La croce attraversa i tempi. E' dunque un simbolo.
Un simbolo, con le parole di Aristotele, è un motore immoto. Una contraddizione in termini? Un paradosso? No.
E' una chiave per aprire una porta che getta luce sul presente.
Il simbolo è vivo e trasformatore.
Gesù viene rappresentato sulla croce. Due assi di legno diventano simbolo della sofferenza. Da allora, ad esempio, per raffigurare al meglio la sofferenza e la fatica della vita in cui siamo tutti immersi siamo soliti dire "mi porto la croce"; "ognuno ha la sue crore", "che croce questo lavoro"...ect..
Cioè la nostra mente è in grado di raffigurarsi una sofferenza massima solo recuperando l'immagine della croce.
Ma se è simbolo allora la croce andrà oltre. Così significherà al contempo che correre dietro alle voluttà della società contemporanea potrebbe non essere un comportamento saggio dal momento che disconosce la croce che è noi, ovvero il lato della sofferenza che il vivere comporta: posso mangiare una pasta alla crema ma se ne mangio 10 sto male e se ne mangio 100 rischio anche di morire.
La pasta è della natura della felicità oppure no?
Così la croce è un simbolo che mi permette di leggere il mio presente poiché mi prepara alle difficoltà che inevitabilmente la vita mi porrà davanti.