"Colei che resta"
(R. Karabash - BEE Radar)
In uno sperduto paesino delle montagne albanesi, vige ancora la legge del Kanun, un antico codice di comportamento medievale che regola i rapporti sociali, secondo cui il valore di una donna si misura in buoi e il suo comportamento sessuale determina l'onore degli uomini della sua famiglia che, una volta macchiato, si vendica col sangue.
Bekià è una ragazza che soffre perché sa che il padre avrebbe voluto un figlio maschio e fa di tutto per compiacerlo, tanto che lui la chiama "il mio ometto".
Bekià viene venduta in sposa, nonostante si senta "l'ometto di papà", ma non vuole sposarsi perché innamorata di Dana, una lontana cugina che vive in Bulgaria e che viene in Albania per le vacanze.
Il disonore rischia di travolgere la famiglia di Bekià che, per evitarlo, sceglie di diventare una "vergine giurata", evitando così il matrimonio.
Ma la promessa di nozze infranta è un disonore che il padre di Bekià paga col sangue.
La storia prosegue con i tormenti di Bekià e un inatteso finale.
"Non è un mito
Né una favola.
È la storia dell'umanità"
C'è scritto sulla copertina e in effetti questa vicenda a noi non pare così inverosimile, abbiamo tutti una cultura fondata sulla sottomissione femminile alla legge dei padri, nella nostra storia.
Quello che di questo libro colpisce - e molto - è il modo in cui è scritto.
Lo stile ci catapulta nei codici antichi, nei vincoli e nei giuramenti sacri, nel disonore lavato col sangue.
L'autrice (nome vero: Irena Ivanova) è attrice regista teatrale e ha vinto numerosi premi.
Non mi sento di consigliarlo a tutti. Perché non è una lettura semplice e lo stile è talmente particolare e insolito che non credo sarebbe apprezzato da tutti. Risuona nello spirito un po' come i racconti epici, biblici, di antiche religioni, di vendette e di maledizioni familiari.
Con un inatteso raggio di sole finale.
A me è piaciuto molto.