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Il compasso, la mitra e la corona: i veri burattinai del Duce
Scritto il 09/12/17 • nella Categoria: Recensioni Condividi


Il compasso, il fascio e la mitra. Ma anche la corona: probabilmente è stato proprio l’elusivo Vittorio Emanuele III il vero arbitro segreto delle sorti di Benito Mussolini, passato dal socialismo al fascismo, dal neutralismo all’interventismo più acceso, e poi dall’appoggio occulto della massoneria a quello, meno occulto ma forse più insidioso, del Vaticano, impegnato – a partire dal Patto Gentiloni – a rientrare (dapprima in sordina) nel grande gioco della politica italiana, dal quale era stato estromesso nel 1861 ad opera del nuovo Stato unitario, liberale e anticlericale, messo in piedi dai massoni Garibaldi, Mazzini e Cavour. Scorci di una storia di cui si occupa Gianfranco Carpeoro, già “sovrano gran maestro” della Serenissima Gran Loggia d’Italia, espressione del Rito Scozzese. Carte alla mano, Carpeoro ricostruisce il ruolo spesso decisivo del Re nella vicenda mussoliniana: prima il non-intervento di polizia ed esercito nella Marcia su Roma, quindi l’incarico a Mussolini, poi addirittura il ruolo (finora inedito) del sovrano nel delitto Matteotti: il leader socialista aveva scoperto, a Londra, che proprio al Savoia era stata concessa una cospicua partecipazione azionaria della Sinclair Oil, compagnia petrolifera statunitense targata Rockefeller, alla quale il governo fascista aveva elargito enormi privilegi nell’estrazione del greggio in Italia e nelle ricerche di giacimenti in Libia.
La pubblicistica più recente sta mettendo a fuoco il ruolo della massoneria nella storia italiana, sempre liquidata in poche righe nei libri scolastici (alla voce “carboneria”) tra le pagine del Risorgimento. L’ideale illuministico – libertà, uguaglianza e fraternità, in antitesi al sistema di privilegi dell’Ancien Régime incarnato dalla teocrazia vaticana – era tra le componenti ideologiche dei massoni libertari che, al netto delle contingenze geopolitiche (il ruolo strategico dello Stivale nel Mediterraneo, crocevia degli interessi anglo-francesi) alimentarono in modo decisivo la spinta unitaria, fino alla Breccia di Porta Pia. Ma poi, come sempre, le cose non andarono come i più idealisti avevano sperato, secondo Carpeoro anche e soprattutto per la perdita prematura di una mente come quella di Cavour. L’Italia nacque zoppa, dopo la feroce repressione del Sud affidata ai generali sabaudi Alfonso La Marmora ed Enrico Cialdini. Un altro generale di sua maestà, il pluridecorato Fiorenzo Bava Beccaris, prese a cannonate la folla milanese affamata dalle tasse. Due anni dopo, nel 1900, l’anarchico Gaetano Bresci fece giustizia a suo modo, assassinando il sovrano, Umberto I di Savoia. L’Italia dei notabili liberali stava per esplodere, sotto la spinta del proletariato rurale e industriale: sulle barricate innanzitutto i socialisti, guidati da un leader come Filippo Turati, massone anche lui, e poi dal giovane giornalista Benito Mussolini, tumultuoso direttore dell’“Avanti”.
A scommettere sul fascismo, racconta la storiografia, furono gli agrari, i latifondisti del Sud e il grande capitale industriale del Nord. Obiettivo: arrestare l’onda rossa del socialismo, “comprando” un leader di cui il popolo socialista si fidava. E faceva male, sottolinea Carpeoro, rivelando che Mussolini era da tempo a libro paga degli inglesi, come loro agente regolarmente stipendiato. Per gradi, è emerso il ruolo della massoneria all’ombra del primo fascismo, quello ancora “sociale” e anticlericale di Piazza San Sepolcro: era imbottito di massoni il vertice fascista, anche in lizza tra loro – da una parte il Grande Oriente, ancora anticlericale, e dall’altra la Gran Loggia, più vicina al tradizionalismo cattolico. Un errore ottico, quello di molti massoni, costretti a pentirsi amaramente di aver sostenuto il Duce, fino a puntare ben presto a sostituirlo con un altro massone, Italo Balbo, poi caduto a Tobruk alla guida del suo velivolo colpito “per errore” dalla contraerea italiana. Non ha portato fortuna, a Mussolini, il divorzio dalla massoneria, giunta infine a schierarsi con la Resistenza, fino a trasformare in atroce rituale (pena del contrappasso) il macabro scempio di Piazzale Loreto, con “l’imperatore” rovesciato e simbolicamente capovolto come l’Appeso dei tarocchi.
Già decenni prima, si domanda Carpeoro, cosa sarebbe successo se Mussolini non fosse riuscito ad allontanare i massoni dal partito socialista? Se quel braccio di ferro l’avesse vinto il massone progressista Matteotti, contrario all’interventismo, l’Italia sarebbe entrata lo stesso nella tragedia della Prima Guerra Mondiale, da cui poi nacquero le tensioni sociali all’origine del fascismo? E cosa sarebbe accaduto se il Duce non avesse scaricato una seconda volta la massoneria, mettendo le logge addirittura fuorilegge per ingraziarsi il Vaticano con cui avrebbe firmato i Patti Lateranensi, mettendo fine al limbo giuridico in cui l’ex Stato Pontificio era rimasto confinato, dal 1861? Per contro, lo stesso potere vaticano non esitò a emarginare il nascente impegno politico dei cattolici, il neonato partito di Sturzo, pur di non ostacolare il nuovo Duce del fascismo, brutale con gli oppositori ma improvvisamente munifico con le gerarchie dell’Oltretevere. Così il regime transitò dal masso-fascismo iniziale al catto-fascismo concordatario, ma – ancora una volta – rimasero fuori dai riflettori i fili più segreti, destinati a collegare in modo insospettabile l’élite di potere, attraverso personaggi come il massone monarchico Badoglio e figure ancora più invisibili come quella dell’inafferrabile Filippo Naldi, primo finanziatore dell’ex socialista Mussolini con i soldi dei gruppi Eridania, Edison e Ansaldo, spaventati dalle crescenti rivendicazioni operaie.
Proprio a Naldi, sopravvissuto a tutte le tempeste e intervistato nel dopoguerra da Sergio Zavoli, Carpeoro dedica svariate pagine del suo saggio: «Naldi era il Licio Gelli dell’epoca, capace di passare indenne da un tavolo all’altro, nel frattempo accumulando fortune economiche». Massone, Naldi, in contatto con gli alleati, con la Corona e con il Vaticano. Uno dei registi della liquidazione di Mussolini, il leader che proprio lui aveva aiutato ad emergere, e che – il 25 luglio del ‘43 – aveva tentato (fuori tempo massimo) di uscire dalla tragedia della guerra e dall’alleanza con Hitler, facendosi mettere in minoranza dal Gran Consiglio del Fascismo. Il piano: far nascere, a Salò, un’entità “sociale”, di nome e di fatto, non più monarchica né così generosa con il clero. Un progetto sabotato da manovre diplomatiche sotterranee: a informare i nazisti furono emissari vaticani, imbeccati da Naldi. Di fronte alla rivelazione di retroscena inediti, c’è chi storce prontamente il naso: la storia, si sostiene, più che da singoli dettagli (magari occulti) è determinata da condizioni molteplici, che coinvolgono milioni di persone, idee, eventi e progetti. Già, ma una cosa non esclude l’altra: sapere ad esempio che era massone l’eroe socialista Giacomo Matteotti, primo vero martire dell’antifascismo, può regalare più profondità di sguardo, evitando di cadere nei più classici stereotipi che dividono il mondo in buoni e cattivi.
Carpeoro – all’anagrafe Gianfranco Pecoraro, avvocato di lungo corso – è un intellettuale di formazione anarco-socialista: idealmente anarchico e vicino al socialismo “utopistico” pre-marxista nel quale risuonano le speranze dei primissimi manifesti rosacrociani, che già all’inizio del ‘600 sognavano un mondo senza più sfruttati, senza più proprietà privata né confini tra le nazioni. Di quell’habitat culturale – esoterico, meta-storico – Carpeoro si è occupato a lungo, come esperto simbologo, fino a sviluppare un progetto editoriale come “Summa Symbolica”, di cui è uscito il primo volume. Anche quest’ultimo lavoro sui retroscena “velati” del Ventennio, cioè la strana alleanza provvisoria tra massoneria e Vaticano all’ombra del Duce, in fondo conferma la tesi di fondo che Carpeoro sostiene: il potere, quale che sia, adotta sempre modalità magico-illusionistiche nel creare leader e uomini del destino, condannati a poi a essere puntualmente rottamati dal momento in cui diventano inutili, e magari ingombranti come Mussolini. Inglesi e americani, massoni e cardinali? Certamente, ma il vero potere resta uno schema astratto, pronto a cambiare maschera all’occorrenza, evitando anche di esporre troppo i suoi esponenti più prossimi e più decisivi: come il Re, vero dominus della parabola mussoliniana.
(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il compasso, il fascio e la mitra”, Uno Editori, 141 pagine, euro 12,90).
Il compasso, il fascio e la mitra. Ma anche la corona: probabilmente è stato proprio l’elusivo Vittorio Emanuele III il vero arbitro segreto delle sorti di Benito Mussolini, passato dal socialismo al fascismo, dal neutralismo all’interventismo più acceso, e poi dall’appoggio occulto della massoneria a quello, meno occulto ma forse più insidioso, del Vaticano, impegnato – a partire dal Patto Gentiloni – a rientrare (dapprima in sordina) nel grande gioco della politica italiana, dal quale era stato estromesso nel 1861 ad opera del nuovo Stato unitario, liberale e anticlericale, messo in piedi dai massoni Garibaldi, Mazzini e Cavour. Scorci di una storia di cui si occupa Gianfranco Carpeoro, già “sovrano gran maestro” della Serenissima Gran Loggia d’Italia, espressione del Rito Scozzese. Carte alla mano, Carpeoro ricostruisce il ruolo spesso decisivo del Re nella vicenda mussoliniana: prima il non-intervento di polizia ed esercito nella Marcia su Roma, quindi l’incarico a Mussolini, poi addirittura il ruolo (finora inedito) del sovrano nel delitto Matteotti: il leader socialista aveva scoperto, a Londra, che proprio al Savoia era stata concessa una cospicua partecipazione azionaria della Sinclair Oil, compagnia petrolifera statunitense targata Rockefeller, alla quale il governo fascista aveva elargito enormi privilegi nell’estrazione del greggio in Italia e nelle ricerche di giacimenti in Libia.

