Parlamentari DIVERSAMENTE onesti (1 Viewer)

tontolina

Forumer storico
Poveriniiiiiiiiiii
adesso che devono versare i contributi per i loro portaborse chiedono un ulteriore aumento di stipendio
eggià
21mila euro sono davvero pochini nèèèèèèèè




lavoro nero alla Camera

Leggo sul 24 Ore di ieri (pag.15) della proroga concessa ai parlamentari che non hanno messo in regola i loro portaborse: il termine per la regolarizzazione scadeva il 13 maggio, termine oltre il quale i collaboratori non in regola non potevano più entrare nel "palazzo".
Un'impresa che viene colta con dei collaboratori "in nero" viene sanzionata pesantemente; sanzioni che sono state riviste al rialzo proprio dall'attuale esecutivo con la Legge 248/2006, detta anche Legge Bersani.
Al cittadino non in regola non si concedono proroghe ma gli si comminano pesanti sanzioni: per chi ci goevrna non ci sono scuse.
Ai parlamentari invece non gli si comminano le sanzioni del caso ed ancora gli si concede una proroga ad hoc che prolunga una evidente situazione di illegalità.
La legge NON è uguale per tutti anche se i nostri governanti sciorinano facile demagogia per convincerci che la loro strapagata attività è sopratutto rivolta ad assicurare la parità dei diritti (e delle pene).
Il nostro sistema politico con tutte le sue contraddizioni e privilegi incarna sempre più le caratteristiche di una oligarchia privilegiata.
Il parlamentare Luciano D'Ulizia per ovviare all'annosa questione dei collaboratori in nero ha presentato un progetto che prevede la costituzione di gruppi parlamentari in cooperative o altri enti che assumano i portaborse.
Fin qui niente di male.
D'Ulizia ha poi proposto che venga aumentato il rimborso forfettario previsto per il rapporto "eletto-elettorato" del 50% che attualmente ammonta a circa 4.200,00 mensili : per ovviare ai maggior costi di un rapporto di lavoro regolare, questa scienza di parlamentare che è stato anche un manager, chiede 2.000,00 in più al mese con un aggravio annuale per le casse pubbliche di circa 22 milioni.
Con questa ultima richiesta c'è una silente ammissione che i costi per gli oneri sociali derivanti da un regolare rapporto di lavoro sono decisamente alti.
Questo per quanto riguarda i fatti che molti già sanno.
Il mio invito è scrivere a questo parlamentare: io l'ho fatto lasciandogli i miei dati.
Esprimete il Vostro dissenso!
Noi siamo il vero popolo sovrano!
Facciamoci sentire, tutti uniti...andiamo oltre il colore politico che sta uccidendo il nostro spirito popolare!
Ogni volta che abbiamo notizia di queste richieste assurde dobbiamo scrivergli!

posted by Zener1992 @ 11:15 AM 9 comments
 

tontolina

Forumer storico
ARRIVERA' IL MOMENTO DI UNA CRISI DRAMMATICA

di Angelo Panebianco
Le democrazie cambiano solo quando (di solito, a seguito di una crisi repentina e drammatica) si apre, per un breve momento, una «finestra di opportunità». E appaiono leader capaci di imporre una radicale ristrutturazione delle regole del gioco.

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27 Maggio 2007 11:53 MILANO

(WSI) – Ciò che più impressiona delle reazioni negative di tanti uomini politici alla spietata e documentata analisi-denuncia del presidente di Confindustria è che nessuno, dico nessuno, di quei critici è stato capace di contestare nel merito anche una singola virgola di quanto Montezemolo ha sostenuto. Nessuno, fra i professionisti della politica, è in grado di negare che la politica, e il sistema pubblico che da essa dipende, siano ormai un motore ingrippato, e la principale causa dei mali italiani.

In quella che alcuni chiamano «crisi della politica» va distinto l'aspetto congiunturale da quello strutturale. C'è una crisi specifica, contingente, legata alla natura della coalizione oggi al governo. Una parte della paralisi decisionale che ci attanaglia dipende dalla debolezza della maggioranza e, in particolare, dal suo vero fallimento: l'incapacità di «costituzionalizzare le estreme». Nessuna democrazia bipolare può funzionare se le estreme non vengono addomesticate e controllate, se hanno un ruolo rilevante nelle politiche di governo. È dalla nascita del governo Prodi che le estreme, non addomesticate, hanno quel ruolo. Con effetti devastanti per i consensi all'esecutivo.

