Per cortesia ripristinate il 3d di mototopo

Orizzonte48
Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione. Ultimamente, poi, la seconda si profila piuttosto...ingombrante, nella sintesi "lo vuole l'Europa". Ma non solo. Per capire il fenomeno, useremo la analisi economica del diritto.































mercoledì 28 dicembre 2016
IL QUARTO PARTITO? PARTITO: MA NON TROVA LA VIA DEL RITORNO [/paste:font]



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[Dal vocabolario Treccani]: eṡiziale agg. [dal lat. exitialis, der. di exitium: v. esizio1]. – Rovinoso, che reca gravissimo danno: fu un errore e.; è stato un provvedimento e. per le nostre industrie; che reca grave danno alla salute, mortale: quel clima è e. per gli Europei; la minima emozione potrebbe essere e. al malato.

1. Dagli editoriali a reiterazione pluridecennale dei giornaloni, e dai frequenti interventi nei talk show di politologi & filosofi, nonché espertologi a vario titolo, dovremmo prendere atto che, ormai, siamo una "democrazia liberale".
Nonostante la clamorosa smentita che, (solo) in astratto (da quel che pare), ha dato l'esito del referendum costituzionale, l'Italia sarebbe divenuta de facto una democrazia liberale, per dichiarata correlazione con la costruzione europea, come predicato dai più accessi sostenitori di questa tesi.
La democrazia italiana si sarebbe trasformata extra ordinem in tale nuova forma - opposta a quella della "democrazia sociale", che pure è stata disegnata nei principi fondamentali e immutabili della nostra Costituzione-, in virtù delle necessità e degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione politica e monetaria europea.
Tali "sostenitori", culturalmente e accademicamente consolidatisi, sono divenuti maggioranza politica, mediante vari metodi elettorali e rivolgim€nti istituzionali, lungo una vicenda politico-internazionale di cui abbiamo più volte indagato le origini.

2. La definizione politico-teorica del "liberalismo" di questa democrazia "all'€uropea" oscilla tra varie formulazioni: tra esse campeggia il socialismo liberale, in cui le "liberalizzazioni" (e privatizzazioni) economiche portano il mercato al centro del "sociale", ma per il..."bene comune", trattandosi dunque di un modo retorico, e smentito dai suoi stessi teorici italo-tedeschi (pp.9-10), di denominare "l'economia sociale di mercato", formula chiarita dall'uso del termine "sociale" come "innocuo vezzo linguistico"..per tacitare gli "agitati sociali".
Ma esistono formule più avanzate, e meglio adattate all'irreversibile "sfida del globalismo", come quella della democrazia post-liberale che comunque preserva il carattere "liberale" della ipotizzata "democrazia" nel transito dallo Stato-nazione all'Europa.
D'altra parte, l'innocuo e strumentale vezzo linguistico, di cui sopra detto, campeggia al centro delle previsioni del principale trattato €uropeo e sta ad indicare che la democrazia liberale è quella che si fonda sull'economia di mercato tout-court e sulla tutela delle "mere" libertà negative della cittadinanza, assunta, quest'ultima, come riflesso della qualità di operatore del mercato, anche solo come consumatore (v.p.6).

3. E dunque, nonostante le varie implicazioni della sovranazionalità dell'economia liberale di mercato che l'€uropa intende realizzare, assorbendo (sempre per il "bene comune" che, peraltro, coincide con l'esistenza stessa del superiore "ordine del mercato) la sovranità dei singoli Stati-membri, la democrazia liberale rimane pur sempre definibile nei termini illustrati da Costantino Mortati e così riassumibili, muovendo dal concetto specifico di sovranità che tale tipo di democrazia ammette (pp.11-11.2):
"...la funzione sostanziale del potere sovrano è quella di assicurare la pacifica coesistenza di interessi diversi e anche contrastanti tra loro; "come" questa essenza della sovranità sia concretamente attuata dipende da quali interessi, cioè da quali tipologie di gruppi sociali che ne sono portatori, siano considerati "bisognevoli di tutela".
...Così, se gli interessi considerati "meritevoli" e quindi da tutelare sono, in base al principio di eguaglianza formale, quelli di "tutti i cittadini" formalmente indistinti, al vedersi garantite delle libertà negative, cioè delle sfere soggettive di esclusione dello stesso potere di comando (altrimenti "incondizionato" dello Stato), avrò la democrazia parlamentare "liberale" (in quanto ispirata a tale concetto di "libertà"): in essa soltanto il parlamento (eletto dai portatori degli interessi riconosciuti come titolari degli stessi), con le sue leggi, potrà stabilire dei limiti alle libertà (tipiche quelle personale, domiciliare, di espressione pubblica del pensiero e, soprattutto, di intrapresa dell'attività economica), ma non potrà comunque comprimerle oltre i limiti ammessi dai Bill of rights (o dalle costituzioni "liberali" che li ricalcano). Non a caso la Magna Carta, invocata come riferimento positivo della Costituzione britannica, è detta "libertatum".
...Dunque, in questo tipo di democrazia, "valori" (cioè le valutazioni storico-politiche che portano a considerare meritevoli certi, e non altri, interessi da tutelare mediante il potere sovrano) e fini (cioè gli obiettivi che, verso il "lato interno", potrà porsi l'esercizio della sovranità) sono obiettivamente funzionali all'economia di mercato, intesa come "free competition" e "free trade". In questo tipo di Stato (liberale), la sovranità stessa, come potere dotato di certi contenuti strumentali e dipendenti dagli interessi effettivamente tutelati, definisce un regime/"forma di Stato" che si disinteressa del conflitto sociale: cioè non conferisce rilievo giuridico supremo alla soluzione del contrasto tra interessi propri di tutti i gruppi, o meglio classi sociali, considerate ciascuna portatrice di interessi meritevoli di tutela. Ciò che noi sappiamo essere, invece, la caratteristica della nostra Costituzione e quindi del contenuto e della funzione della sovranità in esso assunta (la "Costituzione nella palude" è stato scritto proprio per riorganizzare la gran quantità di materiale che il blog aveva fornito al riguardo nel corso del tempo). Mortati precisa i rispettivi caratteri della "democrazia liberale" e della "democrazia sociale", ora sintetizzati, alle pagine 140-143 del Tomo I".
4. Ora, sulla scorta di tale premessa, (su cui mi sono dilungato per consentire un utile ripasso di un percorso già approfondito), la situazione politico-economica italiana, nel preciso frangente storico che stiamo vivendo, risulterebbe piuttosto "interessante", ove fosse vista da un osservatore esterno e non coinvolto nell'agone, molto contingente e confuso, della lotta per la supremazia politica.
Interessante perché mostra una "crisi" di tale democrazia liberale "de facto", tutta incentrata sulla leggerezza con cui è stato affrontato, pur in una visione ideologica "di mercato", il problema della perdita di sovranità nazionale e delle implicazioni di ciò sulla specifica "elite" liberale nazionale!
La "questione bancaria", determinata dalla perdita della sovranità monetaria unita alla perdita della sovranità fiscale, che ha condotto al presunto magico rimedio dell'Unione bancaria, e quindi alla perdita di sovranità anche nella vigilanza bancaria, pone infatti un grave problema di identità e addirittura di perdurante posizione di controllo politico-istituzionale, alla classe dirigente naturale, cioè a pretesa legittimazione scientifica, di una "democrazia liberale".

5. La sintesi di questo non trascurabile problema è che, desovranizzando e affidando la sovranità sottrattta all'odiato Stato (democratico e sociale, cioè costituzionale) all'ordine sovranazionale dei mercati instaurato dai trattati europei, non solo si perde il controllo dell'economia reale, cioè si deve cedere tutto il cedibile dell'industria nazionale, chiudendo il resto e deindustrializzando per sempre, ma, com'è inevitabile, si perde anche il controllo nazionale del sistema bancario; e, per di più, non prima di aver speso (pro-investitori esteri!) denaro pubblico, in situazione di soggiogamento ai mercati finanziari (simultaneamente interessati ad impadronisri dei nostri asset bancari!) per via della perdita della sovranità monetaria e fiscale.

