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Monte dei Paschi di Siena: e noi paghiamo!
Monte dei Paschi di Siena: e noi paghiamo!
Un articolo di Valerio Malvezzi e Alberto Bastiani
C'era una volta una banca, una delle più antiche, prestigiose, rinomate al mondo.
Una banca che finanziò guerre e potenti, ma anche arti e mestieri, che consentì all'Italia di essere il motore della rinascita dopo i secoli bui, di conoscere quello straordinario momento di svolta che fu il Rinascimento, di diventare il faro non d'Italia, ma del mondo intero civilizzato, per secoli.
E poi, agli inizi del XXI secolo, qualcosa è successo.
Ricordiamo questa storia, perché in tanti comprendano, e nessuno dimentichi.
ANNO DEL SIGNORE 2007
Torniamo indietro di 10 anni.
Prima di affrontare i temi attuali che caratterizzano la Banca più antica del mondo, è importante fare un passo indietro, circa a 10 anni fa, per introdurre in breve quello che viene definito il "peccato originale", ossia l'evento che ha generato la maggior parte dei problemi per la banca, e l'ha portata nella drammatica situazione di oggi.
In sostanza la vicenda vede coinvolti diversi protagonisti e banche italiane ed estere; senza dilungarci nella complessa cronistoria precedente, partiamo da ottobre 2007: Santander acquista Antonveneta (banca italiana quotata) per 6,6 miliardi di euro.
Qualcuno, per motivi reconditi probabilmente ancor tutti da chiarire, decide che MPS (Monte dei Paschi di Siena) debba acquistare da Santander la stessa Antonveneta. Ma quanto tempo è passato?
1 mese
E qui, la prima domanda che dovrebbe farsi chi controlla i processi di fusioni bancarie.
Scusate, ma perché la comprate oggi
e non un mese fa quando
è stata venduta?
Al che, uno potrebbe rispondere: ciccio, la compero oggi perché faccio un affare. Un affare, solitamente, costa meno di quanto sarebbe costato un mese prima.
E infatti:
Il mese successivo, precisamente il
giorno 8 novembre 2007,
MPS acquista Antonveneta a
9 miliardi di euro, ossia 2,4 miliardi
in più rispetto a quanto avvenuto
solo un mese prima.
Prego? Ma siete matti? – chiederebbe un normale controllore.
Beh, ma abbiamo fatto un affare incredibile, comprandoci gli asset (i valori attivi), avrà risposto qualcuno. Se non che, si scopre che il vero affare è stato portarsi in pancia anche i debiti della comperata, cioè della Banca Antonveneta.
E a quanto ammontano, di grazia? – avrebbe chiesto il nobile rinascimentale, in consiglio.
Oh, una cosuccia. Mi ero dimenticato di dirvelo. – la risposta.
Come se non bastasse, a tale somma
va aggiunto il valore di 7 miliardi,
rappresentato dai debiti
a capo di Antonveneta...questo lo iriporto icioe' ,,,,,,antoveneta aveva un debito con santander x 6 miliardi di euro
Alla faccia del piffero rinascimentale! Ma che affarone! – avrebbe esclamato il mercante rinascimentale.
Il banchiere e la moglie guardano con fare rapace un mucchio di monete. Alle loro spalle la candela si è spenta. Hans Memling.
E infatti, il mercato reale capì benissimo che vi era qualcosa di poco chiaro in questo brillantissimo affare.
Fu un trionfo.
IL TRIONFO
Ecco il trionfo, nel grafico il trend da luglio 2007 a ottobre 2009.
Fonte: Bloomberg, gennaio 2017
L'operazione venne chiaramente bocciata dal mercato, tanto che MPS il giorno stesso perse il 12%, bruciando un miliardo di capitalizzazione.
Un miliardo di euro bruciati
in un giorno
Come si può notare anche dal grafico, il titolo in borsa da quella data non tornò più ai livelli precedenti, iniziando un declino inesorabile, segno di una chiara dimostrazione della pessima operazione compiuta. Dopo 10 anni, le azioni di MPS, la più gloriosa banca italiana, avevano un valore vicino a zero.
Ma chi doveva controllare, vigilare sulle banche, sulla tenuta del sistema?
