Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

Piano banale sparato a minkiam suggerito dal padrone xhe potrebbe farsi di peyote e che nn potra ripetere ne la 1 ne la 2 guerra mondiale
 
LA GRANDE FORTUNA DI FICO

lo hanno fotografato in autobus in uno dei rari momenti in cui...

non era in TAXI...

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PENSIONI ALTOLA’ DI DRAGHI: IL RITORNO DEI SICARI DELL’ECONOMIA!
Scritto il 26 marzo 2018 alle 07:36 da icebergfinanza

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Cercherò di essere il più breve possibile anche perché ormai mi sono stufato di ripetere sempre le stesse cose. Quello che è certo è che appena possibile, per riassumere quello che è successo in questi ultimi sette anni, non basterà di certo un solo libro.

Prima di incominciare una premessa. Nel fine settimana capolavoro politico di Salvini, che ha definitivamente eliminato un peso morto come Berlusconi e insieme a Di Maio hanno messo le basi per un futuro Governo, M5S e Lega.

Di Maio: Salvini sa mantenere la parola. Il governo? Aperti a tutti
Beppe Grillo: “Matteo Salvini mantiene la parola data e questa è una cosa rara

Ma vediamo cosa ne pensano i due protagonisti della Riforma Fornero…

“Il MoVimento 5 Stelle ha previsto, nel suo programma di Governo, l’abolizione della legge Fornero. Oggi c’è troppa flessibilitàin ingresso nel mondo del lavoro e troppa rigidità in uscita. Vogliamo dare più libertà a chi vuole progettare il proprio futuro e consentire ai giovani di inserirsi con più facilità. Sia la P.A. che le imprese, infatti, hanno bisogno di uno svecchiamento che garantisca loro efficienza e competitività. Per combattere gli effetti distorsivi di ciò che è stato fatto negli ultimi anni è necessario rivedere l’età pensionabile. Le nostre proposte sono:

  • quota 41 (vai in pensione dopo 41 di contributi versati);
  • quota 100 (vai in pensione quando la somma tra età anagrafica ed età contributiva equivale a 100);
  • staffetta generazionale (che provoca l’inserimento dei giovani ad oggi disoccupati nel sistema produttivo del paese, con evidenti benefici per tutti);
  • blocco graduale dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita;
  • estensione della categoria dei lavori usuranti tramite la creazione di un “Osservatorio sul lavoro usurante”.
Professore associato alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, Andrea Roventini è la scelta di Luigi Di Maio per il ministero chiave del suo eventuale prossimo governo: l’Economia. Ecco un passaggio molto interessante dell’economista che al sole 24 ore ha risposto a una domanda sugli interventi per la prossima Riforma delle Pensioni con l’eventuale abolizione della legge Fornero:Non miriamo a un’abolizione tout court della riforma Fornero ma a un suo superamento. A mio giudizio, tale riforma è sostenibile per i conti dell’Italia. In ogni caso, penso che dopo quarant’anni un lavoratore abbia diritto ad andarein pensione.

Riforma Pensioni 2018 novità dal M5S:
Pensioni 2018: Quota100, pronta la proposta della Lega, ecco in cosa consiste

“La nostra proposta per la riforma delle pensioni prevede la quota 100 e la Quota 41″, ha spiegato lo stesso Fedriga. Si tratta, tuttavia, di una proposta che richiederebbero il ricorso al meccanismo delle quote. Con Quota 100, infatti, i lavoratori potranno accedere alla pensione anticipata dopo che la somma dell’età anagrafica con gli anni di contributi effettivamente versati sia uguale a 100. Cosa assai diversa, invece, per il sistema della Quota 41 che, invece, garantirebbe una copertura previdenziale a coloro che hanno maturato almeno 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica; una misura che potrebbe essere adatta ai lavoratori con lunghe carriere contributive alle spalle. Particolare ammirazione arriva anche dal Movimento 5 Stelle che potrebbe decidere di inserire la Quota 41 nel suo programma elettorale.

