Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo



















Orizzonte48
Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.































lunedì 6 marzo 2017
MAASTRICHT: ERA GIA' TUTTO PREVISTO":

Vale la pena di riportare alcuni passaggi di un articolo di Ambrose Evans-Pritchard che gettano luce su un elemento di importanza essenziale sia in ordine alle finalità ultime costantemente perseguite dal federalismo europeo, sia sulla provenienza, politico-ideologica, dell'impulso federativo nella sua vera essenza economica:


"It was Washington that drove European integration in the late 1940s, and funded it covertly under the Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson, and Nixon administrations.
...
While irritated at times, the US has relied on the EU ever since as the anchor to American regional interests alongside NATO."
Tanto per dire sulla fase genetica che andiamo a celebrare in questi giorni, e sulla essenzialità dell'asse franco-tedesco (e quindi sulla simmetrica marginalità italiana, altrettanto genetica, agli occhi dei "promotori"):
"The Schuman Declaration that set the tone of Franco-German reconciliation - and would lead by stages to the European Community - was cooked up by the US Secretary of State Dean Acheson at a meeting in Foggy Bottom. "It all began in Washington," said Robert Schuman's chief of staff.
It was the Truman administration that browbeat the French to reach a modus vivendi with Germany in the early post-War years, even threatening to cut off US Marshall aid at a furious meeting with recalcitrant French leaders they resisted in September 1950"...
There were horrible misjudgments along the way, of course. A memo dated June 11, 1965, instructs the vice-president of the European Community to pursue monetary union by stealth, suppressing debate until the "adoption of such proposals would become virtually inescapable". This was too clever by half, as we can see today from debt-deflation traps and mass unemployment across southern Europe".


Certo ci sono stati alcuni "imprevisti" o, più esattamente, inconvenienti di "fanatismo ideologico" sopravvenuti da parte europea, ma, tutto sommato, fino ai giorni nostri, il rapporto benefici/costi pro-USA è sembrato rimanere positivo e dunque tollerabile:

"It is true that America had second thoughts about the EU once Europe's ideological fanatics gained ascendancy in the late 1980s, recasting the union as a rival superpower with ambitions to challenge and surpass the US.
John Kornblum, the State Department's chief of European affairs in the 1990s, says it was a nightmare trying deal with Brussels. "I ended up totally frustrated. In the areas of military, security and defence, it is totally dysfunctional."
Mr Kornblum argues that the EU "left NATO psychologically" when it tried to set up its own military command structure, and did so with its usual posturing and incompetence. "Both Britain and the West would be in much better shape if Britain was not in the EU," he said.
This is interesting but it is a minority view in US policy circles. The frustration with the EU passed when Poland and the first wave of East European states joined the EU in 2004, bringing in a troupe of Atlanticist governments.
We know it is hardly a love-affair. A top US official was caught two years ago on a telephone intercept dismissing Brussels during the Ukraine crisis with the lapidary words, "fuck the EU".

Non traduciamo, per il momento quanto riportato in questo addendum, poiché si tratta della conferma di analisi già ampiamente svolte (v. pure i links inseriti nella premessa) su questo blog.

Ma rimane interessante la conferma ulteriore di questo scenario di premessa, in assenza della cui comprensione, la visione del federalismo europeo rimane un esercizio "monco" e irrealistico.



URL:




1. Questo video è ormai molto noto.

In esso Draghi spiega come deve funzionare, per necessità scientifico-economica e politica, l'eurozona. E parte direttamente dalla necessità degli "aggiustamenti", tra i paesi dell'eurozona. Spiega, nella seconda parte, delle divergenze di crescita e di inflazione tra i paesi che vi appartengono e di come ciò dia luogo a fenomeni di movimento di capitali che, dai paesi più competitivi e con tassi di inflazione più bassi, finanziano le importazioni da parte dei paesi meno competitivi.

Racconta, per implicito, come l'invariabilità del cambio favorisca tutto ciò, rendendo conveniente effettuare questo credito da parte dei sistemi bancari dei paesi più forti e di come, però, a un certo punto, le posizioni debitorie così create (sottintende dovute principalmente a credito privato da scambio commerciale e da affluenza di capitali attratti dai tassi di interesse più alti nei paesi a inflazione maggiore), divengano eccessive e quindi "rischiose" (anche perché ciò droga la crescita col capitale preso a prestito e genera ulteriore innalzamento dell'inflazione).



1.1. Pertanto, superata questa soglia di rischio (visto come probabile incapacità di restituzione) ciò induce i creditori a chiedere il rientro delle proprie posizioni e obbliga i paesi "deboli" ad agire in un solo modo: effettuare la "internal devaluation" cioè comprimere la propria domanda interna mediante la leva fiscale (aumento delle tasse e taglio della spesa pubblica), al fine di correggere verso il basso i prezzi, in particolare i c.d. salari.

Draghi mostra di ritenere tutto ciò un male necessario, e quindi un sacrificio per un presunto bene superiore, in quanto non ci sarebbe altra scelta. E lo dice sottolineando che non possono esserci paesi per sempre ("permanent") debitori e paesi per sempre creditori: fa l'esempio di "altre unioni monetarie" che contemplano questa possibilità, e la risolvono mediante i trasferimenti di un comune governo federale verso i paesi "debitori", ma esclude che ciò sia praticabile in €uropa, non essendo "realistic" allo stato dell'attuale integrazione politica tra gli Stati europei.


2. Quando abbiamo parlato del primo progetto "ufficiale" di moneta unica, cioè già ascrivibile alle (allora) istituzioni comunitarie europee, e quindi al Rapporto Werner del 1971, citammo un commento di Carli del 1973 a questo stesso primo progetto.

Questo commento lo ritrovate ne "La Costituzione nella palude" alle pagg. 137-138, preceduto da una sintesi critica (allora) di Maiocchi (del 1974) sui "meccanismi automatici di aggiustamento della bilancia dei pagamenti": questi sarebbero una soluzione contraddittoria in quanto collegati alla preventiva rinuncia ai trasferimenti federali, lasciati a un'indefinita "seconda fase", e prevedendosi, nel frattempo, aggiustamenti eccessivamente onerosi per i paesi "debitori" e il pratico impedimento a "politiche fiscali anticicliche e di crescita", sovrastate e rese controproducenti dall'esigenza di mantenere la stabilità monetaria.

Quindi, tutto ciò in attesa di un tempo "futuro", che abbiamo visto non sarebbe arrivato mai, in cui si sarebbe potuto istituire il meccanismo fiscale "compensativo".

E questo a tacere dell'utilità (indimostrabile), in termini di crescita e di sviluppo, di un'unione monetaria in sè, quand'anche cioè caratterizzata in partenza dalla perfetta convergenza di indicatori economici (inflazione, produttività, dinamiche salariali, sistemi fiscali, amministrativi e persino giudiziari) tra i diversi Stati partecipanti.


3. Il commento del 1973 di Carli, perciò, non casualmente era il seguente:

"Se in questo momento la lotta all’inflazione appare l’obiettivo prioritario, l’Unione monetaria europea non può tuttavia essere imperniata su un meccanismo che tenda a relegare verso il fondo della scala gli obiettivi dello sviluppo e della piena occupazione, cioè ad invertire le scelte accettate dalla generalità dei popoli e dei governi in questo dopoguerra".

Nel libro "Economia e luoghi comuni" Amedeo Di Maio (pag.26), al culmine di un'interessante esposizione del paradigma economico ordoliberista, - che conferma quanto a sua volta esposto ne "La Costituzione nella palude"- ci racconta come Müller-Armack, l'inventore della formula-simbolo dell'ordoliberismo, "economia sociale di mercato" (su cui così nitidamente ci ragguagliò Einaudi, v. infra), in uno scritto del 1978, avesse predicato che stabilità monetaria e finanziaria dovessero precedere l'instaurazione di un "ordine monetario" comune, e che l'unico mezzo per ottenere questo risultato era la precondizione del pareggio di bilancio nei vari Stati coinvolti (di cui era così enunciata la funzione equivalente, nell'ambito dei rapporti tra gli Stati appartenenti all'"ordine monetario", al gold standard: garantire quella stabilità, ovverosia quell'attitudine del lavoro ad assorbire ogni aggiustamento reso necessario dal mantenimento della competitività e dell'equilibrio dei conti con l'estero, che si ottiene controllando ossessivamente la dinamica salariale mediante un alto livello strutturale di disoccupazione e precarietà).