La mancata costituzionalizzazione delle estreme ha ricadute su tutti gli aspetti delle politiche pubbliche, si tratti del blocco di infrastrutture vitali, di tasse e spesa pubblica, della sicurezza, o della politica internazionale del Paese. Si pensi a ciò che accadrà fra pochi giorni: l'estrema sinistra riceverà, come componente del governo, il presidente degli Stati Uniti, partecipando contemporaneamente a una manifestazione contro di lui.

L'aspetto congiunturale della crisi si incontra con l'aspetto strutturale, perché una politica paralizzata dalla mancata costituzionalizzazione delle estreme infligge un colpo mortale alla democrazia bipolare, porta acqua alle tesi di coloro che (a loro volta sbagliando, a causa di una memoria troppo corta) pensano che un sistema «bloccato al centro», un sistema con un nuovo centro eternamente governante sia la soluzione per i mali italiani.

Aspetti congiunturali a parte, c'è dunque una crisi di sistema: dipende dal fatto che la Seconda Repubblica non è mai nata, è stata solo una promessa o un miraggio che ci ha accompagnato dai primi anni Novanta, e adesso che la promessa è svanita ci ritroviamo ancora a vagare fra le macerie della Prima Repubblica, senza che siano in vista soluzioni. Gran parte dei mali attuali della politica sono segni di una crisi di sistema a cui nemmeno un nuovo ricambio di governo, checché ne dicano le opposizioni, potrà porre veri rimedi. magari la ghigliottina

Sappiamo qualcosa su come e quando cambiano le democrazie. Sappiamo che esse non cambiano solo perché sono in crisi: possono restare in quella condizione per decenni, immobili, mentre trascinano lentamente alla rovina il Paese. Le democrazie cambiano solo quando (di solito, a seguito di una crisi repentina e drammatica) si apre, per un breve momento, una «finestra di opportunità», e appaiono leader capaci di imporre una radicale ristrutturazione delle regole del gioco. La fine del «primo sistema politico» della Repubblica avvenne per il combinato disposto di un mutamento geo-politico (la fine della guerra fredda), una crisi finanziaria, e l'intervento della magistratura. Avemmo una mezza Algeria ma senza un de Gaulle, senza incontrare un leader davvero all'altezza della situazione.


Si aprì comunque una finestra di opportunità che consentì alcune limitate innovazioni, come la legge maggioritaria del 1993, le leggi sull'elezione diretta di sindaci e presidenti regionali e l'alternanza al governo. Quella finestra di opportunità si è chiusa da un pezzo. Non ne sortì quella riforma complessiva delle istituzioni che avrebbe dovuto fare dell'Italia un'efficiente democrazia bipolare. E quando i partiti ebbero modo di riorganizzarsi tornammo addirittura indietro (con la riforma elettorale voluta dal governo Berlusconi).
Berlusconi, appunto. Di lui si deve parlare, essendo stato il vero dominus, nel bene e nel male, della politica italiana dal '94 ad oggi e, ci dicono i sondaggi, lo sarà ancora a lungo.

Berlusconi non è l'uomo nero che molti si ostinano a dipingere e ha fatto, insieme a cose sbagliate, e anche sbagliatissime, anche diverse cose buone(quali?).
Il suo vero grande limite è che fece al Paese la promessa di una rivoluzione liberale e non l'ha mantenuta ed ha portato l'involuzione in Italia ripristinando la prima repubblica ladra con l'aggravante che si è pure involgarita. Credo che stia proprio in quel fallimento la causa della crisi di sistema. Berlusconi ha avuto, per un momento, l'occasione di dare uno sbocco positivo alla crisi della Prima Repubblica ma l'ha in grande misura sprecata. Non è stato né de Gaulle (il costruttore di nuove istituzioni) né Thatcher (l'artefice di una rivoluzione neo-liberale).