Su questo non ci piove la convergenza è totale al punto tale che Draghi si è sentito in diritto di minacciare il nuovo Governo italiano…

Pensioni, altolà di Draghi a Di Maio-Salvini: un danno abolire la Fornero
Un doppio altolà sulle pensioni a M5S e Lega. Dopo che ieri il Fondo Monetario Internazionale ha fatto sapere che in Italia nonostante le varie riforme varate a partire dagli anni ’90, legge Fornero compresa, la spesa pensionistica italiana resta elevata (“nel 2045 raggiungerà il 20,3% del Pil”, stima più alta del 16% previsto dal Tesoro), anchela Banca Centrale Europea manda un messaggio in forma indiretta alle forze elettorali premiate dalla tornata elettorale del 4 marzo che puntano alla cancellazione-superamento della riforma Fornero.

“Molti Paesi hanno già implementato riforme dei sistemi pensionistici dopo la crisi del debito sovrano sebbene il passo delle riforme abbia fatto registrare un rallentamento di recente. Ulteriori riforme in questa area sono essenziali e non devono essere ritardate, anche alla luce di considerazioni di politica economica“, scrive il bollettino della Bce che sarà diffuso in forma integrale giovedì mattina.

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Consiglio a Draghi di rivolgere in primis il suggerimento alla Germania, il cui sistema pensionistico fa acqua da tutte le parti ed è il peggiore d’Europa.

Ve li ricordate i sicari dell’economia? CHI HA PAURA DEL CAVALLO DI TROIKA!

Rileggetevelo bene questo pezzo perché, ritengo che sia una pietra miliare per comprendere cosa sta davvero succedendo.

Se non avete tempo una sintesi un questo pezzo di Report


Le ultime notizie in arrivo da questa vera e propria associazione a delinquere è che suggeriscono al nostro Paese…

Italia, working paper Fmi: deve ridurre spesa pensioni, riforma Fornero non basta.

MILANO (Reuters) – La spesa pensionistica italiana è e sarà anche nei prossimi anni troppo elevata nonostante l’entrata in vigore della riforma Fornero. Per questo occorrono misure per ridurre le pensioni calcolate con il metodo retributivo e quello misto, diminuire i criteri di concessione delle pensioni di reversibilità e alzare il basso livello di contributi versati dai lavoratori autonomi.Il giudizio è contenuto nel working paper ‘Italy: Toward a Growth-Friendly Fiscal Reform’ del Fondo Monetario Internazionale a cura degli economisti Michal Andrle, Shafik Hebous, Alvar Kangur e Mehdi Raissi che giunge mentre nel dibattito politico italiano il centro-destra chiede di abolire o modificare la riforma introdotta dal governo Monti. I contenuti dei working paper non rappresentano la posizione del Fondo.

Non rappresentano la posizione del Fondo, ma funziona così, più o meno come le banche americane che non concedono più prestiti per l’immobiliare ma mandano avanti i loro sicari, ovvero il sistema bancario ombra che ha fatto tornare alla ribalta il NINJA MOMENT

La riforma Fornero non serviva, non lo dico io ma lo ha dichiarato uno dei più prestigiosi uffici studi tedeschi, il nostro sistema pensionistico dopo la riforma Dini e Maroni era già in sicurezza e l’Italia aveva uno dei migliori debiti impliciti d’ Europa…

Honorable States? An Examination of True Public Debt in Europe
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L’augurio è che il Movimento Cinque Stelle e la Lega spazzino via questa riforma, il mio suggerimento invece è smetterla di considerare tabù le pensioni d’oro e i diritti acquisiti.

Giusto per rinfrescare la memoria questa è l’attendibilità dei sicari dell’economia…

FMI: CI SIAMO SBAGLIATI MA ANDIAMO AVANTI LO STESSO!
Uil, false le stime del Fondo Monetario Internazionale sulla spesa …

Il resto è storia, una storia criminale come l’intera esistenza del Fondo monetario internazionale e le sue alterne vicende, per non parlare
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FANGs CRASH!
Scritto il 28 marzo 2018 alle 07:28 da icebergfinanza

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Cosa volete che vi dica, il nostro Hedgeye sa sempre sintetizzare in maniera spettacolare nei suoi cartoons la situazione.

Noi la sintesi la facciamo così…

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…per chi non sa di cosa parliamo una sintesi la trovate qui!