MA CHI VIGILA SULLE BANCHE?
Banca d'Italia a quel tempo era (come oggi) l'organo di vigilanza, il quale avrebbe dovuto in modo oggettivo e indipendente valutare la correttezza dell'operazione, e successivamente la sua sostenibilità.
Banca d'Italia stessa si era già resa protagonista però nel 2005 di un controllo diciamo allegro nell'intreccio perverso tra Banca Popolare di Lodi e ABN Ambro, le quali si contendevano Antonveneta.
Tornando all'operazione MPS, tuttavia, ha autorizzato l'acquisto senza accertarsi della gestione sana e prudente della banca, e senza valutare la qualità del potenziale acquirente e la solidità del progetto di acquisizione, come sarebbe invece richiesto dall'articolo 19 del TUB (Testo Unico in materia Bancaria e creditizia).
L'accordo tra MPS e Santander venne fatto in pochissimo tempo, e non venne predisposta nemmeno la due diligence, che Banca d'Italia avrebbe dovuto invece prendere come base di studio.
Si sottolinea come Banca d'Italia stessa, in un controllo di vigilanza avvenuto nel marzo del 2007, aveva giudicato in modo sfavorevole quasi tutti i profili di Antonveneta, ed in particolare:
anomalie nella rischiosità creditizia;
- scarsa redditività;
- tariffe non competitive;
- sistemi di controllo insufficienti;
- qualità per portafoglio deteriorata.
Perfetto, ci sono tutti gli elementi per fare un affarone!
Banca d'Italia sapeva ed autorizza
È poi difficile per il cittadino capire il motivo per il quale MPS abbia effettuato un'operazione simile, ma è facile pensare a pressioni politiche, della Fondazione, e altri giochi di potere abilmente nascosti.
Ciò che non è nascosto, invece, sono i comportamenti viziosi: sottovalutazione del rischio, incapacità di prendere decisioni forti contro il sistema bancario, immistione nella e della politica.
Dal momento che provvedimenti non sono stati presi, la storia si è ripetuta: la vicenda recente delle 4 banche popolari e delle 2 banche venete ne sono la conferma. Oltre chiaramente ai risparmiatori coinvolti nell'acquisto di azioni MPS.
La tutela del risparmio, caldeggiata dall'articolo 47 della Costituzione, sembra quindi solo un bellissimo spot di fronte a certi fatti rimasti impuniti, che fanno sì che la storia possa ripetersi.
Purtroppo in negativo.
ANNO DEL SIGNORE 2008
Banca d'Italia sapeva che la situazione di MPS non era trasparente: aveva infatti avviato degli accordi di finanziamento con strumenti derivati, tre in particolare: "Alexandria" nel 2005; "Nota Italia" nel 2006 (stipulato con JP Morgan); "Santorini" nel 2008 (con Deutsche Bank).
Mercanti, prostitute e vagabondi. Le Fiandre da Bosch a Bruegel
Sia chiaro, a nostro parere queste scelte finanziarie non sono la causa principale del problema, ma scelte che hanno contribuito a peggiorar la situazione; effetti, conseguenze e non cause primarie.
Entrando nei dettagli della vicenda MPS, questa fu costretta a richiedere diversi aumenti di capitale per sostenere l'acquisto, in diversi anni. Nel frattempo subentrarono anche le difficoltà per il settore bancario a seguito del fallimento di Lehman Brothers. Infine l'operazione fu ideata e orchestrata nel contesto caratterizzato dalle nuove regole di Basilea III, con requisiti patrimoniali e soprattutto sul capitale più stringenti.
In particolare nel 2008 le difficoltà si registrano per la mancanza di fondi da parte della Fondazione, principale azionista, e si rende così necessario un prestito da 5 miliardi per finanziare l'operazione Antonveneta.
ANNI DEL SIGNORE DAL 2009 AL 2014
Nel 2009 si registrò il primo intervento dello Stato: attraverso i Tremonti Bonds vennero forniti 1,9 miliardi di euro alla banca. Con questo, il Tesoro divenne il principale azionista della banca (con il 4%); la Fondazione seguiva con il 2,5%.