La pubblicistica più recente sta mettendo a fuoco il ruolo della massoneria nella storia italiana, sempre liquidata in poche righe nei libri scolastici (alla voce “carboneria”) tra le pagine del Risorgimento. L’ideale illuministico – libertà, uguaglianza efraternità, in antitesi al sistema di privilegi dell’Ancien Régime incarnato dalla teocrazia vaticana – era tra le componenti ideologiche dei massoni libertari che, al netto delle contingenze geopolitiche (il ruolo strategico dello Stivale nel Mediterraneo, crocevia degli interessi anglo-francesi) alimentarono in modo decisivo la spinta unitaria, fino alla Breccia di Porta Pia. Ma poi, come sempre, le cose non andarono come i più idealisti avevano sperato, secondo Carpeoro anche e soprattutto per la perdita prematura di una mente come quella di Cavour. L’Italia nacque zoppa, dopo la feroce repressione del Sud affidata ai generali sabaudi Alfonso La Marmora ed Enrico Cialdini. Un altro generale di sua maestà, il pluridecorato Fiorenzo Bava Beccaris, prese a cannonate la folla milanese affamata dalle tasse. Due anni dopo, nel 1900, l’anarchico Gaetano Bresci fece giustizia a suo modo, assassinando il sovrano, Umberto I di Savoia. L’Italia dei notabili liberali stava per esplodere, sotto la spinta del proletariato rurale e industriale: sulle barricate innanzitutto i socialisti, guidati da un leader come Filippo Turati, massone anche lui, e poi dal giovane giornalista Benito Mussolini, tumultuoso direttore dell’“Avanti”.

A scommettere sul fascismo, racconta la storiografia, furono gli agrari, i latifondisti del Sud e il grande capitale industriale del Nord. Obiettivo: arrestare l’onda rossa del socialismo, “comprando” un leader di cui il popolo socialista si fidava. E faceva male, sottolinea Carpeoro, rivelando che Mussolini era da tempo a libro paga degli inglesi, come loro agente regolarmente stipendiato. Per gradi, è emerso il ruolo della massoneria all’ombra del primo fascismo, quello ancora “sociale” e anticlericale di Piazza San Sepolcro: era imbottito di massoni il vertice fascista, anche in lizza tra loro – da una parte il Grande Oriente, ancora anticlericale, e dall’altra la Gran Loggia, più vicina al tradizionalismo cattolico. Un errore ottico, quello di molti massoni, costretti a pentirsi amaramente di aver sostenuto il Duce, fino a puntare ben presto a sostituirlo con un altro massone, Italo Balbo, poi caduto a Tobruk alla guida del suo velivolo colpito “per errore” dalla contraerea italiana. Non ha portato fortuna, a Mussolini, il divorzio dalla massoneria, giunta infine a schierarsi con la Resistenza, fino a trasformare in atroce rituale (pena del contrappasso) il macabro scempio di Piazzale Loreto, con “l’imperatore” rovesciato e simbolicamente capovolto come l’Appeso dei tarocchi.

Già decenni prima, si domanda Carpeoro, cosa sarebbe successo se Mussolini non fosse riuscito ad allontanare i massoni dal partito socialista? Se quel braccio di ferro l’avesse vinto il massone progressista Matteotti, contrario all’interventismo, l’Italia sarebbe entrata lo stesso nella tragedia della Prima Guerra Mondiale, da cui poi nacquero le tensioni sociali all’origine del fascismo? E cosa sarebbe accaduto se il Duce non avesse scaricato una seconda volta la massoneria, mettendo le logge addirittura fuorilegge per ingraziarsi il Vaticano con cui avrebbe firmato i Patti Lateranensi, mettendo fine al limbo giuridico in cui l’ex Stato Pontificio era rimasto confinato, dal 1861? Per contro, lo stesso potere vaticano non esitò a emarginare il nascente impegno politico dei cattolici, il neonato partito di Sturzo, pur di non ostacolare il nuovo Duce del fascismo, brutale con gli oppositori ma improvvisamente munifico con le gerarchie dell’Oltretevere. Così il regime transitò dal masso-fascismo iniziale al catto-fascismo concordatario, ma – ancora una volta – rimasero fuori dai riflettori i fili più segreti, destinati a collegare in modo insospettabile l’élite di potere, attraverso personaggi come il massonemonarchico Badoglio e figure ancora più invisibili come quella dell’inafferrabile Filippo Naldi, primo finanziatore dell’ex socialista Mussolini con i soldi dei gruppi Eridania, Edison e Ansaldo, spaventati dalle crescenti rivendicazioni operaie.

Proprio a Naldi, sopravvissuto a tutte le tempeste e intervistato nel dopoguerra da Sergio Zavoli, Carpeoro dedica svariate pagine del suo saggio: «Naldi era il Licio Gelli dell’epoca, capace di passare indenne da un tavolo all’altro, nel frattempo accumulando fortune economiche». Massone, Naldi, in contatto con gli alleati, con la Corona e con il Vaticano. Uno dei registi della liquidazione di Mussolini, il leader che proprio lui aveva aiutato ad emergere, e che – il 25 luglio del ‘43 – aveva tentato (fuori tempo massimo) di uscire dalla tragedia della guerra e dall’alleanza con Hitler, facendosi mettere in minoranza dal Gran Consiglio del Fascismo. Il piano: far nascere, a Salò, un’entità “sociale”, di nome e di fatto, non più monarchica né così generosa con il clero. Un progetto sabotato da manovre diplomatiche sotterranee: a informare i nazisti furono emissari vaticani, imbeccati da Naldi. Di fronte alla rivelazione di retroscena inediti, c’è chi storce prontamente il naso: la storia, si sostiene, più che da singoli dettagli (magari occulti) è determinata da condizioni molteplici, che coinvolgono milioni di persone, idee, eventi e progetti. Già, ma una cosa non esclude l’altra: sapere ad esempio che era massone l’eroe socialista Giacomo Matteotti, primo vero martire dell’antifascismo, può regalare più profondità di sguardo, evitando di cadere nei più classici stereotipi che dividono il mondo in buoni e cattivi.

