Musica e poesia

Questa ieri l'ha eseguita Guerritore. Ma esistono pochissimi video dello spettacolo così come lo portano in scena da qualche anno

 
Da "A casa tutto bene" di Brunori Sas, "Diego e io", una lettera da Frida Kahlo a Diego Rivera immaginata dagli autori dopo aver ben studiato le poesie e le opere d'arte della famosa messicana.


Due incidenti ho avuto nella vita, uno sei tu
Nonostante questo io ti amo
Io ti amo più di ogni altra cosa, anche di me
Che sono la tua bimba di cristallo
Nonostante le tue amanti, le mie amanti che
Lo sappiamo bene erano un gioco
Ma se bevi il sangue del mio sangue, allora no
Questo gioco non te lo perdono
Ma sì che ti perdono
Anche se lo so che tanto poi cadrai di nuovo
E sì che tu sei un uomo
Io lo so bene
E volano i pavoni
Sembrano aeroplani contro le finestre
Siamo il mostro e la bambina
Il trionfo e la rovina, noi
Brucia la mia carne senza te
La mia saliva, il mio sudore
Brucia questa nostra casa azzurra
Brucia il mio corpo per amore, uuh
Santa Marta prendi quello che resta di me
Questo corpo ormai non mi appartiene
Questo letto, questo specchio ormai rifletterà
Sulla tela solo il mio dolore
Che ho provato ad annegare in un fiume di Mezcal
Ma il dolore sai, non sa nuotare
Braccia forti che purtroppo non ho avuto mai
Per tenerti e non lasciarti andare
Ma va, dove ti pare
Tanto prima o poi
Lo so che tornerai a bussare
Sì, che questo è amore
Puoi dirlo bene
E volano i pavoni
Sembrano aeroplani contro le finestre
Siamo il mostro e la bambina
Il trionfo e la rovina, noi
Brucia la mia carne senza te
La mia saliva, il mio sudore
Brucia questa nostra casa azzurra
Brucia il mio corpo per amore
 
Un autentico sfoggio di erudizione :-o
Ho scoperto che una canzone di Mina deriva da una canzone spagnola di Juan Manuel Serrat cge a sua volta aveva preso e messo in musica questa poesia di Machado

Balada de otoño

Llueve,
detrás de los cristales, llueve y llueve
sobre los chopos medio deshojados,
sobre los pardos tejados,
sobre los campos, llueve.

Pintaron de gris el cielo
y el suelo se fue abrigando con hojas,
se fue vistiendo de otoño.
La tarde que se adormece
parece un niño que el viento mece
con su balada en otoño.

Una balada en otoño,
un canto triste de melancolía,
que nace al morir el día.
Una balada en otoño,
a veces como un murmullo,
y a veces como un lamento
y a veces viento.

Llueve,
detrás de los cristales, llueve y llueve
sobre los chopos medio deshojados,
sobre los pardos tejados
sobre los campos, llueve.

Te podría contar
que esta quemándose mi último leño en el hogar,
que soy muy pobre hoy,
que por una sonrisa doy
todo lo que soy,
porque estoy solo
y tengo miedo.

Si tú fueras capaz
de ver los ojos tristes de una lámpara y hablar
con esa porcelana que descubrí ayer
y que por un momento se ha vuelto mujer.

Llueve,
detrás de los cristales, llueve y llueve
sobre los chopos medio deshojados…
Entonces, olvidando
mi mañana y tu pasado
volverías a mi lado.

Se va la tarde y me deja
la queja
que mañana será vieja,
de una balada en otoño.

Ecco la canzone di Serrat


E quella di Mina

 
Per qualcosa di completamente diverso, volevo condividere questa, è the rime of the ancient mariner di Coleridge in una versione diciamo più agguerrita...

 
Sally... tutta una poesia.
Faber, come manchi :'(
Le prime strofe del brano e l'ultima attingono ad una filastrocca britannica:

«My mother said that I never should
Play with the gypsies in the wood,
The wood was dark; the grass was green;
In came Sally with a tambourine.