6. Alberto Bagnai, ad ajuvandum di quanto qui esposto, esprime così la visione (politico)-macroeconomica di tale situazione:
"Ora che gli italiani hanno dato prova di essere meno stupidi di quanto certe aziende e certi organi di vigilanza pensavano che fossero, e pare quindi stiano evitando di immolarsi sull'altare della conversione "spintanea" delle loro obbligazioni in azioni, naturalmente interviene lo Stato. Il fatto che lo Stato intervenga ci dice una cosa ovvia: che può intervenire, e che quindi sarebbe potuto intervenire prima, evitando le massicce perdite del comparto bancario che avevamo in qualche modo delineato qui.
Resta poi una facile previsione: questo salvataggio non ci salverà. Intanto, esso viene proposto e gestito all'interno della logica imposta dall'abbandono della sovranità monetaria: la logica della guerra fra poveri. Ci diranno che il contribuente ha salvato il risparmiatore. Già, proprio quello stesso contribuente al quale si chiede, anzi, si impone, di salvare uno stato che non ne ha bisogno, per il semplice motivo che è sufficientemente "austero", quello stesso contribuente che si vuole immolare sull'altare di un obiettivo la cui inutilità è chiaramente disvelata dal moralismo di cui si ammanta, diventa improvvisamente specie protetta, soggetto da tutelare, nel momento in cui si delinea il collasso (in questo caso vero) della finanza privata.
Voi direte: bè, meno male! Invece no, non esattamente.
Porre il problema in termini di antagonismo fra contribuente e risparmiatore, due soggetti che, fra l'altro, largamente coincidono, serve solo a fomentare un conflitto insensato per nascondere quello che fino a pochi anni fa era ovvio: il prestatore di ultima istanza del sistema bancario dovrebbe essere la banca centrale, la sua banca centrale, sua di lui, sua di quel sistema bancario. Siamo al sovvertimento totale della logica economica, così macroscopico da passare inosservato, quello che Claudio Borghi descrive così: siamo passati da un sistema in cui la Banca centrale garantiva il risparmio salvando le banche, a un sistema nel quale i cittadini salvano le banche coi loro risparmi, che sono sempre di meno perché la Banca centrale crea deflazione!
La guerra fasulla fra contribuente e risparmiatore è inutile, e la fomenta chi vuole farci dimenticare questa semplice verità. Se, come diceva un anno fa Barbagallo nell'audizione della quale il post linkato sopra riporta ampi stralci, dal 1936 in Italia non succedeva un disastro simile, è perché la Banca d'Italia, finché è stata la Banca d'Italia, fra mille inavvedutezze che la stanno rendendo un'istituzione poco credibile manteneva però la possibilità di emettere moneta per salvare gli istituti di credito. Nessun risparmiatore ha mai perso una lira, e nessun contribuente ha mai dovuto salvare nessun risparmiatore, finché la Banca centrale ha potuto svolgere questa sua funzione essenziale. Ma ora non può. Intervenendo tempestivamente, cosa che si può fare se si opera a livello nazionale, non se si dipende dalla sovrastruttura corrotta e inefficiente chiamata impropriamente Europa (in realtà, Unione Europea), si spende molto meno.
Un anno fa sarebbero bastati tre miliardi (che erano stati stanziati, e che la Commissaria Vestager ci impedì di spendere per mantenere in piedi la finzione del "mercato" moralizzatore e disciplinatore, fustigatore del moral hazard...), un anno fa sarebbero bastati tre miliardi (che c'erano) per evitare il disastro delle quattro banche. Ora venti miliardi, da trovare nel bilanco pubblico (perché Bankitalia non è più liquida nella sua moneta), saranno appena sufficienti per dare un calcio al barattolo (come dicono gli anglofili), cioè per tirare a campare un altro po'.
Ma il problema non è risolto, il salvataggio non ci salverà, per un problema di struttura, che fra quattro anni tutti riconosceranno (perché tanti ce ne sono voluti a Giavazzi per riconoscere che il debito pubblico non c'entrava, e altrettanti glie ne occorreranno per riconoscere che invece l'euro c'entra)".
7. Dunque, ecco il problema "esiziale" (come si dice in termini "dotti"), di identità e di "controllo", per tale classe dirigente, che può riassumersi nella formula del "Quarto Partito". Abbiamo visto in cosa esso consista: essenzialmente nel plesso di potere istituzionale ed economico che fa capo a Banca d'Italia e a Confindustria, e del quale le parole di De Gasperi nel 1947 (qui, p.2) fornirono la sostanziale definizione, mentre Guido Carli ce ne ha ricostruito in dettaglio l'essenziale ruolo di "costituzione materiale" (qui, pp.6-8), da sempre contrapposto all'attuazione della Costituzione formale del 1948.
E il problema che si pone al Quarto Partito (che oggi più che mai potrebbe avere senso anche nella numerazione metaforicamente attribuitagli da De Gasperi), si manifesta ora in modo drammatico e, anzi, piuttosto brutale.

8. Alla base di ciò sta un gigantesco errore di calcolo a cui, però, non corrisponde una tangibile capacità di reazione all'altezza dell'urgenza e della drammaticità della situazione.
Prova ne è che questo plesso di potere economico-istituzionale, al di là del diretto coinvolgimento in questa crisi bancaria dagli incombenti contorni "e devastanti", non pare essere in grado di formulare una linea di reazione praticabile e veramente capace di tutelare, quantomeno, i propri interessi e, a monte di ciò, neppure un'analisi dei meccanismi causa/effetto che possa servire come base logica per trovare questa linea.
Basti vedere come Bankitalia, ancora nell'aprile 2016, nella "audizione del governatore Visco, in sede di "Indagine conoscitiva sulle condizioni del sistema bancario e finanziario italiano e la tutela del risparmio, anche con riferimento alla vigilanza, la risoluzione delle crisi e la garanzia dei depositi europee", eviti di interrogarsi sul legame, riconosciuto da tutti i più prestigiosi istituti economici mondiali, compreso ormai il FMI, tra recessione post 2011, moneta unica e politiche economico-fiscali imposte dal suo mantenimento in vita.
 
9. A sua volta, Confindustria, dopo aver paventato 4 punti di PIL in meno (in tre anni...), a seguito della mancata approvazione della riforma costituzionale (!?), si limita a prendere atto, sulla questione bancaria, del "fallimento del mercato", senza darsene una spiegazione nè scientifico-strutturale nè politico-morale:
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E questo dopo aver, a giugno 2016, quantificato il costo della Brexit propendendo per spiegazioni della "debole crescita" italiana, tutte esogene e mai imperniate sulle condizioni socio-economiche, del mercato del lavoro, di propensione agli investimenti, di fiducia creditizia, connesse alla domanda e all'occupazione nazionali, stressate ogni oltre limite dalle politiche imposte dall'UEM.

10. Ogni risposta, pur di fronte al precipitare degli eventi, è articolata continuando ad ignorare le cause strutturali degli squilibri interni all'area euro, della cui esistenza pure si accorge, ma senza porre mai in discussione la reale convenienza e la sostenibilità della moneta unica.
Su questo punto, Confindustria è ferma allo studio del CSC del 2014 in cui dichiara che uscire dall'euro sarebbe un "disastro". Ma non ha risposte, se non indicare, appunto, non persuasive cause esogene, sempre individuate nell'andamento dell'economia internazionale, per il disastro, molto reale e sempre più tangibile, che si sta verificando a causa della permanenza nella moneta unica.

Dunque, allo stato attuale delle prese di posizione, il Quarto Partito, nel senso storico-funzionale indicato da De Gasperi e Carli, non trova risposte e non pare essere in grado di fronteggiare la perdita della convenienza a sostenere la propria identità internazional-globalista e la conseguente deriva (in accelerazione) della perdita del controllo istituzionale, che si profila sul piano socio-politico.

11. Questa deriva la chiameranno, sicuramente, una "minaccia" alla democrazia "liberale" e daranno tutta la colpa ai "populismi".
Senza però pensare che, se anche questi populismi non ci fossero, ovvero fosse più opportuno trovare delle definizioni meno rudimentali del profondo malcontento del popolo italiano, (e non solo), e quindi, se anche tutto andasse, sul piano del consenso e del controllo istituzionale, nella direzione da loro auspicata e la più €uropeista possibile, la situazione di deterioramento degli attivi bancari, di dilagante insolvenza di famiglie e imprese, di destrutturazione industriale, di precarizzazione e disoccupazione diffusive di un livello un tempo inconcepibile di povertà, rimarrebbe persistente e irrisolvibile.
Irrisolvibile perché si persevera nell'errore di calcolo ignorando ogni evidenza che arriva prepotentemente dalla realtà:


Pubblicato da Quarantotto a 16:48 Nessun commento: Link a questo post
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fino a quando nn si torni alla lira,,anche per estera spintarella.:boxe:.....con le derivazioni del caso.,,,,,:fiu:..b.i. ecc ecc ecc ..........oh previo massonico consenso:ciapet:
 