Carpeoro – all’anagrafe Gianfranco Pecoraro, avvocato di lungo corso – è un intellettuale di formazione anarco-socialista: idealmente anarchico e vicino al socialismo “utopistico” pre-marxista nel quale risuonano le speranze dei primissimi manifesti rosacrociani, che già all’inizio del ‘600 sognavano un mondo senza più sfruttati, senza più proprietà privata né confini tra le nazioni. Di quell’habitat culturale – esoterico, meta-storico – Carpeoro si è occupato a lungo, come esperto simbologo, fino a sviluppare un progetto editoriale come “Summa Symbolica”, di cui è uscito il primo volume. Anche quest’ultimo lavoro sui retroscena “velati” del Ventennio, cioè la strana contiguità provvisoria tra massoneria e Vaticano all’ombra del Duce, in fondo conferma la tesi di fondo che Carpeoro sostiene: il potere, quale che sia, adotta sempre modalità magico-illusionistiche nel creare leader e uomini del destino, condannati a poi a essere puntualmente rottamati nel momento in cui diventano inutili, e magari ingombranti come Mussolini. Inglesi e americani, massoni e cardinali? Certamente, ma il vero potere resta uno schema astratto, pronto a cambiare maschera all’occorrenza, evitando anche di esporre troppo i suoi esponenti più prossimi e più decisivi: come il Re, uno dei dominus della parabola mussoliniana.

(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il compasso, il fascio e la mitra”, Uno Editori, 141 pagine, euro 12,90).

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Towards a Positive Euro Area Fiscal Stance - EPSC - European Commission

1. Su Huffington Post rimbalza questa notizia che è sostanzialmente un (clamoroso) rumor (avvertenza preliminare: il titolo è un tantinello "fuorviante" come vedrete).
"Juncker vuole allentare ulteriormente i criteri dei conti pubblici nell'Eurozona". La rivelazione dello Spiegel
1.1. Proviamo a farne un commento (componendo un quadro con gli "indizi", a suo tempo, forniti dal paper della Commissione linkato sotto la tabella che serve come immagine del post; un paper che, anch'esso, fu pubblicato alla vigilia del referendum costituzionale in Italia...):
"Assieme alle proposte per approfondire l'Unione monetaria (EMU), previste per mercoledì, potrebbe arrivare anche un nuovo allentamento delle regole sui conti pubblici. Almeno, stando al tedesco Der Spiegel, è ciò che vorrebbe il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, che sta limando il documento sull'EMU: l'idea è di far valere il tetto del 3% di deficit per l'insieme della zona euro, affinché diventi meno importante il suo rispetto da parte dei singoli Stati.
Perché - è il ragionamento dello Spiegel - quelli in pareggio, o in surplus, compenserebbero i deficit elevati.

Far rispettare la regola del 3% solo all'intera Eurozona, scrive lo Spiegel, "avrebbe dei vantaggi per i Governi che non vogliono risparmiare", cioè che non vogliono tagliare la spesa pubblica. Perché "più alcuni Paesi portano i bilanci in pareggio o accumulano surplus, più altri possono avere deficit alti", visto che il 3% non va superato nell'insieme."
Insomma: la voce mediatica tedesca, smentendo decenni di giustificazioni morali del suo atteggiamento mercantilista e violativo dei trattati, invece di predicare l'aggiustamento- quello che per Draghi è TINA, essendo ogni alternativa "unrealistic"-, inciterebbe all'asimmetria e, in pratica, ribadisce, ex parte Germania, la ferma intenzione di non reflazionare, ammettendo invece che lo possano fare i paesi debitori.
Tonnellate di "credibilità" andrebbero in fumo e gli squilibri commerciali, i differenziali di condizioni di credito e i flussi di denaro per finanziare tutto questo indebitamento (verso la Germania), ricomincerebbero. Con tutti i rischi di un nuovo sudden stop e di imposizione futura di misure di rientro del debito (estero, privato e verso la Germania) via correzione fiscale "austera".
A meno che...

2. Teniamo conto del fatto che la praticabilità di questo "aggiustamento" tarato sul fiscal compact, pur circondato da un incosciente ottimismo, iniziava (già un anno fa) a mostrare delle crepe "ufficiali":
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Dati conditi da ammissioni abbastanza clamorose (per essere la Commissione Ue):
Box 1: Abnormal circumstances increase fiscal multipliers
Intense discussions around the speed of fiscal consolidation and the role of fiscal policy in the current economic environment started when fiscal stabilisation in euro area crisis countries coincided with a higher than expected fall in GDP.
3. La "novella riformista" di Spiegel appare perciò scientemente congegnata su un piano comunicativo che avrebbe dello stupefacente, se non fosse ridicolmente poco credibile, per lo meno lasciando immutato lo "stato delle cose" originariamente e costantemente perseguito con la stessa creazione dell'euro (germanocentrico):
"Inoltre, prosegue il magazine tedesco, "la Commissione non vuole più applicare il Fiscal Compact perché si concentra troppo sui livelli di debito degli Stati". [Wow!]
Si andrebbe insomma delineando un quadro molto favorevole ai Paesi con i conti ancora da risanare, perché potrebbero allentare gli sforzi ora costretti a fare per rispettare le rigide regole create dopo la crisi.

Ma la bozza del piano sull'EMU è ancora aperta, e fino all'ultimo i suoi contenuti potranno cambiare.
E' già noto, però, che conterrà la proposta di trasformare il fondo salva-Stati ESM (attualmente una istituzione intergovernativa) nel Fondo Monetario europeo, che diventerebbe un'istituzione soggetta alle regole del diritto Ue e non all'accordo tra Stati.

E quindi la Commissione, oggi estromessa, avrebbe invece potere su di esso.
Facendo tramontare per sempre l'obiettivo dell'ex ministro Schauble di dare all'ESM quei poteri di verifica dei conti pubblici che oggi ha la Commissione.
Il documento conterrà anche l'idea di creare un superministro del Tesoro della Ue, fondendo l'attuale commissario agli affari economici e il presidente dell'Eurogruppo.
La Commissione accoglierà poi l'idea del francese Macron di creare un bilancio della zona Euro, nonostante l'aperta opposizione della Germania. Infine, dall'ESM si creerà una linea di credito che farà da 'backstop', o 'paracadute', al fondo salva-banche."

4. Anche qui, pare che, non dico all'Eurogruppo, ma allo Spiegel, si siano letti questo post (p.10 infra) e abbiano deciso di divulgare una puntuale prospettiva che induca - gli elettori italiani?- a pensare...il contrario; con una generale "corrispondenza", seppure condendolo di contraddizioni e dimenticanze su aspetti fondamentali che, conoscendo "lo spirito solidale" che caratterizza la costruzione europea e le previsioni fondamentali dei trattati, ci paiono più raggelanti che rassicuranti (anche considerando che la visione di Schauble non era poi così irrealizzabile, irrealistica, e "sconfitta in partenza": qui, p.15):
"10...Ferma la "irrealistica" praticabilità di un adeguato bilancio fiscale federale, il massimo che si tenterà di fare, e che Macron è predisposto ad accettare per sua "forma mentis", è un inadeguato bilancio di tal genere: cioè composto con risorse fornite, da tutti i paesi dell'eurozona, in proporzione maggiorata in rapporto al PIL, rispetto all'attuale contribuzione, ma senza alcun intervento solidale-compensativo a carico della Germania.
Questo pseudo bilancio federale - che non avrebbe alcuna funzione di riequilibrio delle asimmetrie interne, ma solo la veste di un'esosa esazione aggiuntiva aggravante la situazione fiscale dei paesi in crisi di competitività-, sarebbe semmai, in più, farcito di un ESM trasformato in trojka permanente, intenta a "sorveglianze" di bilancio direttamente sostitutive delle politiche fiscali residue dei paesi dediti all'aggiustamento (quindi moltiplicando il "trattamento Grecia" per chiunque non correggesse di qualche decina di punti percentuali il costo del lavoro, tramite il dilagare della disoccupazione e la distruzione del welfare) e con un ministro euro-finanziario fantoccio della "guida" tedesca".
Ovviamente Germania sic statibus.

5. In effetti, il "fondo salva banche" non ci risulta che esista e che la Germania intenda accettarlo mai (qui, p.7 e relativi links a "fonti storiche").
Così come, per la Germania, è fuori discussione, il dover contribuire ad un bilancio federale, con le risorse del proprio sistema fiscale nazionale: cioè coi i famosissimi soldi dei contribuenti tedeschi, che con la mera "ipotesi di OMT", o a causa dello stesso QE (da cui discussioni lunari su Target-2 e mal di pancia di Weidmann), erano stati subitaneamente agitati con tanto di mobilitazione della Corte costituzionale tedesca che aveva anche impartito istruzioni, prontamente accolte dalla CGUE.
D'altra parte, vigente il divieto di bail-out degli Stati e il divieto di porre a carico di un qualsiasi Stato dell'eurozona le passività a qualsiasi titolo imputabili a un altro membro dell'eurozona, l'indiscrezione di Spiegel potrebbe sembrare più uno scherzo, un'allegra goliardata, dimentica del fatto che per modificare nei sensi ipotizzati i trattati occorre l'unanimità. Cioè il consenso costitutivo degli stessi tedeschi.