4. Ma, altrettanto, noi sappiamo che si scelse apertamente di non percorrere questa via, che pure sarebbe stata, per tradizione culturale, quella preferita dai tedeschi (almeno da quelli del tempo dei primi progetti, cioè prima che il neo-ordoliberismo divenisse una pura strumentalità mercantilistica per convenienze immediate e non cooperative).

Si scelse invece quella attuale perché la moneta unica, e con essa il trattato di Maastricht (e prima ancora l'Atto Unico del 1987), vedevano concordi tutti i "negoziatori" dei paesi interessati nel creare questa costrizione al pareggio di bilancio e, comunque, alla stabilità monetaria e dunque all'inflazione "bassa e stabile", proprio perché, come aveva preconizzato Einaudi negli anni '40 e negli anni '50, questo non avrebbe certo portato alla crescita, quanto al ridisegno sociale in senso liberista, e anti-socialcostituzionale, dell'intera Europa (così Einaudi, da ultimo citato, nel commento al pensiero economico di Erhard e Eucken: "O il mercato comune sarà liberista o correrà rischio di cadere nel collettivismo";..."anche il qualificativo «sociale» è un semplice riempitivo...il riempitivo «sociale» ha l’ufficio meramente formale di far star zitti politici e pubblicisti iscritti al reparto «agitati sociali».”).


5. Dunque, a seguire le teorie economiche che costituivano il patrimonio condiviso dei sostenitori dell'Europa economica e monetaria, (quale poi in effetti realizzata), le condizioni di stretta convergenza di crescita (realistica, cioè non tale da generare tensioni inflattive e da resdistribuire il potere socio-politico agli "agitati sociali"), inflazione e regime fiscale di pareggio di bilancio, avrebbero dovuto precedere e non seguire l'instaurazione dell'unione monetaria.

Ma l'occasione di costringere, ridisegnare e ridisciplinare le masse riottose dei paesi a costituzioni "socialiste", era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire: dunque, si sarebbe offerta, in una cornice di opportuna propaganda mediatica, l'idea della pace e della cooperazione come perno della costruzione europea, ben sapendo che non sarebbe stata altro che severa disciplina fiscale e, naturalmente, del lavoro, chiamato a pagare il costo degli "aggiustamenti automatici" (a loro volta subito esaltati da Einaudi, che preferisce chiamarli fasi applicative di "sanzioni", appunto automatiche, in una visione di chiara rivalsa verso una società eticamente distorta, secondo lui; qui p.5).


6. La conferma di questo percorso ci viene, ancora una volta, dalle memorie di Carli, che indulge in una serie di considerazioni apparentemente contraddittorie; nel senso che è cosciente dei problemi economici e distributivi che sarebbero sorti nel governare, in nome della sola concorrenza sui liberi mercati, le tensioni sociali riversate sul lavoro, ma rinuncia a mitigare tutto ciò, risolvendo quello che può apparire un problema di coscienza (che già si indovinava nel commento del 1973), sulla base di considerazioni "etiche" collimanti con quelle di Einaudi.

Ricostruiamo questo percorso, narrato da Carli, in base all'attenta selezione offertaci, more solito, da Arturo:

a) vediamo anzitutto lo scrupolo (di Carli) e le vicende normative nel formarsi del trattato di Maastricht.

La questione riguarda la prima forma di tetto al deficit (ora previsto all'art.126 TFUE), laddove se l'ideale è appunto il pareggio di bilancio, è ovvio che "gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi" (par.1), ma qualcosa "potrebbe" essere economicamente irrazionale nel prevedere un tetto rigido e automatico:

Se l’articolo 104 C, comma 2, a, punto 1 fu scritto dalla nostra delegazione, il punto seguente reca la firma della delegazione britannica, laddove esclude l’applicazione meccanica dei criteri in caso di scostamenti “eccezionali e temporanei”.

E' questo, in tutto il trattato, l’unico accenno al ciclo economico. Né deve stupire che siano stati i britannici a proporre quell’emendamento. L’Inghilterra resta pur sempre la patria di John Maynard Keynes.

Per chi, come me, è stato sinceramente convinto della bontà dell’impianto complessivo degli statuti di Bretton Woods e della loro interpretazione successiva, è difficile accettare con animo leggero il fatto che l’obiettivo della stabilità dei prezzi sia indicato senza alcun riferimento al livello occupazionale e, dunque, al benessere delle comunità che si sono date questa nuova Costituzione monetaria.

Ho provato ripetutamente nel corso del negoziato a inserire tra i criteri anche il livello di disoccupazione che pochi mesi dopo sarebbe riemerso, dopo tanta dimenticanza, come il problema principale dell’Europa. Senza successo.” (G. Carli, "Cinquant’anni di vita italiana", Laterza, Roma-Bari, 1996 [1993], pag. 407).

 
7. Ma del tentativo "mitigatore" fallito, Carli non ritiene di doversi eccessivamente preoccupare, dato che (come già per Einaudi) ben altre sono le positive opportunità che possono derivare dall'adozione di una moneta unica che obbliga a deflazionare ed a disciplinare le politiche fiscali in senso "austero", a prescindere da qualsiasi esigenza del "ciclo economico", cioè, per l'appunto, in forza di automatismi che valgono come ridisegno preventivo dell'ordine sociale (rispetto a quello costituzionale) e, come dice Draghi, come sistema di aggiustamento.

Carli oscilla, con un misto di attrazione e repulsione, tra il mito del gold standard e la finale e risolutiva esigenza "etica" di un "appartenente alla elite liberale" di domare gli "istinti animali" della politica e delle plebi italiane.

Queste, dunque, avevano bisogno del "vincolo esterno", costasse quel che costasse.

8. Vi riporto ancora il commento di Arturo con la sua stessa introduzione alle citazioni di Carli:

"Non si può dirla, la verità, soprattutto in Italia, perché significherebbe accendere la luce sul quarto partito e le sue decisioni, che hanno pesantemente condizionato tutta la storia repubblicana, per non andare più indietro nel tempo (come pure si potrebbe), erodendo via via qualsiasi margine per una politica alternativa, ormai anche contro i loro stessi interessi. O almeno alcuni di essi.

In effetti pochi documenti risultano più ferocemente candidi delle memorie di Guido Carli, evidentemente esaltato, ma anche preoccupato, dal “compimento” del suo disegno neoeinaudiano incarnato da Maastricht, nel chiarire i dilemmi e le oscillazioni di questo raggruppamento.
Si sa che Carli è stato un sostenitore entusiasta del vincolo esterno, che ci avrebbe “salvati” più volte. Che la misura della costrittività del medesimo possa rivelarsi eccessiva è però lui il primo ad ammetterlo, parlando della proposta di Jacques Rueff, consigliere economico di De Gaulle, che a partire dagli anni Sessanta, per contrastare il predominio americano nel mercato valutario, proponeva un ritorno al gold standard (episodio da ricordare agli acritici ammiratori del Generale…):

"Nelle Considerazioni finali pronunciate nel maggio del 1965 avevo dato ampio spazio alle implicazioni sociali della scelta di un sistema monetario piuttosto che di un altro.
E mi riferivo a Rueff quando scrivevo:
L’argine contro il dilagare del potere d’acquisto che movendo dagli Stati Uniti minaccia di sommergere l’Europa, si continua a sostenere, potrebbe essere innalzato esclusivamente mediante il ripristino del gold standard. In realtà, concezioni del genere incontravano, un tempo, un coerente completamento nelle enunciazioni che attribuivano al meccanismo concorrenziale il compito di realizzare, mediante congrui adattamenti dei livelli salariali, il riequilibrio dei conti con l’estero.
Insomma, il ritorno alla convertibilità aurea generalizzata implicava governi autoritari, società costituite di plebi poverissime e poco istruite, desiderose solo di cibo, nelle quali la classe dirigente non stenta ad imporre riduzioni dei salati reali, a provocare scientemente disoccupazione, a ridurre lo sviluppo dell’economia.