DOLLAR INDEX VS LIBOR.OIS
Usa: +6,4% annuo indice Case-Shiller prezzi case 20 città, sopra stime
A gennaio è proseguita la crescita dei prezzi delle case negli Stati Uniti, come emerge dall’indice Standard & Poor’s/Case-Shiller, che misura l’andamento del costo delle abitazioni americane. La domanda di case resta solida e il numero limitato di abitazioni disponibili della vendita spinge i prezzi verso l’alto. Nel primo mese del 2018 l’indice che riguarda l’intera nazione è salito del 6,2% anno su anno dopo il +6,3% annuo di dicembre. Il dato annuale relativo alle dieci principali aree metropolitane è cresciuto del 6%, invariato rispetto al mese precedente (America24)

Per gli ignoranti che invece sostengono che non c’è alcuna bolla nel mercato immobiliare americano, una piccola sorpresa…



Questo per coloro che non hanno accesso a twitter dal posto di lavoro…

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Usa: scende a 127,7 punti fiducia consumatori Conference Board marzo, sotto stime
A marzo gli americani si sono dimostrati meno ottimisti sull’economia. L’indice sulla fiducia redatto mensilmente dal Conference Board, gruppo di ricerca privato, è sceso a 127,7 punti dai 130 di febbraio (rivisto dai 130,8 punti della prima stima, equivalenti ai massimi del 2000). L’indice ha deluso gli analisti, che attendevano un dato a 131,5 punti.(America24)

Sto ancora pensando a quei poveri gestori di fondi passivi che da inizio anno, ogni giorno, come tante pecore al pascolo, sono costretti a brucare azioni del bollificio seriale FANG…

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TESLA compresa…

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Ma soprattutto mi scompiscio dalle risate pensando agli azionisti di Deutsche Bank che ha ormai distrutto e annientato anche l’ultimo aumento di capitale…





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E meno male che qualcuno si era preoccupato perché dopo aver suggerito nel febbraio del 2016 la rinascita dell’Araba Fenice ne ho constatato il decesso nel giugno dello scorso anno…



Il timing? Ma chissenefrega del timing, quella è la direzione nei prossimi anni!

T-Bond in rialzo con vendite nell’azionario
I titoli di stato Usa si sono rafforzati nonostante l’arrivo sul mercato di nuovo debito. Le vendite sull’azionario hanno accentuato gli acquisiti dei Treasury, considerati un bene rifugio in tempi di incertezza. Il decennale ha chiuso con rendimenti, che si muovono inversamente ai prezzi, al 2,790% dal 2,8435 della seduta precedente.

Tra qualche settimana ci sarà da divertirsi…

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Ma no dai, sono tornati bene rifugio, nonostante l’enorme massa di debito?



Un post leggero, leggero, nessuna indicazione nel breve termine, rimbalzi del gatto morto sono all’ordine del giorno…

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… la strada invece è segnata e il nostro buon Machiavelli insieme a Miss Debt Deflation ve la sta indicando!
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EURO BREAK UP: IL MOMENTO DELLA VERITA’ SI AVVICINA!
Scritto il 20 marzo 2018 alle 10:00 da icebergfinanza

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Questa è la prima slide di una lunga serie di oltre 120, una ricerca durata oltre due mesi, una relazione tenuta presso una importante istituzione presente sul suolo nazionale. Analisi empirica, economico/finanziaria, giuridico/legale che prende in considerazione tutte le variabili storiche per un’eventuale rottura della moneta unica.

Mi sono sempre meravigliato di come sia grande l’ignoranza sul tema, non tanto da parte della gente comune, ma da parte delle istituzioni, di chi invece dovrebbe contribuire a sostenere un dialogo il più sereno possibile senza preconcetti ideologici o politici.

Il fallimento dell’euro, da distinguere da quello dell’Europa, è ormai evidente, è sotto gli occhi di tutti.

Dice bene Benjamin Jerry Cohen, professore di Economia politica internazionale presso l’Università della California a Santa Barbara. Le sue ricerche riguardano principalmente questioni sulle relazioni monetarie e finanziarie internazionali e ha scritto su argomenti che vanno dai tassi di cambio e all’integrazione monetaria ai mercati finanziari e al debito internazionale.