6. Allora, le spiegazioni di questa "uscita" sono così ipotizzabili (una debole e una forte):
a) puro rumor strategicamente comunicato per motivi pre-elettorali riguardanti l'Italia: le conseguenze macroeconomiche dell'accoglimento di questa "riforma" sono infatti stranote ai tedeschi così come ai vari De Grauwe; come pure sono stranote le condizioni procedurali e di consenso previste per modificare le norme dei trattati stessi. Lo stesso "taglio" della notizia data da Spiegel parrebbe così caratterizzato da cotanta "leggerezza" (nel senso di "incautela") da avvalorare questa ipotesi. Finita le kermesse elettorale italiana e regolata la questione "governabilità" in Germania (magari con nuove elezioni), si tornerebbe all'ipotesi vera;
c) in alternativa, i tedeschi intendono uscire dall'eurozona e lasciano agli altri paesi che ci rimarrebbero dentro di accordarsi su un regime (solo) moderatamente più "elastico" dal punto di vista fiscale.
Infatti, se si sottrae la posizione fiscale tedesca dal quadro degli indebitamenti fiscali dei paesi dell'eurozona, e la si pondera rispetto al PIL dell'eurozona, una media del 3% per i "rimanenti" non è detto che sia un fondamentale allentamento della disciplina di rigore di bilancio.
7. Mentre la German-€xit condurrebbe ad un sicuro drastico taglio del surplus delle partite correnti dell'eurozona (rispetto al PIL dei paesi rimanenti: e specialmente se alla Germania si aggiungesse il "satellite" Olanda)
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Ma soprattutto, ove fosse instaurata una nuova era di (moderata) minor austerità fiscale, per una Germania "fuori", l'abrogazione (o "superamento") del fiscal compact rispetto ai paesi rimanenti, sarebbe un ottimo strumento per (tentare di) mantenere le quote di mercato nell'eurozona, pur avendo, inevitabilmente rivalutato.
La cosa dovrebbe essere intuitiva: la domanda interna e l'occupazione dell'eurozona residua, ( e quindi i redditi), sarebbero riespandibili (via fiscale) e assorbirebbero l'offerta tedesca, almeno in parte, anche ai nuovi livelli di prezzi relativi.
Anzi, un mantenimento dell'eurozona, e della guidance fiscale in capo alla Commissione, nel quadro delle nuove norme dei trattati previste, aiuterebbero proprio ad evitare che i singoli Stati procedessero a drastiche politiche fiscali di riduzione della domanda interna, per evitare di rovinare i conti con l'estero in caso di rottura totale della moneta unica e, quindi, di ritorno alle rispettive valute (rammentiamo l'Italia post 1992-uscita dallo SME e il notorio disastro dell'export tedesco che ne conseguì; episodio dimenticato-riaggiustato ex post in Italia, ma che, nel resto d'€uropa, devono rammentare molto meglio).

8. Sarebbe inutile scervellarsi per individuare altre ragioni - peraltro concomitanti- dietro a questa (apparente) notizia-bomba. I "corollari" sono evidenti: fare anche un favore a Macron e fargli superare le sue difficoltà interne riaffermandone la leadership €uropea, condita da esercito comune €uropeo; pensare che la regia USA tenda a consentire una riespansione della domanda interna e una maggior ripresa dell'occupazione - e delle importazioni- in €uropa, e via dicendo... .
Perché si applica sempre il ben noto criterio di Sherlock Holmes:
Una volta eliminato l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev'essere la verità.
dal film "Sherlock Holmes" di Roy William Neill
da PensieriParole


P.S: anche con la versione Macron leading, ovverosia...Attali nuovo sceriffo in città, si realizza, con opportuni adattamenti, un "sincretismo" tra queste due linee di sviluppo (cioè con un euro senza la Germania e questa che rivaluta):



Quanto al punto qui sotto, poi, a "euro" occorre sostituire "marco" e, ad "Hayek", "Attali-Soros, secondo un'attenta ricostruzione russo-francese ("Selon Valentin Katsonov, du Strategic Culture Foundation, professeur, docteur en sciences économiques, membre associé de l’Académie russe des sciences économiques et des affaires, «il existe d’autres vétérans des médias politiques et financiers qui ont aidé Soros avec son travail de propagande, inclus l’ancien président de la Banque européenne pour la reconstruction et le développement (BERD), Jaques Attali. Les philosophies entre George Soros et Jacques Attali sont saisissantes. Tous deux sont cosmopolites à fond, les deux ont mis leur confiance dans le rôle organisationnel des banques, les deux attaquent ce qui reste de culture et religion, les deux estiment la nécessité d’une banque centrale mondiale, une armée mondiale, etc. On dirait qu’ils ont, ensemble, un seul boss et un seul client !»") :
E in fondo la questione dell'euro va vista solo su questo piano: uscirne per rimanere nel dominio incontrastatto dei "nipotini di Von Hayek" è un'operazione di facciata. Una beffa. Uscirne per ripristinare la sovranità dei diritti, costituzionale e universalistica, è la vera frontiera della democrazia
 
AL RIPARO DEL PROCESSO ELETTORALE: LA BC INDIPENDENTE "GUIDA", MA SE VA A SBATTERE E' SEMPRE COLPA DEI CITTADINI [/paste:font]

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Alla veneranda età di 91 anni anche M.Friedman ammette di essersi sbagliato ("The use of quantity of money as a target has not been a success……I'm not sure I would as of today push it as hard as I once did”)
1. L'indipendenza delle banche centrali viene propugnata e imposta negli USA e in tutta €uropa (a cominciare dalla Francia con la famosa "legge Rotschild" del 1973 e, a seguire, in Italia con lo "statuto della moneta", v.pp.3-5, derivante dal divorzio, in contrapposizione al modello costituzionale) per combattere l'inflazione e "l'eccesso di spesa pubblica" (sempre inflattiva e improduttiva, naturalmente).
Si trattava, tra il volgere degli anni '70, col loro duplice shock petrolifero, e gli anni '80, con l'esaltazione della finanziarizzazione (prima degli Stati e di conseguenza dell'intera economia "liberalizzata") di ipostatizzare il monetarismo di Milton Friedman (poi da egli stesso rinnegato) e di imporre la politica monetaria restrittiva e, come tale, credibile, tutta affidata all'esclusiva competenza delle banche centrali "al riparo dal processo elettorale".

2. Nell'eurozona, poi, il modello monetaristico-deflattivo, posto "al riparo dal processo elettorale", - cioè dalla corruzione "legalizzata" dei parlamenti: Hayek ipse dixit, qui p.8 - giunge al suo modello c.d. "puro", caratterizzato dall'esplicito "divieto di finanziamento" della BC ai governi, che è, nella sostanza, un "divieto della funzione (democratica) di tesoriere del governo" (quest'ultimo, in quanto, appunto legittimato dal processo elettorale...); qui, p.5:
"In realtà la neutralità della politica monetaria (affidata alla BC indipendente) non svolge gli EFFETTI DIRETTI DICHIARATI nel contenere-ridurre l’inflazione.
Questo perché la sottesa teoria quantitativa della moneta (eccesso di offerta come causa dell’inflazione, abbracciata da Bundesbank e imposta a BCE), ovvero la teoria della presunta rigidità della curva LM (rispetto a al tasso di interesse) nei fatti E’ SMENTITA DALLA NATURA ENDOGENA DELLA MONETA. Cioè, empiricamente tutto conferma che la quantità di moneta complessiva dipende dalla formazione e dal livello dei prezzi e non viceversa.

Piuttosto il vero obiettivo di tale dottrina è L’EFFETTO COLLATERALE, FINANZIARIO PUBBLICO, ritenuto capace di AGIRE SULL’INFLAZIONE nel modo redistributivo (verso l'alto) voluto. Più specificamene è l’effetto sul contenimento salariale e quindi sulla crescita, vista come obiettivo recessivo in favore della “stabilità finanziaria e dei pressi”. Cioè:
1) la BC non finanzia-monetizza il deficit pubblico, il che comprime naturalmente il risparmio privato perché
2) rende più costoso l’onere del debito ed induce a comprimere la spesa pubblica primaria (il che riafferma il valore ideologico del crowding-out, cioè della ipotizzata maggior efficienza dell’allocazione delle risorse ai privati, derivata dalla presunta elasticità degli investimenti rispetto al tasso di interesse);
3) si ottiene così di sterilizzare progressivamente l’intervento pubblico e di avere una crescente disoccupazione, (non correggibile con espansione fiscale)
4) la quale disoccupazione crescente (intesa come naturale) diminuisce come tale il livello salariale e quindi l’inflazione...e il risparmio (come parte non consumata del reddito; specialmente di coloro, quasi tutti, che hanno un basso reddito e il vincolo ad un'alta propensione al consumo)".

