OT: Topic del cazzeggio (1 Viewer)

giorgio225

Audentes fortuna iuvat! (almeno si spera)
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l'assicuratore è diventato possibilista
e facciamogli un favore a 'sto poveraccio di mariolino...
 

Fabrib

Forumer storico
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I convertiti della Lega vengono giù per via degli Uffici del Vicario, uno avanti e l’altro dietro.
Ogni conversione di solito scatena tormento, dubbio, ansia da martirio. Ma su questi due ha sortito l’effetto del Lexotan, almeno 20 gocce.
Rilassati, positivi, di ottimo umore.
Dopo aver odiato l’euro e la Bce, aver scritto e detto cose terrificanti sull’Unione Europea, i due economisti adesso camminano in completa letizia verso Mario Draghi.
Quello basso (Claudio Borghi): eccolo che arriva davanti alle telecamerine, ai microfoni, il sospiro e lo sguardo di uno che prova fastidio per questi idioti di giornalisti che fanno sempre domande idiote. «Io avrei cambiato idea? In che senso?». Santo cielo: come in che senso? «Draghi è Ronaldo, è un fuoriclasse». Allora c’è uno di noi che si volta e camminando all’indietro dice no, scusate, ragazzi, mi sa che non ho capito: ha detto che Draghi è come Ronaldo?
Quello più alto e dall’aspetto elegante (Alberto Bagnai, però poi vedremo cosa nasconde questa sua scorza oxfordiana): «Draghi? Ma io Draghi l’ho sempre stimato». Cala un brevissimo silenzio di stupore, si sentono i passi sui sampietrini. Un giovane cronista prova a dire che beh, forse, veramente. Allora Bagnai diventa arrogante, è proprio così, arrogante e grifagno, gli viene naturale: «Provate a fare un piccolo sforzo visto che sicuramente avete studiato...».
La scorsa estate Bagnai è subentrato a Borghi alla guida del «dipartimento economia» della Lega. Salvini, all’epoca, voleva che il partito continuasse ad essere decisamente orientato: e Bagnai, 58 anni e modesto suonatore di clavicembalo ai festival di musica barocca, senatore e docente all’università di Pescara, è noto alla comunità scientifica e politica solo ed esclusivamente per la sua forsennata battaglia contro l’Eurozona.
Una pubblicazione di successo: Il tramonto dell’euro, otto anni fa (quindi scarsamente profetica). Poi convegni e interviste. Sempre con tono minacciosetto. Contro chiunque osi criticarlo. Il collega Tommaso Monacelli della Bocconi ci prova. E Bagnai, su Twitter: «Gli facciamo un bel cappottino di abete» (per alludere a una bara). Un’altra volta, soliti toni cimiteriali, sul suo blog: «L’unica Bce buona è quella morta». Su Draghi, all’epoca presidente della Banca europea: «Dice sciocchezze. Non ha alcun titolo per dettare la linea economica di uno Stato sovrano». Poi se la prende con i partigiani dell’Anpi: «Sono pro euro... Da antifascisti a piddini, il passo è breve, per gli amabili vegliardi». Chiarissimo con un autore tivù: «Stampati bene in testa che a me, se non mi invitate più, non me ne frega un beneamato c@zzo».
Claudio Borghi è meno iracondo, meno volgare.
Un furbacchione con la parlantina del furbacchione (in tivù, nei talk, va fortissimo): ex fattorino, ex agente di cambio, ex broker, ex agente della Deutsche Bank, ex docente a contratto di Economia e mercato dell’arte all’Università Cattolica e, per hobby, a sua volta mercante d’arte. La vita gli cambia una notte. Con il cellulare che inizia a vibrare. Voce leggermente impastata. «Ciao, sono Matteo: hai voglia di spiegarmi queste tue strane idee sull’euro?».
La mattina dopo, Borghi gli tiene una lezioncina. E gli suggerisce: leggiti il libro che ha scritto il mio amico Bagnai. Salvini comincia a fidarsi di Borghi. E Borghi prova a incassare: si candida con il Carroccio alle Europee del 2014, però non ce la fa. Un anno dopo cerca di diventare governatore della Toscana, ma niente: riperde. Nel 2017 si accontenta del consiglio comunale di Como, però poi eccolo subito, finalmente, sbarcare a Montecitorio con il suo mantra: dobbiamo uscire dall’euro.
Che tipi.
Economisti sempre con un pensiero buono per il prossimo. Alle 21.10, Borghi twitta: «Sto vedendo Travaglio che sta per avere un travaso di bile. Sempre meglio. #ottoemezzo».
Bagnai prova invece a farci il gioco delle tre carte (ma quelli bravi li trovate sulla Roma-Napoli, nell’area di servizio Teano): «Draghi? Io e Draghi veniamo dalla stessa scuola... E non ho mai trovato nulla da obiettare sulle sue scelte e analisi di politica economica». Nemmeno mezzo tentativo per nascondere il trucco. Zero. Vogliono quasi convincerci che la sera s’addormentano con la biografia di Altiero Spinelli sul comodino.
Va bene: sono giorni frenetici, complessi, memorabili. La Moleskine è piena di appunti.
Draghi incontra Grillo, Conte con un banchetto davanti a Palazzo Chigi, Renzi che non cambia idea da 48 ore, il silenzio di Bettini, Unterberger delle Autonomie che assicura: «Draghi? È più tedesco dei tedeschi» (pensando di fare una battuta divertente).
Però, davvero: questa storia dei leghisti convertiti. Che storia. Bagnai e Borghi. Meno male che non vi avevamo mai preso sul serio.
Corsera/Roncone