Per questo ora ci ritroviamo, dopo un lungo giro, di nuovo al punto di partenza, alla crisi di sistema così come l'abbiamo conosciuta alla fine degli anni Ottanta. Né sembra che Berlusconi ne abbia tratto insegnamento. È vero che è il «popolo», e non la Confindustria o i tecnici, che deve scegliere i governi, ma sono le élite che devono trovare le soluzioni politiche tecnicamente valide per dare soddisfazione alle aspirazioni del popolo. Uno dei problemi del governo Berlusconi fu che mancarono soluzioni tecnicamente adeguate per realizzare, su diversi fronti, la promessa rivoluzione liberale.

Non ci sono buone notizie in vista (a parte il referendum, ma non basta). Non si vedono all'orizzonte nuove «finestre di opportunità». Anche per questo il tanto parlare che ancora si fa di riforme costituzionali sa di imbroglio. Un Paese che discute da più di vent'anni di tali riforme e non le fa è un Paese malato. E la sua è una malattia morale. Nella classe politica, a sinistra e a destra, ci sono diverse personalità di prim'ordine. Esse ingiustamente patiscono del discredito in cui è caduta la politica. Nessuna di loro, singolarmente, può fare nulla per risolvere la crisi. Ma è forse tempo che i migliori delle due parti si siedano intorno a un tavolo per tentare di capire che cosa è umanamente possibile fare al fine di bloccare il degrado della democrazia italiana.

http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=469237
 

tontolina

Forumer storico
i politicanti italiani costano
quanto tutti messi assieme quelli della
germania+inghilterra+spagna



forse è proprio per questo che gli italiani sono i più poveri
hanno meno sanità
hanno meno pensioni
hanno meno giustizia (anzi quella non c'è proprio e forse i nostri politicanti lo fanno apposta.... per non finire dentro)
e soprattutto
PAGANO PIù TASSE PER MANTENERE L'OLIGARCHIA LADRA ED INCAPACE
 

tontolina

Forumer storico
ANTI-POLITICA & DISGUSTO

di Luca Ricolfi
Oggi non c’è solo sfiducia e ira verso una classe politica inadeguata (per usare un eufemismo). Non c’è solo indignazione per la vanità e i privilegi della «casta». Oggi c’è qualcosa di molto più ampio. Che sta giustamente montando.

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26 Maggio 2007 11:35 TORINO
(WSI) – Qualche politico comincia ad avere paura, altri fingono di essere preoccupati, altri ancora preferiscono minimizzare. Certo è che da qualche settimana lo spettro del 1992 ritorna ad aleggiare nei palazzi della politica. La stampa ha messo nel mirino i costi della politica e - precisa come un orologio svizzero - ci informa quotidianamente delle malefatte della «casta» e dei suoi scandalosi privilegi.

Il libro che li documenta e li racconta (La casta, di Rizzo e Stella) in pochi giorni balza in cima alle classifiche. All’assemblea annuale di Confindustria, il presidente Luca Cordero di Montezemolo striglia la classe politica, mettendone a nudo non solo le (costose) degenerazioni ma anche le (costosissime) non-decisioni. I sondaggi confermano che i cittadini non ne possono più e che il loro scontento investe tutto il ceto politico, di destra e di sinistra.

Dobbiamo dunque prepararci a un nuovo sconquasso, come quello che nel 1992-’93 spazzò via i partiti della prima Repubblica? Forse sì, qualcosa potrebbe anche succedere, ma è piuttosto improbabile che la storia si ripeta. La rivolta antipolitica dell’opinione pubblica nel 1992-’93 aveva un doppio «tigre nel motore», che oggi sembra invece assente.
Il primo «tigre» era la magistratura, che aveva la volontà e i mezzi per mettere in galera i politici corrotti (e purtroppo anche diversi innocenti). Il secondo «tigre» era l’economia che, con la svalutazione della lira (settembre ’92), aveva fatto scattare un decisivo campanello d’allarme.

Oggi non è così. La magistratura può ben poco, non solo perché ha scarsi mezzi e sempre meno prestigio, ma perché il ceto politico, pur continuando a delinquere più o meno episodicamente, ha costruito un’impressionante rete di strumenti legali per autofinanziarsi e perpetuare la sua occupazione della Pubblica amministrazione (per sapere come, basta leggere il bel libro di Salvi e Villone, Il costo della democrazia, Mondadori, 2005). Quanto all’economia, la differenza fra il 1992 e oggi è che allora ricevemmo un singolo e istantaneo schiaffone (il crollo della lira), mentre oggi affondiamo abbastanza lentamente da permetterci di non percepire quel che sta capitando.