3. Questo schema, si risolve, evidentemente, in una conformazione della stessa economia e dei comportamenti degli stessi operatori con conseguenze "non banali".
Ciò trova una conferma nel modo in cui Zerohedge, riportando un advice agli investitori di Michael Lebowitz, riassume l'evoluzione delle politiche monetarie credibili, - come baricentro principale, se non unico, delle politiche economiche suppostamente "efficaci", lasciate alle banche centrali indipendenti (e molto poco ai parlamenti)-, in conseguenza della crisi finanziaria (strutturalmente conseguita alla finanziarizzazione delle economie):
"Le finalità perseguite dalle banche centrali sono in generale triplici:
  • Espandere l'offerta di moneta per consentire l'ulteriore proliferazione del (credito-)debito, che è tristemente divenuta la lifeline della maggior parte delle economie sviluppate.
  • Guidare più in alto i prezzi degli asset finanziari per creare un "effetto ricchezza" (ndr: qui, p.4: cavallo di battaglia dei neo-keynesiani). Questo mito si fonda sulla credenza che prezzi più alti degli asset finanziari determinino una maggior crescita economica in quanto la ricchezza si diffonda alle masse.
    • “E prezzi crescenti delle azioni alimenteranno la ricchezza dei consumatori e aiuteranno ad accrescere la "fiducia", che può anche spingere la spesa. L'aumento della spesa porterà a redditi e profitti più alti, in un circolo virtuoso, che supporterà ulteriormente l'espansione dell'economia.”– Ben Bernanke Editorial Washington Post 11/4/2010.
  • Infine, generare inflazione, per aiutare ad alleggerire il peso del debito.
Il QE ha forzato al ribasso gli interessi e abbassato la spesa per interessi per tutti i debitori. Simultaneamente, ha alimentato l'ammontare di un debito rilevantissimo. L'effetto netto è che il peso del debito globale è cresciuto in termini nominali e come percentuale della crescita economica a partire dal 2008. Il peso del debito è divenuto persino più pesante (burdensome).
L'effetto ricchezza sta mettendo la ricchezza nelle mani di una piccola minoranza della popolazione, con benefici trascurabili, se non nulli, che escludono la maggioranza della popolazione stessa.
La versione di Bernanke del circolo virtuoso, sopra enfatizzata, è lontana dall'essere virtuosa, a meno che non si sia collocati nel 5-10% delle famiglie più ricche...
L'inflazione dal 2008 è stata bassa, e la deflazione continua ad essere una preoccupazione principale della maggior parte dei banchieri centrali. E' poiché il QE, in tutti i casi, era focalizzato sui prezzi degli asset finanziari e non sui prezzi di beni e servizi dell'economia reale, l'inflazione che era inanemente ricercata non si è verificata.
Per riassumere la nostra visione, le politiche monetarie ampiamente inefficaci, stanno determinando pochi benefici economici. Queste politiche stanno accrescendo il peso schiacciante del debito (del "settore privato") e accentuando l'ulteriore destabilizzazione sociale.
Peggio ancora, queste politiche sono imbottite di conseguenze che appaiono dormienti ma che devono ancora emergere. La principale preoccupazione, che è addirittura annunciata come positiva, è la gigantesca distorsione dei prezzi finanziari in tutto il mondo..."

4. Questa radiografia di un insuccesso (che porta alle soglie di un nuovo grande disastro), - sebbene ignori il problema a monte di tutto ciò, e cioè l'assetto del mercato del lavoro, a sua volta reso TINA dalla precedente lunga fase restrittiva credibile delle BC indipendenti- creando quindi una situazione sempre meno gestibile, ci riporta a quanto aveva a suo tempo ricordato questo commento di Arturo:
"Che le banche centrali “indipendenti” siano il primo braccio armato dei “mercati” - evidentemente non se ne escludono altri, meno “autorevoli” ma più autoritari - si comincia a dirlo apertamente anche in ambito scientifico mainstream. Qualche giorno fa su twitter è stato rilanciato con apprezzamento il recente articolo, di un autore che conoscete (Tooze, storico dell'economia, particolarmente attuale nei suoi studi sulla effettiva politica economica del nazismo), sulla questione dei “bond vigilantes” in una prospettiva di storia recente (sarebbe interessante andare anche più indietro, come sappiamo, ma accontentiamoci).
L’articolo è stato tradotto da Voci e merita lettura integrale; intanto però ve ne riporto un paio di passaggi chiave:
Un grande contrasto con il comportamento delle banche centrali durante il “Volcker shock” negli anni 80, quando queste aprirono la strada all’aumento dei tassi. È questa esperienza storica che costituisce il tacito presupposto delle teorie del dominio del mercato obbligazionario [qui la traduzione secondo me è fuorviante: sta parlando di public bonds, ossia di titoli del debito pubblico]. Si presumeva che la banca centrale restasse passiva o addirittura prendesse le parti dei bond vigilantes contro i governi spendaccioni. In questo senso le teorie del potere del mercato dei capitali erano, più o meno implicitamente, anche teorie sulla lotta all’interno dello Stato. Le relazioni tra i governi eletti e i mercati dei capitali sono state triangolate da un terzo polo, i funzionari, i tecnici e gli economisti che manovrano la politica finanziaria e monetaria. La vasta letteratura politica economica sull’“indipendenza” della banca centrale è testimonianza di questo punto.
“Indipendenza” in questo contesto significa la capacità e la volontà dei banchieri centrali di sfidare la volontà dei governi eletti, non la loro “indipendenza” dagli interessi o dalle idee dei “mercati”. Sebbene perseguano le loro carriere nei ministeri e nelle banche centrali, questi funzionari mantengono comunemente stretti rapporti con i mercati e spesso, terminata l’esperienza politica, assumono incarichi nel settore privato.


La lettera a Berlusconi è stata firmata anche da Draghi, in quanto Presidente della Banca d’Italia e successore di Trichet alla BCE. La minaccia della BCE era che, a meno che i governi non avessero agito come richiesto dalla banca centrale, essa avrebbe ritirato il suo sostegno sia al debito sovrano sia a quello bancario, permettendo che il circolo vizioso debito sovrano/sistema bancario dispiegasse pienamente i suoi effetti.
Visto da questo punto di vista, parlare in termini di “bond vigilantes” che impongono le regole è eufemistico. Il ruolo dei mercati obbligazionari in rapporto alla BCE e al dominante governo tedesco era non tanto quello di un vigilante che colpisce a ruota libera, quanto quello di gruppi para-militari che vengono autorizzati al pestaggio sotto lo sguardo della polizia.


5. Appunto: al riparo dal processo elettorale e in guisa di vigilantes para-militari al servizio di interessi privati. Non sovrani, cioè non democratici, tutt'altro.
Ed è per questo, per tutto quanto finora visto, assunto come un contesto i cui effetti negativi non paiono più arrestabili, proprio per la mancanza della più elementare capacità di autocritica del sistema imperniato sulle banche centrali indipendenti, che non si può non accogliere con una certa apprensione questa dichiarazione di Draghi:



5.1. Si scorge come una strana insinuazione: il fallimento delle politiche monetarie "non convenzionali" non pare minimamente in gioco e, anzi, quasi attribuito a qualche comportamento dei "cittadini", a cui già, come corpo elettorale dedito alla (formale) democrazia, era in precedenza comunque imputata l'inflazione, (assolutamente da correggere); "loro" sanno cosa fare e non si può porre in contestazione il paradigma monetarista, lo spiazzamento e la cattiva spesapubblicaimproduttiva.
Basta che i mercati impongano la loro superiore razionalità "al riparo" dalle incertezze inefficienti del processo elettorale, e debt-deflation, cioè aumento esponenziale dell'indebitamento privato e irrisolvibilità della stagnazione deflattiva, saranno brillantemente risolvibili. Credeteci: sono "credibili"!