Ultima modifica:
Magaldi: chi ha ucciso i nostri eroi, per dominare il pianeta

Scritto il 16/12/14 • nella Categoria: Recensioni Condividi


Tu chiamala, se vuoi, massoneria. Il che, per i libri di storia, significa al massimo Risorgimento, cioè lotta illuminista contro l’oscurantismo vaticano e l’assolutismo monarchico. Per la stampa italiana del dopoguerra, la connotazione della “libera muratoria” è quasi sempre negativa: Licio Gelli e la P2, Berlusconi, opache trame e comitati d’affari. La fratellanza in grembiulino? Sempre elusiva, quindi fatalmente relegata nel ghetto narrativo della controinformazione, il cosiddetto complottismo che impazza sul web da quando la grande crisi sta minacciando miliardi di esseri umani. Le avvisaglie di quella che alcuni chiamano Terza Guerra Mondiale fanno da sfondo alle fragorose devastazioni dell’altra guerra, già in atto, da parte dell’élite tecno-finanziaria contro il 99% dell’umanità, i non eletti, i cittadini da retrocedere al rango di plebe a cui togliere i diritti democratici conquistati nei decenni del benessere, in virtù della poderosa combinazione messa in campo da Roosevelt e Keynes: economia per tutti, grazie al gigantesco investimento dello Stato, spesa pubblica in forma di deficit positivo. Tutto cancellato, come sappiamo, dagli oligarchi del rigore neoliberista e dai loro politici, economisti, propagandisti. Ma che c’entrano le logge?
La massoneria è esattamente l’anello mancante, risponde Gioele Magaldi, “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, affiliato alla “Thomas Paine”, super-loggia internazionale progressista nata a metà dell’800 negli Stati Uniti per allevare le migliori menti dell’economia democratica. Missione: coniugare sviluppo e benessere diffuso, ricchezza e giustizia, prosperità e diritti, secondo l’ispirazione del socialismo liberale che affonda le sue remote radici nella Rivoluzione Francese. Un orizzonte emblematizzato dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata all’Onu sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale per volere della “libera muratrice” Eleanor Roosevelt. “Massoni, società a responsabilità illimitata”, clamorosa operazione editoriale firmata da Chiarelettere, si propone di squarciare il velo di segretezza che ha finora coperto e protetto il “back office” del vero potere, sempre bifronte: da una parte la “fratellanza bianca”, illuminata e democratica, e dall’altra i potentissimi antagonisti neo-feudali, supremi manovratori dell’élite oligarchica che oggi ha preso il sopravvento e da decenni ricatta il mondo con l’arma finale della finanza.
Un’analisi radicale, quella di Magaldi, che si scosta dai toni apocalittici del “cospirazionismo” anti-sistema, anche perché innanzitutto ribadisce il ruolo-chiave del capitalismo nell’affermazione della modernità. In più – e qui sta la novità dirompente – Magaldi offre una rilettura interamente massonica della storia recente, sostenendo che in tutti i passaggi decisivi delle maggiori vicende internazionali c’era sempre un convitato di pietra, rimasto nell’ombra. Ad ogni grande evento che ha segnato il nostro passato – questa è la tesi – non corrispondono soltanto aspirazioni di popoli, correnti e partiti, dinamiche economiche e condizioni geopolitiche, ma anche persone in carne e ossa. Nomi e cognomi, individui responsabili di decisioni precise, di acuminate strategie affidate a singoli attori. In questo modo, sempre secondo Magaldi (che ha “blindato” archivi e testimonianze, da esibire all’occorrenza), nel retrobottega del massimo potere si sono prima confrontate e poi affrontate, senza risparmio di colpi, due opposte visioni del mondo, una democratica e l’altra oligarchica, nutrita cioè di autentico spirito aristocratico – quello di chi pensa che il popolo, semplicemente, non sia in grado di governarsi da solo. Due “fratellanze”, dunque, accomunate dalla medesima attitudine iniziatico-esoterica, ma profondamente divergenti nella concezione politica e quindi negli obiettivi da raggiungere.
Il “filtro” massonico che Magaldi applica alla sua sorprendente rilettura dell’intera storia del Novecento – l’anello mancante, appunto – contribuisce a illuminare la profondità dell’origine di alcuni eventi, senza peraltro distorcene mai la verità storica accertata, né il senso politico generale, comunemente condiviso e acquisito. E’ una sorta di avvertimento, ai lettori ma anche agli storici: attenti, le cose sono andate così anche perché, oltre alle dinamiche socio-economiche da voi evidenziate, ci sono state riunioni cruciali, scelte e decisioni precise, tutte assunte – nella più totate segretezza – da uomini potentissimi, il cui ruolo emerge solo ora, per la prima volta, grazie agli sterminati elenchi presenti nelle 650 pagine di “Massoni”, che peraltro si conclude con uno stupefacente dibattito tra super-adepti progressisti e confratelli antagonisti “pentiti”, spaventati dalle conseguenze “golpiste” della globalizzazione neoliberista imposta a mano armata.
Annunciato come il primo di una lunga serie, imbottita di rivelazioni esplosive, il libro è anche un dichiarato atto di guerra infra-massonico, contro le lobby avversarie: un guanto di sfida rivolto prima di tutto agli iniziati neo-aristocratici. Un’arma pubblica, per indebolire il fronte dei grandi oligarchi, i boss della privatizzazione universale, il cui club esclusivo – secondo Magaldi – è rappresentato da storiche super-logge onnipotenti come la “Three Eyes”, di cui farebbero parte personaggi come Kissinger, Brzezisnki, Mario Draghi e i titani di Wall Street. E naturalmente i Rotschild e i Rockefeller, cioè gli stessi che, attraverso la super-loggia dei “tre occhi”, hanno fondato il corrispettivo organismo paramassonico con “tre lati”, la famigerata Trilateral Commission, cupola dell’élite mondiale da cui diffondere il verbo neoliberista, la “morte” dello Stato che deve far posto al mercato, i diktat della destra economica che eredita il memorandum di Lewis Powell e lo sviluppa nella “Crisi della democrazia”, il saggio di Samuel Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki, secondo cui curare la democrazia con altra democrazia è folle, sarebbe come «tentare di spegnere un incendio gettando benzina sul fuoco». Basta democrazia, la ricreazione è finita.
Il cuore del libro è concentrato sul punto di svolta della nostra storia del dopoguerra, cioè la fine degli anni ‘60 e l’avvento dei piani neo-aristocratici per fermare l’onda lunga della democrazia che, abbattuto il nazifascismo, aveva ricostruito l’Europa inaugurando la stagione irripetibile del boom economico, con l’inedito benessere per le classi popolari e la nuova frontiera civile incarnata dal welfare. Il mainstream, allora, era quello tracciato dal “fratello” Frankin Delano Roosevelt sulla base della strategia politico-economica del “fratello” John Maynard Keynes: se lo Stato fa spesa pubblica e deficit positivo, l’economia prospera e ne beneficiano tutti. Dottrina tradotta in pratica, in Europa, dal “fratello” George Marshall. Keynesismo “di sinistra”, certo, “ma anche massonico”, aggiunge Magaldi, preoccupato di “dare a Cesare”. Impossibile, insiste, trascurare questo dettaglio: tutti i grandi protagonisti del progressismo del dopoguerra erano affiliati a “Ur-Lodges” di sinistra, come la “Thomas Paine”. Organismi ultra-riservati, e per questo mai finiti al posto giusto nei libri di storia. Eppure, importantissimi. E spesso decisivi, nella loro funzione di suprema diplomazia, molto al di sopra degli esecutori nazionali, governi e partiti.
La grande battaglia rievocata da “Massoni”, tutta giocata dietro le quinte ben prima che i fatti diventassero cronaca e poi storia, secondo Magaldi comincia con la scomparsa di Angelo Roncalli, il “Papa buono”, lo straordinario riformatore sociale del Concilio Vaticano II. Magaldi racconta che pure Giovanni XXIII era un “fratello”, associato a una prestigiosa super-loggia progressista in Turchia e poi a un cenacolo rosacrociano in Francia. Sincretismo, dunque: apertura a diverse tradizioni spirituali, per far convergere energia (sapienza) verso il progresso dell’umanità. Poco dopo, la tragica morte di John Fitzgerald Kennedy, l’uomo con troppi nemici. Chi l’ha ucciso? Quasi impossibile stabilirlo. Ma una cosa sembra ormai certa: Jfk era d’accordo con Khrushev per smilitarizzare il pianeta e quindi mettere fine alla guerra fredda entro il 1970. Dopo l’omicidio di Dallas, racconta Magaldi, le “Ur-Lodges” progressiste puntarono su un ticket formidabile: Bob Kennedy alla Casa Bianca con al suo fianco Martin Luther King, forse spendibile addiritttura per la vicepresidenza. Quello, sostiene l’autore di “Massoni”, è stato il momento fatale in cui abbiamo perso tutti: da allora, la democrazia sociale non ha fatto che perdere rovinosamente terreno, in tutto il mondo. Come sarebbe oggi il pianeta se l’America fosse stata governata da Robert Kennedy e da Martin Luther King?
Il doppio omicidio dei due campioni dei diritti democratici scatena la guerra dei sospetti nel “back office” del supremo potere: da allora, democratici e neo-aristocratici scendono ufficialmente in guerra. Vincono i secondi: l’America va sempre più a destra, fa la guerra in Vietnam e poi afferma il neoliberismo definitivo con Reagan, mentre in Gran Bretagna è già stata costruita l’affermazione della “sorella” Margaret Thatcher. Nel frattempo, la “guerra coperta” è andata avanti senza risparmio. Prima il golpe dei colonnelli in Grecia, secondo Magaldi un test per saggiare la capacità di resistenza democratica in Europa di fronte a un’involuzione neofascista (Atene come possibile battistrada per abolire la democrazia anche in altri paesi europei). Poi, in risposta, la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo, fatta scattare nel 1974 – non a caso il 25 aprile, come monito ai complottisti neo-feudali (il solito Kissinger) che cospiravano contro la democrazia italiana.
Magaldi infatti accredita pienamente almeno tre tentativi di golpe in Italia, due affidati a Junio Valerio Borghese e uno a Edgardo Sogno, sistematicamente sventati dalla “fratellanza bianca”, coordinata dal sociologo e premio Pulitzer Arthur Schlesinger Jr,. infaticabile combattente e anima delle “Ur-Lodges” democratiche. Di fronte al fallimento del golpismo italiano, il cartello mondiale guidato dalla “Tree Eyes” allenta la presa sull’Europa e si concentra sul Sud America: l’Operazione Condor comincia dal Cile (omicidio Allende) e poi trasforma l’Argentina nell’inferno della giunta militare. Intorbidita ulteriormente da una scissione all’interno dell’ala destra (alla “Three Eyes” che puntava su George Bush senior si oppone la “White Eagle”, che riesce a imporre Reagan alla Casa Bianca), la “guerra segreta” finisce di colpo nel 1981, con due attentati cruenti ma non letali, contro il neo-presidente e contro il Papa. Reagan viene ferito gravemente. Un complotto ordito dalla super-loggia dei “tre occhi”? Poco dopo, la stessa sorte tocca al pontefice polacco, il cui massimo sponsor era stato Brzezinski, uno dei massimi leader della “Three Eyes”.
Il terrorista turco Alì Agca ha sparato a Wojtyla alle ore 17,17 precise. Per Magaldi, è un indizio decisivo, sempre trascurato dagli investigatori: il 1717 è l’anno di rifondazione della massoneria, dunque si tratta di una “firma” inequivocabile. Ovvero: sarebbero stati i super-fratelli della “White Eagle” a “vendicare” l’attentato a Reagan, “avvertendo” Brzezisnki. Di lì a poco, sarebbe sbocciata la grande tregua sottoscritta con lo storico manifesto “United Freemasons for Globalization”, includente persino i “fratelli” dell’Urss e della Cina comunista, anch’essi collegati alle “Ur-Lodges” del super-potere mondiale, in vista di epocali trasformazioni: la perestrojka di Gorbaciov e le riforme capitaliste di Deng Xiaoping. Una storia che procede in modo lineare, fino al punto di non-ritorno: l’11 Settembre. Il super-attentato del 2001 dà il via alla “guerra infinita”, patrocinata dai nuovi campioni delle super-logge dell’ultradestra: Tony Blair, George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, Colin Powell, Nicolas Sarkozy. Tutti “fratelli”, assicura Magaldi, firmando la sua sconcertante contro-storia (massonica) delle tragedie che costellano l’attualità di oggi. Aprite gli occhi, raccomanda il “gran maestro” italiano: quello che vi sta accadendo era previsto nei dettagli, è stato deciso a tavolino, e il piano è stato eseguito con spietata precisione. Ma, in quei circoli super-segreti, non tutti erano d’accordo. E ora, finalmente, dopo quarant’anni di incontrastato dominio autoritario, ci sarà una controffensiva democratica, di cui il libro è parte integrante.
(Il libro: Gioele Magaldi, “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere, 656 pagine, 19 euro).
Tu chiamala, se vuoi, massoneria. Il che, per i libri di storia, significa soprattutto Risorgimento, cioè lotta illuminista contro l’oscurantismo vaticano e l’assolutismo monarchico. Per la stampa italiana degli ultimi decenni, la connotazione della “libera muratoria” è quasi sempre negativa: Licio Gelli e la P2, Berlusconi, opache trame e comitati d’affari. La fratellanza in grembiulino? Sempre elusiva, quindi fatalmente relegata nel ghetto narrativo della controinformazione, il cosiddetto complottismo che ora impazza sul web da quando la grande crisi sta minacciando miliardi di esseri umani. Le avvisaglie di quella che alcuni chiamano Terza Guerra Mondiale fanno da sfondo alle fragorose devastazioni dell’altra guerra, già in atto, da parte dell’élite tecno-finanziaria contro il 99% dell’umanità, i non eletti, i cittadini da retrocedere al rango di plebe a cui togliere i diritti democratici conquistati nei decenni del benessere, in virtù della poderosa combinazione messa in campo da Roosevelt e Keynes: economia per tutti, grazie al gigantesco investimento dello Stato, spesa pubblica in forma di deficit positivo. Tutto cancellato, come sappiamo, dagli oligarchi del rigore neoliberista e dai loro politici, economisti, propagandisti. Ma che c’entrano le logge?