I went to the sea - no ship to get across;
I paid ten shillings for a blind white horse;
I up on his back and was off in a crack,
Sally, tell my mother I shall never come back.»

mentre le successive, che presentano i personaggi di Pilar e del Re dei Topi, si ispirano rispettivamente a Cent'anni di solitudine di G. G. Márquez di cui Pilar è uno dei personaggi femminili, e a El topo di Alejandro Jorodowsky

 
Francis Turner

Non potevo correre né giocare
quand’ero ragazzo.
Quando fui uomo, potei solo sorseggiare alla coppa,
non bere –
perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Eppure giaccio qui
blandito da un segreto che solo Mary conosce:
c’è un giardino di acacie,
di catalpe e di pergole addolcite da viti –
là, in quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary –
mentre la baciavo con l’anima sulle labbra,
d’un tratto questa mi fuggì».

(Antologia di “Spoon River” – Edgar Lee Masters)

"Ma che la baciai questo si lo ricordo, con il cuore ormai sulle labbra".

Dentro i capolavori liberamente ispirati dall'antologia di Spoon River, De Andrè fa dire a uno dei suoi fantasmi una frase di una dolcezza struggente . Il malato di cuore si pone come alternativa all’invidia che aveva distrutto le vite del matto, del giudice e del blasfemo. Il malato di cuore racconta il tentativo di vivere come tutti gli altri, anche se poi "l'anima d'improvviso prese il volo". Il malato di cuore, dalla sua tomba sopra la collina "per Dio" se lo ricorda quel bacio.

Che sconfinata bellezza.
 
(È la medesima realtà il vivo
e il morto, il desto e il dormiente,
il giovane e il vecchio:
questi infatti
mutando son quelli,
e quelli di nuovo [mutando] son questi.)

Con questi versi (Eraclito, frammento 88) in greco antico, recitati, si apre la canzone di Battiato "Di passaggio".

Un'altra frase, citata all'interno della canzone, sembra esplicitamente ripresa da Eraclito: "Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume"

Infine, cantata da Battiato con Antonella Ruggiero, un altra poesia greca (Callimaco)

(Dicendo Addio sole!
Cleombroto d'Ambracia
da un alto muro
si gettò nell'Ade:
non gli era capitato alcun male
degno di morte; aveva solo letto
uno scritto, quello di Platone sull'anima)
(Ep. XXIII)

Il testo tra le due poesie

Passano gli anni
i treni, i topi per le fogne
i pezzi in radio
le illusioni, le cicogne.

Passa la gioventù
non te ne fare un vanto
lo sai che tutto cambia
nulla si può fermare.

Cambiano i regni
le stagioni, i presidenti, le religioni
gli urlettini dei cantanti
e intanto passa ignaro
il vero senso della vita.

Si cambia amore, idea, umore
per noi che siamo solo di passaggio.

L’Informazione, il Coito, la Locomozione
Diametrali Delimitazioni
Settecentoventi Case
soffia la Verità
nel Libro della Formazione.

Passano gli alimenti
le voglie, i santi, i malcontenti
non ci si può bagnare
due volte nello stesso fiume
né prevedere i cambiamenti di costume.

E intanto passa ignaro
il vero senso della vita
ci cambiano capelli, denti e seni
a noi che siamo solo di passaggio.


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Ho scoperto di recente che anche Max Gazzè si è ispirato ai poeti per comporre le sue canzoni.
E in particolare, a Mallarmé.