Pubblicato da Quarantotto a 10:40 4 commenti
 
MARIO MONTI E' IL RESPONSABILE DEL DISASTRO DERIVATI. LA CORTE DEI CONTI ACCUSA.
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13 dicembre - In merito ai derivati sottoscritti dal Tesoro,''quando Morgan Stanley alla fine del 2011 dichiara di voler esercitare la clausola di early termination, il Mef non approfondisce la fondatezza di questa pretesa, e omette la valutazione di uno dei principali rischi gestionali operativi, cioè il rischio legale''. Lo ha detto Massimiliano Minerva, sostituto procuratore presso la Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti, nel corso di un'audizione davanti alla commissione di Inchiesta sulle banche. ''C'erano numerosi elementi - ha aggiunto Minerva - che avrebbero potuto supportare valutazioni e azioni negoziali prima del prospettato esercizio della clausola, oppure una strategia ex post: una volta che la banca ha chiesto l'attivazione della clausola, adottare una strategia di tipo oppositivo o esplicitamente contenzioso''. La decisione sotto accusa della Corte dei conti fu presa personalmente da Mario Monti, presidente del Consiglio e ministro delle Finanze. Infatti, si tenne la delega[/URL]
 
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Autore sovranidadeblogScritto il aprile 18, 2017aprile 21, 2017Categorie MONETA NOSTRALeave a comment on Moneta Nostra avanza a passi da gigante.
Marco Saba spiega MONETA NOSTRA
Di Lucio Sanna

ISTRUZIONI PER CREARE EURO SCRITTURALI E USARLI PER PAGAREBANCHE E TASSE (OVVIAMENTE, NON VI E’ ALCUNA GARANZIA DI ACCETTAZIONE DA PARTE DEI SUPPOSTI CREDITORI)

Su carta intestata con dati fiscali e data.

CONSIGLIO DI USARE PEC CON FIRMA ELETTRONICA CERTIFICATA

CONSIGLIO ANCHE DI INVIARE LA PEC PER CONOSCENZA ANCHE ALLA BANCA D’ITALIA

Spett.: (Creditore) ……

Indirizzo:_________________

VIA PEC_____________________________

In relazione alla pretesa creditoria che avete azionato col precetto datato______________________di €___________________________ e successiva esecuzione forzata,

PREMESSO CHE:

1 – Lo Stato, come pure BRI, BCE, EBA e KMPG, ammettono e accettano la prassi con cui le banche non centrali creano moneta scritturale nell’erogare prestiti e pagamenti,

2- Il Tribunale di Bolzano, con l’ordinanza 06/09/16 resa nella pendente esecuzione forzata rg 216/14, afferma: “quanto, invece, alla violazione dell’art 127 (ex art 105) del trattato istitutivo dell’Unione Europea, non si capisce per quale motivo la creazione di moneta attraverso il sistema bancario possa violare tale norma, che nulla dispone in tal senso, come è assolutamente irrilevante il riferimento all’art 10 TUB, che non vieta tale sistema, posto che comunque l’Euro è una moneta non rappresentativa, per cui non è richiesto un controvalore per ogni biglietto stampato come all’era del sistema aureo…”.

3- Questa facoltà delle banche non centrali di creare ed emettere euro scritturali (girali) in assenza di qualsiasi norma di legge che conferisca loro questa facoltà, è riconosciuta in base al principio che ciò che non è proibito o riservato, è lecito.

4-In forza del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, il predetto principio si applica a tutti i soggetti; dunque tutti, non solo le banche, possono creare danaro fiduciario denominato in euro (la semplice emissione contro denaro preesistente è invece normata e limitata ai possidenti i requisiti di legge);

2 – Con la presente, e con scritturazione contabile di cui allego copia, in applicazione del principio enunciato dal Tribunale, creo ____________ euro scritturali e ve li bonifico, invitandovi a contabilizzarli correttamente subito, a estinzione del mio debito pregresso, provvedendo io stesso a contabilizzarne correttamente la creazione, ovvero mettendo nelle ENTRATE la quantità di euro creati e nelle USCITE quelli spesi.

3 – Non è necessario che rispondiate alla presente in quanto la ricevuta elettronica di consegna vale per quietanza d’effettuato pagamento.

CAVEAT: Qualora il pagamento non venisse accettato, il debito si considererà comunque estinto poiché, non è consentito rifiutare l’euro come mezzo di pagamento finale.

Cordiali saluti,

Scrittura contabile di creazione di euro scritturali

Soggetto ___________________________

Partita Iva___________________________

DATI GENERALI

Esercizio giornale 2016
Esercizio bilancio 2016
Data registrazione 11/10/2016
Causale: Pagamento mutui, interessi, spese
Creatore-emittente:_____________________ data: 11/10/2016

Data di ultima modifica:_____________________

Valuta: Euro

CONTI
Conto Descrizione Dare Avere
Cassa moneta scritturale 100.000
Ricavi da creazione di moneta scritturale 100.000
CONTI

Saldo mutuo banca X 40.000
Commiss., interessi, spese bancarie 60.000
Cassa moneta scritturale 100.000
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Autore sovranidadeblogScritto il aprile 13, 2017aprile 13, 2017Categorie MONETA NOSTRALeave a comment on Marco Saba spiega MONETA NOSTRA
MONETA NOSTRA E IL GIUDICE IN TRIBUNALE…


Tribunale di Cremona: il debitore e il denaro scrittuREALE

UNA SENTENZA PER MONETA NOSTRA
http://marcodellaluna.info/sito/2017/04/05/una-sentenza-per-moneta-nostra/





avv-marco-della-luna.jpg

MONETA NOSTRA
Alle volte i giudici sembrano voler difendere il sistema di profitto e potere dei banchieri, mentre in realtà lo minano alle fondamenta (anche se ci arrivano attraverso una serie di errori).

Oggi un Giudice del Tribunale di Cremona, giudicando sull’opposizione di una mia cliente disoccupata contro una banca che le sta vendendo all’asta l’unica casa, dopo lungo pensamento sulle mie eccezioni di nullità del mutuo in relazione al fatto che la banca non aveva prestato denaro ma semplice promesse contabili di denaro, e che la legge non autorizza le banche a creare euro, ha deciso in favore della banca, respingendo l’opposizione. I motivi che ha dichiarato per tale sue decisione sono esposti sotto, ciascuno seguito da confutazione in grassetto.

che è incontestato l’impiego della somma mutuata, da parte [della debitrice opponente], ai fini del pagamento del corrispettivo per l’acquisto dell’immobile cui il contratto di mutuo era preordinato, e che, dunque, in tale funzione economico/sociale è rinvenibile la causa concreta del negozio di mutuo stipulato tra le parti;
Errore: “somma”: che cosa è una “somma”? Una quantità di danaro? O di promessa di danaro? L’art. 1813 CC richiede che sia di danaro. Dov’è il denaro che la banca avrebbe dato alla cliente? La banca, sollecitata a farlo, non lo ha dimostrato.
che la nozione di consegna, non definita dall’art. 1813 c.c., non può limitarsi al materiale trasferimento della somma in contanti dal mutuante al mutuatario, dovendosi invece ritenere comprensiva di ogni atto idoneo a porre le cose nel potere di disposizione giuridica dell’avente causa;
Errore: per “mettere a disposizione” il denaro, bisogna averlo, e l’opponente ha contestato che la banca lo abbia, e anzi ha dimostrato che non lo possiede.
che gli assegni e gli altri titoli di credito sono espressamente regolamentati nel codice civile italiano (art. 1992 ss.) ed in alcune leggi speciali dello stato (R.D. 1736/1933), onde non è corretto affermare, come fatto dalla difesa dell’attrice a pagina 6 del proprio atto introduttivo del presente giudizio, che “il Codice Civile e le norme di esso che, in particolare, che regolano i rapporti in esame, conoscono soltanto il danaro legale, ossia la moneta legale, cioè le banconote”;
Errore: il Codice Civile e le altri leggi citate trattano l’assegno e le cambiali come promesse di denaro, non certo come denaro! L’assegno circolare è una promessa di denaro, uno strumento di debito a carico della banca, soggetto a rischio emittente.

che l’accredito sul conto corrente dell’attrice abbia realizzato l’effetto di attribuirle un autonomo titolo di disponibilità della somma e di acquisire al suo patrimonio la somma medesima, uscita dal patrimonio della convenuta;
Errore: non vi è disponibilità di somma di denaro se non vi è il legittimo possesso del corrispondente denaro da parte del disponente (cioè della banca); e non vi è uscita dal patrimonio della banca di alcun denaro, perché la banca non preleva alcunché dai propri conti, ma crea direttamente il danaro, “la somma”, digitando numeri sui conti correnti di disponibilità del mutuatario.