Allo stesso tempo sottolinea una cosa fondamentale, ovvero la strenua volontà politica a non abbandonare questo esperimento, a qualunque costo.



L’ultima frase di Angela Merkel è un’autentica fesseria, ” L’euro è molto, molto più che una moneta, è la garanzia di unità dell’Europa.”

Basterebbe guardare alla storia, per capire che una moneta non ha mai garantito un’unione…

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… ripeto MAI in nessun caso della storia.

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Basterebbe osservare questa immagine per comprendere che l’euro è un progetto destinato al fallimento al di la della volontà politica attuale. Solo alcuni stati di secondo piano, africani e del Centro America, adottano il dollaro, il resto dei Paesi ha la propria moneta.

Ma lasciamo spazio all’ultima novità in arrivo dalla Germania riportata dal Die Welt



Grazie alla traduzione di Voci dalla Germania una piccola sintesi…

A Berlino alcuni economisti molto noti martedì si sono riuniti per discuterne. Il loro obiettivo era quello di sviluppare un piano di emergenza a cui ricorrere in caso di disintegrazione della moneta unica. Con il titolo „Is the Euro sustainable – and what if not“ alcuni importanti economisti tedeschi e internazionali si sono trovati per discutere i costi e le conseguenze di un possibile collasso dell’euro, le riforme che potrebbero facilitare l’uscita di un paese e le esperienze storiche relative alla caduta delle precedenti unioni monetarie.

L’invito a Berlino è arrivato dal’università privata ESMT e dal Max-Planck-Institut per il diritto fiscale e la scienza delle finanze. E’ possibile che la situazione nell’unione monetaria si sia stabilizzata grazie alla ripresa economica congiunta, ma i saldi Target in continua crescita evidenziano le fratture economiche all’interno della zona euro. E le elezioni italiane hanno mostrato che il pericolo di una dissoluzione dell’euro è tutt’altro che scomparso. In Italia il capo della Lega Italiana, il partito populista di destra – uno dei vincitori delle elezioni – ha dichiarato che solo la morte è irreversibile, una moneta certamente non lo è. Mentre la politica si preoccupa di stabilizzare l’eurozona, gli economisti vorrebbero invece essere preparati nel caso in cui la moneta unica dovesse fallire.

“La probabilità che l’euro finisca non è pari a zero. Come economisti dobbiamo prenderla in considerazione”, ha detto Kai Konrad, esperto di finanza presso il Planck-Institut. Ad assecondarlo c’era il presidente del Consiglio dei Saggi Economici (Sachverständigenrat), Christoph Schmidt: “bisogna essere preparati anche ad eventi alquanto improbabili”.

E’ necessario discutere una clausola di uscita

Secondo gli economisti presenti ci sarebbero tre scenari di uscita ipotizzabili:l’uscita di un paese senza il consenso degli altri, l’uscita con il consenso degli altri, oppure l’esclusione di un paese contro la volontà del paese uscente. Per tutti questi scenari non esiste un quadro giuridico chiaro, afferma Clemens Fuest, presidente dell’Ifo.
Sebbene l’eurozona con l’articolo 50 del trattato UE abbia previsto una clausola di uscita, l’abbandono della moneta unica nei trattati resta legato indissolubilmente anche all’uscita dall’UE. Non è desiderabile, dice Fuest: “al momento l’uscita di un paese non è all’ordine del giorno, proprio per questa ragione sarebbe il momento buono per discutere una clausola di uscita dall’euro”, dice Fuest. Potrebbe essere incluso nei trattati nell’ambito dell’attuale processo di riforma. Fuest tuttavia non raccomanderebbe a nessun paese di uscire. Secondo Fuest una tale clausola potrebbe avere un’influenza disciplinante. “L’adesione all’euro è accompagnata dal fatto che il paese deve accettare le regole della zona euro”, dice Fuest, riferendosi soprattutto all’Italia. Li’ il capo della Lega Salvini ha chiesto che l’Italia ignori gli accordi di politica fiscale che l’Italia stessa ha sottoscritto. “Questo è incompatibile con l’appartenenza all’area dell’euro”, dice Fuest.

