La consapevolezza è pensiero? Serve la consapevolezza di possedere una sufficiente comprensione della realtà. Se prendo un arco in mano io non faccio mai centro per una semplicissima ragione: non sono capace. Nessuna forma di concentrazione potrà supplire alla mia incapacità.
Diceva un signore che abitava difronte all'Inghilterra, penso dunque sono.
Venne smontato.
Perché?
Perché si basava sull'evidenza, prima dei sensi. Disse che i sensi sono ingannevoli.
Perché?
Perché dipendono dalla coscienza.
Dunque giunse alla conclusione che è la coscienza il percettore della realtà. E dunque della verità.
Ma poi venne un signore e disse: la realtà è interna o esterna al soggetto che la percepisce?
E mise in crisi il costrutto.
Al punto tale che si afflosciò.
Il gesuita non seppe rispondere. Era ancorato alla nozione di materia come estensione. Non era in grado di percepire il vuoto come assenza.
Per forza. Era un gesuita. E all'epoca Dio non poteva assolutamente essere concepito come "assenza-di".
E crollo.
I suoi successori recuperarono le lezioni platoniche, unitamente ad una certa influenza del pensiero orientale (induista).
E l'"assenza" divenne possibile.
Ma la consapevolezza come pensiero non si riuscì più a tenerla.
Certo. Consapevolezza e Coscienza sarebbero due terminologie diverse. Ma nn scendiamo troppo sul dettaglio.
Quindi, la consapevolezza\coscienza non è in grado "da sé" di fare quella affermazione: "se prendo un arco in mano io non faccio mai centro per una semplicissima ragione: non sono capace".
Non ne ha le prove.
Nel momento in cui possedesse delle "evidenze" (ovvero hai provato e non centri il bersaglio" ancora non è in grado di determinare come vera l'assunto) non è ancora in grado di determinale come vere poiché, come è stato "dimostrato", essa si basa su una realtà esterna che da per esistente (la materia è "pieno"\estensione ovunque, compito della coscienza svelarla...era ad un passo dalla soluzione ma si è fermato prima).
Un coscienza\consapevolezza che non è in grado di conpire l'assenza\presenza non è in grado di confermare\confutare le sue asserzioni.
E quindi, difronte ad esse, non può trovarne le evidenze.
In potenza tu puoi centrare il bersaglio
ma la tua coscienza\consapevolezza, basandosi su asserti non dimostrabili quindi in potenza falsi, si convince dell'incontrario
risultato tu non centri il bersaglio.
E' l'inizio della catena ideativa che non va
le premesse sono sbagliate
e, di conseguenza, le conclusioni.
L'affermazione giusta è
"io non so se sono in grado di centrare il bersaglio", prima di tirare
"io non so se sarò in grado di centrare il bersaglio", dopo aver tirato
sbagliando il centro
"io sarò in grado di centrare il bersaglio"
"io sono in grado di centrare il bersaglio"
la prima è una nozione del passato, frutto della catena associativa
la seconda è ancora una nozione del passato, frutto dell'esperienza passata
la terza è ancora frutto del passato poiché è una reazione alla seconda
la quarta è scevra dal passato e dal futuro.
A patto che non la formuli sulla evidenza dei tiri riusciti in passato.
Se la formuli così allora fai rientrare il passato, e rimetti in gioco minimo la terza, e dopo la seconda.