Seat Pg, ultima chiamata dal giudice - Il Mondo
I legali della società di directory presentano il piano di concordato preventivo del gruppo. Che prevede il pagamento integrale per tutti i creditori privilegiati e una stangata per alcuni bondholder e le banche
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Milano, 30 giu - ll match finale tra Seat Pagine Gialle e l’agguerrito fronte di bondholder, banche e hedge fund si apre lunedì 1 luglio davanti al giudice Giovanna Dominici, presidente della sesta sezione civile del Tribunale di Torino. È l’epilogo di una battaglia decennale contro il debito che questa volta ha per posta la continuità aziendale. Ossia la sopravvivenza. Quel giorno i legali della società di directory (Roberto Sacchi, Carlo Pedersoli, Claudio Tatozzi, Mario Napoli) presenteranno il piano di concordato preventivo della holding Seat e della controllata Seat Italia sulla scorta del nuovo business plan preparato con l’ausilio di Kpmg advisory e asseverato da Riccardo Ranalli. In breve, verranno pagati integralmente tutti i crediti privilegiati (57 milioni i fornitori e 12 milioni Erario e Inps) sorti prima che scattasse a febbraio la protezione dai creditori con il cosiddetto concordato in bianco, una prima assoluta per una società quotata. Il sacrificio è invece ingente per i bondholder delle senior note emesse tre anni fa per 750 milioni, i portatori del cosiddetto stub-bond di 65 milioni e le banche del pool Rbs (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bnp Paribas, Mediobanca e moltre altre più gli hedge fund entrati sul secondario) esposte per 575 milioni sulla senior facility e 90 sulla revolving. In totale oltre 1,5 miliardi di crediti finanziari che hanno alcuni privilegi speciali (pegno sul 77,4% della tedesca Telegate e sui marchi del gruppo) attivabili però solo entro la capienza di quelle garanzie, più o meno 150 milioni. Ebbene, a questi creditori verrà proposto di convertire circa 1,1 miliardi in azioni Seat, pari a oltre il 90% del capitale post-concordato.
Non sarà una passeggiata visto che è richiesto il sì del 51% dei creditori allo swap, che vale due terzi del monte debiti. Nel migliore dei casi si voterà in autunno con la prospettiva di ottenere l’omologa entro l’anno, al termine di una procedura gestita da una terna di commissari giudiziali. Cambierà anche il profilo di business. Saranno cedute tutte le attività estere, a partire dalla Telegate quotata a Francoforte (directory assistance, è aperto un negoziato con previsione d’incasso di 110 milioni) e dalla Thomson, numero tre inglese delle directory. In Italia sarà ceduta la Cipi (gadget, promozioni) mentre verranno rilevate due piccole imprese: Glamoo nel e-couponing (numero tre dopo Groupon e Groupalia) e 77 Agency (siti web) per integrare l’offerta Seat a clienti e inserzionisti, oggi focalizzata sulle pmi con servizi online, telefono, mobile ed elenchi cartacei.
Come voteranno i creditori sul piano concordatario? Daranno battaglia per spuntare di più? Il presidente Guido De Vivo (una lunga stagione in Mittel e poi in Progressio), l’ad Vincenzo Santelia (manager di scuola Bain, esperto di media e consumer good) e tutto il nuovo cda insediato a fine ottobre sono certi che il concordato è l’unica strada possibile. E anche la migliore per tutti gli stakeholder (Seat Italia ha tra l’altro 1.100 dipendenti e una rete di 1.200 agenti), gli azionisti e gli stessi creditori i cui titoli trattano sul secondario con uno sconto del 70%. Le alternative sarebbero o il fallimento (secondo stime l’attivo destinabile al rimborso dei creditori non supera 130 milioni) o un estenuante negoziato per ristrutturare i debiti. Una strada già battuta dal precedente cda, costata 18 mesi di braccio di ferro e un conto finale di 90 milioni tra consent fee riconosciuta ai creditori e compensi a uno stuolo di advisor e studi legali.
Già a settembre, quando l’accordo si è perfezionato con il taglio di 1,3 miliardi di debiti, grazie alla conversione delle obbligazioni Lighthouse in capitale, era evidente che la cura non avrebbe funzionato. I ricavi hanno retto per i primi due trimestri 2012 (-3% e -4% grazie a sconti e rinnovi anticipati offerti ai clienti) per poi precipitare (-16% e -25%) con l’aggravarsi della congiuntura e i tagli alla spesa pubblicitaria. Basta dire che oggi Seat stima a fine anno 488 milioni di ricavi del perimetro core con 102 di ebitda, contro una previsione del vecchio piano di 728 e 320, rispettivamente. Sempre quest’anno, la società delle directory avrebbe dovuto pagare 200 milioni tra interessi passivi e rate capitale, ossia un importo ben più alto delle disponibilità cash che c’erano a gennaio (100 milioni) e del cash flow operativo stimato a budget (80 milioni ma solo metà disponibile per i creditori). Numeri drammatici se confrontati con quelli di tre anni fa, quando Seat viaggiava sui 400 milioni di ebitda, ma comunque in grado di pagare tutti costi del business e gli investimenti per lo sviluppo nell’online. Purché i debiti siano tagliati a un livello sostenibile con le azioni offerte in contropartita.
Del resto la continuità aziendale è l’unico presidio per banche e bondholder, visti i valori ormai irragionevoli a cui erano iscritti il goodwill (1,4 miliardi) e le altre poste immateriali (altri 600 milioni). Cifre uscite
dimezzate dall’impairment test (affidato al docente della Bocconi, Mauro Bini) che hanno convinto il board Seat a svalutare gli intangible per 1,1 miliardi vistando nella due giorni di consiglio del 27 e 28 giugno un bilancio 2012 con perdite record.