Quelli erano gli anni nei quali la piena occupazione era un imperativo per qualsiasi governo, anche conservatore. E non si deve dimenticare che negli statuti originari del Fondo monetario internazionale la piena occupazione era uno degli obiettivi primari, al fianco dell’abbattimento delle barriere ai commerci che il sistema monetario mondiale doveva concorrere a raggiungere.
Ci opponemmo sempre alle proposte francesi, anche perché erano incompatibili con il modello di sviluppo che, pur senza condividerlo in pieno, la Banca d’Italia doveva accettare come dato in quanto proveniva dall’ autorità politica.


Il «gold standard» era simile a certe teorie monetariste, in quanto espelleva dal sistema ogni elemento di discrezionalità, era integralmente meccanicistico. Secondo me «presupponeva un ambiente economico nel quale le dimensioni del settore pubblico, il grado di organizzazione...delle forze economiche e le rigidità tecnologiche erano ben diverse da quelli oggi sperimentati». Per questo adottammo sempre politiche monetarie che cercassero di tutelare il tasso di crescita previsto per lo sviluppo del Paese.” (Cinquant’anni di vita italiana, Laterza, Roma-Bari, 1996 [1993], pag. 187).

9. Ma veniamo alle vicende che portano alla istituzionalizzazione del vincolo esterno:

Così Carli descrive il gold standard, quando noi sappiamo benissimo che l’euro è ancora più rigido!!
Ma allora come si spiega l’adesione, preoccupata (per il comportamento della Gran Bretagna e della Bundesbank: pag. 405), a Maastricht?
Vediamo:
I più intelligenti tra i miei critici di ispirazione comunistica [certo, come Caffè, Saraceno, Ardigò, Lombardi, talvolta perfino La Malfa…] misero in discussione l’assunto di fondo della nostra politica: il rispetto del vincolo esterno della bilancia dei pagamenti, perseguito attraverso uno sviluppo privilegiato della domanda estera, soddisfatta con esportazioni alle quali era demandato il compito di trainare tutta l’economia. Era il «modello di sviluppo» che l’élite liberale alla quale appartenevo aveva scelto fin dalla fine degli anni Quaranta.

Doveva essere rimesso in discussione sulla base di questa critica: una crescita trainata dalla domanda estera costringe a una politica salariale restrittiva e attua una redistribuzione a favore di quei limitati settori industriali sottoposti alla concorrenza internazionale.

In questo modo si è trascurata la crescita, anche qualitativa, dei settori industriali non ordinati all’esportazione. Un modello basato su un più intenso sviluppo della domanda interna avrebbe consentito una politica salariale più generosa, attuando una redistribuzione del reddito più favorevole alle classi lavoratrici senza nuocere all’equilibrio esterno del Paese.
Questa obiezione contiene del vero
[lo ammette!!].

Tuttavia, non ci si deve dimenticare che negli anni Cinquanta l’inserimento dell’Italia nel circuito delle merci, dei capitali e vorrei dire delle idee di un più vasto mercato mondiale ci appariva come una priorità assoluta. L’economia di mercato, mutuata dall’esterno, è sempre stata una conquista precaria, fragile, esposta a continui rigurgiti di mentalità autarchica.

Il vincolo esterno ha garantito il mantenimento dell’Italia nella comunità dei Paesi liberi.

La nostra scelta del «vincolo esterno» è una costante che dura fino ad anni recentissimi, e caratterizza anche la presenza della delegazione italiana a Maastricht.

Essa nasce sul ceppo di un pessimismo basato sulla convinzione che gli istinti animali della società italiana, lasciati al loro naturale sviluppo, avrebbero portato altrove questo Paese.” (Ibid., pagg. 266-7).

10. Parole eloquenti e inequivocabili, per le quali ulteriori commenti risultano superflui (se si vuol capire): la visione è chiara, gli obiettivi e le priorità pure.

E questa, dunque è la "commemorazione" di Maastricht che, in prima battuta vi proponiamo: oggi hanno vinto e dominano, dentro la "costrizione" della moneta unica e contro ogni regola fondamentale della Costituzione, le sanzioni automatiche, gli aggiustamenti gravanti sul lavoro e fatti passare come beneficio contro lo spauracchio (quello sì "inflazionato") dell'inflazione.

A proposito: Einaudi del 1944, qui v. addendum, nel definirla la più "odiosa delle tasse", non aveva il copyright: si era ispirato alla Conferenza di Genova del 1922, dove lo stilema aveva già trovato enunciazione pressocché identica: qui, p.7.

Rimane inspiegabile come la sinistra italiana, non si sia mai accorta di tutto questo e difenda ancora a spada tratta l'euro, la lotta all'inflazione (non sapendo più tecnicamente come si possa, semmai, combattere la deflazione, al netto del peso dei prezzi petroliferi), e come e perché abbia dimenticato che la Costituzione non era nata per consentire tutto questo: ma, anzi, perché non potesse mai più "tornare"...
 

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QUANDO LA MASSONERIA CONTROLLA SIA LA DESTRA CHE LA SINISTRA, CHE VOI VOTIATE A DESTRA OPPURE A SINISTRA, VOTATE PER LA MASSONERIA



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Prof. Steve Keen, docente alla Kingston University di Londra.
Adesso è chiaro che ci prendono per i fondelli?



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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio
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"Se volete rimanere schiavi dei banchieri e pagare il costo della vostra stessa schiavitù, continuate a lasciargli creare la moneta e controllare il reddito della nazione"

Sir Yosiah Stamp (direttore e presidente della banca d'Inghilterra negli anni '20)



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" Sindaca sfida, via Iva e accise in 2018 "
" Zona franca: in Sardegna benzina a 50 cent, decide il sindaco. L'Agenzia delle Entrate: falso "

ve lo spiego io , cari sindaci , come debellare definitivamente quel cancro chiamato agenzia delle entrate dei territori , va mandata diffida ufficiale tramite raccomandata con ricevuta di ritorno all'agenzia delle entrate e al governo dove si da piena diffida dal continuare a esercitare l'interesse in peculato del governo e dell'agenzia entrate , in quanto queste esercitano pieno peculato sui cittadini lavoranti e pensionati , vittime di questi soprusi monetari fini all'impoverimento del Popolo ! Inoltre va comunicato che non si riconosce più da quel momento l'autorità preposta agenzia entrate e nemmeno il governo in quanto questi esercitano pienamente furto ingiusto tramite tassazione vessatoria e iniqua e che si erige zona franca esplicando data e nome del territorio comunale cittadino , staccandosi definitivamente dalle nefaste e scandalose regole romane ! purtroppo la comunicazione va fatta obbligatoriamente , prima di rimuovere completamente i furti delle accise del dato comune o regione ( vedi accise abissinia e altre che non hanno nessun senso di esistenza ) e iva ( che incidono sul prezzo finale di circa 90 centesimi - 1 euro per ogni litro di benzina ..
questa sindaca ha spina dorsale maggiore di tutti i sindaci dl'italia , se mette in pratica concretamente , e dico se , va appoggiata documentalmente da parte di tutto il popolo del suo paese .. in automatico , vedrete , i lavoratori dell'agenzia entrate sita nel paese di questa sindaca non l'appoggeranno perchè rischierebbero immediatamente il posto a mettersi contro i loro stessi uffici e del dirigente della baracca ! Va data diffida ufficiale anche al tribunale di intervenire perchè questo appoggerebbe certamente roma nell'iniquità dell'attuale scandalosa gestione in atto di peculato !
ci vorrebbero molte più persone così temprate come questa donna !
 