Parassiti senza dignità.
 
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giorgio225

Audentes fortuna iuvat! (almeno si spera)
Draghi, temo, non durerà a lungo, fa sembrare ancora più piccoli i nani protagonisti della politica italiana
questo non aiuta
 

Ventodivino

מגן ולא יראה
Ma veniamo alle cose importanti.
Un referendum per abolire la parola "resilienza" quando lo indicono ?
In subordine il "come dire" ; o il "che dire" di chi inizia a parlare senza che nessuno abbia fatto domande .
 

Ventodivino

מגן ולא יראה
Cose meno importanti.
Il siciliano professore di Diritto Parlamentare e (per fortuna di tutti ) Presidente della Repubblica Sergio Mattarella martedi' ha letto un testo sul quale, conoscendolo, avra' limato anche le virgole.
C'e' chi fa finta di dimenticare il punto fondamentale : in particolare l'elevato genovese con i suoi continui accenni al "governo politico",e, ancor piu' grave, il Presidente di Qualsiasi Consiglio Giuseppe Conte quando, col tavolino dinnanzi , ha insistito sul "governo politico".

Il testo di Mattarella e' chiarissimo.
Il messaggio debutta cosi' : " Dalle consultazioni al Quirinale era emersa come unica possibilità di governo a base politica quella della maggioranza che sosteneva il governo precedente. "
Basterebbe questo .

Ma nel finale insiste : " Avverto pertanto il dovere di rivolgere un appello a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo che non debba identificarsi con alcuna formula politica "

Questo prescinde dalla presenza o meno di ministri politici.
Ma il registro e' un altro.


