Oggi ho lo spleen esitenziale

Lo Spleen si esprime attraverso la descrizione degli effetti dell'angoscia di vivere, dell'angoscia esistenziale. Effetti tremendi, oppressivi...

Forse, descrivendoceli e facendoli, così, emergere, ti libereresti del tuo spleen...

Se, invece, l'angoscia che percepisci, ti induce a riflettere sulla condizione umana, non si tratta dello spleen decadente, ma di taedium vitae (di matrice leopardiana).

:-o

Allora, più spleen o taedium vitae?
 
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Il mio è spleen ... anche perché il tedium (taedium) vitae è il forum di Ignatius
con Leopardi sfondi una porta aperta, è stato il primo poeta che ho amato e mai più dimenticato
Ha detto già tutto sulla vita e le sue illusioni
 
Meglio per lui:-o


scherzo, io lo spleen ce l'ho, eccome

non ho niente da fare e ho passato i sessanta

ma quando lavoravo e avevo la giornata piena

lo spleen sarebbe stato impossibile

la mattina a portogruaro, la sera a lugano se volevo stare a casa

la mattina dopo a firenze ...semmai era jet lag


infatti ce l'aveva leopardi che era conte

o i maledetti che si facevano di assenzio e scopavano le indigene
 
Ultima modifica di un moderatore:
Il mio è spleen ... anche perché il tedium (taedium) vitae è il forum di Ignatius
con Leopardi sfondi una porta aperta, è stato il primo poeta che ho amato e mai più dimenticato
Ha detto già tutto sulla vita e le sue illusioni

Potremmo fare un thread leopardiano....
Penso che ci sguazzerei volentieri.
:up:

Quando ho fatto l'orale alla maturità e sono stata interrogata in letteratura italiana ricordo bene che ero preparatissima su Leopardi, ma mi chiesero Carducci:wall::wall::wall::wall::wall:

:-x
 
Intanto, ecco O. Wilde

Taedium Vitae

Trafiggere la mia giovinezza con pugnali disperati, portare
La chiassosa livrea di questa età meschina,
Lasciare che ogni mano vile saccheggi il mio tesoro,
Immischiare la mia anima ai capelli di una donna,
E non essere che il lacchè della fortuna, - lo giuro,
Io non lo amo! Queste cose sono meno per me,
Meno della lanuggine di cardi sull'aria estiva
Che non ha seme: meglio stare in disparte
Lontano da questi calunniosi sciocchi che beffano la mia vita
Senza conoscermi, meglio il tetto più vile
Adatto a ospitare il più umile veltro,
Che tornare a quella rauca grotta di conflitti
Dove la mia bianca anima per la prima volta baciò la bocca del peccato
 
e Lucrezio, in un passo del "De rerum naturae"

Ognuno non sa quel che voglia e cerca sempre di mutar luogo, quasi potesse deporre il suo peso. […] Così ciascuno fugge sé stesso, ma quel suo io, naturalmente, come accade, non potendo sfuggire, malvolentieri gli resta attaccato e lo odia, perché è malato e non comprende la causa del male; […]
Infine, a trepidare tanto nei dubbiosi cimenti quale triste desiderio di vita con tanta forza ci costringe?[…]
Inoltre ci muoviamo nello stesso giro e vi rimaniamo sempre, né con il continuare a vivere si produce alcun nuovo piacere; ma, finché ciò che bramiamo è lontano, sembra che esso superi ogni altra cosa; poi, quando abbiamo ottenuto quello,altro bramiamo e un’eguale sete di vita sempre in noi avidi riarde.”
 
Pure Seneca, nel secondo capitolo del "De tranquillitate animi".

Tunc illos et paenitentia coepti tenet et incipiendi timor subrepitque illa animi iactatio non invenientis exitum, quia nec imperare cupiditatibus suis nec obsequi possunt, et cunctatio vitae parum se explicantis et inter destituta vota torpentis animi situs. Quae omnia graviora sunt, ubi odio infelicitatis operosae ad otium perfugerunt, ad secreta studia, quae pati non potest animus ad civilia erectus agendique cupidus et natura inquies, parum scilicet in se solaciorum habens; ideo detractis oblectationibus, quas ipsae occupationes discurrentibus praebent, domum, solitudinem, parietes non fert, invitus aspicit se sibi relictum. Hinc illud est taedium et displicentia sui et nusquam residentis animi volutatio et otii sui tristis atque aegra patientia, utique ubi causas fateri pudet et tormenta introrsus egit verecundia, in angusto inclusae cupiditates sine exitu se ipsae strangulant; inde maeror marcorque et ille fluctus mentis incertae, quam spes inchoatae suspensam habent, deploratae tristem; inde ille adfectus otium suum detestantium querentiumque nihil ipsos habere, quod agant et alienis incrementis inimicissima invidia: alit enim livorem infelix inertia et omnes destrui cupiunt, quia se non potuere provehere.

Conte, il solo fatto di aver riletto opere di tali personaggi, dovrebbe farti, secondo me, sentire meglio :)
Se non avessi avuto lo spleen, non avremmo parlato di Seneca, Lucrezio, Leopardi e Wilde :)
 
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