Questa canzone

(testo:
Elemosina

Prenditi questa borsa mendicante
Tu accorto non l'hai toccata
Antico lattante a poppa avara
Per trarne goccia a goccia
Il tuo rintocco a morto
Cava tu dal metallo qualche colpa bizzarra
E vasta come noi la stringiamo sul cuore
Soffiaci che si torca
Un'ardente fanfara
Chiesa e incenso che tutte queste dimore sui muri
Quando culla un'azzurra chiarezza
Il tabacco in silenzio dilati
E le preghiere e l'oppio onnipossente ogni farmaco spezzi
Stracci e pelle vuoi tu buttare il cappottino
E ber nella saliva una felice inerzia
E nei caffè sontuosi attendere il mattino
I soffitti arricchiti di naiadi e veli
Si butta il mendicante di vetrina un festino
Quando esci vecchio dio
Tremante sotto I teli d'imballaggio
L'aurora è un lago di vino d'oro
E tu giuri di avere nella tua gola I cieli
Non avendo contato il lampo del tuo tesoro
Almeno puoi ornarti di una piuma
E a ricordo portare un cero al santo in cui tu credi ancora
Non pensare che io vaneggi in parole discordi
La terra si apre antica a chi muore di fame
Odio un'altra elemosina
Voglio che tu mi scordi fratello
E innanzitutto non comprare del pane)

è la traduzione assai fedele della poesia francese "Aumône"

Prends ce sac, Mendiant ! tu ne le cajolas
Sénile nourrisson d’une tétine avare
Afin de pièce à pièce en égoutter ton glas.
Tire du métal cher quelque péché bizarre
Et, vaste comme nous, les poings pleins, le baisons
Souffles-y qu’il se torde ! une ardente fanfare.
Eglise avec l’encens que toutes ces maisons
Sur les murs quand berceur d’une bleue éclaircie
Le tabac sans parler roule les oraisons,
Et l’opium puissant brise la pharmacie !
Robes et peau, veux-tu lacérer le satin
Et boire en la salive heureuse l’inertie,
Par les cafés princiers attendre le matin ?
Les plafonds enrichis de nymphes et de voiles,
On jette, au mendiant de la vitre, un festin.
Et quand tu sors, vieux dieu, grelottant sous tes toiles
D’emballage, l’aurore est un lac de vin d’or
Et tu jures avoir au gosier les étoiles !
Faute de supputer l’éclat de ton trésor,
Tu peux du moins t’orner d’une plume, à complies
Servir un cierge au saint en qui tu crois encor.
Ne t’imagine pas que je dis des folies.
La terre s’ouvre vieille à qui crève la faim.
Je hais une autre aumône et veux que tu m’oublies
Et surtout ne va pas, frère, acheter du pain.

(qui la traduzione della poesia, vedete che è praticamente identica al testo di Gazzè:

Elemosina

Prendi questa borsa, Mendicante!
Tu non l’hai carezzata
vecchio poppante a una mammella avara
per distillarne soldo a soldo il tuo
rintocco funebre.

Ma cava dall’amato
metallo qualche estroso
peccato e vasto come noi, quando a manciate
lo baciamo, e soffia, che si torca!
Un’ardente fanfara.

Tutte chiese
velate dall’incenso queste case
quando ai muri cullando una bluastra
fosforescente tacito il tabacco
svolge orazioni,
e l’oppio strapotente
sbaraglia i farmachi! Anche tu,
stracci e pelle, vuoi forse lacerare
la sete e bere con la tua saliva
un’inerzia felice,
nei caffè
principeschi attendere il mattino?

Soffitti sovraccarichi di ninfe
e veli; si getta al mendicante
oltre i vetri un festino.

E quando esci
vecchio dio, tremando nel tuo sacco
d’imballaggio, l’aurora è come un lago
di vino d’oro e tu giuri d’avere
le stelle in gola!

Invece di contare
il luccicante tuo tesoro, almeno
potrai pavoneggiarti di una piuma,
accendere a completa al santo in cui
ancora credi, un certo.

Non pensate che io
dica follie: vecchi la terra s’apre
a chi crepa di fame. Odio un’altra
elemosina e voglio che mi scordi.

Soprattutto, fratello, non andare
a comprarti del pane.)
 

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