La massoneria è esattamente l’anello mancante, risponde Gioele Magaldi, “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, affiliato alla “Thomas Paine”, super-loggia internazionale progressista nata a metà dell’800 negli Stati Uniti per allevare le migliori menti dell’economia democratica. Missione: coniugare sviluppo e benessere diffuso, ricchezza e giustizia, prosperità e diritti, secondo l’ispirazione del socialismo liberale che affonda le sue remote radici nella Rivoluzione Francese. Un orizzonte emblematizzato dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata all’Onu sulle macerie della Seconda Guerra Mondiale per volere della “libera muratrice” Eleanor Roosevelt. “Massoni, società a responsabilità illimitata”, clamorosa operazione editoriale firmata da Chiarelettere, si propone di squarciare il velo di segretezza che ha finora coperto e protetto il “back office” del vero potere, sempre bifronte: da una parte la “fratellanza bianca”, illuminata e democratica, e dall’altra i potentissimi antagonisti neo-feudali, supremi manovratori dell’élite oligarchica che oggi ha preso il sopravvento e da decenni ricatta il mondo con l’arma finale della finanza.

Un’analisi radicale, quella di Magaldi, che si scosta dai toni apocalittici del “cospirazionismo” anti-sistema, anche perché innanzitutto ribadisce il ruolo-chiave del capitalismo nell’affermazione della modernità. In più – e qui sta la novità dirompente – Magaldi offre una rilettura interamente massonica della storia recente, sostenendo che in tutti i passaggi decisivi delle maggiori vicende internazionali c’era sempre un convitato di pietra, rimasto nell’ombra. Ad ogni grande evento che ha segnato il nostro passato – questa è la tesi – non corrispondono soltanto aspirazioni di popoli, correnti e partiti, dinamiche economiche e condizioni geopolitiche, ma anche persone in carne e ossa. Nomi e cognomi, individui direttamente responsabili di decisioni precise, di acuminate strategie affidate a singoli attori. In questo modo, sempre secondo Magaldi (che ha “blindato” archivi e testimonianze, da esibire all’occorrenza), nel retrobottega del massimo potere si sono prima confrontate e poi affrontate, senza risparmio di colpi, due opposte visioni del mondo, una democratica e l’altra oligarchica, nutrita di autentico spirito aristocratico – quello di chi pensa che il popolo, semplicemente, non sia in grado di governarsi da solo. Due “fratellanze”, dunque, accomunate dalla medesima
 
  • idee-esoterica, ma profondamente divergenti nella concezione politica e quindi negli obiettivi da raggiungere.

Il “filtro” massonico che Magaldi applica alla sua sorprendente rilettura dell’intera storia del Novecento – l’anello mancante, appunto – contribuisce a illuminare la profondità dell’origine di alcuni eventi, senza peraltro distorcene mai la verità storica accertata, né il senso politico generale, comunemente condiviso e acquisito. E’ una sorta di avvertimento, ai lettori ma anche agli storici: attenti, le cose sono andate così anche perché, oltre alle dinamiche socio-economiche da voi evidenziate, ci sono state riunioni cruciali, scelte e decisioni precise, tutte assunte – nella più totate segretezza – da uomini potentissimi, il cui ruolo emerge solo ora, per la prima volta, grazie agli sterminati elenchi presenti nelle 650 pagine di “Massoni”, che peraltro si conclude con uno stupefacente dibattito tra super-adepti progressisti e confratelli antagonisti “pentiti”, spaventati dalle conseguenze “golpiste” della globalizzazione neoliberista imposta a mano armata.

Annunciato come il primo di una lunga serie, imbottita di rivelazioni esplosive, il libro è anche un dichiarato atto di guerra infra-massonico, contro le lobby avversarie: un guanto di sfida rivolto prima di tutto agli iniziati neo-aristocratici. Un’arma pubblica, per indebolire il fronte dei grandi oligarchi, i boss della privatizzazione universale, il cui club esclusivo – secondo Magaldi – è rappresentato da storiche super-logge onnipotenti come la “Three Eyes”, di cui farebbero parte personaggi come Kissinger, Brzezisnki, Mario Draghi e i titani di Wall Street. E naturalmente i Rotschild e i Rockefeller, cioè gli stessi che, attraverso la super-loggia dei “tre occhi”, hanno fondato il corrispettivo organismo paramassonico con “tre lati”, la famigerata Trilateral Commission, cupola dell’élite mondiale da cui diffondere il verbo neoliberista, la “morte” dello Stato che deve far posto al mercato, i diktat della destra economica che eredita il memorandum di Lewis Powell e lo sviluppa nella “Crisi della democrazia”, il saggio di Samuel Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki, secondo cui curare la democrazia con altra democrazia è folle, sarebbe come «tentare di spegnere un incendio gettando benzina sul fuoco». Basta democrazia, la ricreazione è finita.

Il cuore del libro è concentrato sul punto di svolta della nostra storia del dopoguerra, cioè la fine degli anni ‘60 e l’avvento dei piani neo-aristocratici per fermare l’onda lunga della democrazia che, abbattuto il nazifascismo, aveva ricostruito l’Europa inaugurando la stagione irripetibile del boom economico, con l’inedito benessere per le classi popolari e la nuova frontiera civile incarnata dal welfare. Il mainstream, allora, era quello tracciato dal “fratello” Franklin Delano Roosevelt sulla base della strategia politico-economica del “fratello” John Maynard Keynes: se lo Stato fa spesa pubblica e deficit positivo, l’economia prospera e ne beneficiano tutti. Dottrina tradotta in pratica, in Europa, dal “fratello” George Marshall. Keynesismo “di sinistra”, certo, “ma anche massonico”, aggiunge Magaldi, preoccupato di “dare a Cesare”. Impossibile, insiste, trascurare questo dettaglio: tutti i grandi protagonisti del progressismo del dopoguerra erano affiliati a “Ur-Lodges” di sinistra, come la “Thomas Paine”. Organismi ultra-riservati, e per questo mai finiti al posto giusto nei libri di storia. Eppure, importantissimi. Spesso anzi decisivi, nella loro funzione di suprema diplomazia, molto al di sopra degli esecutori nazionali, governi e partiti.