I primi dubbi e criticità emersero in modo significativo dal 2010 in poi, a seguito dei controlli di vigilanza da parte di Banca d'Italia: questa diede esito negativo dal punto di vista patrimoniale e della liquidità, e si resero necessari dei rafforzamenti della Banca.
E ci avete messo 3 anni a capire
che qualcosa non andava?
Ricordati il grafico che hai visto sopra; rappresentava il trend del trionfo dal 2007 al 2009.
In ogni caso, gli anni passano.
Nell'estate del 2011 venne quindi realizzato un aumento di capitale di 3,2 miliardi di euro.
Sono anni che spieghiamo, su questo blog, che continuare a parlare di patrimonializzazione e aumento di capitale significa gettare denaro in un inceneritore, se manca la redditività di una banca.
E infatti, già nel 2012 riaffiorarono diversi problemi. I nuovi vertici della banca rilevarono una serie di contratti occultati agli ispettori, facendo così scoppiare lo scandalo sui derivati e questo determinò il crollo del titolo in borsa.
Mercanti, prostitute e vagabondi
vengono alla luce
Passano altri anni e i nodi vengono al pettine.
Alla fine del 2014, a seguito dei processi di Asset Quality Review da parte della BCE, MPS registrò un'importante perdita di esercizio per la svalutazione di diverse poste di bilancio.
ANNO DEL SIGNORE 2015
E veniamo alla storia più recente.
Il blog WIN the BANK, da tempo, argomenta (tra le altre) due cose:
Piantiamola di dire che il credito in banca si basa sulle garanzie: le garanzie fanno fallire il sistema bancario e domani si valuterà solo sui business plan futuri. Piantiamola di dire che il credito italiano è di cattiva qualità perché l'Italia è un Paese di piccole e medie imprese: sono i grandi marcioni a far fallire il sistema bancario.
E ora, andiamo ad argomentare le due tesi, esaminando i bilanci di Monte Dei Paschi di Siena.
Alla chiusura del bilancio il 31/12/2015 le sofferenze nette ammontavano a 9,7 miliardi, sui quali possiamo fare due tipi di ragionamenti.
Fonte: rielaborazione Centro Studi WIN the BANK
su dati di bilancio MPS 31/12/2015
Dal primo grafico si nota come, nonostante le garanzie immobiliari richieste, la maggior parte dei crediti deteriorati sono quelli che avevano a garanzia un immobile.
Fonte: rielaborazione Centro Studi WIN the BANK
su dati di bilancio MPS 31/12/2015
Dal secondo grafico invece si nota in modo emblematico come i debitori di MPS siano per il 70% soggetti con debiti superiori ai 500.000€; solo in minima parte soggetti con importi inferiori, riconducibili a famiglie e piccole imprese.
Da questa analisi si evincono 3 cose, che noi come liberi cittadini rileviamo:
1
incapacità manageriale nella gestione del rischio e nel definire politiche di impiego;
2
sottovalutazione del rischio e non rispetto dei vincoli normativi per la qualità del credito;
3
intrecci politici e favoritismi inconciliabili con la sana e prudente gestione della banca.
Ma è il terzo punto quello più preoccupante e certamente causa dei principali problemi, a partire dall'episodio scatenante di dieci anni fa, sopra ricordato.
Il problema di Monte dei Paschi di Siena è che la politica molto spesso ha avuto immistioni negli interessi della banca, tanto da imporre determinate scelte, sovente non di mercato e anzi economicamente irrazionali.
Sono i piccoli risparmiatori a perdere e sono i piccoli imprenditori a subire il "credit crunch" (restrizione creditizia) di questi anni.
I grandi imprenditori non vengono forse più finanziati?
Tra i principali debitori di MPS si registrano:
- i costruttori romani Mezzaroma;
- la società Risanamento di Luigi Zunino;
- Sorgenia del gruppo De Benedetti;
- Statuto, proprietario di lussuosi hotel;
- Eccetera, eccetera, eccetera..
I piccoli devono soffire, perché non sono affidabili; i grandi devono prosperare, perché sono affidabili a prescindere.
Lo dice qualcuno.
ANNO DEL SIGNORE 2016
Inutile dire che c'era (secondo loro) nuovamente bisogno di capitale.