Alcuni economisti vorrebbero far uscire dall’euro chi infrange in maniera seriale le regole comuni. I trattati al momento non contemplano la possibilità che alcuni paesi si difendano dall’obbligo di dover trasferire risorse agli altri paesi tramite una opzione di uscita, ma per il futuro non sarebbe da escludere.

E’ necessario che ci siano regole per l’uscita

“I vantaggi derivanti dall’avere regole di uscita chiare consisterebbero nel ridurre i costi macroeconomici legati all’uscita, compresa l’incertezza, rendendo i conflitti fra gli stati meno probabili”, afferma Fuest. Potrebbe esserci maggiore incertezza sul futuro dell’eurozona. “Tutto questo spinge verso la creazione di ostacoli procedurali elevati che rendano difficile l’uscita, ma non per un’assenza di una procedura di uscita”, dice Fuest.

Le clausole di uscita potrebbero servire come protezione contro la redistribuzione delle risorse a spese dei singoli stati. Paesi piu’ ricchi come la Germania o l’Olanda, grazie ad una clausola di uscita, potrebbero difendersi dalla trasformazione dell’eurozona in una unione di trasferimento. Una clausola di uscita potrebbe aiutare anche i paesi piu’ deboli, come l’Italia, che con una loro moneta nazionale, potrebbero tornare nuovamente competitivi.

Quanto siano grandi le differenze lo ha illustrato chiaramente Sinn. Affinché i paesi piu’ deboli possano raggiungere la Germania in termini di prezzi, la Germania dovrebbe avere un’inflazione del 4.5% piu’ alta rispetto a quella degli altri paesi della zona euro per i prossimi 10 anni.


I migliori economisti su un terreno politico minato

L’uscita di un paese sarebbe costosa anche per la Germania. Se un paese dovesse uscire, la Bundesbank finirebbe per perdere i suoi crediti Target nei confronti del paese uscente. La sola Italia attualmente ha un debito verso l’eurosistema pari a 444 miliardi di euro.

Se ad uscire fosse invece la Germania, ad essere coinvolto sarebbe l’intero importo dei 900 miliardi di crediti Target. In questo caso sarebbe infondata la preoccupazione di una eccessiva sopravvalutazione del nuovo D-Mark: “la Bundesbank, secondo il modello della Banca Nazionale Svizzera, potrebbe intervenire con acquisti massicci per mantenerne basso il valore”, ha affermato Fuest.

Ma gli storici dell’economia mettono in guardia dall’accettare con troppa semplicità uno scenario di rottura dell’euro. La storia mostra che il crollo di un’unione monetaria porta con sé delle turbolenze. “Di solito, il crollo di un’unione monetaria causa anche il crollo della corrispondente unione doganale”, ha detto Albert Ritschl, storico economico della London School of Economics.

E questa è stata la quintessenza della euro-conferenza. Anche se un piano generale ancora non c’è: dopo tutto era il primo incontro fra economisti di alto livello a muoversi su di un terreno politicamente minato.

Non sarà una passeggiata, non lo è mai stato nella storia, ma Bertrand Russel, filosofo e matematico gallese, diceva che il problema dell’umanità è che gli sciocchi e i fanatici sono estremamente sicuri di loro stessi, mentre le persone più sagge sono piene di dubbi. Nulla è irreversibile!
Questo in sintesi il mio pensiero … Italia più povera con questo euro.

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#Opinioneconomica. La verità sul Target2
e accettano
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Con l’uscita dall’euro bisogna comprare franchi svizzeri
08/02/2017 8:00 AM
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Marco Rocco Temp Lettura articolo 3 min 0 Commenti 6

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Economia
Abbiamo tutti ascoltato con estremo interesse le parole di Mario Draghi che, con un’inattesa apertura rispetto alla fattibilità di un’uscita dall’euro, ha comunque ricordato che in caso di rottura della moneta unica – secondo la sua opinione – i paesi uscenti dovrebbero comunque ripagare i propri debiti ossia, forse, ripagare il saldo negativo del Target2.
Visto che l’Italia ha un saldo di circa -365 miliardi di euro significa forse che tale ammontare sarebbe il nostro debito (da ripagare) in caso di Italeave? O, visto che la Germania ha un equivalente credito Target2 di circa 800 miliardi euro (!!!, record storico) rispetto all’intero sistema di pagamenti europeo, significa che in caso di rottura dell’euro il sistema europeo dovrebbe pagare Berlino il suo immenso surplus Target2?

