento di Stato USA ha emesso un ordine di sequestro in qualsiasi porto, ma, ovviamente,quest’ordine non sarà eseguito in Siria.

Quindi ha sbagliato il tribunale di Gibilterra che ha rilasciato la nave.

Così finisce una vicenda che ha provocato notevoli turbamenti internazionali,
ha minacciato indirettamente di bloccare il traffico commerciale nel Golfo Persico
ed ha portato al sequestro di una nave inglese, la Stena Impero, che speriamo ora venga rilasciata.

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Negli ultimi mesi di presidenza di Mario Draghi si sta scaldando una vera a propria guerra fra colombe e falchi all’interno della BCE.

I primi vogliono una politica monetaria espansiva, un rinnovo del QE o un ribasso dei tassi,
mentre i secondi affermano che questa non è necessaria, o non è utile.

I falchi sono ovviamente i governatori delle banche centrali olandesi e tedesca,
che più volte hanno tuonato contro la non necessità di abbassare i tassi e di una politica monetaria più morbida.

A questi si è unito anche il governatore della Banca Centrale estone che normalmente conterebbe quanto quella di una banca popolare media italiana,
ma che, invece, alla fine conta come il governatore della Banca d’Italia.

Madis Muller ha affermato che nella riunione del prossimo 12 settembre si ,la BCE dovrebbe ribassare i tassi,
ma “the ECB can’t be hostage to market expectations” , la BCE non può essere ostaggio delle aspettative del mercato,
il che è abbastanza ridicolo, perchè è quello che le banche centrali, FED e BCE in testa , fanno.

Del resto il fatto che i titoli tedeschi rendano il -0,71% è proprio figlio delle attese di mercato ulteriormente ribassiste sui titoli, mica di un cupio dissolvi degli investitori.

Nella stessa intervista a Bloomberg Madis Muller ha affermato che non c’è recessione e che non c’è deflazione, esattamente come afferma Jens Wiedmann.

C’è da chiedersi allora perchè tutti si attendano un ribasso dei tassi, oppure perchè il PIL tedesco sia negativo, oppure perchè i livelli di inflazione Core siano sotto 1% e di crescita allo 0,2%.



E qui la crescita



Evidentemente intendono la deflazione “In senso stretto”, cioè al di sotto dello zero,
solo che quando questo accadrà sarà troppo tardi per qualsiasi stimolo monetario.

In questa situazione, che obbligherà Draghi a mediare la propria posizione nelle ultime fasi del proprio mandato,
e centrale sarà la posizione del governatore della Banque de France Francois Villeroy de Galhau,
responsabile della politica e con una posizione intermedia fra falchi e colombe.

Le aspettative del mercato sono per un taglio di 16 pb, con la possibilità di un ulteriore taglio fino ai 40 pb in seguito
ed eventualmente una ripresa del QE con innalzamento del limite di acquisto.

Proprio queste seconde parti sono in gioco, nella lotta fra falchi e colombe
 
Io insisto.

«Scrivo da Dorio, a valle di un’oasi di ripopolamento dentro un territorio fragile per l’abbandono dilagante
e la presenza soprannumeraria di ungulati tra cui i cinghiali, esclusi dal piano regionale ma di fatto una presenza fuori controllo.
I suidi scendono in prossimità del centro abitato, tra le case, arrecando danni ad orti e giardini, e transitano sul “Sentiero del Viandante”,
antica via di comunicazione e frequentatissimo percorso panoramico al limite del bosco, come sulla Sp 72.
Il nostro piccolo comune si distingue per particolarità ambientale ed amenità del paesaggio.
Penso che questa eccessiva presenza non faccia bene a nessuno degli attori pubblici che speculano sulla bellezza del paesaggio ed ai politici».

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Et Voilà parte terza.
Così siamo inchiappettati per un bel po' di anni.
Ci voleva proprio uno così - con i cojoni grandi come un acino d'uva - per difendere gli interessi degli Italiani.....quelli veri.

Alle 10 di questa mattina, premier e i suoi ministri hanno giurato nel Salone delle Feste del Quirinale davanti al Presidente della Repubblica.

Stasera, invece, ci sarà il primo Consiglio dei ministri con la comunicazione a Bruxelles che sarà Paolo Gentiloni il commissario italiano in Europa.
 
Ops.....chiamate le ONG, i buonisti, i pidioti, il papa .......

Il Sudafrica ha un problema con una parte della sua popolazione di colore.
E non si sta parlando del Sudafrica dell’apartheid, ma di quello attuale nato con la liberazione di Nelson Mandela.

Parte tutto nel maggio del 2008, quando nella township di Alexandra, periferia di Johannesburg,
gruppi di stranieri vengono circondati e malmenati da cittadini sudafricani.

Sembra un caso isolato, ma in realtà non lo è: dalla periferia della capitale economica del Paese,
pestaggi ed a volte anche linciaggi contro stranieri si diffondono nelle periferie delle altre metropoli sudafricane.

Alla fine di quell’anno, si contano 67 omicidi e centinaia di africani in fuga dal Sudafrica.
La stessa organizzazione dei mondiali viene messa in discussione per motivi di sicurezza, il governo è costretto a schierare l’esercito nelle strade.


Ma quello non è il primo caso.

L’insofferenza dei neri sudafricani verso persone di altre etnie africane si manifesta già nei primi anni post apartheid.
Fin quando si lotta contro il precedente sistema dominato politicamente dai sudafricani bianchi,
nelle periferie si convive tra cittadini africani provenienti da diversi Paesi.
Anzi, attratti anche da prospettive di lavoro difficilmente riscontrabili nel resto del continente, centinaia di africani si riversano in Sudafrica
per trovare un impiego e contestualmente dare manforte politica ai “fratelli” neri pro Mandela.

Finito l’apartheid, tensioni di natura etnica e sociale, provocate anche da un’economia sempre più debole e dall’emersione di maggiori disparità, esplodono fino a provocare veri e propri massacri.

Gli episodi delle ultime notti
Gli ultimi bilanci, come detto, parlano di sette vittime ma potrebbero essere molti più coloro che nelle ultime ore
sono rimasti coinvolti nei gravi episodi di violenza. Vetrine spaccate, automobili in fiamme, le township di Johannesburg e Pretoria
tornate ad essere vero e proprio campo di battaglia. Ma non solo. Le cronache delle ultime ore parlano anche di persone bruciate vive
 
Sui social gira un appello di un gruppo denominato “Sisonke Peoples Forum”,
che in poche ore fa il pieno di condivisioni e che invita i cittadini sudafricani a cacciare gli stranieri accusati di vendere droga e portare delinquenza.

La tensione è alle stelle ed è specchio dell’attuale situazione che vive il Sudafrica: economia allo sbando,
società disgregata che non riesce ad emergere dalle piaghe della corruzione e delle disuguaglianze,
un paese dunque quasi piegato su se stesso e senza sbocchi all’orizzonte.

E adesso c’è chi, tra i seguaci delle lotte di Mandela negli anni Ottanta e Novanta,
ammette amaramente che forse per i neri la situazione in Sudafrica era migliore durante il precedente regime.
 

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