che la ricostruzione propugnata dalla difesa dell’attrice in merito alla creazione ex nihilo della moneta da parte delle banche commerciali è errata, in quanto le banche non creano moneta, ma trasferiscono somme che sono nella loro disponibilità… … ;
Errore: le banche di credito creano denaro, anzi euro, mediante scritturazione, come dichiara la Banca d’Italia ufficialmente alla Commissione Finanza del Senato con lettera 27.02.17 e nelle tabelle ufficiali della BdI; e questa creazione corrisponde a circa l’84% del totale degli euro in circolazione.

che, in ogni caso, l’eventuale operazione consistente nell’emissione di moneta scritturale a favore del mutuatario non viola l’art. 128 TFUE, in quanto:

  • la citata disposizione disciplina esclusivamente l’emissione della moneta avente corso legale all’interno dell’Unione, ossia l’Euro, riservata alle banche centrali nazionali e alla Banca centrale europea, senza disporre alcunché in merito ad altri tipi di moneta, come quella scritturale, che è espressione di autonomia privata e la cui circolazione avviene all’interno del sistema bancario per mezzo di accrediti e compensazioni;
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Chiesa e Naldi, grandi sponsor (impuniti) del fascismo

Scritto il 17/12/17 • nella Categoria: Recensioni Condividi


Il fascismo capovolto e appeso a testa in giù a piazzale Loreto, la monarchia ripudiata e sostituita dalla repubblica, la massoneria a lungo esiliata e costretta a defilarsi, dopo aver – di fatto – costruito dalle fondamenta il paese, l’Italia unita. L’unico dei grandi sponsor del Duce, uscito indenne dal Ventennio? Il Vaticano: è il vero vincitore della partita, protagonista di una lunghissima opera sotterranea di riconquista del potere temporale, perduto con l’Unità d’Italia e poi la Breccia di Porta Pia. Un lavoro paziente, sotterraneo, dal Patto Gentiloni – con i cattolici nuovamente autorizzati a candidarsi (coi liberali giolittiani) – fino ai Patti Lateranensi firmati con Mussolini, e la messa al bando delle logge massoniche. Decisiva, la Chiesa, anche nella caduta del dittatore suo alleato: fu il Vaticano a informare i nazisti che Mussolini aveva segretamente concertato col Gran Consiglio la sua teatrale destituzione, per instaurare a Salò la Rsi, un’entità non più così generosa con il clero. Caduto il Duce, la “reconquista” cattolica del potere fu completa: nel ‘45 era già pronto il format politico della Dc, con lo stesso leader – De Gasperi – che dopo Sturzo aveva guidato i cattolici sotto la dittatura. «Un piano sapiente, cinico e spregiudicato. Realizzato con il contributo decisivo di un autentico genio del male, Filippo Naldi, l’uomo dei poteri forti».
Ai microfoni di “Forme d’Onda”, Gianfranco Carpeoro mette a fuoco il ritratto dell’ex direttore del “Resto del Carlino”, che emerge dalle pagine del suo saggio “Il compasso, il fascio e la mitra”, ancora fresco di stampa. Fin dall’inizio, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, il grande potere mette gli occhi sul focoso socialista di Predappio, a cui sta stretta la direzione dell’“Avanti”. Mussolini passa dal neutralismo all’interventismo, dal socialismo al fascismo, dal più violento anticlericalismo alla capitolazione dei Patti Lateranensi. E, mentre dichiara guerra alla massoneria – prima come dirigente del Psi, poi come Duce del fascismo – chiede segretamente di essere affiliato alla libera muratoria. «Mussolini non era avido di denaro, ma di potere», sostiene Carpeoro, «ed era privo di qualsiasi coerenza: poteva cambiare radicalmente idea, su tutto». Dietro la maschera era in fondo malleabile, maneggevole: l’uomo ideale, dunque, per il grande potere. Che, attraverso Naldi, si fa avanti: con i soldi dell’Eridania e dell’Ansaldo gli offre di aprire un suo quotidiano, il “Popolo d’Italia”, da cui lanciare il nuovo soggetto politico, progettato per arrestare l’onda rossa del socialismo.
Naldi, massone della Gran Loggia, è anche l’uomo di fiducia del Re. Come emissario degli inglesi, procura a Mussolini uno stipendio da agente britannico. Poi gli trova altri soldi, quelli per il giornale. Quindi lo aiuta a organizzare la Marcia su Roma, garantendo il non-intervento dell’esercito regio. E’ sempre Naldi a organizzare il delitto Matteotti, quando il leader socialista sta per far scoppiare uno scandalo senza precedenti: a Londra, Matteotti (massone) ha scoperto che il sovrano Vittorio Emanuele III è socio della compagnia petrolifera statunitense Sinclair Oil, a cui Roma ha concesso condizioni di esclusivo privilegio, esentasse, nella gestione del greggio italiano. «Con una perfidia incredibile – dice Carpero – Naldi fa in modo che a uccidere Matteotti siano suoi “confratelli” massoni, agli ordini di Amerigo Dumini». Naldi subisce un “processo massonico”, ma riesce a passarla liscia con una manovra spericolata: minaccia una rumorosa scissione nella Gran Loggia, che all’epoca i dignitari dell’obbedienza – riparati a Parigi, dopo l’ostracismo mussoliniano – non possono permettersi di subire, pena il rischio di essere espulsi dalla Francia.
«La scelta dei sicari massoni per Matteotti è perfidamente acutissima», rileva Carpeoro: «Serve a creare una rottura definitiva tra Mussolini le obbedienze massoniche italiane, Grande Oriente e Gran Loggia, che lo avevano aiutato a dar vita al fascismo nella sua prima versione, il masso-fascismo, ancora anticlericale». Ma non è tutto. Dall’estero, dove è riparato dopo il delitto (lavora a Parigi, consulente della Banca Rothschild) Naldi riesce persino a incidere sui Patti Lateranensi: a insaputa di Mussolini, fa in modo che i due personaggi incarcati della trattativa, l’emissario governativo e l’esponente della curia romana, siano addirittura cugini. Infine, Naldi torna in campo per liquidare il Duce: è lui a informare il Re che Mussolini vorrebbe soppiantare la monarchia per instaurare una repubblica, e a spiegare al Vaticano che la Rsi avrebbe connotati socialisti e non più clericali, come invece il catto-fascismo degli anni Trenta. «La cosa impressionante di quest’uomo, la sua geniale grandezza – dice Carpeoro – emerge nell’intervista che realizzò Sergio Zavoli per la Rai a un Naldi ormai ottantenne, ricco e sereno, totalmente impunito: parla di Mussolini minimizzando, in modo curiale, il suo ruolo decisivo nei passaggi cruciali del Ventennio».
Il libro di Carpeoro nasce da archivi massonici del Rito Scozzese italiano, di cui l’autore è stato “sovrano gran maestro”. Carte da cui emerge, per la prima volta, il ruolo diretto del Re nell’affare Sinclair Oil: era noto che una tangente, «probabilmente all’insaputa del Duce», era stata percepita da Arnaldo Mussolini, fratello del dittatore. Ma nessuno aveva ancora rivelato che al sovrano era andata una fetta ben maggiore della torta: una partecipazione azionaria nella società, controllata da John Davison Rockefeller. Se ne deduce che Naldi non liquidò Matteotti per la sua denuncia sui brogli elettorali fascisti, ma per proteggere il Re dallo scandalo petrolifero. «Fu sempre lui, vent’anni dopo, a organizzare la fuga del Savoia a Napoli». Un uomo invisibile ma onnipresente: come il vero potere, che fabbricò il fascismo e utilizzò Mussolini prima di sbarazzarsene, lasciando che al suo posto tornasse l’altro grande potere, quello che nel 1945 – attraverso la Dc – tornò a impadronirsi dell’Italia, il paese che aveva perduto cent’anni prima sotto la spinta della massoneria risorgimentale.
(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il compasso, il fascio e la mitra”, Uno Editori, 141 pagine, euro 12,90).
Il fascismo capovolto e appeso a testa in giù a piazzale Loreto, la monarchia ripudiata e sostituita dalla repubblica, la massoneria a lungo esiliata e costretta a defilarsi, dopo aver – di fatto – costruito dalle fondamenta il paese, l’Italia unita. L’unico dei grandi sponsor del Duce, uscito indenne dal Ventennio? Il Vaticano: è il vero vincitore della partita, protagonista di una lunghissima opera sotterranea di riconquista del potere temporale, perduto con l’Unità d’Italia e poi la Breccia di Porta Pia. Un lavoro paziente, sotterraneo, dal Patto Gentiloni – con i cattolici nuovamente autorizzati a candidarsi (coi liberali giolittiani) – fino ai Patti Lateranensi firmati con Mussolini, e la messa al bando delle logge massoniche. Decisiva, la Chiesa, anche nella caduta del dittatore suo alleato: fu il Vaticano a informare i nazisti che Mussolini aveva segretamente concertato col Gran Consiglio la sua teatrale destituzione, per instaurare a Salò la Rsi, un’entità non più così generosa con il clero. Caduto il Duce, la “reconquista” cattolica del potere fu completa: nel ‘45 era già pronto il format politico della Dc, con lo stesso leader – De Gasperi – che dopo Sturzo aveva guidato i cattolici sotto la dittatura. «Un piano sapiente, cinico e spregiudicato. Realizzato con il contributo decisivo di un autentico genio del male, Filippo Naldi, l’uomo dei poteri forti».