La grande battaglia rievocata da “Massoni”, tutta giocata dietro le quinte ben prima che i fatti diventassero cronaca e poi storia, secondo Magaldi comincia con la scomparsa di Angelo Roncalli, il “Papa buono”, lo straordinario riformatore sociale del Concilio Vaticano II. Magaldi racconta che pure Giovanni XXIII era un “fratello”, associato a una prestigiosa super-loggia progressista in Turchia e poi a un cenacolo rosacrociano in Francia. Sincretismo, dunque: apertura a diverse tradizioni spirituali, per far convergere energia (sapienza) verso il progresso dell’umanità. Poco dopo, la tragica morte di John Fitzgerald Kennedy, l’uomo con troppi nemici. Chi l’ha ucciso? Quasi impossibile stabilirlo. Ma una cosa sembra ormai certa: Jfk era d’accordo con Khrushev per smilitarizzare il pianeta e quindi mettere fine alla guerra fredda già entro il 1970. Dopo l’omicidio di Dallas, racconta Magaldi, le “Ur-Lodges” progressiste puntarono su un ticket formidabile: Bob Kennedy alla Casa Bianca con al suo fianco Martin Luther King, forse spendibile addirittura per la vicepresidenza. Quello, sostiene l’autore di “Massoni”, è stato il momento fatale in cui abbiamo perso tutti: da allora, la democrazia sociale non ha fatto che perdere rovinosamente terreno, in tutto il mondo. Come sarebbe oggi il pianeta se l’America fosse stata governata da Robert Kennedy e da Martin Luther King?

Il doppio omicidio dei due campioni dei diritti democratici scatena la guerra dei sospetti nel “back office” del supremo potere: da allora, democratici e neo-aristocratici scendono ufficialmente in guerra. Vincono i secondi: l’America va sempre più a destra, sprofonda nella guerra in Vietnam (lucrosissima per la lobby delle armi) e poi afferma il neoliberismo definitivo con Reagan, mentre in Gran Bretagna è già stata costruita l’affermazione della “sorella” Margaret Thatcher. Nel frattempo, la “guerra coperta” è andata avanti senza risparmio. Prima il golpe dei colonnelli in Grecia, secondo Magaldi un test per saggiare la capacità di resistenza democratica in Europa di fronte a un’involuzione neofascista (Atene come possibile battistrada per abolire la democrazia anche in altri paesi europei). Poi, in risposta, la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo, fatta scattare nel 1974 – non a caso il 25 aprile, come monito ai complottisti neo-feudali (il solito Kissinger) che cospiravano contro la democrazia italiana.

Magaldi infatti accredita pienamente almeno tre tentativi di golpe in Italia, due affidati a Junio Valerio Borghese e uno a Edgardo Sogno, sistematicamente sventati dalla “fratellanza bianca”, coordinata dal sociologo e premio Pulitzer Arthur Schlesinger Jr,. infaticabile combattente e anima delle “Ur-Lodges” democratiche. Di fronte al fallimento del golpismo italiano, il cartello mondiale guidato dalla “Three Eyes” allenta la presa sull’Europa e si concentra sul Sud America: il Piano Condor comincia dal Cile (omicidio Allende) e poi trasforma l’Argentina nell’inferno della giunta militare e dei desaparecidos. Intorbidita ulteriormente da una scissione all’interno dell’ala destra (alla “Three Eyes” che puntava su George Bush senior si oppone la “White Eagle”, che riesce a imporre Reagan alla Casa Bianca), la “guerra segreta” finisce di colpo nel 1981, con due attentati simmetrici, cruenti ma non letali, contro il neo-presidente e contro il nuovo Papa. Reagan viene ferito gravemente. Un complotto ordito dalla super-loggia dei “tre occhi”? Poco dopo, la stessa sorte tocca al pontefice polacco, il cui massimo sponsor era stato Brzezinski, uno dei massimi leader della “Three Eyes”.

Il terrorista turco Alì Agca ha sparato a Wojtyla alle ore 17,17 precise. Per Magaldi è un indizio decisivo, sempre trascurato dagli investigatori: il 1717 è l’anno della rifondazione ufficiale della massoneria, dunque si tratta di una “firma” inequivocabile. Ovvero: sarebbero stati i super-fratelli della “White Eagle” a “vendicare” l’attentato a Reagan, “avvertendo” Brzezisnki. Di lì a poco, sarebbe sbocciata la grande tregua sottoscritta con lo storico manifesto “United Freemasons for Globalization”, includente persino i “fratelli” dell’Urss e della Cina comunista, anch’essi collegati alle “Ur-Lodges” del super-potere mondiale, in vista delle epocali trasformazioni all’orizzonte: la perestrojka di Gorbaciov e le riforme capitaliste di Deng Xiaoping. Una storia che procede in modo lineare, fino al punto di non-ritorno: l’11 Settembre. Il super-attentato del 2001 dà il via alla “guerra infinita”, patrocinata dai nuovi campioni delle super-logge dell’ultradestra: Tony Blair, George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, Colin Powell, Nicolas Sarkozy. Tutti “fratelli”, assicura Magaldi, firmando la sua sconcertante contro-storia (massonica) delle tragedie che costellano l’attualità di oggi. Aprite gli occhi, raccomanda il “gran maestro” italiano: quello che vi sta accadendo era previsto nei dettagli, è stato deciso a tavolino, e il piano è stato eseguito con spietata precisione. Ma, in quei circoli super-segreti, non tutti erano d’accordo. E ora, finalmente, dopo quarant’anni di incontrastato dominio autoritario, ci sarà una controffensiva democratica, di cui il libro è parte integrante.

(Il libro: Gioele Magaldi, “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere, 656 pagine, 19 euro).

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analisi e studi dicembre 30, 2016 posted by Mitt Dolcino
L’asse Russia-USA: Mosca deraglia il progetto franco-obamiano dei due stati in Israele. Chi sta sfidando le grandi potenze?



E’ quasi ufficiale, Kerry ed Obama con il supporto francese in un estremo tentativo di passare alla storia per qualcosa di rilevante (visto che fino ad ora non ne hanno azzeccata una, memento Daesh, Aleppo, Ucraina etc. oltre ad essersi dimostrato il presidente USA il più guerrafondaio dai tempi di Truman a dispetto del Nobel per la Pace preso in anticipo) vogliono far passare in extremis entro la fine del mandato obamiano una risoluzione ONU per far approvare la soluzione dei due Stati Israele-Palestina.
Problema per Obama: la Russia dirà inaspettatamente NO ai due stati con un voltafaccia incredibile rispetto alle politiche russe all’ONU da sempre a favore di una limitazione del potere di Tel Aviv nell’area (forse avete capito ora l’ espulsione insulsa dei 35 diplomatici russi a cosa è veramente dovuta, ndr).
Ecco dunque in due parole il sunto della storia: di fatto si è già forgiato il prossimo asse russo americano con cui eradicare l’Isis, essa stessa – secondo molte fonti – una creazione di Obama e Clinton per fomentare il “cambiamento” (il caos?) nell’area nelle more di un progetto molto più ampio e pervasivo (leggasi oltre). Anzi, meglio detto, il nuovo asse sarà Washington-Mosca-Tel Aviv (ndr: 1. e chi li batte? 2. alcune gerarchie sunnite nell’area saranno di troppo?).



Secondo chi scrive non è tanto importante capire chi sia a favore del nuovo asse ma chi sta dichiaratamente contro. E qui è facile comprenderlo: come ben spiegato da La Stampa, sempre ben informata in materia essendo cresciuta con la scuola di Igor Man, il quartetto che ha promosso il blocco degli insediamenti di Israele oltre i confini del 1967 è il quartetto ONU, USA, Russia e – notate bene – Unione Europea ossia quest’ultimo è il soggetto che fortemente vorrebbe i due Stati in Terra Santa [leggasi, l’asse franco tedesco sta sfidando l’asse Russia-USA-Israele]. Il fine è semplice: indebolire il dominus USA togliendogli il supporto del suo miglior e potente alleato nell’area (Israele) al fine di permettere le proprie mire espansionistiche in veste EU una volta tolto di mezzo l’ormai eccessivamente ingombrante attore americano che da troppo tempo comanda in Europa (dopo essersi sostituito ai vetusti poteri ex coloniali con la vittoria nell’ultima guerra mondiale).



Se ci pensate bene la strategia franco-tedesca è stata semplice: con l’obiettivo di sostituirsi agli USA in Europa e nel Mediterraneo prima si è creato un nemico perfetto per Washington (la Russia di Putin) passando dalla mancata annessione NATO dell’Ucraina per volere tedesco e del ritorno della Francia nell’Alleanza Atlantica nei prodromi della presidenza Obama. Poi arrivò l’incredibile Nobel preventivo al primo presidente nero degli States, per portarlo dalla loro parte. A seguire si sono create tensioni via tragitti di petrolio e gas in medio oriente ed Europa. In parallelo si sono annientati gli alleati USA nell’area mediterranea leggasi Israele e Italia. Nel mezzo abbiamo le vittime collaterali fatte da paesi falliti (Grecia) e disperazione della gente euromediterranea, anch’essi strumento necessario per raggiungere il fine (egemonico) desiderato, con le industrie europee (soprattutto franco-tedesche) sempre pronte a dare supporto economico al progetto finanziando la Clinton Foundation (avete capito la fretta europea di chiudere le multe USA di VW e Deutsche Bank prima della fine della presidenza Obama?).

