E’ un driver di mercato ormai conosciuto ai più, quello secondo il quale a debolezza del dollaro americano corrispondono prezzi in rialzo per piazze azionarie e commodities.
Se per la seconda asset class citata, la correlazione inversa è naturale, per le borse il paradigma è meno chiaro.
Il cambio euro dollaro sale, mostrando nuovi massimi quasi quotidianamente, e così fanno anche le piazze azionarie di ogni continente.
Oggi il cambio ha superato quota 1,4750, e coerentemente gli altri cambi contro dollaro hanno rivisto i recenti livelli.
C’è un forte ipervenduto tecnico, che caratterizza la divisa USA, e i cosiddetti longer sono percentualmente e storicamente a livelli minimi.
A parte il fatto che spesso, queste sono le premesse per un’inversione, vogliamo oggi riflettere sulla bontà di tale intermarket.
Siamo certi che un crollo del dollaro sia salutare e favorevole per una crescita sana dei mercati internazionali?
Noi crediamo fortemente che non sia così e soprattutto, siamo certi che il recente declino del dollaro abbia infastidito i grossi detentori di asset denominati in valuta americana (cinesi,giapponesi,arabi) e le autorità USA stesse.
In aggiunta a ciò, la locomotiva dell’export europeo, vale a dire la Germania, che si appresta nervosamente ad andare a votare, trova sbocchi commerciali ridotti a causa del super euro.
In sostanza, questi livelli di cambio non sono adatti ad un’economia mondiale fragile come quella attuale.
L’imminente meeting del G20, programmato per fine mese proprio in territorio statunitense, prevederà verosimilmente un capitolo dedicato al panorama valutario.
Attendiamo segnali grafici per pensare a posizioni pro dollaro, visto che per ora queste sarebbero totalmente contro trend e quindi pericolose, ma crediamo che un certo ridimensionamento dei tassi di cambio tra euro/dollaro.