Ma c’è anche un’altra differenza importante con il 1992. Oggi non c’è solo disgusto, sfiducia, ira verso una classe politica inadeguata (per usare un eufemismo). Non c’è solo indignazione per la vanità e i privilegi della «casta». Oggi c’è qualcosa di molto più ampio, che tocca il ceto politico non solo in quanto ruba o vive a sbafo, ma in quanto non ha il coraggio di decidere, e non decidendo perpetua il malfunzionamento dell’Italia.

I cittadini cominciano a capire che l’inconcludenza dei politici ha dei costi, dei costi diffusi ed enormi. Visti con l’occhio degli esperti quei costi sono i soliti di cui si parla da dieci anni, e si riassumono in quello che si potrebbe definire il «sillogismo dei riformisti»: se non facciamo le riforme continueremo a crescere meno dei nostri partner europei, e se continueremo a crescere meno saranno guai per (quasi) tutti. Visti con gli occhi dei comuni cittadini, tuttavia, quei costi si presentano in un modo diverso.

Forse mi sbaglierò, ma la mia impressione è che quello che sta montando nel Paese, fra la gente, non è l’astratta richiesta di riforme (su cui ben pochi hanno idee precise) ma è un ben più concreto e diffuso sentimento di frustrazione e di rabbia per il triste film che quotidianamente passa sotto gli occhi di tutti.

Pochi giorni fa, su questo giornale, Lucia Annunziata ha parlato di un «generale senso di ingiustizia». Sì, credo che proprio questo sia il sentimento che si sta condensando in Italia. La gente, poco per volta ma inesorabilmente, si sta rendendo conto che l’immobilismo del ceto politico sta alimentando un mare di ingiustizie, che però la politica non ha occhiali per vedere. Ingiustizie che non riguardano solo «la casta», ma tutte le caste. Caste che non sono le solite - i ricchi e i poveri, il Nord e il Sud, gli uomini e le donne - ma sono di un tipo diverso. Per descriverle, non basterebbe un’enciclopedia, e nemmeno un decennio di puntate di Report, la meritoria trasmissione di Milena Gabanelli.

Però possiamo provare a riassumerle così: chi fa tutti i giorni il proprio dovere, ma non ha una rete di relazioni che lo sostiene e lo protegge, si accorge sempre più sovente che il gioco è truccato. Che non c’è rapporto fra i sacrifici, lo sforzo, la dedizione e i risultati che si ottengono. Che accanto alle grandi diseguaglianze storiche, da sempre centrali nei discorsi della sinistra, si è formata in questi anni una selva di micro-diseguaglianze di fronte alle quali quasi tutte le forze politiche maggiori sono sostanzialmente cieche, sorde e mute. In breve è «l’umile Italia» - come l’avrebbe forse chiamata Pasolini - che si sente dimenticata e offesa dalle nuove disuguaglianze.

Queste disuguaglianze, a loro volta, hanno un comune denominatore: un tragico deficit di meritocrazia, non solo a livello individuale ma anche a livello di istituzioni. Al lavoratore precario che tira la carretta negli uffici pubblici non fa piacere scoprire che la persona che è chiamato a sostituire guadagna dieci volte di più, produce dieci volte di meno ed è inamovibile qualsiasi cosa faccia o non faccia. Ai governatori delle regioni virtuose, che hanno bene amministrato la sanità, non fa piacere scoprire che non ci sono né veri premi per chi ha ben operato né vere punizioni per chi ha lasciato bilanci in rosso per miliardi di euro.

Agli studenti che vorrebbero ricevere un’istruzione universitaria decente e non hanno i mezzi per studiare all’estero non fa piacere vedere i figli dei ricchi che vengono spediti negli Stati Uniti o sistemati nelle aziende di famiglia. Ai cittadini che rispettano le leggi non piace accorgersi che i furbi e i delinquenti quasi sempre riescono a farla franca. Agli immigrati onesti, che lavorano, pagano le tasse e rispettano le regole, non piace essere guardati con sospetto perché una minoranza di stranieri può spadroneggiare in interi quartieri delle nostre città.