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Orizzonte48
Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.































domenica 7 gennaio 2018
LIVORE & ELITISMO: LIVORE E' ELITISMO PER F€SSI (SPESAPUBBLICAIMPRODUTTIVA = NO-POPULISMO) [/paste:font]

ANTEFATTO:
1. Tagliare la spesa pubblica, si sa, è segno di virile credibilità di fronte ai mercati e a l'€uropa. D'altra parte, invece, gli investimenti effettuati con spesa pubblica, spesso unificati nella categoria (sempre di spesa pubblica) "misure supply side", risultano virtuosi. E quando c'è la virtù, come ben sanno gli innamorati, "le dimensioni non contano".
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E questo è l'ultimo aggiornamento ufficiale, tenuto conto della nota al Def, dell'andamento dei "mitici" investimenti pubblici:

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1. E niente: non si fa in tempo a scrivere una serie di post in cui si cerca di offrire il quadro fenomenologico entro cui comprendere (e non pre-comprendere) il ruolo residuo del processo elettorale all'interno di una democrazia divenuta liberale, - cioè monoclasse-timocratica a forza di vincolo esterno e diritto internazionale da trattato "privatizzato", e quindi in economia aperta liberoscambista e che desovranizza a colpi di gerarchie mercatiste indotte dai vantaggi comparati- che l'offerta politico-elettorale italiana "che conta" si scatena a dare conferme che vanno al di là delle più "rosee" previsioni (in termini di esattezza millimetrica delle analisi proposte).

2. La palma d'oro va indubbiamente a Prodi che nella sua conflittuale comprensione dello Stato di diritto costituzionale (una vera sofferta ma, purtroppo per lui, e più per noi, irrisolta elaborazione teorica la sua, considerato il numero di volte che deve aver compiuto il giuramento di osservanza della Costituzione) ci sforna un editoriale tutto post-ideologie, economie di mercato aperte e, dunque, facciamocome, e governabilità come supremo bene tecnocraticamente "consegnato" alle masse inerti e ottusamente arroccate sulla idea balzana di dover essere rappresentate (cliccando sull'immagine del tweet l'intero trionfale excursus polititologico e di teoria dello Stato dovrebbe risultare pienamente godibile)..


Una ostentata certezza istituzional-costituzionalistico-materiale in piena consonanza con l'elaborazione del suo successore Barroso. E successore sia alla Commissione Ue che nei rapporti di consulenza-collaborazione con Goldman Sachs:
2A) Barroso a Goldman Sachs, il contratto dell’ex presidente Ue con la banca d’affari sotto la lente di un comitato etico
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Il politico portoghese è stato nominato a luglio presidente non esecutivo della filiale europea. Ora Bruxelles verificherà se c'è conflitto di interessi e se ha rispettato il requisito di tenere "un comportamento integro e discreto" dopo la fine dell’incarico [Ndr: notammo già, a suo tempo, che il conflitto di interessi andrebbe principalmente commisurato all'integrità del suo comportamento istituzionale DURANTE IL MANDATO. Ma tant'è...]. Il successore Jean Claude Juncker al mediatore europeo: "Quando viene alla Commissione sarà trattato come un normale lobbista".

2B) OGGI GOLDMAN SACHS NON HA PIÙ BISOGNO DEI PRODI, MONTI, LETTA CHE LA INTRODUCANO AI TAVOLI CHE CONTANO. LA PARTITA SI È FATTA PIÙ EUROPEA
"Certo, Goldman Sachs è sempre stata molto abile nel fenomeno cosiddetto delle revolving doors, porte girevoli: il passaggio di un professionista dal ruolo di legislatore o regolatore a quello di membro dell'industria che prima regolava e viceversa. Il caso più celebre è quello di Hank Paulson, ex amministratore delegato di GS diventato nel 2006 ministro del Tesoro nel governo di George W. Bush. In Italia il percorso di solito è opposto: dalla politica alla banca. Gianni Letta, Mario Draghi, Romano Prodi, Mario Monti. Sono stati tutti advisor, ovvero consulenti, di Goldman Sachs. Un lavoro che consisteva nell'aiutare la società sfruttando la loro rete di relazioni. Il core business di Goldman Sachs sono i grandi clienti come Eni, Fiat, Enel e anche il governo italiano. O aziende più piccole ma globali, come Prada.
...
Quando Letta tornò a Palazzo Chigi nel 2008, poi, come consulente venne scelto il commercialista Enrico Vitali, partner dello studio di Giulio Tremonti. Il primo fu Prodi, che entrò nella banca Usa nel 1990, dopo sette anni da presidente dell'Iri.
I "complottisti" sostengono che Goldman Sachs abbia organizzato il colpo di Stato nei governi in Europa e avrebbe piazzato i suoi uomini di fiducia, come Mario Monti o Mario Draghi alla Banca centrale europea. Claudio Costamagna, ex Montedison, ex Citibank e oggi presidente-fondatore della società di consulenza on-line Advise Only, è stato anche capo dell'investment banking in Europa di Goldman Sachs.
In un intervista al Corriere della Sera del 2011 contestava le tesi del grande complotto: "Monti è un esperto di Antitrust, Prodi è stato per noi di Goldman, e stiamo parlando del 1991, una sorta di pioniere e biglietto da visita: in Italia non ci conosceva nessuno, o quasi, e la banca d' affari conosceva poco il nostro Paese
".
E quindi, lucidamente, pacatamente:
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3. Ma la versione più semplificata, e come tale suggestiva, dello stesso paradigma, si ritrova nel prepotente uso elettorale della formula della spesapubblicaimproduttiva che va estirpata per ridurre il debitopubblicobrutto come soluzione di tutti i mali (e quindi a qualunque costo, fosse anche la democrazia costituzionale)).


4. Naturalmente, il concetto di spesapubblicaimproduttiva deve rimanere un mistero, non indicandosi chiaramente in cosa consista (gli...sprechi e le consulenze e le pensioni d'oro non giustificate da corrispondente contribuzione, ammontano a quaranta punti di PIL, se ne deve dedurre): basta contrapporlo alla formula magica degli "investimenti pubblici", che è altrettanto bene non indicare in cosa possano consistere, sebbene nei lavori della nostra assemblea costituente in realtà il problema fu ampiamente affrontato e persino risolto.
Ma fu risolto in modo del tutto diverso dall'idea che lo stock di capitale necessariamente finalizzato all'erogazione delle utilità pubbliche verso i cittadini (bazzeccole come ospedali, sale operatorie, edifici scolastici e loro minime pertinenze, infrastrutture fondamentali di trasporto, viabilità e energia), - utilità corrispondenti a una serie di diritti sociali che parevano, agli ingenui costituenti, dei diritti fondamentali per garantire l'effettività della democrazia e che così scrissero in Costituzione- possa essere costituito separandolo dal flusso della spesa corrente che ne è, in definitiva, la conseguenza operativa (ad es; pagare medici e insegnanti, manutenere strade e patrimonio immobiliare pubblico e farlo sul serio, senza far degradare il territorio in condizioni di disastro permanente da paese post-bellico) e quindi separandolo dal momento pratico e concreto di erogazione del servizio e della funzione pubblica che rende effettivo il diritto fondamentale sancito in Costituzione.
Ovviamente, il concetto stesso di spesapubblicaimproduttiva è il frutto dell'acritica ideologia "dell'incubo del contabile" che veniva, anche in Costituente, a reclamare i "sospesi", come il garzone del colonnello Kurtz, e a predicare che "occorresse scendere dal livello di civiltà in cui si era" (qui, pp. 2-3).

