Ho scoperto di recente che anche Max Gazzè si è ispirato ai poeti per comporre le sue canzoni.
E in particolare, a Mallarmé.
Questa canzone
(testo:
Elemosina
Prenditi questa borsa mendicante
Tu accorto non l'hai toccata
Antico lattante a poppa avara
Per trarne goccia a goccia
Il tuo rintocco a morto
Cava tu dal metallo qualche colpa bizzarra
E vasta come noi la stringiamo sul cuore
Soffiaci che si torca
Un'ardente fanfara
Chiesa e incenso che tutte queste dimore sui muri
Quando culla un'azzurra chiarezza
Il tabacco in silenzio dilati
E le preghiere e l'oppio onnipossente ogni farmaco spezzi
Stracci e pelle vuoi tu buttare il cappottino
E ber nella saliva una felice inerzia
E nei caffè sontuosi attendere il mattino
I soffitti arricchiti di naiadi e veli
Si butta il mendicante di vetrina un festino
Quando esci vecchio dio
Tremante sotto I teli d'imballaggio
L'aurora è un lago di vino d'oro
E tu giuri di avere nella tua gola I cieli
Non avendo contato il lampo del tuo tesoro
Almeno puoi ornarti di una piuma
E a ricordo portare un cero al santo in cui tu credi ancora
Non pensare che io vaneggi in parole discordi
La terra si apre antica a chi muore di fame
Odio un'altra elemosina
Voglio che tu mi scordi fratello
E innanzitutto non comprare del pane)
è la traduzione assai fedele della poesia francese "Aumône"
Prends ce sac, Mendiant ! tu ne le cajolas
Sénile nourrisson d’une tétine avare
Afin de pièce à pièce en égoutter ton glas.
Tire du métal cher quelque péché bizarre
Et, vaste comme nous, les poings pleins, le baisons
Souffles-y qu’il se torde ! une ardente fanfare.
Eglise avec l’encens que toutes ces maisons
Sur les murs quand berceur d’une bleue éclaircie
Le tabac sans parler roule les oraisons,
Et l’opium puissant brise la pharmacie !
Robes et peau, veux-tu lacérer le satin
Et boire en la salive heureuse l’inertie,
Par les cafés princiers attendre le matin ?
Les plafonds enrichis de nymphes et de voiles,
On jette, au mendiant de la vitre, un festin.
Et quand tu sors, vieux dieu, grelottant sous tes toiles
D’emballage, l’aurore est un lac de vin d’or
Et tu jures avoir au gosier les étoiles !
Faute de supputer l’éclat de ton trésor,
Tu peux du moins t’orner d’une plume, à complies
Servir un cierge au saint en qui tu crois encor.
Ne t’imagine pas que je dis des folies.
La terre s’ouvre vieille à qui crève la faim.
Je hais une autre aumône et veux que tu m’oublies
Et surtout ne va pas, frère, acheter du pain.
(qui la traduzione della poesia, vedete che è praticamente identica al testo di Gazzè:
Elemosina
Prendi questa borsa, Mendicante!
Tu non l’hai carezzata
vecchio poppante a una mammella avara
per distillarne soldo a soldo il tuo
rintocco funebre.
Ma cava dall’amato
metallo qualche estroso
peccato e vasto come noi, quando a manciate
lo baciamo, e soffia, che si torca!
Un’ardente fanfara.
Tutte chiese
velate dall’incenso queste case
quando ai muri cullando una bluastra
fosforescente tacito il tabacco
svolge orazioni,
e l’oppio strapotente
sbaraglia i farmachi! Anche tu,
stracci e pelle, vuoi forse lacerare
la sete e bere con la tua saliva
un’inerzia felice,
nei caffè
principeschi attendere il mattino?
Soffitti sovraccarichi di ninfe
e veli; si getta al mendicante
oltre i vetri un festino.
E quando esci
vecchio dio, tremando nel tuo sacco
d’imballaggio, l’aurora è come un lago
di vino d’oro e tu giuri d’avere
le stelle in gola!
Invece di contare
il luccicante tuo tesoro, almeno
potrai pavoneggiarti di una piuma,
accendere a completa al santo in cui
ancora credi, un certo.
Non pensate che io
dica follie: vecchi la terra s’apre
a chi crepa di fame. Odio un’altra
elemosina e voglio che mi scordi.
Soprattutto, fratello, non andare
a comprarti del pane.)