Niente di tutto questo: prima di tutto il Target2 è una convenzione per cui il segno negativo non significa avere un debito ma semplicemente vuole rappresentare una traccia dei flussi di denaro che, ad esempio dai paesi periferici sono stati trasferiti verso quelli “core” (in caso di negatività come quella italiana). Dunque, nel momento in cui un soggetto con un conto corrente a credito in Italia trasferisce denaro ad esempio in una banca della Germania, da una parte determina una diminuzione del saldo nel conto italiano e dall’altra un parallelo incremento di saldo nel conto corrente nella banca tedesca, tutto espresso in euro. Quello che avviene per attuare il bonifico, ossia il determinarsi di un saldo negativo in capo alla banca d’Italia e di uno positivo in capo alla banca centrale tedesca, è solo una convenzione operativa che potrebbe tranquillamente non esistere ma che purtroppo confonde le idee dando vita al tanto chiacchierato saldo Target2 ed alle sue molteplici interpretazioni, spesso di parte.

Alla fine, come ben spiegato dall’ottimo De Grauwe su vox.eu (autorevolissimo sito accademico europeo) e ripreso dal nostro Fabio Lugano, il sunto è che il saldo negativo Target2 non rappresenta un debito per l’Italia ed un equivalente credito per la Germania quale recettore dei fondi trasferiti dall’Italia (i detentori dei saldi nei conti correnti positivi in Germania derivanti dai flussi di denaro provenienti dai paesi periferici, inclusa la loro nazionalità, rappresentano una variabile esogena ed indipendente). In soldoni la conseguenza è che, nel caso di una rottura dell’euro, la Germania non potrebbe permettersi di trasformare tutti i saldi in euro depositati nelle sue banche in nuovi marchi in quanto così facendo perderebbe il controllo della moneta nazionale – che esploderebbe in volume – e dunque farebbe partire prepotentemente l’inflazione tedesca. Ossia, e qui sta il punto, un euro che si rompe e che non esiste più verrebbe accreditato ai beneficiari effettivi in funzione della loro residenza, in lire se la residenza del proprietario è italiano, in fiorini se olandese ecc.
Andrebbe anche considerato che gran parte (anche oltre 100 mld di euro e più, diciamo anche un terzo) di detto saldo negativo Target2 italiano possa essere derivato dal rimpatrio di capitali delle multinazionali tedesche con attività in Italia con gli strumenti del “cash pooling”: di norma anche tali flussi derivanti ad esempio dal rimpatrio del cash delle filiali italiane delle multinazionali tedesche dovrebbero essere convertiti in lire (creando enormi perdite per numerose aziende germaniche attive in Italia).

Food for thoughts

In ogni caso non esiste nessun dubbio: se un soggetto italiano, volendo mettersi al riparo dalla futura riconversione forzata dei depositi bancari, spostasse i soldi in Germania per sfuggire (inutilmente) agli effetti di una rottura della moneta unica farebbe un gravissimo errore a pensare di esserci riuscito, si riprenderà le lire! Anche un soggetto tedesco con attività in Italia (vedi Cash Pooling) correrebbe rischi.
Dunque, l’unico modo per essere sicuri di scampare a detta ridenominazione (in caso di rottura della moneta unica) e dunque evitare di ritrovarsi – ad esempio per un beneficiario/residente italiano – con lire svalutate tra le mani è di convertire i propri saldi attivi di conto corrente in una valuta europea autonoma ossia in franchi svizzeri (moneta di norma correlata con il valore intrinseco del marco tedesco e/o alla valuta rappresentante l’economia germanica), possibilmente trasferendo il proprio cash nella Confederazione Svizzera.

In tale modo, in caso di rottura dell’euro, non ci sarebbero dubbi sulla valuta effettivamente detenuta in conto corrente ad esempio da un residente italiano.

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