5. Ma va anche aggiunto, che persino dentro l'€uropa dell'ordoliberismo e del lavoro-merce, cioè dello Stato super-regolatore al servizio esclusivo dell'instaurazione del magico ordine sovranazionale dei mercati (in struttura oligopolistica, perché efficiente e competitiva: mica perché assicura una rendita, cfr; p.19, che viene poi scambiata con la rendita politica di chi la promuove!) ci sarebbe stata una qualche definizione normativizzata ed attualizzabile degli investimenti che l'Italia, per esigenze strutturali e territoriali (in realtà andatesi drammaticamente a peggiorare, specialmente durante i 30 e più anni di vincolo esterno), avrebbe potuto legittimamente effettuare in applicazione della golden rule. E infatti ci stava: e, teoricamente, sul piano delle astrattissime capacità politico-negoziali dei nostri governi, avrebbe potuto anche essere fatta valere. Oppure, no: a chi importa?

6. Ma anche trascurando il fatto che l'€uropa - cosa di cui Prodi è certamente a esplicitissima conoscenza- ci impone di tagliare da decenni l'investimento pubblico e la spesa in conto capitale, come attestano le tabelle di tutti i Def, (anche quando mercanteggiano sulla flessibilità una tantum concessa dal fiscal compact recepito col pareggio di bilancio in Costituzione), e come attestava per serie storiche pluricedennali l'accurato Studio-Giarda, rimane il fatto che la spesapubblicaimproduttiva dovrebbe essere quella che non si converte in prodotto nazionale interno e cioè in reddito-spesa dei residenti.
E quindi, a rigore di finanza pubblica e di saldi settoriali della contabilità nazionale, essa consiste unicamente nel trasferimento di interessi passivi sul debito pubblico a favore di creditori-sottoscrittori esteri (cioè un sottoprodotto della liberalizzazione dei capitali voluta con l'Atto unico e, prima ancora, della finanziarizzazione privata dello Stato voluta col divorzio tesoro-Bankitalia e, dunque, in completamento dello Statuto della moneta imposto già con l'adesione allo Sme).

6.1. Nota bene: SOLTANTO la voce interessi passivi contiene spesapubblicaIMPRODUTTIVA che non si converte in reddito e capacità di spesa di residenti, cioè in PIL (e saranno, scontando la poca chiarezza sulla effettiva titolarità - tra BCE e Bankitalia: quest'ultima in quanto responsabile delle perdite relative, eventuali- dei titoli acquistati col QE, forse un paio di punti di PIL. Ma sempre contenuti in quella percentuale complessiva sottoindicata ed evidenziata.
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7. Ma ci aiutano a capire voci illustrissime, che ci spiegano con chiarissima ed autorevole indicazione istituzionale, privatizzata e dei mercati, cosa sia il populismo e cosa no e perché.
Anzitutto Soros, che ridisegna abilmente anche il clash che c'è tra le istanze della impresentabile gente e i contrapposti (!) (secondo lui) diritti costituzionali che intende, sempre lui, come quelli che sono indicati dalle elites, - sicché, indubitabilmente, la corruzione non appartiene, come in fondo ci ha spiegato Prodi, alle elites, ma alla classe politica: ma solo, per l'appunto, in quanto inefficientemente rappresentantiva di interessi...non dei mercati, cioè non delle elites.
Non fa una grinza e la sinistra-sinistra italiana apprezza, come sempre, in nome dei diritti cosmetici che sono visti come la definitiva affermazione delle nuove costituzioni materiali contro quelle populiste e della sovranità democratica pluriclasse dei lavoratori.
Non ci credete? Open Society non lascia molti dubbi:



8. Perciò il suggello di tutto questo, che è in fondo "governabilità" e efficienza benevola dei mercati in salsa diritto internazionale privatizzato dei trattati, cioè globalizzazione istituzionale, non poteva che venire nella concezione dell'esito elettorale come processo subordinato di ratifica delle decisioni impersonali dell'ordine internazionale dei mercati.
Con soluzioni obbligate che convertono il futuro in una minaccia; per voi che ve lo meritate perché è così è basta (tanto non lo capite che, in effetti, è inutile spiegarvelo).
Lo dicono molto bene due voci che, appunto, finiscono per disegnare un futuro post-elettorale che è tutto un disegnino per dirvelo prima, bene e perché vi ci abituiate senza fare storie (tanto alle brutte c'è sempre la clausola omnibus della spesapubblicaimproduttiva come passe-partout di default delle soluzioni di governabilità più direttamente rassicuranti).

8.1. Si comincia con Tajani:


8.2. Si prosegue con Padoan:


E poi c'è ancora chi mi chiede "se", come, quando, e soprattutto "perché", si manifesterà il "male minore"...
 
" h!!ps://www.youtube.com/watch?v=rojXKMniVaw "
ascoltatelo questo fanciullo : cosa è il battesimo nelle chiese col blocco e chiusura della ghiandola pineale , cosa sia la trinitarietà della chiesa cattolica romana !
e non si badi troppo a qualche errore di lettura qua e là ..

" h!!ps://www.youtube.com/watch?v=X3w_bsqLPYs "
haarp ( programma attivo aurorale .. ossia programma delle attività tramite le aurore boreali .. chi sa dirmi tra voi cosa è successo di catastrofico ormai molte volte subito dopo le aurore boreali che si sono viste in cielo ? Forti esplosioni e terremoti , Maremoti ?
credete ancora che tutte queste basi haarp siano utili per il bene dell'umanità e innoque ? ingenui , creduloni delle fiabe e stolti ! queste basi vanno terminate e completamente rase al suolo , tutte quante , senza eccezzioni alcune ! messaggi subliminali in televisione e nei film non sono mai stati eliminati , avete voi forse notato che praticamente tutti i film odierni della cinematografia hanno dentro gli stessi la parola putriscente " dia-vo-lo " inserita magistralmente nelle scene e recite degli attori ? sarà mai un caso ? prendete tutti questi film e bruciateli perchè sono falsità e menzogna nella recita .. in considerazione del fatto che il segnale digitale terrestre delle televisioni odierne è un segnale attivo e passivo contemporaneamente e lavora anche e specialmente nelle fasce delle ore notturne , quando voi dormite , chi ha la tv , faccia bene a staccarla completamente dalla corrente quando ha terminato di utilizzarla la sera , inoltre andrebbe tolto dal muro anche il cavo della tv dell'antenna , in modo che i segnali non possano transitare e ricollegare il tutto solo il giorno e l'ora necessari all'utilizzo e quindi nuovamente risconnessi .. in un mio vecchissimo post accennavo a pitture murali specifiche per muri per non far passare le onde wireless dei condomini vicini che ne facciano uso .. andrebbero inoltre rimosse le antenne assieme allo schedino wireless posti dentro il proprio computer portatile , aprendo completamente il laptop e lo schermo , smontando le vitine dello schermo , cui all'interno dello stesso vi si trovano le placchette in alluminio che fungono da ricetrasmettitori di informazioni attraverso il sistema wireless e contemporaneamente dentro al portatile dove va scollegato lo schedino wireless .. lo stesso sistema che vi hanno fatto installare nei caloriferi a meno che non abbiate deciso di rimuoverli dal muro i caloriferi , mandando a quel paese chi vi voleva obbligare a spendere migliaia di euro per wireless e regolatore ! sveglia pitechi , all'interno dei monitor dei computer portatili vanno sconnesse e rimosse queste antenne in alluminio saldate su cavo tramite uno schedino ( da rimuovere anche quest'ultimo ) che vanno alla scheda madre del portatile , utilizzando solamente , per la navigazione internet , esclusivamente la presa ethernet lan su cavo di rame .. no wireless ? no stress party !! inoltre , anche le cuffiette per la musica o per le riunioni sono pericolose , posizionare magneti , pur se piccoli e deboli , nei pressi delle orecchie vicino alle tempie , provoca alterazioni energetiche , quindi meglio utilizzare sempre una coppia di altoparlanti stereo oppure gli altoparlantini dei portatili per l'ascolto e il microfono interno del laptop .. ubidubyubidubyubiduuu ! scrappydoo ? scudydoo ..