Ciao Ingegner Amore,

 
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Fabrib

Forumer storico
Il gioco d’azzardo iniziato con la scintilla che ha portato alla crisi di Governo è sfociato nell’esito tra i più auspicabili. Com’è noto, il Presidente della Repubblica ha conferito a Mario Draghi l’incarico di formare il nuovo esecutivo. Tutto è bene ciò che finisce bene, sperando finisca con Draghi Presidente del Consiglio. Chi ha giocato d’azzardo si è intestato il merito dell’operazione, e i più applaudono alla sua mossa. Del resto, in un Paese ove pochi sono usi fare valutazioni ex ante, tutti gli altri nemmeno ex post riescono a immaginare cosa sarebbe potuto accadere se tutti i pezzi del puzzle non si fossero incastrati com’è poi accaduto.
Ora Draghi è impegnato nelle consultazioni. Piano piano le resistenze dei partiti nei suoi riguardi paiono – più o meno opportunisticamente – sciogliersi come neve al sole. Come può immaginarsi il percorso del Presidente del Consiglio incaricato?
Tra tecnica e politica
Mattarella ha parlato di un Governo di alto profilo, estraneo a logiche politiche. L’intento del Presidente della Repubblica è stato quello di chiedere ai partiti di fare un passo indietro, a favore del “whatever it takes” per mettere in sicurezza il Paese, indirizzando verso un esecutivo che voli alto, come si suol dire. Un esecutivo che – al di là degli interessi partitici, cioè “di parte” – faccia ciò che serve, cioè porti fuori il Paese dalla pandemia e lo avvii alla crescita.
Sotto quest’ultimo profilo, non occorre inventare obiettivi. Basta individuarne alcuni tra quelli elencati nelle Raccomandazioni specifiche per l’Italia adottate, su proposta delle Commissione, dal Consiglio dell’UE nel luglio 2019 e 2020; nella Relazione per paese relativa all’Italia (Country Report), presentata dalla Commissione UE a febbraio 2020; nelle linee guida della Commissione UE entro le quali devono muoversi gli Stati membri nella stesura dei piani nazionali all’interno del programma Next Generation Eu.
Gli esponenti dei partiti, invece, sembrano andare alle consultazioni con la più ampia apertura verso Draghi, ma senza rinunciare proprio a quegli interessi “di parte” che stavolta, volendo usare un gioco di parole, dovevano mettere da parte. Interessi di mera politica, cioè di propaganda. “Politica” è stata una parola ricorrente nelle dichiarazioni ufficiali all’uscita dalle consultazioni, e forse quella più ricorrente anche nel discorso davanti al banchetto fatto da Conte, vale a dire colui il quale aveva voluto centinaia di “tecnici” in task force quando era al Governo.
Insomma i leader, mentre a parole affermano di non porre condizioni, già alla prima tornata di consultazioni manifestano al Presidente incaricato i temi della propria agenda, le proprie “battaglie identitarie”, che nella sostanza altro non sono che condizioni: quelle che poi saranno vantate presso gli elettori. Per non parlare di quanto qualcuno di essi forse non ha ancora detto a Draghi: l’insofferenza, che può diventare vero e proprio veto, a governare con questo o quel partito.
Va dato atto a Italia Viva di non aver messo alcun paletto, dichiarando il proprio appoggio incondizionato a Mario Draghi. Non può non notarsi come i temi a causa dei quali erano avvenute le dimissioni di ministre e sottosegretario – il MES in primis – siano spariti dal discorso di chi li aveva posti come imperativi. Non era questione di nomi – avevano detto – ma di quei temi: evidentemente, è bastato un nome per superarli.
Chi scrive reputa che Draghi abbia già chiaro cosa serva fare e non necessiti dei suggerimenti che emergono dalle consultazioni, come invece chi va da lui sembra (o finge di) ritenere. L’abilità è far sì che in singoli punti del “programma” del nuovo Governo i leader dei partiti riconoscano alcuni dei propri punti, e su quelli vi sia convergenza. A ciascuno il suo. Ed è ciò che pare stia accadendo.
Il Governo “prendere o lasciare”
L’uscita di Salvini dalle consultazioni lo ha reso palese. Il leghista ha espresso piena sintonia con Draghi su esigenze di crescita, sviluppo, taglio alla burocrazia e similari. Come se su queste istanze vi fosse qualcuno in Italia e nel mondo che dissente. Temi quali flat tax, immigrazione, pugni sul tavolo in Europa non sono emersi.
