L'arrampicata sugli specchi della portavoce di Salvini non va persa...
"Mai stato con noi nella delegazione" Ma in foto a Mosca è al tavolo di Salvini
di Carlo Bonini
ROMA — Savoini chi? Nello spazio di un mattino, l’uomo plenipotenziario dei rapporti tra la Lega e Mosca viene derubricato dal partito e dal suo segretario, ministro e vicepremier, Matteo Salvini, al rango di appestato.
Non potendo negare la conoscenza ventennale con il "nazista" di Alassio, ora presidente dell’associazione Lombardia-Russia (Gianluca Savoini è stato portavoce di Salvini quando venne eletto segretario), il vicepremier azzarda infatti una mossa che, per la prima volta da quando la vicenda venne sollevata (estate 2018), lo impicca a una qualche versione dei fatti sin qui accuratamente evitata. Quella che, sollecitata da Repubblica, declina con la certezza dell’indicativo la sua portavoce in un pomeriggio molto complicato. E che suona così: «L’associazione Lombardia-Russia non ha nulla a che vedere con la Lega. Gianluca Savoini non ha mai fatto parte di delegazioni ufficiali in missione a Mosca con il ministro. A nessun titolo. Né a quella del 16 luglio 2018, né a quella del 17 e 18 ottobre dello stesso anno. Quanto poi alla foto scattata alla cena di gala offerta dal premier Giuseppe Conte al presidente Putin il 4 luglio scorso, Savoini non figurava tra gli invitati del ministro dell’Interno né, a quanto ci risulta, tra quelli della presidenza del Consiglio. In ogni caso, nessuno parla a nome del ministro. Il ministro parla per sé».
È una ricostruzione che riempie un vuoto e che merita di essere incrociata con evidenze che, se non suggeriscono il contrario, certamente fanno apparire la toppa assai precaria e persino peggiore del buco.
È un fatto che il 16 luglio del 2018 Gianluca Savoini fosse a Mosca nella sala delle riunioni del Ministero del’Interno della Federazione Russa dove la delegazione ufficiale italiana guidata da Matteo Salvini incontrò i rappresentanti del Consiglio per la sicurezza nazionale, Yuri Averyanov e Alexandr Venediktov, e il ministro dell’Interno Vladimir Kolokoltsev.
Ne fa fede una foto ufficiale scattata in quella circostanza e postata dallo stesso Salvini su twitter. In quell’immagine, Savoini siede, con tanto di microfono e segnaposto, tra i rappresentanti della delegazione italiana. Dunque com’è possibile che non ne facesse parte? «Una foto è una foto», dice la portavoce del ministro dell’Interno. «Non significa che Savoini fosse lì perché era nella delegazione». La spiegazione suona singolare. Non fosse altro perché il ministero dell’Interno russo non è uno di quei posti in cui si sgattaiola o ci si aggrega non invitati. E perché l’ordine del giorno della riunione — come quello stesso 16 luglio aveva avuto modo di twittare Salvini — aveva a oggetto questioni di una qualche delicatezza. Sicuramente incongrue con la mission dell’associazione Lombardia- Russia: «La collaborazione a tutto campo tra Italia e Russia nella lotta al terrorismo islamico che usa anche l’immigrazione clandestina come veicolo di infiltrazione; condivisione di buone pratiche tra i due ministeri; scambio di informazioni e competenze tecniche; pattuglie miste tra forze dell’ordine italiana e russa».
Ciò che è peggio, la spiegazione offerta oggi dal ministro dell’Interno fa a pugni con quella che lo stesso Savoini propose a Repubblica in occasione di quell’incontro: «Ho sempre fatto parte delle delegazioni in Russia di Matteo Salvini», disse. «Quanto agli incontri con gli esponenti del Consiglio di sicurezza della Federazione russa si è trattato di una presa di contatti. Nella delegazione italiana eravamo in dieci, non c’ero mica soltanto io».
Dunque, delle due l’una. O Savoini è un millantatore, o la spiegazione a posteriori del vicepremier sta in piedi come un castello di carte. Perché la domanda, ancora una volta, è: come diavolo si è potuto sedere un signore senza titolo e privo di un qualsiasi nullaosta di sicurezza a un incontro bilaterale ristretto tra il nostro paese e la Federazione russa sui temi della sicurezza? «Lo avranno invitato i russi a quella riunione», taglia corto la portavoce del ministro dell’Interno. Più avanti non si va. Almeno oggi.
Ma la faccenda promette di non finire qui.