" h!!ps://www.youtube.com/watch?v=gQXD6WpRahU "
.. la manipolazione con le macchine del pensiero

" h!!ps://www.youtube.com/watch?v=adCNgAQhLGc " :)
 
Ultima modifica:
sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto. orizzonte 48 lucianobarra caracciolo






























mercoledì 7 febbraio 2018
(anche se per ora pare stia recuperando benone) e, quindi, non abbia conferma del fatto se il rimbalzo di ieri significhi definitivo riassorbimento della correzione al ribasso (la Borsa di Tokyo oggi ha arrestato le perdite rimanendo su un leggero segno positivo).
Capirete bene perché un crollo borsistico a epicentro USA (e propagato al Giappone e poi all'intera €uropa) sia un fatto importante: non c'è molto da disquisire.
Il ripetersi di un fenomeno comparabile (se non di dimensioni superiori) a quello del 2007-2008, significherebbe recessione negli Stati Uniti, a cominciare dalla contrazione repentina dei consumi nel paese maggior consumatore del mondo, e perciò della sua produzione/occupazione, con la drastica conseguente riduzione delle importazioni che costituiscono una parte importante della domanda dei beni esportati dall'eurozona; una domanda su cui, quest'ultima, punta in modo decisivo per la propria crescita, non senza un'evidente propensione a rendersi dipendente dal modello export-led e quindi da shock esterni.

2. Da notare che già la recente ed incrementata rivalutazione dell'euro rispetto al dollaro, variamente attribuibile all'atteggiamento dell'attuale amministrazione USA (qui, l'ultimissima puntata di questa guerra valutaria fatta di dichiazioni e minacciosi sottintesi), poneva in pericolo il rigido modello export-led dell'eurozona a conduzione tedesca.

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2.1. Basti dire che, come nel periodo seguito al caotico biennio 2007-2008 (e, pur con varie oscillazioni, protrattosi fino al provvidenziale whatever it takes e, ancor più, al QE competitivo-svalutativo...), il dollaro subirebbe prevedibilmente un'ulteriore e aggiuntiva spinta alla svalutazione sull'euro, in caso di nuova recessione da scoppio della neo-bolla finanziaria

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2.2. Questo doppio pericolo (tutt'ora) incombente, pone naturalmente a rischio la tenuta dell'eurozona: ed infatti, mentre fino a livelli ancora non raggiunti, l'euro (pur apprezzandosi) rimarrebbe sottovalutato per la Germania (e per l'Olanda, in verità), per il resto dei paesi dell'eurozona sarebbe una moneta sempre più iper-valutata rispetto ai propri fondamentali effettivi, e per di più, ciò, unito alla recessione importata da oltreoceano, indurrebbe le istituzioni Ue a imporre un violento inasprimento dell'austerità fiscale, che è l'unico sistema di aggiustamento istituzionalizzato, in un'area che la German Dominance costringe a essere mercantilista.
Politicamente, questa combinazione non sarebbe controllabile dai governi filo-€uropeisti "ad ogni costo" che cercano, oggi, di rassicurare elettorati sempre più spaventati dalla disoccupazione e dall'impoverimento di massa, raccontando di una solida ripresa strutturale dell'eurozona.

3. Ora, la spiegazione dell'attuale crisi azionaria - o forse "mera correzione"- ci viene offerta, in Italia (riportando pedissequamente le fonti dei big-media anglosassoni) come causata dal timore per l'inflazione in rialzo, a sua volta legata alla temuta crescita dei salari, innescabile (non innescata in termini attuali!) dal basso livello di disoccupazione negli USA.
Il surriscaldamento inflattivo di tale economia sarebbe pure denotato dalla crescita dei rendimenti dei treasury bonds decennali, e dalla connessa crescente aspettativa di un aumento dei tassi da parte della Fed che, secondo un noto meccanismo, renderebbe nervoso il mercato azionario (in cui i rapporti price/earnings sono già al limite del livello di sicurezza).
Su questo terrore preventivo per l'inflazione-piena occupazione si diffondono i media italiani, dandolo per scontato: mi limito a rinviare sul punto a quanto illustrato su Iceberg Finanza.

4. Questa interpretazione però non regge a un obiettivo esame dei dati relativi a inflazione e livelli di occupazione e salariali negli USA.
E non solo non regge in una retrospettiva a breve termine, ma neppure se si volessero scorgere dei segni di aspettativa razionalmente giustificata su un'evoluzione (degli investimenti nell'economia reale e del mercato del lavoro) altamente probabile, cioè un'aspettativa che i mercati finanziari potrebbero comprensibilmente "scontare".

Basti vedere come, pur in piena era Trump, anzitutto, l'inflazione, non dia segni consistenti di risveglio, quantomeno in termini di target della Fed (anch'esso posto al 2%). Parrebbe proprio che la tendenza strutturale, come pure la (presunta) efficacia dei rialzini dei tassi già avvenuti, mantengano l'inflazione, al "centesimo", entro valori di assoluta sicurezza, con un trend addirittura a media decrescente nel corso del 2017:
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5. Certo il tasso di disoccupazione, anche scontando il dato U6 (di cui abbiamo tanto parlato), risulta diminuito.
Ma ciò implica, come potete constatare dal grafico sottostante, tutt'al più un ritorno ai livelli di occupazione ante crisi del 2007-2008:
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5.1. Con un piccolo inconveniente però...Che la popolazione inattiva, così come in Italia, è notevolmente aumentata; e ciò significa, dunque, non che i cittadini americani vedano concretamente crescere i propri redditi da lavoro (come starebbe in assunto scontando il mercato azionario), potendo i lavoratoti esercitare la tipica pressione di chi può scegliersi la più vantaggiosa tra molteplici occasioni di lavoro, ma, al contrario, che sempre più persone in grado di lavorare ritengono di non avere alcuna scelta e, quindi, a maggior ragione, alcun potere contrattuale nell'accettare o meno il salario offerto (sempre più spesso al minimum wage).
Ecco la statistica detta dello "shadow unemployment (si includono lavoratori che effettivamente sono disposti a lavorare, per esigenze di sussistenza, ma che non figurano nelle rilevazioni perché pagati "in nero" o in natura; quali pensionati incapienti e disoccupati di lungo corso che vengono retribuiti con paghe indeterminate, quando capita, e/o con vitto e alloggio, per lavori manuali) indicando che le già contestatissime statistiche ufficiali, non gettano luce sulla reale dimensione della disoccupazione e della sotto-occupazione, cioè dei working poors. Come si vede, l'andamento della "shadow" è ampiamente divergente dai dati (persino) relativi a U6:

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6. D'altra parte, lo stesso ridotto tasso di popolazione attiva, conferma l'esistenza di questa disoccupazione occulta e di sussistenza e che non accenna minimamente a diminuire in questi tempi di presunta ripresa (inflazionistica!):
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7. Ma un'evidente conferma della irragionevolezza di un'aspettativa relativa ad una crescente inflazione connessa ad una rilevante crescita dei salari - e quindi al presunto agire di un meccanismo per cui avvicinandosi alla piena occupazione i lavoratori, in media, possano pretendere di essere meglio pagati- l'abbiamo dal sottostante grafico tratto da Zerohedge-Bloomberg.
Ci mostra come pur diminuendo la disoccupazione, non decrescano allo stesso modo le insolvenze relative a tutte le forme di credito al consumo.
Il che pare un sintomo decisivo nell'indicare salari non solo stagnanti ma anche insufficienti a sostenere la domanda/spesa senza l'accumulo di debiti e di rischio finanziario (che poi viene impacchettato e rivenduto sui "mercati" con vari strumenti derivati, mettendo la cenere della sotto-occupazione e dei salari stagnanti sotto il tappeto):