Riemergeranno poi, alla bisogna, a seconda della convenienza. Al momento, tuttavia, per formare il Governo a Draghi basta trovare punti di incontro. Solo in questo modo gli è possibile addensare i consensi di soggetti politici che sono su posizioni opposte. Se poi i leader si intesteranno quei punti come propria vittoria, cioè come marchio del partito, non sarà importante. L’importante è portare a casa il risultato. Draghi non è in competizione con loro.
E se, invece, il Presidente del Consiglio incaricato non riuscirà a superare le condizioni fissate dai politici, che emergeranno in maniera più consistente nella seconda tornata delle consultazioni, quanto meno in termini di “poltrone”, o addirittura di veti, come detto? Cioè se egli non otterrà un’adesione quanto più ampia, come richiesto da Mattarella? È probabile che Draghi metta sul tavolo un Governo “prendere o lasciare”. Mentre tutti gli avranno posto vincoli di vario tipo, lui porrà solo questo. Oggi così come nel prosieguo del Governo, ove si formasse.
Draghi non è interessato a “salire in politica” (cit. Mario Monti), e non solo perché sa che dopo Palazzo Chigi c’è il Quirinale. Draghi è stato chiamato a traghettare l’Italia fuori dalla crisi sanitaria ed economica, sa che avrà a disposizione solo un anno e probabilmente ha accettato questo incarico-ponte solo perché la situazione è davvero grave. L’ex banchiere centrale oggi ha un compito preciso, e non avrà intenzione di lavorare con politici capricciosi, pronti a fare gli usuali teatrini: non potrebbe svolgere con efficacia il mandato di Mattarella. Draghi non ha bisogno di mediazioni a ogni costo. “Prendere o lasciare”: questa è la condizione che metterà a chi mette condizioni a lui.
E quale sarà la reazione dei politici a un eventuale Governo “prendere o lasciare”? Sono tre i profili da sottolineare per ipotizzare la risposta.
Il Governo Draghi conviene a tutti
Il Governo Draghi oggi conviene a tutti, nessuno escluso. Innanzitutto, Draghi lascerà un Paese in condizioni migliori, su ogni piano, e i politici lo sanno, al di là della loro stucchevole propaganda. Come detto, Draghi governerà al massimo per un anno, perché il suo destino è il Quirinale. E a quel punto i vari leader potranno riprendere le usuali sceneggiate, trovandosi un Paese che qualcuno ha avviato alla guarigione. Ci penseranno poi loro a causarne la ricaduta nella malattia, facile prevederlo.
In secondo luogo, nessuno vuole correre il rischio di passare per il soggetto che ostacola colui il quale è al momento indicato come salvatore della patria. E i cittadini vogliono essere salvati, dicono i sondaggi. Chi oggi mettesse i bastoni fra le ruote all’opera di Draghi potrebbe pagarne il prezzo in termini di consensi. Apporre il proprio marchio sul Governo della salvezza, anche solo non mettendosi di traverso, è interesse di tutti.
Infine, chi vorrebbe restare al di fuori del tavolo di un Governo ove si porranno le basi per l’investimento di un’ingente mole di soldi, quelli del Next Generation UE? Ma qui va fatta una precisazione. I politici stentano a capire che quei denari non servono loro a banchettare, ma devono essere usati in progetti valutabili ex ante e tali da produrre risultati verificabili in itinere ed ex post, altrimenti i rubinetti europei si chiuderanno. Questo è un tema che pare sfuggire a molti.
Perché i soldi arrivino non basta che Draghi scriva un bel programma: serve attuarlo, rispettando le tappe previste, per ricevere i fondi previsti a ogni scadenza. E quel programma andrà per lo più attuato quando Draghi non sarà più al Governo. Cioè dai politici di cui sopra, il cui punto di forza non è né la valutazione di impatto né il rispetto degli impegni, com’è ormai noto.
Una domanda, in conclusione. Il sollievo per l’incarico a Draghi è enorme. Ma come potrà mai imparare qualche lezione un Paese ove arriva sempre un uomo della provvidenza a evitare il precipizio?
Phastidio.net/Vitalba Azzolini
 
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Ventodivino

מגן ולא יראה

Beppe (ma anche alcuni spiritosi dentro un partito che non nomino ) non ha ben chiara la situazione (e neppure ha letto e compreso il testo di Mattarella).


Mr. Wolf va sempre bene :
"Chiariamoci, campione, non sono qui per dire "per favore". Sono qui per dirti cosa fare. E se un istinto di conservazione ancora lo possiedi, sarà meglio che tu lo faccia, e subito, anche. Sono qui per dare una mano. E se il mio aiuto non è apprezzato, tanti auguri, signori miei."
 
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