Insomma, ci vorrà tempo, ma poco per volta molti si stanno rendendo conto che c’è una «dialettica dell’egualitarismo», per parafrasare il buon vecchio Adorno. Fino a un certo punto livellare le differenze produce eguaglianza, ma oltre quel punto produce nuove e più profonde disuguaglianze. Perché non tutti i diritti sono a costo zero, e sempre più sovente difendere a oltranza i diritti di qualcuno implica limitare gravemente quelli di qualcun altro, sia esso un individuo o un gruppo. Quel punto di non ritorno, oltre il quale l’egualitarismo diventa generatore di ingiustizie, è ormai da lungo tempo stato attraversato.

È su questo che la sinistra è in ritardo ed è per questo che le sue organizzazioni - partiti e sindacati - sono divenute delle grandi e inconsapevoli macchine per produrre disuguaglianza. È probabile che, ancora per un po’, la cultura di sinistra riuscirà a occultare questa sua paradossale metamorfosi. Ma solo per un po’: alla lunga, se non sarà la sinistra a guidare una salutare reazione, finirà per pensarci la destra. Peccato, perché ci eravamo abituati, con Norberto Bobbio, a pensare che la lotta contro la diseguaglianza - ossia contro tutte le differenze inique - fosse la cifra di un’autentica cultura di sinistra.
 

tontolina

Forumer storico
vogliono ancora una volta riformare la riforma delle pensione

quel poco che restituiscono è sempre troppo per loro


lo facciano ma questa volta inseriscano anche un elemento di vera giustizia sociale e vincolino i vitalizi dei parlamentari alle pensioni dei cittadini

CHE LE PENSIONI DEI POLITICANTI NON SUPERINO MAI 10 VOLTE LE PENSIONI MINIME

insomma prendere 10 volte di più è un bel prendere... ma che siano almeno legate alla produttività del paese


anche le loro remunerazioni mensili

trovo veramente abominevole che in un solo mese loro percepiscano quanto una famiglia benestante in 1 anno


anche i loro stipendi cumulati con i vari beneficts non siano superiore di 10 volte lo stipendio minimo

anche qui 10 volte è un bel prendere


OVVIO che per loro è poco
hai mai visto un ladro che non ruba tutto?
 

tontolina

Forumer storico
tontolina ha scritto:
vogliono ancora una volta riformare la riforma delle pensione

quel poco che restituiscono è sempre troppo per loro


lo facciano ma questa volta inseriscano anche un elemento di vera giustizia sociale e vincolino i vitalizi dei parlamentari alle pensioni dei cittadini

CHE LE PENSIONI DEI POLITICANTI NON SUPERINO MAI 10 VOLTE LE PENSIONI MINIME

insomma prendere 10 volte di più è un bel prendere... ma che siano almeno legate alla produttività del paese


anche le loro remunerazioni mensili

trovo veramente abominevole che in un solo mese loro percepiscano quanto una famiglia benestante in 1 anno


anche i loro stipendi cumulati con i vari beneficts non siano superiore di 10 volte lo stipendio minimo

anche qui 10 volte è un bel prendere


OVVIO che per loro è poco
hai mai visto un ladro che non ruba tutto?

MANDIAMOLI VIA SENZA NESSUNA PENSIONE!

di Beppe Grillo
A noi lo scalone e a loro lo scivolo. Questo Parlamento non ha alcuna autorità per varare una legge sulle pensioni. Nessuna. Qualunque legge è nulla. Lo è per la par condicio.


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25 Maggio 2007 19:41 GENOVA

(WSI) – La pensione degli italiani si allontana. Ogni anno l’asticella viene posta più in alto. Sempre più in alto. E chi alza l’asticella sono i nostri cari dipendenti. La ragione è che non ci sono più i soldi. L’esempio, si sa, fa miracoli. E i parlamentari non si sono tirati indietro. Tutti per uno e uno per tutti. Per loro i soldi ci sono sempre.



Dopo due anni e mezzo dall’inizio della legislatura hanno il diritto alla pensione. DUEANNIEMEZZOOOOOOOOOOOOO!!!!! A noi lo scalone e a loro lo scivolo. Questo Parlamento non ha alcuna autorità per varare una legge sulle pensioni. Nessuna. Qualunque legge è nulla. Lo è per la par condicio. Due anni e mezzo per tutti o non se ne parla.