Restando ad Israele, andrebbe certamente indagata la ragione della reazione inconsulta del governo di Tel Aviv nella persona del suo ministro della difesa (ma in varie forme la stessa litania va avanti da tempo). Si avete capito bene, il ministro Avigdor Lieberman ha precisato – ben sapendo che è la Francia con il suo seggio permanente a tirare le fila in nome e per conto dell’EU nel voto ONU della scorsa settimana ed in quello di metà gennaio prossimo sui due stati – qualcosa del tipo, …la Francia non è il più un luogo sicuro dove stare per gli ebrei, tornate a Sion…. In tutto questo, ne sono certo, giocano le conseguenze dell’affaire Strauss Kahn, eminente ebreo di Francia fatto fuori nelle more del progetto egemonico europeo che doveva, per completarsi, portare un affidabile francese all’FMI, Mme Lagarde (che con Trump non durerà sei mesi, ndr).




Abbiamo dunque contestualizzato quanto successo in EU con l’austerità, ricordate bene che tutto partì dalla richiesta europea di mandare la Troika proprio in Italia nel 2010-2011; e quando Berlusconi si oppose venne deposto (in effetti l’Italia ai tempi era messa economicamente molto meglio degli altri paesi occidentali nel post crisi subprime, le sue banche erano sanissime ed oggi sono invece al collasso solo come conseguenza di 5 anni di volutamente dannosa austerità euroimposta, il Cavaliere aveva ragione ad opporsi).
Sullo sfondo la miriade di attentati in Francia negli ultimi 2 anni in cui in più di una occasione è emerso lo zampino del mossad, almeno come parte molto ben informata (…).

Che sia in atto una reazione prossima ventura agli eccessi obamiani è sicuro. Che ci sia stato un forte affiatamento tra militari USA e Israele per rallentare il progetto clinton-obamiano è parimenti certo.
Ora con i militari molto ben inseriti nella prossima amministrazione USA chi dovrà decidere ha perfettamente chiari gli obiettivi da raggiungere per portare i correttivi atti a tornare nel solco dei rapporti politici tradizionali. Visto il disastro che abbiamo innanzi nelle relazioni internazionali con pozzi avvelenati da Obama prima di lasciare, è ormai certo che Trump non farà sconti a partire da gennaio prossimo per cui aspettiamoci l’emersione di verità inimmaginabili relativamente ai misfatti dei sodali della corrente amministrazione USA inclusi gli alleati esteri.



Dunque, dopo aver neutralizzato via Mosca i tentativi di Kerry di mettere in pericolo Israele coi due stati (già l’apertura all’Iran fu un brutto colpo assestato da Obama a Tel Aviv, nelle mire dello stesso progetto di cui abbiamo test’è parlato), la logica dice che il prossimo vero obiettivo USA con Donald J. Trump alla Presidenza, oltre a cancellare l’Isis in sei mesi, sarà quello di scagliarsi contro il soggetto politico-economico (l’EU franco-tedesca) che ha attentato per sostituirsi a Washington nel Mediterraneo ed anche negli equilibri economici globali fino a dipingerla come “non un” ma “il vero” competitor occidentale dell’America. Non a caso oggi vediamo i tentativi, dovrei dire gli ultimi colpi di coda da parte degli europei per acquisire asset strategici in Italia da parte dell’asse franco tedesco (Mediaset, Generali, Terna, Unicredit, Mediobanca, Leonardo/Finmeccanica ecc.) prima del cambio della guardia americana: essi non sono altro che un sintomo del grave malessere franco-tedesco per quello che succederà fra 20 giorni, oggi si spera se non di azzoppare il miglior alleato non anglosassone degli USA quanto meno – nel caso non ci si riuscisse – almeno di portar via qualcosa all’Italia quale vero alleato USA nell’EU.


Magari oltralpe qualcuno spera che portando via le aziende italiane si possano creare le basi per un maggior consenso italico per questa EU fondata sulla moneta unica che di fatto ha come vero obiettivo sostituirsi all’America nel controllo dell’Europa e del Mediterraneo, a vantaggio esclusivo del blocco franco-tedesco (per i francesi: ci si ricordi che le aziende non si muovono, tanto meno in pochi mesi).

L’importante è il chiarire quale sia il gioco. Poi volendo trovare correttivi sarà facile reagire, almeno secondo chi scrive.
Oggi siamo forse andati oltre dettagliando argomenti complessi, sperando asceticamente nel buon senso di chi dovrebbe essere interessato ad ascoltare.

Jetlag per Mitt Dolcino
 
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Chi è Maurizio Blondet
ACCELERA LA DITTATURA DELLE TECNOCRAZIE INETTE
Maurizio Blondet 2 gennaio 2017 3

Gli Impunibili


Per fortuna ha suscitato obiezioni persino nei mainstream media la proposta di Pitruzzella. Costui, Giovanni Pitruzzella, all’insaputa della maggioranza degli italiani, è una “authority”. Più precisamente, è a capo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, popolarmente detta “Antitrust”. Secondo Wiki, i compiti istituzionali di Pitruzzella in quanto authority sono: “vigilanza contro gli abusi di posizione dominante, vigilanza di intese e/o cartelli che possono risultare lesivi per la concorrenza, controllo delle operazioni di concentrazione (fusione o take-over) comunicate all’Autorità, che ne valuterà l’impatto sul mercato, tutela del consumatore, in materia di pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie e pubblicità ingannevole, valutazione e sanzionamento dei casi di conflitto d’interesse dei componenti del Governo.”.

Ciò, dal 2011. Per quanto la memoria si sforzi, non riesce ad evocare qualunque intervento del sullodato che abbia lasciato una traccia nella vita civile.

Adesso invece ha dato segno di vita. Si è fatto intervistare nientemeno che dal Financial Times, per proporre la censura su Internet dei blog alternativi. A livello europeo.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-12-30/pitruzzella-antitrust-propone-network-europeo-anti-bufale-grillo-attacca-nuova-inquisizione–174117.shtml?uuid=ADBcUFNC

I blog sono pieni di notizie che, non essendo autorizzate, sono per definizione false, fake news. E siccome tendono a mostrare che nel Sistema c’è chi guadagna e ne approfitta a danno di chi ci perde e viene sfruttato, esse sono “discorsi d’odio”. Già una delle nostri istituzioni più alte, detta Boldrini, ha espresso la volontà di sopprimere tali notizie. Naturalmente ispirata dal modello di tutti i progressisti, il presidente Obama, che dopo la mancata elezione di Hillary Clinton s’è premurato di emanare la “Direttiva per contrastare la Disinformazione e la Propaganda“; infatti è noto che se la Clinton ha perso, è solo perché gli elettori, invece della CNN, hanno creduto ai blogger e le loro “bufale” (tipo il Pizzagate?) oltre che agli hacker di Putin. In Inghilterra, c’è stato il voto pro-Brexit, nonostante le direttive dei media. In Germania e Francia si vota fra qualche mese, e anche lì lo status quo burocratico è minacciato dai blog che mandano fake news. La Post-verità in politica è uno dei motori del populismo ed è una delle minacce per le nostre democrazie” ha detto Pitruzzella al FT.

Ovviamente l’Establishment chiama “democrazia” il proprio regime. Lo ha fatto anche Hollande nel discorso di Capodanno. La Boldrini crede di incarnare la”democrazia” e perciò si sta adoperando a costituire, con denaro pubblico, una commissione di censura, fatta di membri da lei scelti a suo giudizio, che decreti quali notizie sono false e quali vere – un vero avanzamento della ‘democrazia’. Pitruzzella ha un’idea persino migliore: “i paesi dell’UE dovrebbero istituire organismi indipendenticoordinati da Bruxelles e modellati sul sistema delle agenzie antitrust — che potrebbero rapidamente etichettare le notizie false, rimuoverle dalla circolazione e infliggere ammende se necessario.”

Ma che tecnocrate è Pitruzzella?

Pitruzzella
Facilissimo. E conveniente: sia la Commissione con i suoi tecnocrati ad emanare la direttiva di censura, sotto la forma di “organi indipendenti” come le “authorities”, poi si attui a livello nazionale la direttiva. “Ce lo chiede l’Europa”. Le autorità censorie saranno “indipendenti” da chi? Dalla volontà popolare. E beninteso, costituite da tecnici che hanno un pre-giudizio negativo sul “populismo”, ossia sull’alternativa politica al Sistema.

Giusto per capire meglio come sia “indipendente” la Authority chiamata Pitruzzella, domandiamoci: chi è? Da dove viene? Come è salito fino alla poltrona e stipendione pubblico dell’Antitrust? Un lettore ci ha ricordato che Pitruzzella era stato candidato addirittura a giudice costituzionale. Da chi? Da Area Popolare e Scelta Civica, il partito del tecnocrate super-UE Mario Monti. Ma per fortuna non è stato eletto. Anche perché nel 2015 risultava indagato per aver falsato un arbitrato, come si legge qui:

(http://www.repubblica.it/politica/2015/11/28/news/indagato_pitruzzella_falsato_un_arbitrato_il_gip_serve_il_processo-128324046/ )

Questo per illustrare quanto “indipendente” è il “tecnocrate” Pitruzzella: individuo “in quota” di un partito ideologicamente eurocratico (non votato da quasi nessuno), con le mani in pasta in affari che un gip giudica degni di scrutinio.

E’ solo un esempio di un caso generale: nel momento in cui l’Unione Europea – sentendosi minacciata dal “populismo” – accelera e rafforza la dittatura tecnocratica propria, si affretta a stringer le viti della gabbia dei popoli, è opportuno vedere come sono i tecnocrati che ci governeranno al posto dei politici: dei collusi ed ammanicati che devono la loro carriera a mafie “politiche”.