Non sentiamo nessuno dire che c'è bisogno di distruggere questo sistema malato e crearne un altro, basato su un modello diverso, che non risponda al pensiero unico in economia, quello neo liberista.
Sta di fatto che la BCE impose a MPS di ridurre l'esposizione in crediti deteriorati, attraverso la cessione di sofferenze e la "pulizia" del bilancio. L'aumento di capitale da 5 miliardi, deliberato dall'assemblea straordinaria, fallì, e il 22 dicembre 2016 il titolo venne sospeso dalle contrattazioni.
Infatti il fondo sovrano del Qatar (QIA) si è tirato indietro, e la raccolta è arrivata alla metà di quanto ci si attendeva di incassare, ossia 2,45 miliardi su 5 necessari.
Ed ecco che il sistema getta la maschera e parte la nuova crociata neo liberista al grido di:
Salviamo le banche!
Naturalmente, hanno indottrinato la gente con le loro prediche, e in tanti cadono nel tranello.
Ecco il loro schema mentale perverso, che pare apparentemente logico.
Figura 1. – Il circolo vizioso del pensiero neo liberista © WIN the BANK
Siamo certi che riceveremo molte obiezioni basate su questo circolo vizioso, perché molti commenti del genere abbiamo registrato in passato, su questo blog.
Del resto, la propaganda dei servi di regime è quotidiana.
San Bernardo predica la crociata
Pezzenti, andiamo alla crociata!
Pezzenti, mano al portafoglio!
Pezzenti, usiamo le tasse per salvare le banche!
Una sola domanda, di grazia: ma perché quando gli utili sono di altri le perdite sono poi le nostre?
Sta di fatto che il Governo italiano brandisce la croce.
Il giorno successivo (23 dicembre 2016) lo Stato intervenne in via precauzionale con il decreto salva-banche (burden sharing); successivamente la BCE ha aumentato la richiesta di capitale a 8,8 miliardi.
Quindi 6,6 saranno versati dallo stato, mentre 2,2 a carico di altri soggetti.
Per fare questo, lo Stato è quindi intervenuto mettendo a disposizione un fondo da 20 miliardi di euro per gli aumenti di capitale delle banche in difficoltà: MPS, Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza, Carige, e se necessario anche le good bank nate dalla risoluzione delle 4 banche regionali.
Sarebbe quindi una ricapitalizzazione, per evitare il bail in (pagano i risparmiatori delle banche interessate).
E QUINDI, CHI PAGA?
Dopo che l'aumento di capitale dal mercato non è andato a buon fine, per il salvataggio o la ricapitalizzazione precauzionale di una banca ci possono essere due soluzioni: burden sharing (ricapitalizzazione preventiva appunto) o bail in (salvataggio interno, ossia con conseguenze su azionisti, obbligazionisti, depositanti, in ordine di rischiosità dei titoli).
Il burden sharing era una procedura esistente fino alla fine del 2015, prima che venisse introdotto il bail-in a livello europeo (applicato già a partire dalle 4 banche regionali). Le banche ancora solventi, non fallite, bocciate però negli stress test condotti da EBA (European Banking Authority) e BCE (Banca Centrale Europea), potevano utilizzare questa procedura, che prevede l'intervento dello Stato, preceduto però dalla riduzione del valore nominale delle azioni e delle obbligazioni subordinate (o della loro conversione in capitale).
Bene, e in sostanza – ti starai chiedendo – chi paga?
Pantalone.
Pantalone, cioè lo Stato.
Pertanto lo stato interviene con soldi pubblici, evita che i correntisti siano colpiti (per evitare panico e corsa agli sportelli), e vengono colpiti anche i portatori di capitale più a rischio, ossia azionisti e obbligazionisti subordinati.
Il pericolo Bail In (salvataggio in capo ai risparmiatori della banca fallita) sembra quindi sventato dopo che gli altri stati hanno approfittato a lungo degli aiuti di stato negli anni precedenti, purchè venga limitato al minimo necessario, come recita una sentenza della Corte di Giustizia Europea relativamente al salvataggio di diversi istituti sloveni.
Un momento, ma lo stato siamo noi!
Perfetto, così pagano tutti i cittadini.