Prodi e lo Sciupà potranno modificare le pensioni solo dopo essersi puliti la bocca dai privilegi dei parlamentari, anche di quelli già acquisiti.


Da oggi è attivo sul blog il “Final Countdown”, il conto alla rovescia. Un servizio per i cittadini e per i nostri dipendenti. Ogni giorno ci informerà su quanti giorni, ore, minuti, secondi mancano al raggiungimento della loro pensione. A partire dal 28 aprile 2006, inizio della legislatura. I parlamentari potranno così regolarsi per evitare crisi di governo anticipate e i cittadini inizieranno la giornata in letizia sapendo che qualcuno almeno la pensione la prende.


Forse qualche parlamentare si vergogna. Lo spero. Chi vuole dissociarsi e rinunciare a questo schifoso privilegio può farlo inviando una mail a: parlamentare-dissociato. Il suo nome sarà pubblicato sul blog.
 

tontolina

Forumer storico
ITALIOPOLI, UN ALTRO BEL LIBRO CONTRO

di WSI
Un pamphlet di Oliviero Beha, con prefazione di Beppe Grillo. Un paese che affonda sotto i colpi della peggiore classe dirigente degli ultimi 50 anni. Un potere barricato, privo di cultura, che sostituisce la realtà con la sua rappresentazione in Tv.

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22 Maggio 2007 15:47 NEW YORK

(WSI) – Un paese che affonda sotto i colpi di una classe dirigente sempre più prodiga di cattivi esempi, in un deserto di valori. Un ceto politico affannosamente complementare nella finzione tra Destra e Sinistra. Un potere barricato in un residence privo di cultura, che sostituisce la realtà con la sua rappresentazione televisiva.

L'Italia mafiosa di oggi, ben oltre la mafia tradizionale negli interessi e nei comportamenti. Un viaggio della mente e del cuore per denunciare una società in pezzi, e cogliere i segnali di nuove resistenze nella stagione peggiore degli ultimi cinquant'anni.


Oliviero Beha, giornalista noto per le sue trasmissioni dalla parte del cittadino e da sempre inviso al potere per le sue inchieste scomode, propone un pamphlet accattivante, di denuncia dei mali atavici della società italiana degli ultimi cinquant'anni. Il libro, dal titolo eloquente Italiopoli che riprende i vari scandali politico-finanziari-mediatici degli ultimi decenni, da Tangentopoli a Calciopoli a Vallettopoli, esce in prima edizione nella nuova collana Reverse della neonata casa editrice Chiarelettere. La prefazione di Beppe Grillo fa subito presagire cosa stiamo leggendo: pagine che parlano di un'Italia sfiancata dai furbi della finanza, truffata nei propri risparmi dai tango bond , dai Parmalat bond, rappresentata da un Parlamento zeppo di pregiudicati e dominata dalle mafie in varie regioni.


Beha descrive una palude di malaffare e di cattivi esempi che ci vengono dal potere politico: conflitti di interessi mai risolti, una legge sull'indulto mal digerita che ha portato l'anno scorso alla scarcerazione di migliaia di detenuti, una classe politica che da destra a sinistra ripropone sempre gli stessi vecchi volti dei primi anni '90, incapace di rigenerarsi. Beha si domanda, come Lenin nel suo famoso libro, Che fare?, ma non trova risposte facili.

La sua denuncia, vibrante e indignata, vuol proprio colpire quello che ormai in Italia è il Residence del potere , non più i Palazzi metaforici descritti da Pasolini, ma una sorta di teatrino della politica e della tv, stile Bagaglino, nel quale si muovono a loro agio i nuovi cortigiani, gli uomini di questo o quel politico che occupano tutto: aziende pubbliche, televisioni, vertici delle grandi holding private. Cronache dal basso impero, da un'Italia in preda alle mafie criminali e alle clientele dei politici locali, dove nel Residence del potere ora spopolano, in barba a ogni minima selezione meritocratica i figli di politici, imprenditori, vip dello spettacolo.