Ai microfoni di “Forme d’Onda”, Gianfranco Carpeoro mette a fuoco il ritratto dell’ex direttore del “Resto del Carlino”, che emerge dalle pagine del suo saggio “Il compasso, il fascio e la mitra”, ancora fresco di stampa. Fin dall’inizio, alla vigilia dellaPrima Guerra Mondiale, il grande potere mette gli occhi sul focoso socialista di Predappio, a cui sta stretta la direzione dell’“Avanti”. Mussolini passa dal neutralismo all’interventismo, dal socialismo al fascismo, dal più violento anticlericalismo alla capitolazione dei Patti Lateranensi. E, mentre dichiara guerra alla massoneria – prima come dirigente del Psi, poi come Duce del fascismo – chiede segretamente di essere affiliato alla libera muratoria. «Mussolini non era avido di denaro, ma di potere», sostiene Carpeoro, «ed era privo di qualsiasi coerenza: poteva cambiare radicalmente idea, su tutto». Dietro la maschera era in fondo malleabile, maneggevole: l’uomo ideale, dunque, per il grande potere. Che, attraverso Naldi, si fa avanti: con i soldi dell’Eridania e dell’Ansaldo gli offre di aprire un suo quotidiano, il “Popolo d’Italia”, da cui lanciare il nuovo soggetto politico, progettato per arrestare l’onda rossa del socialismo.

Naldi, massone della Gran Loggia, è anche l’uomo di fiducia del Re. Come emissario degli inglesi, procura a Mussolini uno stipendio da agente britannico. Poi gli trova altri soldi, quelli per il giornale. Quindi lo aiuta a organizzare la Marcia su Roma, garantendo il non-intervento dell’esercito regio. E’ sempre Naldi a organizzare il delitto Matteotti, quando il leader socialista sta per far scoppiare uno scandalo senza precedenti: a Londra, Matteotti (massone) ha scoperto che il sovrano Vittorio Emanuele III è socio della compagnia petrolifera statunitense Sinclair Oil, a cui Roma ha concesso condizioni di esclusivo privilegio, esentasse, nella gestione del greggio italiano. «Con una perfidia incredibile – dice Carpero – Naldi fa in modo che a uccidere Matteotti siano suoi “confratelli” massoni, agli ordini di Amerigo Dumini». Naldi subisce un “processo massonico”, ma riesce a passarla liscia con una manovra spericolata: minaccia una rumorosa scissione nella Gran Loggia, che all’epoca i dignitari dell’obbedienza – riparati a Parigi, dopo l’ostracismo mussoliniano – non possono permettersi di subire, pena il rischio di essere espulsi dalla Francia.

«La scelta dei sicari massoni per Matteotti è perfidamente acutissima», rileva Carpeoro: «Serve a creare una rottura definitiva tra Mussolini le obbedienze massoniche italiane, Grande Oriente e Gran Loggia, che lo avevano aiutato a dar vita al fascismo nella sua prima versione, il masso-fascismo, ancora anticlericale». Ma non è tutto. Dall’estero, dove è riparato dopo il delitto (lavora a Parigi, consulente della Banca Rothschild) Naldi riesce persino a incidere sui Patti Lateranensi: a insaputa di Mussolini, fa in modo che i due personaggi incarcati della trattativa, l’emissario governativo e l’esponente della curia romana, siano addirittura cugini. Infine, Naldi torna in campo per liquidare il Duce: è lui a informare il Re che Mussolini vorrebbe soppiantare la monarchia per instaurare una repubblica, e a spiegare al Vaticano che la Rsi avrebbe connotati socialisti e non più clericali, come invece il catto-fascismo degli anni Trenta. «La cosa impressionante di quest’uomo, la sua geniale grandezza – dice Carpeoro – emerge nell’intervista che realizzò Sergio Zavoli per la Rai a un Naldi ormai ottantenne, ricco e sereno, totalmente impunito: parla di Mussolini minimizzando, in modo curiale, il suo ruolo decisivo nei passaggi cruciali del Ventennio».

Il libro di Carpeoro nasce da archivi massonici del Rito Scozzese italiano, di cui l’autore è stato “sovrano gran maestro”. Carte da cui emerge, per la prima volta, il ruolo diretto del Re nell’affare Sinclair Oil: era noto che una tangente, «probabilmente all’insaputa del Duce», era stata percepita da Arnaldo Mussolini, fratello del dittatore. Ma nessuno aveva ancora rivelato che al sovrano era andata una fetta ben maggiore della torta: una partecipazione azionaria nella società, controllata da John Davison Rockefeller. Se ne deduce che Naldi non liquidò Matteotti per la sua denuncia sui brogli elettorali fascisti, ma per proteggere il Re dallo scandalo petrolifero. «Fu sempre lui, vent’anni dopo, a organizzare la fuga del Savoia a Brindisi». Un uomo invisibile ma onnipresente: come il vero potere, che fabbricò il fascismo e utilizzò Mussolini prima di sbarazzarsene, lasciando che al suo posto tornasse l’altro grande potere, quello che nel 1945 – attraverso la Dc – tornò a impadronirsi dell’Italia, il paese che aveva perduto cent’anni prima sotto la spinta della massoneria risorgimentale.

(Il libro: Giovanni Francesco Carpeoro, “Il compasso, il fascio e la mitra”, Uno Editori, 141 pagine, euro 12,90).

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posted by Fabio Lugano
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Cari amici

Oggi ad Omnibus La 7 l’ex Ministro dell’Economia Tremonti affronta il tema delle riforme del sistema bancario, spiegando con attenzione gli errori legati alle riforme Renzi ed Europee

Da non perdersi asolutamente:

La riforma delle popolari fatta per decreto legge è stata un atto di una violenza ed una illegalità assoluta, tanto che è alla corte costituzionale. In realtà fu fatto all’alba, senza neanche essere passato per il consiglio dei ministri. Posso dire che fu coltivata “In Serra” ” (min 3.40).

(sul Bail in ) “Alla giornata del risparmio ‘I legislatori europei hanno opportunamente deciso’ Il bail In non è stato per nulla opportuno, perfino adesso in Europa dicono che è stato un errore.” (min 4.30)

“C’era una che girava come un’ossessa fra varie autorità, andava da ministri…… La realtà è che è stata violata la legge. Le crisi sistemiche non si risolvono neanche con il dialogo fra ministro dell’economia e governatore, le crisi sistemiche si risolvono al CICRA , che è il comitato per il credito ed il risparmio, o al comitato per la stabilità e la sicurezza finanziaria” (min 5,13)

Se vuoi destabilizzare e ridurre la fiducia devi partire da una piccola banca, perchè le banche vicinali sono quelle che fanno paura” (min 6,18)


“(In commissione) Non si è fatto quello che si doveva fare , guardare seriamente l’impatto delle norme europee. Si vuol trovare un colpevole, si guardi chi le ha votate.” (min 7.10)

Alla domanda che dovrebbero fare i signori che ci governano, non so per quanto, per chè la BCE non si occupa dei derivati che sono nelle banche tedesche o degli incagli immobiliari che si trovano nelle banche spagnole, ci si occupa solo dell’Italia continuando a cambiare criterio (per gli NPL) in modo da destabilizzarla, perchè l’obiettivo essenziale è il nostro risparmio” (min 7,47)

Cliccate sul link e potrete vedere 11 minuti di intervento di Tremonti. Non perdetevelo.

https://rutube.ru/video/a699078ccaaedf467599010be5e8002f/

Ringraziamo FAUSTO S. Se è su rutube è perchè youtube cancella il video in 10 minuti… magari potreste imparare qualcosa.
 
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