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8. Arriviamo quindi al dato definitivo.
Sempre Zerohedge (in questo efficace a invitare i lettori a non "bersi" le immaginifiche versioni ufficiali), ci ragguaglia sui dati appositamente forniti da Goldman Sachs; il che già dovrebbe indurre a porsi delle domande sulle vere ragioni dell'attuale flessione azionaria...
Si tratta proprio della famigerata "quota salari" rispetto al reddito prodotto dal settore delle imprese private.
"La quota di reddito prodotto dalle imprese non agrarie, corrisposto ai lavoratori dipendenti è scesa del 6% dal 1999 fino all'attuale 56%, mentre i margini dei profitti corporate hanno continuato a salire"
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9. Questo insieme di dati è perfettamente coerente col principale dei fatti socio-istituzionali che caratterizzano gli USA: il capitale è libero e mobile e, soprattutto, finanziarizzato e a ciò corrisponde la sostanziale distruzione della tutela sindacale (qui, p. 10); il welfare pubblico praticamente non esiste (ci sono i "buoni pasto"...) e la capacità di resistenza dei disoccupati alla deflazione salariale, in assenza di salario indiretto (sanità pubblica) e salario differtio (previdenza pubblica) è marginale; il mercato del lavoro è perfettamente flessibile, cioè la libertà di licenziamento è pressocché illimitata; lo stesso orario di lavoro può essere compresso, a parità di paga oraria, a piacimento e l'unico limite alla deflazione salariale è il "salario minimo" che certo non segue, nei suoi adeguamenti, l'aumento della produttività nominale (negli USA e ovunque); anzi, abbiamo visto come il salario minimo spiazzi gli investimenti verso i servizi labor-intensive a bassa retribuzione a scapito di quelli capital-intensive, determinando un'ulteriore impoverimento sociale ed incentivando la dequalificazione della forza lavoro, cioè la dispersione del capitale-conoscenza.
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10. Ma la deflazione salariale di massa, insita nella fine della mobilità sociale, era già comunque insita nella dequalificazione "obbligata" dovuta all'insostenibile costo dello studio universitario per i figli della middle class (le insolvenze degli students loans sono in vertiginosa crescita e solo il sostegno finanziario statale, - ma "opaco e a singhiozzo"-, attenua una sostanziale forma di neo-schiavitù da debito):
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Insomma, nella realtà vera, e non in quella immaginata dai neo-liberisti che controllano militarmente la "descrizione della realtà" (che è tutt'altra cosa...mediatica), non c'è modo che si possa verificare un aumento delle retribuzioni tale da giustificare razionali aspettative di aumento salariale: semplicemente perché, dato il quadro ideologico-istituzionale delineato, la condizione di pieno impiego è pura statistica "ufficiale".
Ma l'avevamo avvertito un anno fa;
a qualsiasi successo di Trump nel dare una spinta fiscale sarà contrapposto un ulteriore aumento dei tassi.
E questo non è ciò che il mercato voleva sentire...
11. Dunque, il pallino è tutto e solo nelle mani della Fed (che talora preconizza, in preda all'angoscia, soluzioni fantasiose), per quanto la dinamica del nascondere sotto il tappeto il debito PRIVATO sub-prime, da sotto-occupazione e sotto-capacità di consumo, sia difficile da arrestare per sempre.
Cioè si tratta di difficili equilibri tra diverse esigenze contrastanti; quella di impedire che la bolla finanziaria si gonfi a livelli incontrollabili ove mantenuti gli attuali livelli dei tassi (e cioè dell'indebitamento per gli acquisti al casino, allo scoperto e magari in carry trade) e quella, opposta, di impedire che la bolla attuale scoppi alzando eccessivamente i tassi. A ben vedere, si tratta di una lotta interna a fazioni del capitalismo finanziario, cioè di una contesa politica tra elites, che si accompagna al paradigma della banca centrale indipendente (dagli interessi democratici del popolo americano).
Diciamo che è stato lanciato un "avvertimento" da parte di chi non vuole sostanziosi aumenti dei tassi e, al tempo stesso, ha comunque difficoltà a "rientrare" dalla propria posizione debitoria (considerata al di sopra delle leggi, economiche e dello Stato); e, last but not least, non ha interesse ad un eccessiva svalutazione del dollaro, essendo "cosmopolita".
Questa (mini?) crisi azionaria, almeno nel quadro di questi giorni, risulta quindi più riguardare le forze pro e contro Trump e gli assetti di dominio oligarchico ad esse legati.
Poi, i conti da pagare arriveranno comunque. Ma è una storia che deve ancora iniziare...

ADDENDUM: comprendo le precisazioni e la spiegazione che hanno suggerito taluni commenti.
Tuttavia, mi pare che per confermare e meglio focalizzare il punto sollevato nel post, sia utile questo post di Zerohedge che parla proprio della correlazione tra attuale correzione, futuro (inevitabile) atteggiamento delle Banche centrali e..."la vera tempesta" prossima ventura. Mi perdonerete se non traduco i brani selezionati:

Trader: "Stock Slump Clears The Decks For The Real Storm"
The near 7% tumble in the S&P 500 Index from its record high has been termed a “healthy correction” by so many that it’s practically a cliche by now. But as short-volatility trades clear out, a swathe of speculative and leveraged positions will have been removed.
Retail investors will also have had the fear of the gods put in them: clients at TD Ameritrade had boosted equity allocations for 11 straight months through December, pushing the brokerage’s Investor Movement Index, which tracks client positioning, to a record.

And traders are unwinding positions at a time when liquidity is still abundant -- the big three central banks are, on a collective basis, still expanding their balance sheets. Contraction probably won’t begin until October at the earliest, when the European Central Bank could end its asset purchases.
In addition, the shakeout comes at a time when the underlying economic fundamentals are solid -- the world is still enjoying the glow of a synchronous expansion. The IMF less than three weeks ago boosted its global forecasts for 2018, seeing the fastest growth since 2011.
So even though the sell-off in stocks and bonds in recent weeks will end up being painful for many, it will build up some scar tissue for the far more serious challenge to come: coping with higher borrowing costs as the unprecedented balance-sheet unwind begins in earnest, removing a backstop for markets that’s been there for a decade now
 
Ultima modifica:
Un boom dei 5 Stelle inguaierebbe i padrini occulti di Grillo?
Scritto il 12/2/18 • nella Categoria: idee Condividi