Si è visto come le tecnocrazie, in fraterna combutta coi “politici” del PCI (PD), hanno trattato la Montepaschi: Draghi, Visco, la Tarantola sono colpevoli di omessa vigilanza, diffusione di notizie false (fake news), sospetti di commistione di interessi sporchi. Draghi era governature di Bankitalia quando Montepaschi, con Mussari il genio dalemiano, acquistò Antonveneta pagandola il doppio del suo valore. Ignazio Visco, nel 2013 dichiarò: Montepaschi non ha problemi di tenuta. Da allora ha accumulato un buco di 17 miliardi. Raccontare le scelte rovinose e insipienti di Annamaria Tarantola nella manovra monetaria e nella vicenda Montepaschi porterebbe via troppo tempo: basti dire che Mario Monti l’ha spostata alla presidenza Rai (con enorme stipendio) per coprire cose, che dovevano portarla in galera. E Ignazio Visco? “Dal 2008 Bankitalia e Consob hanno chiuso un occhio sull’abitudine delle banche di rifilare bond ai clienti ignari per evitare aumenti di capitale”. Visco assiste, e copre, le più spaventose malefatte della Banca Popolare di Vicenza e perché? Nel 2014 Popolare di Vicenza decide di acquistare (per 9,5 milioni) nella città palladiana Palazzo Repeta: il venditore era Bankitalia, che tentava di piazzare l’immobile senza riuscirci da un quinquennio”. Insomma uno scambio di piaceri aum aum.

Qualcuno avrebbe dovuto finire in galera. Magari l’Antitrust avrebbe dovuto aprire un dossier. Invece eccoli sempre lì, i tecnocrati, a fare i pesci in barile, e ad emettere al più qualche comunicato stampa auto-assolutorio e qualche piattezza di dottrina finanziaria, o qualche fake news a coprire i propri ed altrui delitti nell’arraffo (pardon, “gestione”) dei risparmi nostri.

E la magistratura? Indaga sui conflitti d’interesse della Muraro. I media? Sulla Raggi, la sindaca. A dire il vero, giornali come Il Fatto Quotidiano o Libero stanno rivelando cose orrende su Montepaschi. Il punto è le collusioni fra “tecnocrazia” e interessi potenti e arroganti (spesso padroni dei grandi media) sono tali, da impedire nell’opinione pubblica la chiara natura del problema.

Esempio: vi si fa credere che Montepaschi è strapiena di crediti deteriorati ( 47 miliardi, il 35% dei crediti totali) perché ha prestato a migliaia di piccoli imprenditori che la recessione ha rovinato, o alle famiglie per il mutuo-casa.

Invece, scrive Libero, “il 70% delle insolvenze è concentrato tra i clienti che hanno ottenuto finanziamenti per più di 500mila euro. In totale si tratta di 9.300 posizioni e il tasso di insolvenza cresce all’aumentare del finanziamento. La percentuale maggiore dei cattivi pagatori (32,4%) si trova fra quanti hanno ottenuto più di tre milioni di euro”. Insomma grossi, ricchi debitori. Chi sono? La banca s’è rifiutata di comunicarlo all’associazione dei piccoli azionisti- che è quella che adesso dovrà pagare – per via della privacy. La famosa privacy. Ma si sa più o meno che la famiglia Marcegaglia ha piantato un debito (inesigibile) da 1,6 miliardi, Sorgenia (del fratello di De Benedetti) deve 600 milioni che non restituirà, il defunto Don Verzé 200 milioni. Senza dimenticare “una fidejussione di 8,3 milioni che il Cavaliere Silvio Berlusconi aveva rilasciato a favore di Antonella Costanza, la prima moglie del fratello Paolo. La signora aveva acquistato, per nove milioni, una villa da sogno in Costa Azzurra e poi aveva dimenticato di pagarla”.

http://www.liberoquotidiano.it/gallery/economia/12261761/mps-prestava-soldi-ricchi-marcagaglia-de-benedetti-conti-affossati-.html

Messa così, si comincia a vedere la natura del problema: per salvare Montepaschi, il governo ha stanziato 20 miliardi, nuovo debito pubblico che grava sui contribuenti: insomma ha messo i poveri a pagare per le disonestà e le spese insensate dei ricchi senza scrupoli, fra cui spesseggiano gli”imprenditori” senza qualità, del tutto incapaci che s’indebitano e non restituiscono. In collusione con i banchieri, ossia con questa figura di tecnocrati che hanno il loro vertice in Mario Draghi (e in Italia, di Ignazio Visco).

Ora, la UE è appunto il regime delle tecnocrazie. La tecnocrazia giustifica se stessa e la sua occupazione del potere di governo, e sottrazione della sovranità, con questa argomentazione: il mondo oggi è troppo complesso per lasciarlo governare da dilettanti, che sono i politici “eletti dal popolo”. Ci vogliono scienziati: siamo noi tecnocrati, che abbiamo studiato e, esenti dalle plebee passioni politiche, prescriviamo ciò che è il meglio. Il meglio oggettivo, scientifico.

Già di per sé, la tecnocrazia dei competenti è un incubo totalitario. Ma il peggio è quando le tecnocrazie sono incompetenti, selezionate in base a processi collusivi e non “oggettivi” (una oggettività che del resto è un delirio tecnocratico esso stesso).

Ebbene: noi italiani siamo nelle mani di tecnocrazie ignoranti e incapaci, che distruggono ricchezze reali (le nostre), di fatto delinquono, e non sono più soggette a critica, sono inamovibili perché si sono sottratte al giudizio pubblico, e si cooptano tra loro: come, l’abbiamo raccontato nell’esempio Pitruzzella. Si cooptano tra incompetenti. Si proteggono fra incompetenti. Si parano il didietro fra inetti, con tanta più forza in quanto i loro sbagli diventano evidenti e mostruosi.

Ovviamente, non si pensi nemmeno per un attimo che, invece, i tecnocrati europei siano meno incompetenti. O si muovano in base all’oggettività.

In pochi giorni, la Vigilanza della BCE ha aggravato la situazione di Montepaschi, esigendo prima una ricapitalizzazione di 5, poi no – contrordine – di 8,8 miliardi. Persino 24 Ore ha scritto: “La linea dura della BCE ha reso la crisi del Monte Paschi ingestibile”. Poi, alla radio, un giornalista di 24 Ore di cui non ricordo il nome ha ipotizzato: siccome la Vigilanza BCE è un istituto nuovo, forse c’è stata inesperienza…

Secondo il foglio economico francese La Tribune, invece, la Sorveglianza BCE avrebbe voluto “dare una lezione all’Italia”. Tanto più che nella stessa settimana la BCE si è mostrata “particolarmente benevola con Deutsche Bank: il supervisore ha consentito all’istituto tedesco un “ratio CET Tier 1” a 9,51 contro il 10,7 fin qui”.

Non chiedetemi di spiegare cos’è (se volete potete leggerlo qui: https://www.forexinfo.it/Cet-1-ratio), perché quel che conta è la frase seguente. “Questo abbassamento permetterà a Deutsche Bank, che ha conosciuto un anno movimentato ed è fonte di ansia per i mercati, di versare generosi dividendi e bonus ai suoi dirigenti”.

Ecco quanto è oggettiva la tecnocrazia della BCE e la sua Sorveglianza.


La insindacabile, indipendentissima, intelligentissima Vigilanza BCE
Se c’è un regime peggiore di quello tecnocratico, è quello delle tecnocrazie incompetenti; se c’è un regime peggiore di questo, è il regime delle tecnocrazie incompetenti che fanno “politica” senza dirlo, del tutto inaccessibili ad ogni messa in discussione. Spiegel,a proposito di Montepaschi, attacca: “aiuti di Stato!” e “miliardi per uno zombi”. E a suo modo ha ragione: a che mettere altri 20 miliardi di fondi pubblici in un istituto da cui i depositanti ne hanno portato via una sessantina, e 14 negli ultimi mesi? La banca del PD è morta e non rinascerà. Ma anche la Germania è piena di zombi in ogni Land. E “si prepara a versare 10 miliardi di denaro pubblico per salvare (di nuovo) l’istituto Hsh Nordbank senza coinvolgere nelle perdite gli investitori privati. La banca, controllata all’85% da due Lander (Amburgo e Schleswig-Holstein), è stata messa in ginocchio dai
 
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Chi è Maurizio Blondet

http://www.milanofinanza.it/news-preview/hsh-nordbank-avra-aiuti-di-stato-per-10-miliardi-201612192101278289

La Cancelleria e il suo ministro Schauble, almeno, saranno competenti quanto basta? Hanno portato l’eurozona – e soprattutto i tedeschi – in una situazione tipo Comma 22. Da cui non si esce senza catastrofe.

Ricapitoliamo. Il sistema bancario italiano ha in pancia 360 miliardi di euro di prestiti andati a male. Il 16% dei prestiti totali, laddove la Spagna, poniamo ne ha solo 6%. Le banche iberiche sono state salvate con iniezioni di denaro pubblico per 60 miliardi, senza che Berlino obiettasse. Per l’Italia, occorrerebbero 80 miliardi di denaro pubblico; e Berlino si oppone, perché l’Italia ha già il debito pubblico del 133% del Pil; inoltre, dal gennaio 2016 proprio Berlino ha imposto la nuova regola del bail-in e proprio contro l’Italia: non più salvataggi con soldi pubblici, se prima non son fatti pagare azionisti, obbligazionisti e depositanti, tosando loro per salvare le loro banche.