E' proprio il mondo degenerato della televisione e dello spettacolo l'oggetto delle critiche più feroci di Beha. La TV come specchio drammatico di Italiopoli: l'odore emanato dai talk show è simile, le notizie sono infrequenti, il sentore di recita gattopardesco pervade i salotti TV, i conduttori e i loro garanti manager-editoriali nominati dai partiti che fanno ciò che loro chiedono i padrini del momento. La TV è l'avvilente immagine di quel Residence, del potere italiano che difende se stesso, scrive Beha. Mentre fuori, l'Italia sprofonda.


Ma come resistere nella palude di Italiopoli? Beha lo spiega nei due capitoli conclusivi: bisogna ripartire dalle associazioni e dai comitati della società civile, che rappresentano sul territorio un'altra Italia, onesta e attiva. E bisogna tagliare i costi e i finanziamenti dei partiti, riducendo il numero delle circa seicentomila persone che vivono di politica, riformandola alle radici come auspicato anche dal presidente Giorgio Napolitano.
 

tontolina

Forumer storico
costano davvero troppo anche quando non fan danni


c'è un libro di Cesare Salvi del Pds sui costi dei politici

Un deputato dopo 15 anni (eletto tre volte) ha diritto a 6.900 euro mensili di pensione e assumendo che campi fino a 80 anni riceve in totale :
-------------------------------------------------------
20 anni X 6.900 euro X 12 mesi = 1.400.000 di euro incassati

Ma durante i 15 anni di lavoro in parlamento paga solo 770 euro al mese di tasse per la pensione e quindi ha "contribuito" in totale:
----------------------------------------
15 anni X 770 euro X 12 mesi = 250.000 di euro pagati


1.400.000 di euro incassati di pensione (in media) -
250.000 di euro contributi pagati
---------------
1.150.000 euro di "guadagno"

Non male. "Investi" 250.000 euro e ne ricevi 1.150.000, un rendimento del +400% circa che batte anche la borsa cinese

Se vogliamo questo milione e rotti di euro ogni deputato li "ruba" ad altri italiani, i quali devono colmare la differenza tra quello che riceve il politico e quello che ha pagato di tasse contribuendo loro i 1.150.000 euro che mancano pagando più tasse di quello che ricevono di pensione

Questo esempio e decine di altri simili nel pubblico impiego rendono legittima la rivolta fiscale
 

AnkleJoint

Forumer attivo
tontolina ha scritto:
costano davvero troppo anche quando non fan danni


c'è un libro di Cesare Salvi del Pds sui costi dei politici

Un deputato dopo 15 anni (eletto tre volte) ha diritto a 6.900 euro mensili di pensione e assumendo che campi fino a 80 anni riceve in totale :
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20 anni X 6.900 euro X 12 mesi = 1.400.000 di euro incassati

Ma durante i 15 anni di lavoro in parlamento paga solo 770 euro al mese di tasse per la pensione e quindi ha "contribuito" in totale:
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15 anni X 770 euro X 12 mesi = 250.000 di euro pagati


1.400.000 di euro incassati di pensione (in media) -
250.000 di euro contributi pagati
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1.150.000 euro di "guadagno"

Non male. "Investi" 250.000 euro e ne ricevi 1.150.000, un rendimento del +400% circa che batte anche la borsa cinese

Se vogliamo questo milione e rotti di euro ogni deputato li "ruba" ad altri italiani, i quali devono colmare la differenza tra quello che riceve il politico e quello che ha pagato di tasse contribuendo loro i 1.150.000 euro che mancano pagando più tasse di quello che ricevono di pensione

Questo esempio e decine di altri simili nel pubblico impiego rendono legittima la rivolta fiscale
attenta che arriva qualcuno a farti la predica sulle tasse, magari qualche difensore della moralita' e dell'etica a senso unico...

proprio oggi, che e' una "grande" giornata per l'etica, il nostro bel governo ha rimosso il generale Speciale dalla Guardia di Finanza...

gioite gioite oh popolo sfruttato, da una parte dal capitalismo che guadagna sul valore aggiunto, dall'altra dallo stato che ci salassa con le tasse
E, ironia del caso, sembra che quando il proletariato e' sfruttato dai politici e dallo stato, vada bene, anzi di piu', sembra che il popolo abbia il "dovere" di farsi torchiare con tasse per il 50% del suo reddito
mistero eh ? :rolleyes:
 

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