Vuoi vedere che, votando in massa per i 5 Stelle, si finisce per mettere nei guai gli sponsor occulti di Grillo e Casaleggio? «La condotta dei vertici pentastellati rivela un disegno ormai palese, interamente organico al potere. Ma non bisogna dimenticare gli elettori, i militanti e molti degli stessi parlamentari: sono brave persone, convinte di impegnarsi davvero per migliorare l’Italia». Se per ipotesi andassero al governo, «alla fine qualcosa di buono dovrebbero pur fare, pena il crollo del consenso interno e la perdita della fiducia dei loro elettori». Ragionamento in libertà che porta la firma di Fausto Carotenuto, già “allievo” di Mino Pecorelli, giornalista assassinato durante gli anni di piombo. Per molti anni analista geopolitico dei servizi segreti italiani e consulente dell’intelligence Nato, Carotenuto – ora promotore del network “Coscienze in Rete” – ha sviluppato una sua teoria, spiritualista, sulla filosofia che reggerebbe il mondo: il potere sarebbe saldamente nelle mani di “piramidi oscure” (sempre le stesse, «gesuitico-massoniche»), le cui malefatte però produrrebbero il risultato di «risvegliare gradualmente le coscienze, proprio attraverso le sofferenze inflitte».
Carotenuto è un teorico del “risveglio”: sostiene che ormai, anche in Italia, un cittadino su tre non si fidi più del mainstream politico-mediatico. Al quale, a suo parere, il Movimento 5 Stelle appartiene a pieno titolo, nel ruolo di “gatekeeper”: sarebbe un controllore del dissenso, da convogliare verso forme innocue per l’establishment. «Basta vedere chi sono gli assessori romani, tutti suggeriti dallo studio legale di Previti da cui la Raggi proviene, o le frequentazioni di Di Maio nei peggiori circuiti finanziari internazionali, che si è premurato di rassicurare, spiegando che – con lui a Palazzo Chigi – il potere non avrebbe nulla da temere: non per niente, i ministri non sarebbero grillini, ma tecnici, cioè provenienti da quel mondo che Grillo, nel 2013, aveva promesso di “aprire come una scatola di sardine”». Ai microfoni di “Forme d’Onda”, Carotenuto sostiene che non c’è da farsi illusioni, anche nell’eventualità – praticamente impossibile, sondaggi alla mano – di un governo pentastellato. «I Casaleggio non piovono dal cielo: qualcuno ce li ha mandati», ben sapendo che serviva qualcosa di nuovo per “smontare” la rabbia popolare contro i vecchi partiti, «sostanzialmente pedine, tutti quanti, delle stesse “piramidi oscure”».
Secondo Carotenuto, «ogni partito ha in sé entrambe le componenti», ovvero «la destra egoistica», incarnata da personaggi come Bush, Trump e Berlusconi, e la controparte più farisaica, «che a parole si richiama all’umanesimo massonico dei diritti ma solo per attrarre consenso», finendo poi per fare la stessa politica del socio occulto, l’ala destra. «Due facce della stessa medaglia». I 5 Stelle? «Sono espressione di questa seconda categoria, quella degli “amici del popolo”». Obiettivo: «Manipolare i buoni sentimenti di milioni di cittadini, sinceramente democratici». Però attenzione: «Di questo, i grillini nemmeno si accorgono: non sanno di essere manipolati». Il bicchiere mezzo pieno? «Intanto esistono, sono lì, e hanno nobili aspettative di giustizia sociale, di rispetto dell’ambiente e dei territori. Sognano una società più giusta: non sarà facile liquidarli». Come dire: se il Movimento 5 Stelle è stato fabbricato dal potere per neutralizzare il dissenso, non è detto che poi la comunità grillina non possa incidere, al di là dei piani dei fondatori, cioè dei loro presunti mandanti rimasti nell’ombra.
E’ vero, finora Grillo e i Casaleggio «li hanno gestiti in modo osceno», con pratiche da caserma, «buttando fuori chiunque osasse alzare la mano per dire la sua». Così, dal programma sono spariti gli accenti originari e più radicali». Uno su tutti, la contestazione dell’euro e dell’Unione Europea. «Per non parlare della pagina, pietosa, dei vaccini: anziché attaccarli, come gli elettori 5 Stelle si sarebbero aspettati, hanno evitato di fare la guerra al decreto Lorenzin: adesso, di fronte alle proteste di milioni di famiglie, Di Maio dice che eliminerebbe l’obbligo vaccinale, ma i vaccini continuerebbe a consigliarli caldamente», fingendo di non sapere cosa significhino, per la salute, e che tipo di business alimentino. Con ciò, conclude Carotenuto, «bisogna però ammettere che il programma dei 5 Stelle, anche privo di molti temi originari, è comunque pieno di buoni spunti: siamo sicuri che non verrebbero attuati, nell’ipotesi in cui dovessero davvero andare al governo?».
Vuoi vedere che, votando in massa per i 5 Stelle, si finisce per mettere nei guai gli sponsor occulti di Grillo e Casaleggio? «La condotta dei vertici pentastellati rivela un disegno ormai palese, interamente organico al potere. Ma non bisogna dimenticare gli elettori, i militanti e molti degli stessi parlamentari: sono brave persone, convinte di impegnarsi davvero per migliorare l’Italia». Se per ipotesi andassero al governo, «alla fine qualcosa di buono dovrebbero pur fare, pena il crollo del consenso interno e la perdita della fiducia dei loro elettori». Ragionamento in libertà che porta la firma di Fausto Carotenuto, già “allievo” di Mino Pecorelli, giornalista assassinato durante gli anni di piombo. Per molti anni analista geopolitico dei servizi segreti italiani e consulente dell’intelligence Nato, Carotenuto – ora promotore del network “Coscienze in Rete” – ha sviluppato una sua teoria, spiritualista, sulla filosofia che reggerebbe il mondo: il potere sarebbe saldamente nelle mani di “piramidi oscure” (sempre le stesse, «gesuitico-massoniche»), le cui malefatte però produrrebbero il risultato di «risvegliare gradualmente le coscienze, proprio attraverso le sofferenze inflitte».

Carotenuto è un teorico del “risveglio”: sostiene che ormai, anche in Italia, un cittadino su tre non si fidi più del mainstream politico-mediatico. Al quale, a suo parere, il Movimento 5 Stelle appartiene a pieno titolo, nel ruolo di “gatekeeper”: sarebbeun controllore del dissenso, da convogliare verso forme innocue per l’establishment. «Basta vedere chi sono gli assessori romani, tutti suggeriti dallo studio legale di Previti da cui la Raggi proviene, o le frequentazioni di Di Maio nei peggiori circuiti finanziari internazionali, che si è premurato di rassicurare, spiegando che – con lui a Palazzo Chigi – il potere non avrebbe nulla da temere: non per niente, i ministri non sarebbero grillini, ma tecnici, cioè provenienti da quel mondo che Grillo, nel 2013, aveva promesso di “aprire come una scatola di sardine”». Ai microfoni di “Forme d’Onda”, Carotenuto sostiene che non c’è da farsi illusioni, anche nell’eventualità – praticamente impossibile, sondaggi alla mano – di un governo pentastellato. «I Casaleggio non piovono dal cielo: qualcuno ce li ha mandati», ben sapendo che serviva qualcosa di nuovo per “smontare” la rabbia popolare contro i vecchi partiti, «sostanzialmente pedine, tutti quanti, delle stesse “piramidi oscure”».

Secondo Carotenuto, «ogni partito ha in sé entrambe le componenti», ovvero «la destra egoistica», incarnata da personaggi come Bush, Trump e Berlusconi, e la controparte più farisaica, «che a parole si richiama all’umanesimo massonico dei diritti ma solo per attrarre consenso», finendo poi per fare la stessa politica del socio occulto, l’ala destra. «Due facce della stessa medaglia». I 5 Stelle? «Sono espressione di questa seconda categoria, quella degli “amici del popolo”». Obiettivo: «Manipolare i buoni sentimenti di milioni di cittadini, sinceramente democratici». Però attenzione: «Di questo, i grillini nemmeno si accorgono: non sanno di essere manipolati». Il bicchiere mezzo pieno? «Intanto esistono, sono lì, e hanno nobili aspettative di giustizia sociale, di rispetto dell’ambiente e dei territori. Sognano una società più giusta: non sarà facile liquidarli». Come dire: se il Movimento 5 Stelle è stato fabbricato dal potere per neutralizzare il dissenso, non è detto che poi la comunità grillina non possa incidere, al di là dei piani dei fondatori, cioè dei loro presunti mandanti rimasti nell’ombra.

E’ vero, finora Grillo e i Casaleggio «li hanno gestiti in modo osceno», con pratiche da caserma, «buttando fuori chiunque osasse alzare la mano per dire la sua». Così, dal programma sono spariti gli accenti originari e più radicali». Uno su tutti, la contestazione dell’euro e dell’Unione Europea. «Per non parlare della pagina, pietosa, dei vaccini: anziché attaccarli, come gli elettori 5 Stelle si sarebbero aspettati, hanno evitato di fare la guerra al decreto Lorenzin: adesso, di fronte alle proteste di milioni di famiglie, Di Maio dice che eliminerebbe l’obbligo vaccinale, ma i vaccini continuerebbe a consigliarli caldamente», fingendo di non sapere cosa significhino, per la salute, e che tipo di business alimentino. Con ciò, conclude Carotenuto, «bisogna però ammettere che il programma dei 5 Stelle, anche privo di molti temi originari, è comunque pieno di buoni spunti: siamo sicuri che non verrebbero attuati, nell’ipotesi in cui dovessero davvero andare al governo?».

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