Insomma la Germania vuole da noi italioti almeno due cose contraddittorie: che non salviamo le nostre banche mentre le salviamo svenandoci, e nemmeno svalutiamo il nostro debito (come si è sempre fatto) come non possiamo più fare; minaccia di darci legati mani e piedi al Fondo di Stabilità, ossia di farci salire sulla croce in cui tiene da anni la Grecia, ma nello stesso tempo dà retta alla sua opinione pubblica tedesca, la quale si oppone, perché è convinta che mobilitando il Fondo di Stabilità, sarebbe l’economia tedesca a “salvare le economie delle cicale italiane fallite”.

Povera Germania se l’Italia fa default
Tutto giusto e tutto vero. A patto di tacere un piccolo dettaglio. Da quando è entrato in vigore l’euro, l’Italia ha accumulato un deficit verso la Germania di 359 miliardi; quasi la metà dei 754 miliardi di crediti che la Germania ha dato ai partner dell’euro-zona. Come mai? Ma perché gli italiani comprassero auto tedesche, merci tedesche, prodotti tedeschi. Ha fatto credito. Negli stessi anni in cui ci ha rimproverato del “deficit” eccessivo superiore al 3% annuo, e ci ha ordinato di ridurlo con le austerità, ci ha alimentato il deficit eccessivo, e lo ha alimentato a Francia, Spagna, Portogallo, Grecia.

Ora, quei 754 miliardi che sono scritti nei libri contabili come crediti “sani” ed esigibili, lo sono molto meno realmente. Possono diventare istantaneamente “prestiti non performanti” e causare l’implosione di quella banca europoide che è la Germania. Una Montepaschi moltiplicata per 10 o 20. Con la Grecia, Berlino è riuscito ad evitare il momento della verità con una spietata finzione: la finzione che la Grecia resti un paese solvibile, col trucco dell’imporre a tutti gli altri membri di prestare ad Atene cifre colossali per servire il suo debito impagabile, onde dandole la liquidità – pagata con debito ad interesse, che ingigantisce il debito pubblico ellenico già impagabile.

Con l’Italia può riuscire? Il nostro governo, ultra-europeista e ancor meno legttimo dei precedenti, fa’ di tutto per accontentare la UE. Ma forse non ce la farà. Un giorno o l’altro, c’è il rischio (o la speranza) che l’Italia faccia bancarotta. Non perché lo voglia, ma perché non può fare altrimenti, dati gli ordini severissimi e contraddittori che riceve da Berlino.

Secondo me, succederà. Da un momento all’altro, dato che i nostri tecnocrati italofoni sono tanto collusi e incompetenti da non riuscire a preveder né a rimediare, e credono alle loro stesse fake news. Succederà all’imprevista, e dunque in modo incontrollato: dopotutto, siamo il paese di Caporetto e dell’8 Settembre. Sarà il più grande default della storia; affonderebbe il fortissimo sistema tedesco; che dovendo tornare al marco, perderebbe la celebrata competitività accumulata negli ultimi 15 anni, essenzialmente a spese della competitvità che i membri dell’euro hanno perduto.

Il nuovo marco si rivaluterebbe diciamo di un 30 per cento; l’Italia tornerebbe alla lira, svalutata del 20 rispetto all’euro; alleggerita dalla bancarotta (non dovrebbe più pagare i crediti che la Germania ci ha prestato perché acquistassimo le sue merci), potrebbe – dopo i primi sei mesi di devastazione e miseria, avviarsi alla ripresa economica. Forse.

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Range Rover Sport versus Inferno.

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Ad agosto 2016, Range Rover Sport ha sfidato Inferno, una delle piste da sci più difficili al mondo, diventando il primo veicolo di serie a completare il pericoloso percorso di 14,9 km a Mürren, in Svizzera, in un’adrenalinica discesa a 155 km/h.

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Dico forse, perché molte imprese industriali e molte competenze industriali che avevamo in Italia sono già scomparse, cancellate o comprate da stranieri; più il governo Gentiloni (senza legittimità) ritarderà la bancarotta, e peggio sarà. L’Italia oggi “ha urgenza di uscire dall’euro”. Figurarsi se questi Pitruzzella, questi Visco, Padoan e Tarantola, anche volessero, lo “sanno fare”.

I tecnocrati presentono e paventano. Per questo si affrettano a stringere le viti della gabbia dei popoli; la censura alle informazioni “false” fa’ parte dell’accelerazione con cui il regime conta di solidificarsi e proteggersi, trasformandosi in vera e propria dittatura totalitaria. L’ulteriore stretta sarà l’abolizione del contante. Ora capiamo il perché: senza contante, non sarà possibile la corsa agli sportelli, l’ultima salvezza dei risparmi dalle banche in bancarotta , e sarà realizzato il passo ulteriore verso la moneta unica mondiale dl governo mondiale. L’India ha cominciato l’esperimento, togliendo di mezzo l’85% delle banconote circolanti (ciò che produrrà la più grande carestia mai vista..ma ne riparleremo). L’Australia conta di abolire la banconota massima, da 100 dollari australiani (circa 70 euro).

Il terzo ingrediente della dittatura lo conoscete già: il Terrorismo. Islamico, naturalmente. Quello rivendicato dall’IS con messaggi del SITE di Rita Katz. Che minacci tutti noi nelle nostre città. A una settimana dalla strage di Berlino, il ministro britannico degli Interni, Ben Wallace, ha vaticinato: “Daesh vuol lanciare attacchi chimici nel Regno Unito, colpire un gran numero di individui, uccidere quante più persone possibili”. Prove naturalmente nessuna. Abbiate paura, non fate assembramenti mentre vi stringono le viti dei ceppi.
 
PER L'ANNO NUOVO: ATTUARE LA COSTITUZIONE [/paste:font]





1. Facciamola semplice e riduciamo il "messaggio" di augurio per il prossimo anno all'essenziale.
I temi che come nodi "giungono al pettine", con tutto il loro significato riassuntivo di un paradigma in crisi, ma non meno deciso a proseguire nella sua opera di distruzione, sono la Banca centrale indipendente, per di più sovranazionale, il welfare, e la sovranità democratica: ergo, per risolvere la crisi abbiamo bisogno di ATTUARE LA COSTITUZIONE.
Fino in fondo. Ricominciando ad avere come programma di indirizzo politico-economico la pura e semplice legalità costituzionale.
Questo richiede forti istituzioni democratiche, costituzionalmente orientate, e la volontà di riprendere insieme il cammino verso il benessere e la democrazia di tutti gli italiani; un cammino di sviluppo su tutto il territorio nazionale, di una Repubblica fondata sul lavoro, una e indivisibile, che riconosca e promuova, attraverso gli strumenti della c.d. Costituzione economica, le autonomie locali (art.5 Cost.).
Ed è questa, e null'altro, la sovranità.

2. Per uscire dal ricatto del debito pubblico che giustifica lo stato di sospensione extraordinem della Costituzione:

3. Per restituire a tutti l'effettività dei diritti garantiti dalla Costituzione nella effettiva eguaglianza sostanziale dei cittadini, e per far ripartire, lo sviluppo nella sua dimensione ottimale sull'intero territorio, risolvendo il problema del Mezzogiorno perché conviene a tutti gli italiani (ma non ad altri popoli che ci vogliono colonizzare):

4. Per il resto, in molti sempre di più, hanno capito (anche grazie al nostro amato H.J. Chang). Vi offro una rassegna, solo apparentemente casuale, che riflette una crescita positiva dell'opinione pubblica:




  1. massimiliaNO ‏@natolibero68 1 h1 ora fa
    @VaeVictis @VitoLops @LucianoBarraCar
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‏@GrecOfficial 25 dic
«Se l'Italia esce dall'Euro la sua economia andrà meglio, per noi sarebbe un disastro». Firmato: gli economisti di Angela Merkel.
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‏@GrecOfficial 23 dic
Per regalo di Natale vi lascio @SkaKeller - politica tedesca - che a Ballarò il 06/05/14 spiegò cosa succede se si rompe l'€uro. Fate girare

27 risposte 496 Retweet 340 Mi piace

































♠️♥️♦️
♣️ ‏@ZioKlint
21 dic
L'orrore talvolta merita screenshot. Schiavismo reloaded. Special thanks to @gr_grim
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  1. Grim ‏@gr_grim 21 dic
    #Bloomberg | Sistema bancario italiano necessita di almeno €52mld per ripulire i bilanci dagli NPL \\ #statesereni https://www.bloomberg.com/news/articles/2016-12-21/italy-bank-rescue-won-t-fill-54-billion-hole-on-balance-sheets …
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  2. In risposta a Alberto Bagnai
    Alessandro Greco® ‏@GrecOfficial 20 dic
    @AlbertoBagnai @VaeVictis @xabax999 sei pure ingeggggniere
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  3. Giuse ‏@rubino7004 20 dic
    @CremaschiG guardi come i teologi del pensi€uro unico fingono di fingere di accorgersi dell'ovvio
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  4. Class CNBC @classcnbc
    Economisti tedeschi contrari a #Italia fuori da #Eurozona: da sondaggio Faz-Ifo largo margine (61%) contro uscita Roma #Germania
    1 risposta 1 Retweet 2 Mi piace
 
PER L'ANNO NUOVO: ATTUARE LA COSTITUZIONE [/paste:font



  1. Ora Basta ‏@giuslit 18 dic
    Ah, quindi banca centrale indipendente non è un dogma irreversibile? (Che sarà presto spazzato via..)


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massimiliaNO ‏@natolibero68 49 min49 minuti fa
@VaeVictis @VitoLops @LucianoBarraCar
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